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lunedì 3 dicembre 2018

La valle dei grassi impotenti

Articolo pubblicato da Michael Walker il 12 novembre 2018 su Counter-Currents Radio. North American New Right [qui]. Ve lo proponiamo di seguito nella nostra traduzione. Molti commentatori considerano la fine dell’era Merkel una sciagura per la Germania e l’inizio di un’era di instabilità. Poiché l'instabilità - a giudicare anche dall'inedito confronto dell'Italia con l'UE, dai fatti di Francia e dalle risonanze riscontrate in altri Paesi, sembra la cifra del momento presente - vale la pena conoscere, nella chiave di lettura qui riscontrata, dinamiche che nei loro esiti avranno ripercussioni sull'intero sistema-Europa.   

Com'è noto, Churchill dichiarò: “La nostra intenzione è ingrassare la Germania e renderla impotente”. Può darsi che i tedeschi siano ormai realmente impotenti, e sicuramente sono grassi, letteralmente e in termini di prosperità economica. ....Nei prossimi mesi l'alleanza democratica dei partiti non “a destra della CDU” farà tutto quel che potrà per assicurarsi che la Repubblica Federale rimanga esattamente come Churchill la voleva: grassa e impotente.
Il sistema politico della Repubblica Tedesca è strutturato in modo da favorire lunghi periodi di governo stabile sotto lo stesso capo di Stato; eppure, la durata del governo di Angela Merkel (ininterrotto dal 2005) è stata molto lunga anche per questi parametri. Il popolo ha cominciato ad avvertirlo quasi come una legge naturale, un fatto della vita che bisogna sopportare perché non lo si può cambiare. I suoi rivali sono stati rimossi dai loro incarichi o messi a tacere o cooptati con altri incarichi altamente remunerativi al di fuori della politica o spazzati via dagli scandali.

La Dr.ssa Merkel (che io sappia nessuno ha mai indagato sulla possibilità che la sua tesi di dottorato sia stata plagiata in un paese in cui tale forma di plagio è pratica comune) possiede un soprannome che fa pensare – nella sua innocenza caricaturale e speciosa – a un personaggio del genere cinematografico horror: Mutti, mammina. Dal 2005 al momento in cui questo articolo è stato scritto, vi è stata una serie ininterrotta di governi Merkel che hanno presieduto alla formazione di un paese chiamato Germania in un luogo che si trova sulla mappa d'Europa, paese che si definisce non in termini di storia o di razza, ma solo in termini di crescita economica.

La Repubblica Tedesca della Merkel è diventata la Silicon Valley d'Europa. Ma finalmente la fine del cancellierato di Mutti sembra imminente. La Merkel ha annunciato che non si presenterà più come presidente del suo partito di governo, l'Unione Democristiana (CDU), anche se ha intenzione di continuare a esercitare il suo ruolo di Cancelliere fino alle prossime elezioni generali. Il momento presente è pertanto quello opportuno per esaminare l'impatto della sua lunga amministrazione e del suo stile di “democrazia”, impatto che ha permesso a un personaggio del genere di rimanere al timone dello Stato per così tanto tempo.

Per comprendere il sistema politico della Repubblica Federale Tedesca è necessario avere almeno una conoscenza rudimentale della Costituzione statale del dopoguerra, la cosiddetta Grundgesetz (letteralmente, “legge basica”), chiamata anche Verfassung, stabilita nel 1949 con l'approvazione delle forze d'occupazione, base legale e ideologica di quella che era all'epoca la Germania Occidentale. Sin dall'inizio, la Germania Occidentale e il suo patriottismo si sono basati non sull'etnia ma sulla legge: un patriottismo della Costituzione (Verfassungspatriotismus) per i cittadini della Repubblica, la maggioranza dei quali si sentiva e si sente in imbarazzo ad esprimere fedeltà alla sua nazione ma dichiara con entusiasmo fedeltà alla sua Costituzione. Di fatto, non esprimere fedeltà almeno a parole alla Grundgesetz garantisce l'esclusione da ogni posizione o incarico importante, e chiunque ricopra una posizione di prestigio e critichi apertamente la Costituzione rischia di perdere i propri mezzi di sostentamento.

La Grundgesetz mira a sostenere un sistema di valori pienamente integrati nella visione del mondo dei poteri occidentali inglobando un sistema costituzionale di controlli ed equilibri e la nozione di parità di diritti tanto di fronte alla legge come in tutti gli aspetti della vita quotidiana. Il proposito fondamentale della Grundgesetz può essere sintetizzato come segue: garantire che nessun personaggio comparabile a Hitler (o a qualcuno che gli somigli) e che nessun partito simile al suo (né altri movimenti che propongano una visione “antidemocratica”) possa mai affermarsi di nuovo in Germania.

La Grundgesetz ha preso in prestito molti elementi della Costituzione Americana. C'è un Presidente (il cui ruolo è principalmente simbolico); un capo di stato chiamato Cancelliere (il cui ruolo corrisponde grosso modo a una variante del Presidente americano con meno poteri); due camere legislative, il Bundestag e il Bundesrat, paragonabili alla Camera dei Rappresentanti e al Senato; l'equivalente della Corte Suprema, la Bundesverfassungsgericht; e un corpo chiamato la Verfassungschutz (Difesa della Costituzione). Il Bundestag è eletto (più o meno) direttamente. Il parlamento regionale (Landrat) elegge i membri del Bundesrat. Per decenni la Germania Occidentale, e poi la Germania riunificata, ha avuto essenzialmente un sistema bipartitico, come gli Stati Uniti e il Regno Unito. I due partiti principali sono sempre stati il Partito Socialdemocratico (SDP) e l'Unione Democristiana-Unione Sociale Cristiana (CDU-CSU), con un partito-ombra progressista, il Partito Democratico Indipendente (FDP), che raccoglieva i voti di protesta. L'SDP è stato fondato nel 1863 come partito socialista, ed è l'unico partito politico della Repubblica Tedesca sopravvissuto alla guerra; il CDU-CSU (definito a volte “l'Unione”) si dichiara cristiano, sociale e favorevole al libero mercato; anche l'FDP è un partito fortemente orientato al libero mercato.

Come capo di Stato il Cancelliere non ha gli stessi poteri del Presidente americano. La Corte Federale è eletta dalla legislatura, non dal Presidente, e gode di poteri retroattivi (vale a dire, può dichiarare “anticostituzionali” leggi già approvate, e quindi per definizione nulle e vuote). I comitati governativi dei partiti principali esercitano il controllo effettivo su chi viene scelto come candidato parlamentare nelle rispettive schede elettorali. Una lista di anzianità e un sistema molto complesso di rappresentazione proporzionale combinato col voto diretto – un sistema così complicato che persino i tedeschi più colti trovano difficoltà a spiegarlo agli stranieri – fa sì che un cane sciolto non possa arrivare in cima alla lista di candidati senza passare sotto l'attento scrutinio dell'establishment. Un altro elemento notevole di questo sistema chiuso è che i partiti politici sono finanziati in gran parte dai contribuenti e ricevono sussidi statali proporzionali al numero di voti che ottengono alle elezioni generali: concretamente, un 8% iniziale che aumenta con ogni voto ricevuto. La CDU ha ricevuto più di 11 milioni di euro dai contribuenti tedeschi solo per le elezioni generali del 2017. Persino un piccolo partito nazionalista come il Partito Nazional-Democratico (NPD), che sembra essere composto più di membri della Verfassungschutz che di autentici nazionalisti, è finanziato in questo modo dai contribuenti.

I membri del Parlamento sono pagati generosamente: ricevono un salario di 9.541,74 euro al mese, più un bonus di spese addizionali (viaggi, intrattenimento, etc.) di 4.300 euro al mese. Come impiegati pubblici, o Beamter, i parlamentari tedeschi sono esenti dalle ritenute per la pensione. Tuttavia, ricevono una generosa pensione di Stato per ogni anno che siedono in Parlamento. Sembra che il lavoro di un rappresentante eletto non sia poi così duro, giacché non esclude la possibilità di svolgere contemporaneamente altri impieghi. È così che tutti coloro che prendono parte alla politica tedesca, compresi quelli in cerca di cariche, vengono risucchiati in un macchinario di auto-arricchimento di massa. Non conosco nessun'altro Stato al mondo in cui il sistema corrompa in modo così agevole e efficace i suoi critici più agguerriti. Chiunque voglia accedere al suo parlamento locale o nazionale viene bombardato di privilegi e munificenze. D'altro canto, vige il principio del bastone e della carota: qualsiasi membro di un'organizzazione considerata dallo Stato un nemico della Grundgesetz viene automaticamente escluso dal diritto di esercitare uffici pubblici e trova difficoltà ad ottenere o a conservare un buon lavoro – nessun lavoro, nel caso del settore pubblico – se il suo status diventa di dominio pubblico.

Il quinto Articolo della Grundgesetz include il “diritto alla libera espressione”, ma in questo caso la teoria e la pratica sono due cose ben diverse. In primo luogo, la Grundgesetz comprende anche il diritto alla protesta politica “pacifica”: per fare un esempio, ogni manifestazione di opposizione all'immigrazione extra-europea verrà ostruita sin dal primo giorno da proteste “pacifiche” organizzate da gruppi spesso finanziati dallo Stato. In secondo luogo, la parola “pacifica” è interpretata in modo alquanto flessibile e consente di disturbare e rendere impossibili eventi tramite l'uso di musica ad alto volume e che i dimostranti impediscano fisicamente ai partecipanti di una conferenza di accedere a un convegno. In terzo luogo, tali proteste “pacifiche” saranno invariabilmente accompagnate da frange le cui forme principali di protesta saranno l'intimidazione fisica, la distruzione di proprietà privata e le minacce a qualsiasi sede che ospiti gruppi “anticostituzionali”, “antidemocratici” o “fascisti”. Se sono costretti a riconoscere l'esistenza di tali forme aggressive di protesta, i partecipanti alle proteste “pacifiche” – che potranno includere membri dei partiti politici istituzionali – verseranno lacrime di coccodrillo e dichiareranno mendacemente che le attività violente in questione sono un caso eccezionale eppure comprensibile viste le “provocazioni” che le hanno causate. Pertanto, ci troviamo di fronte a un caso in cui in teoria la libertà di espressione e di riunione sono garantite dalla Costituzione, ma in realtà ogni persona che superi la frontiera sempre più coercitiva del consenso liberista, internazionalista e “democratico” della Repubblica attirerà severe ripercussioni sulla propria testa.

Chiunque sia considerato un cospiratore contro la Costituzione viene visto ipso facto come un nemico dello Stato e sarà quindi “posto sotto osservazione” dai servizi segreti, ossia dalla Verfassungschutz, un'organizzazione che è diretta da persone nominate dal governo. La stessa Verfassungschutz decide quali gruppi o movimenti agiscono al di fuori dei limiti dell'ordine costituzionale. Essere “posto sotto osservazione” è un bacio della morte politico e sociale. Quanti ricevono la notificazione di essere “osservati” dalla Verfassungschutz possono cercare di “migliorare” il loro comportamento ed essere così ricompensati con la rimozione del loro gruppo dalla lista di quelli sotto osservazione; nel caso contrario, dopo il periodo di osservazione corrono il rischio di essere dichiarati dalla Verfassungschutz “nemici della Costituzione” (Verfassungsfeind), dopodiché vengono banditi. La messa al bando di un gruppo non implica solo il dichiarare i suoi membri fuorilegge, ma anche la perdita dei diritti di diffondere il proprio messaggio e – ovviamente – di godere di sussidi statali. 

Negli ultimi anni, questo sistema chiuso che, dalla fine della guerra, ha consentito che il piccolo Stato tedesco rimanesse totalmente sottomesso all'ideologia occidentale, ha cominciato a vacillare. Il sistema bipartitico è stato eroso seriamente: prima, negli anni Ottanta, dall'emergere di un partito ecologista (Grünen) che era originariamente conservatore ma che si è poi spostato su posizioni di internazionalismo estremo. Pur essendo totalmente fedele al sistema, questo partito ha spezzato l'equilibrio bipartitico che era un elemento importante della stabilità del sistema stesso. Dopo la riunificazione della Germania Occidentale e Orientale nel 1990, sono apparsi nuovi “figli del blocco”: prima, gli ex-membri riciclati del Partito Comunista, che veniva chiamato – con la mancanza di immaginazione che contraddistingue i tedeschi – die Linke (“la Sinistra”); poi, negli anni più recenti, un partito “a destra della CDR” chiamato Alternative für Deutschland (Alternativa per la Germania, o AfD), un nome ideato come replica alla famosa dichiarazione della Merkel secondo la quale non esisterebbero “alternative” alle sue politiche.

L'espressione “a destra della CDU” ha una connotazione speciale. Viene spesso ripetuta dai portavoce dell'establishment e si riferisce alla linea rossa della “democrazia” che è vietato oltrepassare all'interno della Repubblica. Sin dalla sua fondazione, lo Stato tedesco si è sforzato di assicurarsi che non fiorisse alcun partito che sposasse punti di vista più destrorsi rispetto al mantra periferico “crescita e sicurezza” della CDU-CSU. L'assenza di partiti significativi “a destra della CDU” viene vista come una prova della dedizione della “nuova Germania” ai “valori della democrazia”. Su questo punto, tutti i partiti istituzionali sono totalmente d'accordo. Qualsiasi gruppo o individuo che osi esprimere opinioni considerate “a destra della CDU” verrà deriso e denunciato dalla stampa; i suoi rappresentanti verranno espulsi dagli uffici pubblici; le sue organizzazioni verranno infiltrate dalla Verfassungschutz; le sue attività verranno costantemente intimidite dalla Sinistra “antifascista” con la tacita approvazione dei politici “democratici” e “pacifici” dell'establishment. La spada di Damocle dell'“osservazione da parte della Verfassungschutz” pende costantemente “a destra della CDU”.

Per anni la Repubblica Tedesca si è schierata al fronte della promozione di un ordine democratico paneuropeo in tutta Europa. Oggi, l'obiettivo di sostituire la popolazione autoctona tedesca per mezzo dell'immigrazione di massa su tale scala da distruggere per sempre l'identità tedesca, perseguito durante il lungo cancellierato di Angela Merkel – che era allo stesso tempo la presidentessa della CDU – non è più considerato un mito alimentato dalla cultura del sospetto o dal complottismo, dato che l'intenzione è esplicita. La Merkel ha ricevuto nel 2008 il Premio Carlomagno per i suoi servizi dedicati all'unità europea. Parla da sé il fatto che il primo a ricevere tale premio sia stato, nel 1950, Richard von Coudenhove-Kalergi, lo scrittore di origini asiatiche che ha fondato l'Unione Paneuropea, un progetto per un'Europa mulatta. “I tedeschi” sono, secondo la definizione della stessa Merkel, “quelli che vivono in questo paese”. Nessuna figura pubblica ha mai messo in discussione questa sua definizione della nazionalità.

Molte volte, nel corso degli anni, sono sorti partiti “a destra della CDU”, ma fino a poco tempo fa i meccanismi e gli ostacoli che abbiamo brevemente menzionato qui sopra erano riusciti a soffocare efficacemente i tentativi di diventare elementi permanenti del panorama politico. Il sistema bipartitico è stato capace di assorbire i Grünen, che hanno governato in una coalizione con l'SPD dal 1998 al 2005. A partire dal 2005 si è registrato un graduale declino dell'appoggio ai due partiti principali – i cosiddetti Volksparteien (partiti del popolo) – tanto in termini di voti quanto in termini di membri. Con un cinismo eccessivo persino per gli standard alquanto bassi della Repubblica Tedesca, la CDU e l'SPD governano oggi insieme, mentre il partito principale dell'opposizione, l'AfD, è ostracizzato da ogni iniziativa multi-partitica dentro o fuori dal Bundestag. Finché l'erosione del supporto si riflette solamente in termini di astensioni, il sistema si assicura perlomeno che gli altri partiti politici ricevano gli stessi generosi finanziamenti. Ma quando un nuovo partito nasce e vince dei seggi nel Bundestag, sottrae effettivamente denaro agli altri partiti. L'AfD, che ha esordito nel 2013 e che è oggi rappresentato in ogni parlamento regionale e nel Bundestag, sottrae loro voti ed euro, il che è visto come un affronto intollerabile a quella che il leader dell'FDP definisce la “coalizione della democrazia”.

Il sistema è truccato in modo da assicurare che uno dei due partiti politici rimanga al potere anche nel caso in cui la percentuale dei voti che riceve è bassa. Alle elezioni del 2017, la CDU-CSU è precipitata dal 41,5% al 32,9%. La Merkel è rimasta al potere, ma il fatto che anche la percentuale di voti ricevuti dalla SPD sia caduto dal 25,7% al 20,5% rappresenta un monito indesiderato per i Volksparteien. Fino ad allora i risultati dei due partiti si erano bilanciati tra di loro, nel senso che quando i risultati di un partito miglioravano quelli dell'altro peggioravano e viceversa. Oggi, entrambi i partiti rimangono aggrappati l'uno all'altro in una scomoda alleanza governativa.

Il successo dell'AfD è dovuto a due fattori principali: il primo è il coraggio dei suoi membri, molti dei quali rischiano intimidazioni, la perdita del loro lavoro e le minacce alle loro famiglie per il mero fatto di riconoscere pubblicamente di far parte del partito; il secondo è la decisione della Merkel, nel 2015, di permettere a un milione di pseudo-rifugiati di varcare le frontiere della Germania. Questa decisione vergognosa è stata vista da molti – e non solo dall'AfD – sia come una violazione della disposizione costituzionale che regola l'accettazione di autentici rifugiati, sia come un flagrante abuso del privilegio parlamentare, dato che la Merkel ha compiuto questo passo senza consultare il Bundestag, e nemmeno i suoi colleghi al governo. C'è persino chi ha suggerito che la decisione fosse anticostituzionale. Il 22 settembre 2017, dalle colonne dell'ultra-internazionalista Die Zeit, Klaus Rüdiger Mai ha respinto tali obiezioni. È in ogni caso irrilevante – ha affermato – cosa sia stipulato dalla legge federale o dalla disposizione costituzionale, poiché “le disposizioni europee hanno la precedenza sul diritto d'asilo definito nei termini costituzionali, che di fatto non ha più alcun ruolo da svolgere”. Gli osservatori della scena politica europea sono sin troppo abituati a questo scaricabarile tramite il quale il governo nazionale e i suoi sostenitori mediatici attribuiscono la responsabilità di applicazioni o formulazioni di leggi impopolari o giuridicamente questionabili a Bruxelles. Ma Bruxelles afferma che sono i governi nazionali che devono prendere delle decisioni.

Ad ogni modo, la decisione del 2015 – venuta dopo il pasticcio dell'eurocrisi del 2010 – e la crescita di sentimenti populisti in ogni parte d'Europa hanno accelerato il declino dei due cosiddetti Volksparteien. Ciononostante, nessun membro prominente della CDU ha osato sfidare Mutti prima di quest'anno. In un mondo instabile, gli elettori della Repubblica Tedesca temono qualsiasi cambiamento, e la piattezza tediosa e priva di ideologie ed emozioni della Merkel ha fatto presa su quanti di loro si sentono insicuri e minacciati in un'epoca di sollevamenti politici. Così, Mutti ha fatto da bromuro. Il suo messaggio – ammesso che i suoi grigi sermoni ne contengano uno – può essere sintetizzato con un “tutto va bene, possiamo mettere le cose a posto, cresciamo ogni giorno, non c'è alternativa”.

I governi di Mutti sono stati particolarmente abili a manipolare le questioni ambientaliste per creare crescita economica. Ogni norma “favorevole all'ambiente” – dall'installazione di filtri nelle macchine diesel all'isolamento degli edifici con costosi rivestimenti, dalle nuove regole per i materiali da costruzione alle nuove norme di sicurezza – ha beneficiato, sia pur per caso, i libri contabili dei settori economici coinvolti e aperto nuove opportunità di negozio. Il Cancelliere ha sempre avuto un occhio di riguardo per opportunità economiche di ogni tipo, purché promuovessero la crescita, aumentassero la sua popolarità e gonfiassero il PIL. L'anno in cui la Merkel ha aperto le porte a un milione di “rifugiati” è stato il primo di una serie di anni positivi per l'industria edile, che aveva precedentemente sofferto gli effetti devastanti dei tassi di nascita stagnanti che si riflettevano nel declino della domanda di case. Un milione di “nuovi cittadini” ha dato all'industria una boccata d'ossigeno; nuovo supporto è giunto da complesse norme finalizzate al risparmio energetico negli edifici, da investimenti nelle energie rinnovabili supportati dallo Stato, e da “miglioramenti” degli edifici costosi e imposti dalla legge. Non a caso le spese generate dalle norme cadono più pesantemente sulle spalle del settore privato che su quelle del settore pubblico. Alla fine, il cliché nazionale dell'obbedienza e della soggezione all'autorità dei tedeschi contribuisce a spiegare il timore reverenziale e la susservienza che la Merkel ha ispirato alla maggior parte dei cittadini. Le conferenze di partito della CDU non sono mai state molto diverse da quelle del Partito Comunista della Germania Orientale, di cui la Merkel è originaria, e sono sempre state ugualmente noiose.

I primi segni di insoddisfazione reale nei confronti di Mutti si sono fatti sentire all'interno del partito gemello della CDU, la CSU. La CSU non è altro che l'equivalente della CDU in Baviera, regione in cui si limita la sua sfera d'azione. Essa ha tradizionalmente rappresentato l'ala conservatrice della CDU-CSU e ha governato la Baviera senza interruzioni sin dalla fondazione della Repubblica. Dato che in Baviera i sondaggi d'opinione indicano un grande travaso di voti dalla CSU all'AfD, il Presidente della CSU, un personaggio ondivago di nome Horst Seehofer, ha cominciato a utilizzare toni più critici nei confronti dei “rifugiati”, probabilmente con l'intento di riguadagnare voti; il suo tentativo è fallito ma ha stabilito un precedente in cui un membro della coalizione ha preso esplicitamente e in modo inequivoco posizione contro Mutti. Ma è stato come il ruggito di una pecora.

Il precedente ha avuto presto un seguito. Il 25 settembre 2018, la CDU ha eletto il suo nuovo Presidente del Parlamento, uno stridulo pallone gonfiato che parla di corsa di nome Ralph Brinkhaus. L'evento, di per sé insignificante, ha emozionato i giornalisti del pensiero unico. Il fatto che Brinkhaus abbia vinto la competizione (praticamente ignota) del favorito della Merkel, Volker Kauder, è considerato significativo. Ciò la dice tutta sul funzionamento delle politiche della Repubblica: Kauder, servo obbediente e sottomesso della Merkel, era stato rieletto ad ogni conferenza di partito, senza essere stato mai sfidato, da quando la Merkel stessa è diventata Cancelliere nel 2005. Questo piccolo shock è stato seguito da un altro, nelle elezioni per il parlamento regionale bavarese del 14 ottobre. Tanto la CDU come l'SPD hanno perso il 10% dei voti rispetto al 2013, mentre i Grünen e l'AfD hanno guadagnato il 10% ciascuno.

I risultati delle elezioni in Assia il 28 ottobre sono stati molto simili e sono stati accompagnati da un sinistro precedente: insieme alla normale scheda elettorale, gli elettori dell'Assia hanno ricevuto una lista di quindici domande formulate dal governo regionale composto dai Grünen e dalla CDU, che venivano definite “proposte di ammenda alla Costituzione statale”. Questo cosiddetto referendum, che consisteva di domande consegnate agli elettori nel momento stesso in cui si apprestavano a votare, avanzava proposte di una sola frase mirate principalmente a vincolare la Costituzione dello Stato all'ideologia internazionalista. Queste proposte sempliciste venivano spiegate in un foglietto a parte che non è stato consegnato agli elettori il giorno del voto. Tra le misure proposte non come nuova legislazione, ma come testi da aggiungere alla Costituzione, erano compresi il diritto dello Stato di decidere sul benessere dei figli, l'approvazione elettronica delle leggi e la sostituzione della descrizione dell'Assia come “parte della Repubblica Tedesca” con la definizione “parte dell'UE e di un'Europa unita”. Gli elettori hanno messo una croce su un documento pieno di generalizzazioni apparentemente innocue le cui implicazioni non dovevano comprendere. Tutte e quindici le proposte di ammenda alla Costituzione sono state approvate a stragrande maggioranza.

Alla vigilia degli affronti elettorali alla propria dignità, Angela Merkel aveva annunciato che non si sarebbe presentata come candidata alla presidenza della CDU in dicembre. Ciò è perfettamente in linea con lo stile non consultativo del Cancelliere, che sembra aver fatto questo annuncio senza averne discusso previamente coi suoi colleghi: la sorpresa persino dei suoi compagni di partito più prossimi sembrava sincera. Tuttavia, la decisione di rinunciare alla presidenza del partito è stata accompagnata dalla dichiarazione dell'intenzione di ripresentarsi come candidata al cancellierato. Questo gesto arrogante, sprezzante nei confronti tanto del proprio partito come del popolo che pretende di governare, è stato difficile da ingoiare persino per alcuni servi del sistema. Il leader della FDP, Christian Lindner, pur pagando il consueto ossequioso tributo a Mutti, ha dichiarato che tanto la nazione come la CDU hanno bisogno di forze fresche, il che – nel linguaggio diplomatico dei politici dell'establishment – significa che la Merkel dovrebbe rinunciare anche al cancellierato. La curiosa dichiarazione di rinuncia/continuazione della Merkel potrebbe servire a due propositi: quello di assicurare che nel suo partito e in tutto il sistema i cambiamenti siano minimi, e quello di permettere al suo candidato preferito di succederle. La sua decisione significa che il Presidente del partito di governo e il capo di Stato saranno due persone diverse, fatto impossibile in molti paesi e senza precedenti nella Repubblica Federale.

Un mucchio di gente si è presentato per candidarsi alla presidenza della CDU. Sono tre le persone le cui chances di essere elette sono considerate attendibili. I candidati non sono scelti dai membri, ma da delegati della conferenza nazionale del partito. Un candidato è una donna che sembra un uomo e che risponde al bizzarro nome (che è uno scioglilingua persino per i tedeschi) di Annegret Kamp-Karrenbauer. È la favorita – se non il clone – della Merkel, e pare che abbia lavorato per anni come factotum invisibile del Cancelliere. Un altro candidato è il Ministro della Sanità Jens Spahn, che alcuni considerano “improprio” perché ha espresso l'opinione che le politiche migratorie eccessivamente generose hanno gettato gli elettori della CDU nelle braccia dell'AfD.

Il terzo candidato è nientemeno che il nemico personale della Merkel, Friedrich Merz, che guarda caso è membro dell'esclusiva Commissione Trilaterale: un sostenitore appassionato del libero mercato, avvocato arricchitosi favolosamente facendo da consulente e da tramite in varie acquisizioni e fusioni di compagnie dopo essersi ritirato dalla politica in seguito alla sua sconfitta da parte della Merkel alle elezioni per la presidenza della CDU nel 2005. È anche membro di organi di vigilanza, tra cui BlackRock. Merz ha fatto in passato appello alla Verfassungsgericht contro una legge che obbliga i membri del Bundestag a rivelare pubblicamente che lavori svolgono oltre a quello di deputati in parlamento. Al contrario della Merkel e dei suoi due rivali, Merz è un oratore abile e sicuro. Non è più membro del Bundestag dal 2009, ma non c'è dubbio che la CDU potrà risolvere questo piccolo problema qualora dovesse diventare il suo presidente. Merz ha anche ottime connessioni con gli Stati Uniti, e cercherebbe senza dubbio di migliorare le relazioni tra l'Europa e l'America, chiunque sia il Presidente americano in carica. Gira voce che non è del tutto contrario all'idea di Europa come superpotenza quale si trova negli scritti di Jean Thiriart, una tesi che vede l'Europa unita non come un ponte verso uno Stato mondiale, ma piuttosto come una superpotenza comparabile agli Stati Uniti o alla Cina. Ma che un americanista come Merz abbia realmente intenzione di chiudere le frontiere o di espellere i “rifugiati” illegali è alquanto dubbio. I due candidati uomini hanno espresso il loro di desiderio di riattrarre gli elettori insoddisfatti che sono approdati all'AfD in seno alla CDU. Dal punto di vista dell'AfD, la favorita della Merkel dovrebbe essere probabilmente la scelta migliore, poiché la continuazione dell'internazionalismo estremista sarebbe l'arma migliore per fomentare un'opposizione genuina. Ma un siffatto punto di vista è troppo cinico per l'AfD, i cui leader hanno dichiarato pubblicamente che sarebbe possibile una coalizione AfD-CDU con Merz o Spahn come presidenti di partito, ma non hanno mai menzionato la Kamp-Karrenbauer.

Indipendentemente da quel che succederà in Germania nei prossimi mesi ed anni, il danno causato dal Cancelliere uscente è probabilmente irreparabile. La base etnica del popolo tedesco, decimata dalla guerra e poi indebolita dalla massiccia immigrazione turca, ha poche possibilità di sopravvivere al colpo di grazia del milione di pseudo-rifugiati che ha accolto. Tale base non si sta nemmeno riproducendo, mentre i nuovi arrivati si moltiplicano, uno sviluppo che è diventato un andazzo stabile sotto il governo di una donna che – coincidenza – non ha figli.

Com'è noto, Churchill dichiarò: “La nostra intenzione è ingrassare la Germania e renderla impotente”. Può darsi che i tedeschi siano ormai realmente impotenti, e sicuramente sono grassi, letteralmente e in termini di prosperità economica. La Repubblica Federale Tedesca è la locomotiva della finanza europea, simpatizza profondamente con le ONG internazionaliste e si sforza di spiccare come motore economico alla guida dell'euro e del progetto d'insieme dell'Unione Europea. (Non sorprende il fatto che, una volta espulsa da Budapest, l'Open Society Foundation di George Soros abbia deciso di trasferirsi nel clima politico più congeniale offerto da Berlino.) I cittadini della Repubblica sono viziati da ogni tipo di assicurazione sociale, di protezione della proprietà e di sicurezza lavorativa. Per quanto riguarda il costo della vita in rapporto ai salari, i prezzi del cibo, delle bevande e dei beni di consumo sono tra i più bassi in Europa.

Se c'è una speranza in qualche forma di reazione al lento genocidio della popolazione autoctona tedesca, questa risiede, tra le altre cose, nel vacillare del supporto a entrambe le ali della nefasta coalizione CDU-SPD, come anche nell'aumento della giustificata diffidenza nei confronti della propaganda dei media di regime e della truffa “democratica” della Repubblica, unita al timore e alla possibilità reale di future turbolenze economiche. È evidente che il popolo è stufo della “stessa, vecchia canzone” dei vecchi partiti e dei loro amici media, così come è evidente lo scontento diffuso nei confronti della crescente altezzosità della Merkel. Inoltre, l'AfD ha realizzato l'impresa di diventare il primo partito “a destra della CDU” ad essere rappresentato in tutti i parlamenti regionali nella stessa legislazione.

Com'è possibile che una donna la cui assoluta mediocrità personale, intellettuale, fisica, morale e retorica trasuda da ogni passo che fa – e da ogni parola che pronuncia – sia rimasta così a lungo al timone dello Stato? Gli elettori tedeschi, più di quelli della maggioranza degli altri popoli, sono attratti dal senso di autorità, dalla stabilità e dalla sicurezza. La veemenza e l'insicurezza li spaventano. La Merkel è stata abile a presentare un'immagine di basso profilo ma anche di sicurezza e superiorità economica altamente compiacente, una formula che è piaciuta a milioni di persone. La Repubblica Tedesca – se si escludono i delitti commessi dai “rifugiati” – è rimasta un mare di tranquillità in un mondo tribolato, ma soprattutto un mare di prosperità; il merito di entrambi questi fatti è attribuito, a ragione o a torto, alla capacità della Merkel, che ha rappresentato i benefici di uno stile di governo che rifugge lo scontro e che è stato beneficiato dalla prosperità economica, specialmente in termini di quasi piena occupazione, a sua volta generata da un mercato trionfante e in espansione. 

Tutte le volte che si è trovata a che fare con forti critiche, specialmente da parte della Linke o dell'AfD, Mutti non ha mai risposto. Le ha semplicemente ignorate. Mentre Sarah Wagenknecht, leader di Die Linken, la accusava nel Bundestag di aver fomentato un'enorme disuguaglianza di redditi, la Merkel continuava a giocare col suo cellulare; quando è stata attaccata, sempre nel Bundestag, da Alice Veidel, dell'AfD, si è semplicemente alzata e ha lasciato la camera.

Ma mentre la Merkel ha fatto della sua vacuità una virtù, le imprese tedesche hanno giocato un'altra partita. Politicamente inetta e poco indipendente sullo scacchiere mondiale, dietro le quinte la Repubblica Tedesca è stata seria in campo imprenditoriale, adottando buone tecniche di vendita per i suoi prodotti e stringendo molti affari lucrativi. Un sistema fiscale notoriamente complesso offre sostanziali opportunità di sgravi alle imprese e ai lavoratori autonomi, e aiuta a mantenere le ruote dell'economia ben oliate. Tuttavia, se per qualsiasi ragione tali ruote dovessero rallentare o fermarsi – se per esempio il boom dell'esportazione da cui la prosperità tedesca dipende completamente dovesse crollare – i tedeschi, che tanto amano la sicurezza, si sentirebbero ingannati sul tema della diletta Wohlstand (prosperità) e potrebbero diventare meno placidi e compiacenti nei confronti del sistema politico che hanno avuto fino ad ora. 

Nei prossimi mesi l'alleanza democratica dei partiti non “a destra della CDU” farà tutto quel che potrà per assicurarsi che la Repubblica Federale rimanga esattamente come Churchill la voleva: grassa e impotente. Non saranno le chiacchiere o la logica o il romanticismo a portare al collasso o al rifiuto del sistema attuale. Un cambio di direzione sarà possibile solo se il cittadino medio perderà i benefici e la sicurezza della società consumistica tedesca del dopoguerra – se, per così dire, perderà peso. Una Germania magra e affamata sembrerebbe molto diversa rispetto alla docile Repubblica Federale creata nel 1949. Potrebbe somigliare molto di più alla Repubblica di Weimar del 1929. La priorità del successore della Merkel, chiunque egli o ella sarà, consisterà nell'assicurarsi che una tale catastrofe non tocchi alla terra degli impotenti e dei grassi.
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]

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Dinamiche in Francia ha detto...

L’assedio di Parigi è solo l’inizio

Nei giorni scorsi, i media francesi hanno ricevuto una lista di rivendicazioni da parte del comitato organizzativo dei gilet gialli. Si tratta di una lista di richieste ai parlamentari e al governo che, per rimanere in Francia, ricorda l’idea dei cahiers de doléances di epoca rivoluzionaria. Leggendo questa lista, fra l’altro ripresa anche da La France Insoumise di Jean-Luc Mélelnchon, quello che si comprende è che non si tratta di una protesta destinata a finire nel breve termine.

Quello che è in corso è un processo di ribellione non contro il singolo governo, ma contro un certo tipo di politica, di scelte economiche, di gestione dello Stato. Ed è per questo che sia la destra che la sinistra radicale hanno raccolto il grido dei gilet gialli: perché le loro richieste sono in molti casi sovrapponibili a quelle dei partiti esclusi dal governo francese.

Nella lista delle rivendicazioni c’è l’eliminazione del fenomeno dei senzatetto, il diritto a un salario minimo a 1300 euro e pensioni a 1200, proibire le delocalizzazioni per proteggere l’industria francese, promozione delle piccole imprese e stop alle grandi aree commerciali, lotta all’austerità, la lotta all’immigrazione di massa, dare mezzi adeguati alle forze dell’ordine, referendum popolare in Costituzione e nazionalizzazione dell’industria energetica.

C’è un mix di rivendicazioni che non rappresentano una semplice sfida all’attuale esecutivo, ma è una lotta di sistema contro un governo che rappresenta probabilmente il punto più elevato di questo sistema. Quel Macron apprezzato dalle élite e che ha messo in atto riforme che vanno in direzione completamente opposta a quanto richiesto dai gilet gialli.

Ma il problema è che i gilet gialli non rappresentano una piccola parte della Francia. Le loro richieste sono quelle di tutti coloro che non si sentono in linea con questo esecutivo e con il presidente francese. Ed è proprio per questo che non possono essere racchiusi in una semplice protesta figlia del caro-benzina. Ed è anche per questo che non possono essere catalogati come fenomeno definito a livello temporale e che è destinato a concludersi nel breve termine.
http://www.occhidellaguerra.it/cosa-vogliono-gilet-gialli/

Anonimo ha detto...

Articolo di due anni fa che non ha perso di attualità

http://www.libreidee.org/2015/08/comprare-litalia-per-poi-chiuderla-prima-che-crolli-leuro/

Anonimo ha detto...

Manifesti in più lingue sono comparsi all'improvviso nelle stazioni tedesche. Sono quelli del Governo federale che invita molti stranieri a tornarsene nel proprio di Paese...

Capito? Il Governo tedesco invita gli immigrati a tornare in patria.
Invece in Italia i sinistri fanno di tutto per dare posti di lavoro ai migranti a scapito degli italiani.

irina ha detto...

Sono due i modi di sottomettere un popolo l'autoritarismo ed il lassismo, entrambi avendo al loro interno il loro contrario, l'autoritarismo il lassismo ed il lassismo l'autoritarismo, mascherati.

Per allontanare lo spettro di un secondo Hitler, hanno costruito una democrazia dove lo spettro si è incarnato in mille leggi manifeste e in milioni di leggi sociali non manifeste, operando apparentemente in senso contrario, ma nei fatti verso lo stesso fine.

Auguro a loro, come a noi, di diventare sempre più e sempre meglio Cattolici. Il resto verrà da sè.

"Plebe , avevamo riposto in te la nostra fiducia : ci hai profondamente deluso ! " ha detto...

«La classe operaia ha tradito la fiducia che il Partito gli aveva riposto: ora dovrà lavorare duro per riguadagnarsela!»

https://www.maurizioblondet.it/noi-che-sappiamo-come-finira/

Garantire la propria sopravvivenza politica: ecco una tipica motivazione da ancien régime, o da vecchio regime sovietico. Voler sopravvivere alla propria ideologia radicalmente fallita, a spese delle popolazioni. Ecco la cieca ostinazione che unisce Macron e Mattarella, la Merkel come i Renzi. Non rendersi conto che la uE deve cambiare profondamente, che loro hanno avuto torto.

Per i nostri governanti la miseria è una curva su un grafico : Formidable.

Doctrine sociale de l'Eglise ha detto...

Notre-Dame de Chrétienté
DEVOIR DES CITOYENS DANS LA DOCTRINE SOCIALE DE L'EGLISE

Ceux qui sont soumis à l’autorité regarderont leurs supérieurs comme représentants de Dieu qui les a institués ministres de ses dons. Leur collaboration loyale comporte le droit, parfois le devoir d’exercer une juste remontrance sur ce qui leur paraîtrait nuisible à la dignité des personnes et au bien de la communauté.

Le devoir des citoyens est de contribuer avec les pouvoirs civils au bien de la société dans un esprit de vérité, de justice, de solidarité et de liberté. L’amour et le service de la patrie relèvent du devoir de reconnaissance et de l’ordre de la charité. La soumission aux autorités légitimes et le service du bien commun exigent des citoyens qu’ils accomplissent leur rôle dans la vie de la communauté politique. La soumission à l’autorité et la coresponsabilité du bien commun exigent moralement le paiement des impôts, l’exercice du droit de vote, la défense du pays.

Le citoyen est obligé en conscience de ne pas vivre les prescriptions ddes autorités civiles quand ces préceptes sont contraires aux exigences de l’ordre moral, aux droits fondamentaux des personnes ou aux enseignements de l’Évangile. Le refus d’obéissance aux autorités civiles, lorsque leurs exigences sont contraires à celles de la conscience droite, trouve sa justification dans la distinction entre le service de Dieu et le service de la communauté politique. « Rendez à César ce qui appartient à César, et à Dieu ce qui appartient à Dieu ». (Mt XXII, 21). « Il faut obéir à Dieu plutôt qu’aux hommes ». (Ac V, 29).

Si l’autorité publique, débordant sa compétence, opprime les citoyens, que ceux-ci ne refusent pas ce qui est objectivement demandé par le bien commun. Il leur est cependant permis de défendre leurs droits et ceux de leurs concitoyens contre les abus du pouvoir, en respectant les limites tracées par la loi naturelle et la Loi évangélique.

La résistance à l’oppression du pouvoir politique ne recourra pas légitimement aux armes, sauf si se trouvent réunies les conditions suivantes : [...]

Ma i TG questo non lo dicono ha detto...

Macron ha infiltrato agenti spaccatutto nella manifestazione Gilet Gialli…
Maurizio Blondet 27 novembre 2018

Spaccatutto, casseurs? Black Bloc? In uno strano video, si vede un tizio di questi spaccatutto, capelli corti nero-vestito e gilet giallo, che viene placcato sugli Champs Elysées da due guardie antisommossa (CRS) e dice: “No ragazzi, io sono con voi!”. I due agenti replicano: “Non ci frega niente” (rien à foutre) e lo caricano a forza su un furgone. Ma un loro superiore gerarchico si avvicina e ordina loro di rilasciare il tizio.
Se i media grandi rimestano e diffondono la versione ufficiale ricevuta, “Gilet Gialli sono coi fascisti spacca tutto”, la stampa locale coi suoi cronisti sul posto dice altro. Come Vosges Matin, dà voce a un gilet giallo, Claude, pensionato pubblico: “All’inizio era tutto calmo. Abbiamo anche contattato dei CRS per discutere. Ma a poco a poco abbiamo visto arrivare gruppetti di 3-4 persone vestite di nero e coi passamontagna. Si vedeva che erano spacca tutto, Perché non li hanno fermati prima che entrassero nei Champs?”. Una giornalista di Valeurs Actuelles, interpellata da BFMTV, dice di aver visto “coi suoi occhi” le forze dell’ordine lasciar passare tipi chiaramente identificabili come spacca tutto. Seguono testimonianze identiche di portavoce dei Gilet Gialli. Priscilla Ludovsky: “Le forze dell’ordine hanno fatta passare i teppisti e mi hanno fatto capire chiaramente che le decisioni venivano dall’alto”.
....

Anonimo ha detto...

Il link:
https://www.maurizioblondet.it/macron-ha-infiltrato-agenti-spaccatutto-nella-manifestazione-gilet-gialli/

Anonimo ha detto...

Era dal 1968 e poi dalla rivolta dele banlieue islamiche nel 2005 che la Francia non piombava in un simile caos sociale. In televisione il filosofo Alain Finkielkraut, non certo un sanculotto portavoce dei gilet gialli, ha appena detto: "La classe dominante ha reagito con la negazione o il disprezzo: non esiste e quando esiste, è una questione di populismo o xenofobia. Improvvisamente, i lasciati indietro dalla felice globalizzazione, i dimenticati dal progressismo, quelli che hanno formato, per così dire, il punto cieco della diversità trionfante, indossavano giubbotti gialli fluorescenti che tutti potevano vedere. Dicono, noi esistiamo". Finkielkraut afferma di sentirsi più vicino ai "ploucs", i bifolchi, che ai "bobo", i bourgeois-bohème, la nuova upper class metropolitana. E' la grande crisi, secessione e crollo della classe media in tutto l'Occidente. E non saranno nè i poveri nè i ricchi a deciderne il futuro, ma proprio la classe media disillusa.
Giulio Meotti

mic ha detto...

"Dimitris Avramopoulos, commissario europeo alle migrazioni, non usa giri di parole e in un'intervista a Welt afferma: "Esorto tutti gli Stati Ue interessati a riconsiderare il loro rifiuto del patto delle Nazioni Unite sui migranti. Chi rifiuta il patto di migrazione non l'ha studiato a sufficienza. Si tratta di una nuova piattaforma per la cooperazione multilaterale sulla migrazione. Nessun Paese e nessun continente può farcela da solo". Parole che di fatto potrebbero sollevare non poche polemiche e che di fatto inaspriscono i rapporti tra Bruxelles e Roma che sono già tesi sul fronte della manovra."

Tentano di ricattarci sulla manovra in modo da farci digerire gli scempi dei governi precedenti. Ma non ci riusciranno...

Anonimo ha detto...

Fraulein Kesner, ha obbedito, da brava giovane comunista della DDR agli ordini ricevuti, che non si discutono mai, laurea? Ma non mi fate ridere, la trafila dei piccoli komunisti crescono, credere, imparare, obbedire, low profile, doti intellettuali e culturali zero assoluto, ma cieco ossequio ai capi del partito, non è cambiato nulla e se i tedeschi non si svegliano, li sveglieranno le destre violente e ci risiamo, sempre la stessa storia, Francia e Germania che trascinano l'intera Europa in guerre disastrose fin dai tempi di Giulio Cesare e si spera che stavolta i francesi facciano la rivoluzione giusta, ne hanno sbagliate 2 su 2 e stiamo ancora pagando........

C'eravamo gia' arrivati da soli.. ha detto...

Buongiorno, ecco LaVeritàdioggi

L’Ue spende 33 milioni per dirci chi votare
Con la scusa di combattere l’astensione, Strasburgo finanzia (con soldi nostri) il presidio dei social e coinvolge radio, tv e giornali per favorire «chi sostiene il progetto europeo». Cioè zittire il dissenso.

http://edicola.laverita.info/

Anonimo ha detto...

Macron come Maria Antonietta Gli chiedono benzina e lui dispensa improbabili piani per le energie alternative. Ma dietro il fallimento di Macron c'è lo stesso disprezzo riservato ai cittadini dalle elite che governano l'Europa. Per questo la rabbia gialla può diventare contagiosa. E rivelarsi assai più distruttiva del risentimento populista o delle spinte sovraniste. Ma a Bruxelles forse non l'hanno ancora capito.
http://m.ilgiornale.it/news/2018/12/03/il-rischio-contagio-di-una-rabbia-oltre-il-populismo/1610490/

Anonimo ha detto...

Male Marcon, ma le rivoluzioni in Francia vengono male, non portano nulla di buono. "Aux armes citoyens! Formez vos battaillons!". Aggiungo ancora un punto esclamativo, ed anche uno interrogativo.

Attenzione! ha detto...

La rabbia del popolo è spontanea, ma c'è il rischio che venga gestita e manipolata da forze che non hanno a cuore gli interessi dei cittadini e che mandano sulle strade esperti di guerriglia urbana, agitatori specializzati, trascinatori prezzolati. Perché??? Per creare il "problema"e poi offrire la "soluzione": gli eurogendfor!!!
Seguono, poi, misure di sicurezza straordinarie e limitazioni della libertà....

Anonimo ha detto...

Anche gli svedesi protestano davanti al parlamento per l'immigrazione massiva

'It is time to bring out our inner Vikings' - Swedes start protesting against mass migration in front of Parliament

https://voiceofeurope.com/2018/12/it-is-time-to-bring-out-our-inner-vikings-swedes-start-protesting-against-mass-migration-in-front-of-parliament/

mic ha detto...

https://www.maurizioblondet.it/noi-che-sappiamo-come-finira/

Anonimo ha detto...

Scusate se mi permetto : non e' emigrazione .
Hanno fatto loro delle promesse o delle minacce , ne hanno fatto una bella infornata e scaricati in Europa e siccome erano ancora troppo pochi hanno visto bene di svuotare le carceri e forse malati mentali e quant'altro e fatto le pulizie .
Abbiamo capito che c'e' un piano preparato da tempo e che stanno perseguendo con l'aiuto dei mercenari (..... ) della sinistra.
Fuori-legge pieni di arroganza e di superbia che si sentono dio tanto di poter disporre della vita di interi popoli .
Questo e' !

irina ha detto...

Gli infiltrati sono il grande problema, occorre un servizio d'ordine che dia l'allarme appena entrano i provocatori. Quando c'è l'allarme bisogna lasciarli soli in mezzo alla via che siano in evidenza, gli altri tutti attaccati ai muri con intorno gente conosciuta e sicura. Importante non diventare scudo dei facinorosi.

mic ha detto...

https://paolobecchi.wordpress.com/2018/12/03/ne-cesari-ne-tribuni-i-gilet-gialli-sono-populismo-allo-stato-puro-parla-alain-de-benoist/

Anonimo ha detto...

Le Figaro batte una notizia clamorosa,
i manifestanti francesi rifiutano l’incontro con il governo francese, mossa attesa dopo la morte di una donna ottantenne a Marsiglia questa notte a causa di un proiettile sparato dalla polizia. Dunque nessun passo indietro nelle proteste.
Anzi, tre avanti: si chedono le dimissioni immediate del governo e la nomina del generale de Villiers a capo del nuovo governo. Per vostra informazione, il gen. de Viliiers è colui che fu licenziato mesi fa da Macron e che tutti gli alti ranghi militari – contravvenendo agli ordini – scesero in piazza a salutare il giorno del suo congedo forzato.
Ma la ragione letteralmente esplosiva è il motivo per cui de Villiers fu licenziato dal filo-tedesco Macron: egli era contrario al taglio degli investimenti alla difesa derivanti dalla sempre più stretta collaborazione con la Germania in ambiti militari. Ossia, de Villiers era il rappresentato delle forze armate contrario all’integrazione militare francese con la Germania!

Quella a cui stiamo assistendo è la reazione – anche violenta, purtroppo – di coloro – e sono davvero in tanti – che in Francia NON vogliono dare a Berlino il comando militare europeo. E nemmeno la “force de frappe” francese in veste EU....

http://www.mittdolcino.com/2018/12/04/clamoroso-i-gillet-gialli-rifiutano-lincontro-con-il-governo/

Anonimo ha detto...

Gli infiltrati, da sempre, sono l'arma segreta della sinistra che li usa per dare a chi osa contestare del fascista.

Anonimo ha detto...

Perchè l’Europa si sta disgregando?

I nazionalismi e gli egoismi veri, quelli che la Merkel non riesce a vedere
– Angela Merkel, nei giorni scorsi, ha lanciato un monito apparentemente del tutto condivisibile, affinchè in Europa non risorgano “nazionalismi ed egoismi” che in passato hanno condotto l’Europa al suo suicidio nella I e nella II guerra mondiale. Certamente i nazionalismi sono stati la morte del Vecchio continente e nessuno si augura che risorgano.

Ma il vero problema non è questo, oggi. Il problema è capire se quanto dice la Merkel ha qualche attinenza con la realtà attuale, e se il nazionalismo che portò ai disastri che conosciamo è la medesima cosa dell’attuale sovranismo.

Sì perchè le due parole vengono fatte passare come sinonimi, ma non lo sono.

L’Europa di oggi è immune dai nazionalismi?

Partiamo da una prima considerazione: l’Europa di oggi è immune dai nazionalismi, come Merkel vorrebbe far intendere?

Purtroppo no. La Germania fa da molti anni i suoi egoistici interessi nazionali, sebbene in modo diverso dal passato, cioè senza ricorso alle armi.

La Germania, ricordiamolo, è stata la culla del nazionalismo in Europa, prima con i vari Lutero, Fichte ed Hegel, poi con il militarismo prussiano, ed infine con il contributo essenziale dato allo scoppio della I guerra mondiale e della II.

Il paese del Kaiser Guglielmo II e di Adolf Hitler non è dunque quello più adatto a fare lezioni sui pericoli del nazionalismo, per il suo passato, ma anche per il suo presente.

E’ evidente a tutti, infatti, che i tedeschi sono quelli che hanno tratto maggiori vantaggi dall’Unione Europea, a partire dal cambio marco-euro: solo venticinque anni fa Italia, Francia e Germania erano potenze quasi equivalenti, mentre oggi non c’è partita.

In questo periodo la Germania è cresciuta, mentre l’Italia è franata, certamente non solo, ma anche a causa della gestione non certo plurale, solidale, equilibrata, intelligente dell’Unione Europea.
....
https://www.lavocedeltrentino.it/2018/12/04/perche-leuropa-si-sta-disgregando/

Anonimo ha detto...


"I discorsi alla nazione tedesca" li ha scritti Fichte non Hegel.
La riscossa contro la Francia napoleonica, instillando un potente nazionalismo,
l'ha ispirata Fichte. Hegel vedeva le cose più dall'alto. E' vero che, nel
realizzarsi dello spirito del mondo, vedeva giunto il momento del "mondo
germanico", ma come realizzarsi della libertà dello spirito, processo secondo lui
iniziatosi con Lutero. In Hegel tendeva a prevalere una valenza culturale aI ssai più che
nazionalista, pur essendo egli ovviamente un patriota tedesco. Finì di scrivere
la Fenomenologia dello spirito il giorno precedente la battaglia di Jena, dove lui
allora insegnava, che fu una grande vittoria francese contro i prussiani. Il giorno
dopo assistette al passaggio di Napoleone per la città e disse di "aver visto lo
spirito del mondo passare a cavallo per le vie di Jena".
Nella sua ultima grande opera, I Lineamenti di Filosofia del Diritto (1821), che non viene mai ricordata (anche perché è di moda liquidare Hegel come "gnostico", qualsiasi cosa ciò voglia dire) egli ci dà una sintesi poderosa e nell'insieme "conservatrice" del mondo del diritto e della morale, della famiglia, della società (la "società civile"), dello Stato. Era detestata da tutta la sinistra hegeliana e difatti il giovane Marx l'attaccò a testa bassa.
In quanto ad esser "culla del nazionalismo" anche la Francia non ha certo scherzato. Anzi. E nello scoppio della I gm. ci sono anche gravi responsabilità delle altre nazioni, a cominciare dall'Austria-Ungheria e dalla Russia, che non riuscirono a contenere nei giusti limiti la loro lotta per il dominio dei Balcani, lotta che era di imperialismi assai più che di nazionalismi. La politica del "rischio calcolato" delle competizioni imperiali, sfuggendo dimano, fu la vera causa profonda della I gm. Erano gli imperi consolidati a servirsi dei nazionalismi, come quello serbo o quello italiano (quest'ultimo ossessionato dal problema di assicurare alla nazione un confine decente, che non fosse più a qualche decina di km a nord di Verona e di mantenersi in vita tra la pressione austro-tedesca a nord e il dominio britannico del mediterraneo a sud).
E'sicuramente giusto accusare la dirigenza tedesca attuale di egosimo e di nazionalismo mascherato, di espansionismo economico contrario a quello che dovrebbe essere il supposto spirito europeo, di cinismo nei confronti dei greci. Pensiamo però anche ai nostri limiti. Abbiamo voluto entrare nell'euro con un rapporto debito Pil che era già al 100% se non erro invece che al 60% come richiesto dai trattati, ponendoci da subito nella condizione di chi non è in regola e deve sempre chiedere un trattamento di favore. La situazione difficile nella quale ci troviamo non dipende solo dall'Europa.
H.

Anonimo ha detto...


"I discorsi alla nazione tedesca" li ha scritti Fichte non Hegel.
La riscossa contro la Francia napoleonica, instillando un potente nazionalismo,
l'ha ispirata Fichte. Hegel vedeva le cose più dall'alto. E' vero che, nel
realizzarsi dello spirito del mondo, vedeva giunto il momento del "mondo
germanico", ma come realizzarsi della libertà dello spirito, processo secondo lui
iniziatosi con Lutero. In Hegel tendeva a prevalere una valenza culturale assai più che
nazionalista, pur essendo egli ovviamente un patriota tedesco. Finì di scrivere
la Fenomenologia dello spirito il giorno precedente la battaglia di Jena, dove lui
allora insegnava, che fu una grande vittoria francese contro i prussiani. Il giorno
dopo assistette al passaggio di Napoleone per la città e disse di "aver visto lo
spirito del mondo passare a cavallo per le vie di Jena".
Nella sua ultima grande opera, I Lineamenti di Filosofia del Diritto (1821), che non viene mai ricordata (anche perché è di moda liquidare Hegel come "gnostico", qualsiasi cosa ciò voglia dire) egli ci dà una sintesi poderosa e nell'insieme "conservatrice" del mondo del diritto e della morale, della famiglia, della società (la "società civile"), dello Stato. Era detestata quest'opera da tutta la sinistra hegeliana e difatti il giovane Marx l'attaccò a testa bassa.
In quanto ad esser "culla del nazionalismo" anche la Francia non ha certo scherzato. Anzi. E nello scoppio della I gm. ci sono anche gravi responsabilità delle altre nazioni, a cominciare dall'Austria-Ungheria e dalla Russia, che non riuscirono a contenere nei giusti limiti la loro lotta per il dominio dei Balcani, lotta che era di imperialismi assai più che di nazionalismi. La politica del "rischio calcolato" delle competizioni imperiali, sfuggendo dimano, fu la vera causa profonda della I gm. Erano gli imperi consolidati a servirsi dei nazionalismi, come quello serbo o quello italiano (quest'ultimo ossessionato dal problema di assicurare alla nazione un confine decente, che non fosse più a qualche decina di km a nord di Verona e di mantenersi in vita tra la pressione austro-tedesca a nord e a est, l'ostilità francese a ovest, il dominio britannico del mediterraneo a sud).
E'sicuramente giusto accusare la dirigenza tedesca attuale di egoismo e di nazionalismo mascherato, di espansionismo economico contrario a quello che dovrebbe essere il supposto spirito europeo, di cinismo nei confronti dei greci. Pensiamo però anche ai nostri limiti. Abbiamo voluto entrare nell'euro con un rapporto debito Pil che era già al 100% se non erro invece che al 60% come richiesto dai trattati, ponendoci da subito nella condizione di chi non è in regola e deve sempre chiedere un trattamento di favore. La situazione difficile nella quale ci troviamo non dipende solo dall'egoismo dell'Europa.
H.

Anonimo ha detto...

http://ilsudconsalvini.net/le-donne-non-osano-piu-camminare-sole-per-le-strade-in-germania-la-leader-dellafd-si-scaglia-contro-la-merkel/

Anonimo ha detto...

La cancelliera tedesca Angela Merkel ha designato un immigrato turco alla carica di vicedirettore dell'agenzia di intelligence interna tedesca, l'Ufficio federale per la protezione della Costituzione (BfV)
https://it.gatestoneinstitute.org/13387/germania-scurezza-interna

fabrizio giudici ha detto...

Abbiamo voluto entrare nell'euro

Il problema è: "abbiamo" chi? Certo la scelta non fu per via referendaria... In realtà, ci è stata imposta - contemporaneamente ad una sottile opera di plagiamento culturale - dalle elites che comandano il continente, ovvero franco-tedesche. Non voglio affatto dire che noi italiani non abbiamo problemi e responsabilità come nazione, ma quel mostro che si chiama Unione Europea ha padri ben precisi e noi non siamo tra loro.

Anonimo ha detto...


Nessuno ci ha costretto ad entrare nell'Euro. Per difenderci da esso dobbiamo pensare in termini politici nuovi

La classe dirigente italiana dell'epoca ha voluto entrare nell'Euro, aderendo al disegno delle elite che comandano in Europa. C'è stata vera opposizione in Parlamento, quando si è votato a favore? Nel Paese, nella Nazione non c'era una grande opposizione, certamente anche perché l'opinione pubblica era "plagiata" dai media.
Le tendenze "regionalistiche-federalistiche" già forti allora non civettavano con l'idea della "Europa delle regioni", che avrebbe sostituito lo Stato nazionale? L'adesione all'euro gli andava bene in quest'ottica. Adesso forse si sono accorti dell'errore macroscopico, dal momento che solo lo "Stato nazionale" può difenderci dall'invasione musulmana e resistere in qualche modo alla CE, se al governo vengono votati i partiti giusti. Una Destra "patriottica", ossia votata alla difesa del territorio, dell'ethnos italiano, dei nostri valori insomma, non c'è più da tempo. Ne resta un frammento in Fratelli d'Italia, che sembra essersi anche liberato dai limiti e dalle errate nostalgie della Destra neofascista. L'elemento nuovo e decisivo è stata la svolta della Lega, per una felice intuizione di Salvini, a quanto pare. Si tratta di una riscoperta del "patriottismo" imposta dalla necessità e in chiave spontanea, perché un sano sentimento nazionale (oggi brutalmente calpestato in molti modi) appartiene a tutti i popoli.
Bisognerebbe cercare di dare una base per così dire "dottrinale", di riflessione politica ad hoc, a questo nuovo "patriottismo", che si pone come tentativo di superare la spinta regionale affermatasi negli ultimi decenni, senza però rinnegarla (cosa non facile). Applicare i vecchi e consunti schemi della polemica antirisorgimentale e antiunitaria mi sembra solo perder del tempo prezioso.
H.