Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

lunedì 1 dicembre 2025

Imparare il latino liturgico, lezione 20

Nella nostra traduzione da Via Mediaevalis, approfittiamo del lavoro di uno dei tanti appassionati studiosi d'oltreoceano Per chi è completamente digiuno di latino e ha interesse a colmare questa lacuna, così diffusa nelle ultime generazioni — e purtroppo anche tra i sacerdoti —, può trovare i rudimenti indispensabili per comprendere il latino ecclesiastico e porre le basi di un maggiore approfondimento in genere favorito dalla frequentazione delle liturgia dei secoli. Un piccolo inconveniente è dato dalla taratura per lettori anglofoni; ma penso agevolmente colmabile dall'efficacia del metodo. Qui l'indice degli articoli dedicati alla Latina Lingua, per le lezioni precedenti.

Imparare il latino liturgico, lezione 20
Rorate caeli...

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La lezione di questa settimana sarà breve; immagino che molti lettori saranno impegnati a festeggiare il Ringraziamento negli Stati Uniti e potrebbero non avere il tempo o la voglia di dedicarsi a una buona dose di latino.

Tutto ciò che voglio fare oggi è dedicare un po' di tempo all'inno d'Avvento Rorate Caeli. Questo canto è uno dei più poetici e toccanti dell'intero anno liturgico, e ascoltarlo o cantarlo comprendendone le parole è così piacevole e stimolante che, di per sé, fornisce una motivazione piuttosto forte per studiare il latino liturgico. In questa lezione analizzeremo attentamente la prima strofa e vi fornirò anche un documento PDF che include una traduzione letterale riga per riga, parallela al testo latino, dell'intero inno.

[Inserisco in calce il testo e la traduzione dell'intero inno in parte usato come antifona di Avvento e il link per l'ascolto. In sostituzione del file originale ad usum lettori anglofoni. -ndT]

Ecco il ritornello, seguito dalla prima strofa:

Roráte cæli désuper,
et nubes pluant justum.


Ne irascáris Dómine,
ne ultra memíneris iniquitátis:
ecce cívitas Sancti
facta est desérta:
Sion desérta facta est,
Jerúsalem desoláta est:
domus sanctificatiónis tuæ
et glóriæ tuæ,
ubi laudavérunt te patres nostri.


Roráte cæli désuper (“ mandate rugiada, o cieli, dall’alto”)
Rorate è un comando alla seconda persona plurale formato dal verbo rorare ("far formare la rugiada"); il comando è rivolto a cæli, che è noto come nominativo plurale di cælum ("cielo").

et nubes pluant justum ("e che le nuvole facciano piovere il Giusto")
Il soggetto qui è nubes e il verbo è pluant, una forma del congiuntivo di terza persona plurale. Il congiuntivo è usato perché chi parla sta esprimendo un desiderio o facendo una richiesta, piuttosto che affermare un fatto o impartire un comando diretto.

Ne irascáris Dómine (“non essere pieno d’ira, o Signore”)
La parola irascaris deriva da un verbo deponente; non li abbiamo ancora studiati. Ma potete individuare la parola "ire" lì, e sapete che Domine è la forma vocativa di Dominus.

ne ultra memíneris iniquitátis  (“e non ricordare più la nostra iniquità”)
Memineris deriva dal verbo grammaticalmente insolito memini, ma il suffisso mem- all'inizio può indicare che il significato è legato alla memoria. La parola "nostro" è implicita ma non effettivamente presente nel testo latino. Memini può essere seguito da un sostantivo al caso genitivo, ed è questo che è iniquitatis: il genitivo singolare del sostantivo di terza declinazione iniquitas.

ecce cívitas Sancti 
(“Ecco la città del Santo”)
Qui l'aggettivo sanctus ("santo") è usato come sostantivo di seconda declinazione al genitivo singolare.

facta est desérta  (“ è diventata un deserto” o “è stata abbandonata”) Facta deriva dal verbo facere, “fare, creare”; deserta deriva dal verbo deserere, “disertare, abbandonare”.

Sion desérta facta est (“Sion è diventata un deserto” o “Sion è stata abbandonata”)
Si tratta di una riformulazione poetica dei due versi precedenti, in cui “la città del Santo” è ora identificata come Sion.

Jerusalem desolata est (“Gerusalemme è desolata”)
Questa è una riformulazione più poetica, con un altro nome per la città santa e forse anche con un'intensificazione, se interpretiamo "desolata" come più estremo di "deserta/abbandonata".

domus sanctificatiónis tuae  (“la casa della tua santificazione”)
Sanctificationis è il genitivo singolare di sanctificatio, un sostantivo della terza declinazione. et glóriæ tuae (“e della tua gloria”)

ubi laudavérunt te patres nostri (“dove i nostri padri ti lodarono”)
Pur trovandosi alla fine del verso, patres nostri è il soggetto della frase; entrambe le parole sono al nominativo plurale, ma le desinenze sono molto diverse perché pater è un sostantivo di terza declinazione e noster è un aggettivo che usa le desinenze della prima e della seconda declinazione. Il complemento oggetto del verbo è te, che è la forma accusativa del pronome personale di seconda persona singolare. Infine, il verbo è laudaverunt, che deriva da laudare e si coniuga alla terza persona plurale del passato prossimo. Robert Keim, 28 novembre

[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
______________
Testo dell'Inno e link per l'ascolto [qui]

Rorate Cœli desúper,
Et nubes plúant justum.

Ne irascáris Dómine, ne ultra memíneris iniquitátis:

Ecce cívitas Sancti facta est desérta:
Sion desérta facta est: Jerúsalem desoláta est:
Domus sanctificatiónis tuae et gloriae tuae,
Ubi laudavérunt Te patres nostri.

Rorate Cœli desúper,
Et nubes plúant justum.

Peccávimus et facti sumus quam immúndus nos,
Et cecídimus quasi fólium univérsi:
Et iniquitátes nostrae quasi ventus abstulérunt nos:
Abscondísti fáciem tuam a nobis,

Et allisísti nos in mánu iniquitátis nostrae.

Rorate Cœli desúper,
Et nubes plúant justum.

Víde, Dómine, afflictiónem pópuli tui,
Et mitte quem missúrus es:
Emítte Agnum dominatórem terrae,
De pétra desérti ad montem fíliae Sion:
Ut áuferat ipse jugum captivitátis nostrae.

Rorate Cœli desúper,
Et nubes plúant justum.

Consolámini, consolámini, pópule meus:
Cito véniet salus tua:
Quare moeróre consúmeris, quia innovávit te dolor?
Salvábo te, noli timére,
Ego énim sum Dóminus Deus túus
Sánctus Israël, Redémptor túus.

Rorate Cœli desúper,
Et nubes plúant justum.
Stillate rugiada, o cieli, dall'alto,
E le nubi piovano il Giusto.

Non adirarti, o Signore, non ricordarti più dell'iniquità:

Ecco che la città del Santo è divenuta deserta:
Sion è divenuta deserta: Gerusalemme è desolata:
La casa della tua santificazione e della tua gloria,
Dove i nostri padri Ti lodarono.

Stillate rugiada, o cieli, dall'alto,
E le nubi piovano il Giusto.

Peccammo, e siamo divenuti come gli immondi,
E siamo caduti tutti come foglie:
E le nostre iniquità ci hanno dispersi come il vento:
Hai nascosto a noi la tua faccia,
E ci hai schiacciati per mano delle nostre iniquità.

Stillate rugiada, o cieli, dall'alto,
E le nubi piovano il Giusto.

Guarda, o Signore, l'afflizione del tuo popolo,
E manda Colui che sei per mandare:
Manda l'Agnello dominatore della terra,
Dalla pietra del deserto al monte della figlia di Sion:
Affinché Egli tolga il giogo della nostra schiavitú.

Stillate rugiada, o cieli, dall'alto,
E le nubi piovano il Giusto.

Consolati, consolati, o popolo mio:
Presto verrà la tua salvezza:
Perché ti consumi nella mestizia, mentre il dolore ti ha rinnovato?
Ti salverò, non temere,
Perché io sono il Signore Dio tuo,
il Santo d'Israele, il tuo Redentore

Stillate rugiada, o cieli, dall'alto,
E le nubi piovano il giusto

5 commenti:

Un sacerdote ha detto...

Sempre grazie!

Oltre alla bellezza del latino ha detto...

- Il Rito Tradizionale della Messa non è vero perché è bello, ma è bello perché è vero.

La bellezza autentica si radica nel Vero e non può prescindere da esso. Né può essere il contrario, e cioè che il Vero scaturisca dal Bello. Questa regola di buona filosofia estetica a maggior ragione vale per la Messa, essendo essa il centro e la ragione del Mistero cristiano.
La bellezza della Messa Tradizionale è che essa è tutta incentrata sul mistero della riattualizzazione del Sacrificio del Calvario. E’ proprio questa centralità che produce una serie di effetti che rendono protagonista in essa la categoria della bellezza.
Gli effetti sono tre: la solennità, l’austerità e la dimensione contemplativa. -

Anonimo ha detto...

"Feri !! Feri !!" gridavano l'un l'altro i legionari quando andavano all'attacco : "colpisci, ferisci !! abbatti !! " e quindi "ammazza, uccidi !!". Questo è latino poco liturgico ma vissuto. Il verbo è : fèrio, ferìre. In Sallustio troviamo : hostem, leonem ferire. In Cic. : "aliquem securi ferire" : "decapitare" cioè "colpire uno con la scure".
G.

Anonimo ha detto...

Va comunque ricordato che all'epoca delle fanterie, quando queste attaccavano in massa, si davano sempre un grido di guerra per incitarsi nell'arduo cimento. L 'incitamente violento ad uccidere il nemico (del momento) lo facevano tutte.
Non si deve pertanto ritenere che i legionari romani fossero più cattivi degli altri a causa di questo grido di battaglia. Ancora nell'ultima guerra mondiale, il grido di battaglia dei paracadutisti inglesi quando attaccavano gli italiani in Sicilia era "Kill the Italians !!", Ammazza gli italiani. Quando attaccavano i tedeschi, invece : "Kill the Germans !!".
Per l'immagine della "Chiesa militante" (oggi ovviamente scomparsa dal Concilio in poi), il linguaggio della Chiesa utilizzava il termine "agmen", schiera, turba, folla, branco (àgmen, àgminis). La Chiesa militante è come un esercito compatto, in ordine di marcia e comunque di battaglia : agmine facto, agmen confertum, agmen quadratum (in linea di colonne, in ordine di battaglia).
L ' immaginario militare è a volte usato da san Paolo, ma il nemico da uccidere è il demonio. È la battaglia spirituale, la più difficile, perché contro noi stessi, succubi delle lusinghe di Satana.
G.

Anonimo ha detto...

L ' uso di "agmen" per indicare la Chiesa militante nello schema di costituzione dogamtica sulla Chiesa, Aeternus Unigeniti Pater, fatto saltare come sappiamo dai Novatori al Concilio.
Il cap. I tratta "De Ecclesia militantis natura". Al capoverso 2.2 si scrive : "Itaque novus hic populus, quem Paulus Apostolus Israel Dei appellavit, non tanquam effusa turba, sed ut confertum agmen procedit, quod esca spirituali nutritum, et de spirituali consequente illud, petra potatum, portis inferi et insidiis diaboli victor adversans, ad finem usque saeculi, in unitate fidei, in sacramentorum communione et in apostolicitate gubernii, unum singolareque in spiritu et caritate iugiter perdurabit".
Da "confertum agmen", milizia schiarata in ordine di battaglia sotto i suoi capi, la Chiesa del Vaticano II è invece diventata "effusa turba", una massa sparpagliata abbandonata a se stessa, vittima delle false dottrine di tipo secolare che vi vengono oggi insegnate. Aperta a tutte le peggiori influenze. Irriconoscibile.