Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

domenica 20 gennaio 2019

Lex orandi senza lex credendi - Cesare Baronio

Pubblico questo interessantissimo testo di Cesare Baronio - che ringrazio di cuore - che anticipa quanto stavo accingendomi a scrivere dopo aver iniziato a riflettere su ciò che si profila all'orizzonte.

Come preannunziato, la Commissione Ecclesia Dei è stata soppressa, e le sue competenze passano ora ad una costituenda sezione della Congregazione per la Dottrina della Fede. Il Motu Proprio promulgato ieri, 19 Gennaio [vedi], ha confermato quanto da più parti si era già dato come fatto compiuto.
L’avvocato Fabio Adernò, in un suo commento pubblicato su Messa in Latino [qui] ritiene che «l’unica cosa che cambia, da oggi, è la carta intestata». Una pia illusione, se posso permettermi, che verrà presto smentita dai fatti. Come giustamente osservava Steve Skojek in un tweet, quel che fa Bergoglio, ancorché apparentemente innocuo, dovrebbe sempre destare qualche sospetto. E il sospetto che un atto di governo di natura meramente amministrativa possa preludere ad un ulteriore ridimensionamento delle libertà concesse ai conservatori in ambito liturgico è tutt’altro che irragionevole, anzi pare confermato dalla prassi ormai invalidata in seno alla neo-chiesa. Si rassegnino quindi i normalisti che, per rimanere in comunione, sono disposti a negoziare sulla dottrina accettando il Vaticano II, pur di mantenere in vita la liturgia tridentina.

L’araldo vaticano, recentemente assurto alla Direzione Editoriale della Santa Sede, in un editoriale apparso ieri [qui], dopo la divulgazione della notizia su Vatican News [qui], non manca di ribadire la vulgata ufficiale: «finisce l’eccezionalità». Il pio Lettore crederà di trovare nelle parole di Tornielli e dei commentatori di Corte una qualche rassicurazione: «gli Istituti e le Comunità religiose che celebrano abitualmente nella forma straordinaria hanno trovato oggi una propria stabilità di numero e di vita». Chi conosce viceversa l’eloquio clericale sa bene che in queste parole si cela l’insidia principale del documento papale: la stabilità cui si riferisce Bergoglio non consiste tanto nella conservazione delle prerogative e del diritto di celebrare liberamente la liturgia tradizionale della Chiesa, quanto nel fatto che a questi Istituti non se ne potranno aggiungere altri; chi vorrà avvalersi del Motu Proprio Summorum Pontificum si accorgerà presto che l’unica possibile strada percorribile è quella di unirsi ad una comunità approvata - Fraternità San Pietro, Istituto di Cristo Re, Istituto del Buon Pastore - senza possibilità di erigerne una nuova: perché, appunto, «gli Istituti e le Comunità religiose che celebrano abitualmente nella forma straordinaria hanno trovato oggi una propria stabilità di numero e di vita». Di numero: non ne occorrono altre. Ed è evidente che il diritto riconosciuto dal Summorum Pontificum a qualsiasi chierico secolare o regolare di celebrare secondo le Rubriche del 1962 troverà a questo punto un necessario ed ineludibile ridimensionamento, se non una vera e propria soppressione, come già prevedevo in un mio precedente commento [qui].

Chi ha cercato di attribuire la responsabilità di questa decisione alla Fraternità San Pio X - come sappiamo esser avvenuto ad opera di alcuni chierici conservatori - si trova oggi nella scomoda posizione di poter ancora beneficiare della tolleranza di Santa Marta nelle questioni liturgiche, purché non vengano messe in discussione - nemmeno indirettamente - le istanze dottrinali ed ecclesiologiche del Vaticano II. Infatti, «le finalità e le questioni trattate dalla Commissione “sono di ordine prevalentemente dottrinale”», e «quello dottrinale rimane l’unico ma anche più importante tema rimasto aperto». Il tema dottrinale, appunto, rimane aperto ma solo con la Fraternità San Pio X, dal momento che gli Istituti della soppressa Commissione Ecclesia Dei accettano sine glossa il Concilio, limitandosi a chieder di poter celebrare i riti preconciliari.

Così, se baloccarsi con pianete plicate, arundini e tenebrari è ammesso entro ben delimitati spazi, non è altresì concesso professare quella Fede che, per la stessa essenza della liturgia, è coerente e necessaria espressione della lex orandi. In sostanza, Bergoglio ha resa evidente quella contradictio in terminis che, nel legittimare la cosiddetta forma straordinaria, l’ha strappata alla sua radice dottrinale, che manifestamente si oppone all’ecclesiologia ed alla dottrina conciliare. Lo conferma in forma breviore anche Massimo Faggioli, uno degli intellettuali progressisti emergenti dopo l’avvento di Bergoglio: «Con la sua decisione a proposito della Ecclesia Dei, Papa Francesco dice ai tradizionalisti: potete avere la liturgia preconciliare, ma non potete avere la dottrina pre (e anti) -Vaticano II» [qui].

La Fraternità San Pio X rimane quindi l’unica entità genuinamente cattolica che, nel mantenimento della forma cultuale tradizionale, ne abbraccia coerentemente anche il presupposto teologico, de facto escluso ed ignorato - anzi, decisamente negato - dalle comunità sinora facenti capo all’Ecclesia Dei.

Questo non è - sia chiaro - l’acido commento di un fanatico tradizionalista, aprioristicamente avverso al nuovo corso modernista: l’analisi di questa situazione è confermata in forma longiore da uno dei più ferventi apostoli della neo-chiesa e zelantissimo cortigiano di Santa Marta, Andrea Grillo, docente di Teologia sacramentaria e Filosofa della Religione presso il Pontificio Ateneo Sant’Anselmo di Roma. Il quale, in un articolo pubblicato proprio ieri su Munera [qui], conferma l’analisi impietosa di chi scrive, pur approvandola con lo scomposto entusiasmo tipico del settario che vede finalmente confermata in alto loco la propria avversione all’antica religione soppiantata dal Concilio: «Nata per rimediare alla frattura con il mondo lefebvriano, [la Commissione] era diventata, progressivamente, un settore della Curia romana nel quale si costruiva una “identità parallela” del cattolicesimo tradizionalista e con il pretesto di un immaginario “accordo con lefebvriani”, si pretendeva di spostare continuamente verso di loro la barra della identità cattolica, soprattutto con un progressivo svuotamento della comprensione e della efficacia del Concilio Vaticano II». É qui rilevabile l’insofferenza di Grillo non solo verso il tradizionalismo tout-court, ma anche verso quel moderatissimo conservatorismo che, sotto il Pontificato di Benedetto XVI, aveva trovato una propria collocazione giuridica nel pantheon conciliare. Secondo il professore, dopo il Motu Proprio Summorum Pontificum e la promulgazione dell’Istruzione Universae Ecclesiae, «era facile immaginare che questo provvedimento avrebbe aperto la via ad un processo inarrestabile di sempre più ampie concessioni, fatte non dalla Chiesa di Roma, ma dai tradizionalisti della Curia romana, che avevano ottenuto una pericolosa e troppo ampia autonomia». Si noti l’ardita distinzione «non dalla Chiesa di Roma, ma dai tradizionalisti della Curia romana», che prelude ad un'ulteriore cancellazione di quelle «sempre più ampie concessioni» concesse in nome di una «pericolosa e troppo ampia autonomia».

Un’autonomia, par di capire, che sotto il gesuita Ladaria non troverà alcuno spazio ad intra, ma al massimo ad extra, nei confronti della Fraternità San Pio X; ammesso e non concesso che l’Istituto di mons. Lefebvre ritenga fruttuoso un qualsivoglia confronto con chi non è intenzionato a cedere alcunché sul fronte dottrinale. Da quel ch’è dato comprendere dalle dichiarazioni del Superiore della Fraternità, don Davide Pagliarani [qui], l’unico scopo degli incontri romani è il lasciar traccia documentale che, nel silenzio universale dei Prelati, vi è stato chi ha coraggiosamente affermato le immutabili verità cattoliche davanti alla Gerarchia conciliare che progressivamente le va negando.

Andrea Grillo, preso dal raptus modernista, tradisce nel proprio articolo quelle che, se non rappresenta un vero e proprio programma concordato coi vertici della setta conciliare, esprime quantomeno degli scomposti desiderata di cui già si intravvede la possibile realizzazione. Egli definisce il coetus fdelium previsto per la richiesta della celebrazione nella liturgia antica come una «follia tradizionalista installata nella Curia romana». E aggiunge: «Ora, secondo il motu proprio che entra oggi in vigore, tutte le competenze di Ecclesia Dei sono spostate ad una Sezione della Congregazione per la Dottrina della Fede. Sarebbe logico che, innanzitutto, la Istruzione Universae Ecclesiae, essendo destinata ad una Commissione che non esiste più, venisse abrogata. Per riportare un poco di buon senso e di onestà in un mondo in cui la fiction ha raggiunto, da troppo tempo, livelli di guardia». In sostanza, Grillo auspica l’abrograzione del documento applicativo del Motu Proprio Summorum Pontificum, vanificandone l’efficacia. «Questo passaggio inaugura una nuova fase nel rapporto con i lefebvriani, ma soprattutto nella applicazione del Motu Proprio Summorum Pontificum, che sta alla radice di questa grande messa in scena, giunta oggi, finalmente, al sipario finale. Ma forse è solo il sipario del primo atto della commedia».

Avete letto bene: una grande messa in scena, anzi una Messa in scena, oserei dire, con la maiuscola. Poiché, pur da posizioni antitetiche ed inconciliabili, Grillo mi vede perfettamente concorde con la sua analisi. La farsa perpetrata con il Motu Proprio, infatti, è stata svelata da un semplice atto amministrativo in cui il Romano Pontefice esercita la propria potestà. Un atto amministrativo che, come dice l’avvocato Adernò, «rientra – con buona pace dei contestatori del Summorum Pontificum – nell’orbita della fase – discutibile o meno che sia – di normalizzazione avviata sotto il Pontificato di Benedetto XVI». Normalizzazione, appunto. Ma una normalizzazione che compie un ulteriore passo verso l’apostasia, poiché sancisce la rottura ope legis dell’intrinseco legame tra lex credendi e lex orandi, non solo all’interno della stessa Chiesa latina - cosa ch’era già avvenuta con la compresenza della forma ordinaria e straordinaria - ma anche all’interno dell’ala conservatrice, che si trova ad avere sì la liturgia tradizionale, ma senza che le sia riconosciuto il diritto di credere a ciò che celebra, a professare quella Fede di cui il rito tridentino è necessaria espressione. In questo senso, la celebrazione del rito antico da parte di chi accetta il Vaticano II si conferma inesorabilmente una «grande Messa in scena, giunta oggi, finalmente, al sipario finale».

E, come preannuncia Grillo, questo «forse è solo il sipario del primo atto della commedia» secondo le intenzioni del regista, ma destinata a concludersi - temiamo - in tragedia per i fedeli.

20 commenti:

irina ha detto...

"... ma anche all’interno dell’ala conservatrice, che si trova ad avere sì la liturgia tradizionale, ma senza che le sia riconosciuto il diritto di credere a ciò che celebra, a professare quella Fede di cui il rito tridentino è necessaria espressione..."

Ed è quello che accade, settimanalmente, là dove la Messa antica è celebrata con omelia modernista.

Alessandro Mirabelli ha detto...

OT l'altro ieri sera il tg1 delle 20 ha dato notizia di una dichiarazione di Kasper - molto preoccupata - riguardo il tiro non già al piccione ma al Papa, ad un eventuale conclave non troppo lontano. Questa dichiarazione insieme alla notizia che è circolata insistentemente della non remota abdicazione del Papa significa che alla mafia di S. Gallo sono saltati i nervi e che il terreno sta franando sotto i loro piedi. Che uno come Kasper si lasci andare a codeste dichiarazioni e' significativo. Riusciamo ad intravvedere si e no il 30% della guerra tutta interna e sotterranea che almeno dal sinodo straordinario del 2014 si sta svolgendo.

Da Fb ha detto...

Domattina, 21 gennaio, contrariamente a una antica e risalente tradizione, il papa non benedirà gli agnellini dalla cui lana si tessono i pallii dei metropoliti.
Dopo essere stata traslata negli ultimi anni dalla consueta collocazione nella Cappella di Urbano VIII del Palazzo apostolico, nella ben più anonima hall di S. Marta, la breve e significativa cerimonia - che evidentemente non dice più nulla agli attuali occupanti d'Oltretevere - è stata soppressa senza apparenti giustificazioni, con buona pace dei Padri trappisti delle Tre Fontane, i quali allevano gli agnelli, del Capitolo lateranense - titolare dell'antico censo - che formalmente li consegna al pontefice, e delle Monache benedettine di S. Cecilia in Trastevere, incaricate da secoli di crescere le bestiole, tosarle e ricavarne la lana necessaria alla tessitura, cui ancora provvedono con zelo ed acribia.
Pur con alcune modifiche, la sacra cerimonia - di tradizione puramente romana - era sopravvissuta ai mutamenti rituali del post-Concilio, ed era particolarmente amata anche da pontefici che romani non erano, ovvero Giovanni Paolo II e Benedetto XVI il quale non mancava di mostrare il suo notorio affetto per gli animali, nella circostanza.
Dopo il progressivo ridimensionamento degli ultimissimi anni, questa
soppressione è un altro passo, piccolo ma paradigmatico, sulla via dell'inarrestabile degrado abbracciato dalla "chiesa in uscita" che dei segni sacri, evidentemente, non sa più cosa farsene.

Marisa ha detto...

OT:

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Catholicus ha detto...

"questo «forse è solo il sipario del primo atto della commedia» secondo le intenzioni del regista, ma destinata a concludersi - temiamo - in tragedia per i fedeli" : personalmente, credo che chi rimarrà vittima di una tragedia (la "seconda morte" di cui parla San Francesco d'Assisi) non saranno certo i veri cattolici, gli spregiati e dileggiati "tradizionalisti", ma lo saranno persone come Grillo, i giullari della corte del tirano e tutta la setta conciliare, almeno coloro che sono apertamente in mala fede, i malfattori della fede, coloro che hanno ribaltato la retta dottrina e cancellata la liturgia cattolica per distruggere la Chiesa di Cristo. Ma, come sappiamo per fede, "portae inferi non rpevalebunt" : che si lancino pure nel loro delirio di onnipotenza, quindi, questi chierici modernisti, di alto o basso rango che siano, i loro giorni sono contati, e la scure è già alla base dell'albero. Il redde rationem arriverà, prima o poi, non potranno evitarlo, né da esso li libererà il loro nuovo padrone sulfureo ("verrà un giorno" dice Padre Cristoforo nei Promessi sposi...)

Angelo ha detto...

Nessun alto prelato è animato dal giusto furore divino per cacciare i mercanti dal Tempio?

irina ha detto...

Dalle radici dipende la stabilità e la vita dell'albero, con i suoi rami, foglie, frutti.

Le radici della lingua Inglese sono saldamente avviluppate intorno alle opere di William Shakespeare (1564-1616).

Le radici della lingua Italiana sono saldamente intrecciate all'opera di Dante Alighieri (1265-1321).

Le radici della Teologia Cattolica dovrebbero essere saldamente intrecciate all'opera di San Tommaso D'Aquino (1225-1274).

Le lingue moderne prima e dopo i loro Grandi Maestri hanno avuto grandi e medi poeti, scrittori, saggisti.

A mio parere, oggi la teologia cattolica è morta, infatti ha sradicato dalla sua esangue esistenza anche l'opera, più ricca, rigorosa, vitale e devota che il Signore le aveva donato, quella di di San Tommaso.

Shakespere si studia e si memorizza ancor oggi!
Dante si studia e si memorizza ancor oggi!
San Tommaso?

Anonimo ha detto...


segnalo

https://www.europacristiana.com/lingloriosa-fine-dellecclesia-dei/

Anna

Anonimo ha detto...

e:

http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV2778_Servodio_Soppressa_Ecclesia_Dei.html

Anna

mic ha detto...

Conclusioni dal link segnalato da Anna:
....
Il ruolo dell’Ecclesia Dei è stato molto ampliato da Benedetto XVI, che ne ha fatto il garante dell’applicazione del Motu proprio Summorum Pontificum, ostacolato, invece, da fortissime resistenze, nella sua applicazione, da parte di svariati Vescovi.

Tutto questo, però, si è scontrato con un equivoco di fondo, che ha caratterizzato l’azione di Papa Ratzinger: se, da un lato, ha favorito un ritorno a pratiche più squisitamente cattoliche e ad una certa spiritualità più tradizionale, dall’altro, non era assolutamente disponibile a mettere in discussione le deviazioni dottrinali scaturite dal Concilio Vaticano II. Questo, ovviamente, ha portato molti, sul fronte della Tradizione, a rimanere amaramente disillusi e, sul fronte delle Autorità ecclesiali, Pontefice compreso, ha ingenerato timori e paure.

Conscio che, ormai, la partita con i cosiddetti «tradizionalisti» si sarebbe dovuta giocare sul piano della dottrina, Benedetto XVI ha posto l’Ecclesia Dei sotto il diretto controllo della Congregazione per la dottrina della Fede, ponendone a capo il prefetto di quest’ultima, con la Lettera apostolica motu proprio data «Ecclesiae unitatem» (2 luglio 2009), proprio mentre revocava le scomuniche ai quattro Vescovi della Fraternità.

L’ascesa al soglio di Pietro di Papa Francesco (2013) ha assegnato una drastica svolta: egli incarna la lettura più intransigente ed estremistica del Modernismo, vale a dire quella nota come Teologia della Liberazione, che unisce il più coerente relativismo, sul piano filosofico e gnoseologico, con una lettura intramondana, economicistica e politica del Cristianesimo, con pesantissime venature marxiste. Tutta la sua azione di governo della Chiesa si è mostrata come tesa a colpire quel poco di cattolico che era rimasto all’interno delle sue strutture, soprattutto di vertice, oltre che a diffondere il più totale agnosticismo filosofico, teologico ed etico. In questa visione, ovviamente, i primi a dover essere eliminati erano e sono coloro che, pur anteponendo l’obbedienza ai superiori ed il mito dell’unità ai contenuti della Fede più indigesti per il mondo, hanno grosse difficoltà ad accettare una deriva così smaccata.

È ovvio che i “bonapartisti”[5] all’interno della Chiesa hanno, giustamente, tutto da temere da una tale “politica”. Per quanto concerne la questione specifica della soppressione dell’Ecclesia Dei, coloro che hanno maggiori difficoltà a resistere agli ingiusti comandi dell’Autorità ed ancora speravano di poter conservare i benefici della “primavera” ratzingeriana temono che tali benefici possano essere, da un momento all’altro, spazzati via, dopo tale decisione del regnante Pontefice.

Questa decisione, però, non è altro che il perfezionamento, con rigorosa coerenza, di quella presa da Benedetto XVI nel 2009.

Tutto il pontificato di Papa Francesco, ivi compresa la riforma di cui stiamo parlando, ha il grande pregio di porre fine all’equivoco ingenerato da Benedetto XVI: non è possibile continuare a lungo a mantenere le forme della Fede cattolica e, al tempo stesso, i contenuti dottrinali dell’eresia modernista; ad un certo punto questa contraddizione si deve sciogliere ed il regnante Pontefice lo sta facendo con la durezza e l’assoluta mancanza di diplomazia che lo contraddistinguono.

Ora, ancor più di ieri, apparirà chiaro chi è disposto, per amore di Nostro Signore Gesù Cristo e della purezza della Fede in Lui, a resistere e chi, per qualunque ragione, deciderà di piegarsi alle ingiuste pretese di un Vicario che sistematicamente tradisce il suo Signore.

Anonimo ha detto...


Cosa c'entra la FSSPX?

Niente. Ritenere che abbia a che fare con questa decisione papale è pura fantapolitica. Non si vede il cui prodest. In ogni caso, all'abolizione della Commissione, alla FSSPX non potrebbe importare di meno. La Commissione era utile a chi voleva celebrare e seguire la Messa OV mantenendosi fedele al Vaticano II. E utile al Vaticano come luogo di "dialogo" con la FSSPX. Ma un "dialogo" che per la FSSPX era sempre indirizzato a render nota la propria posizione dottrinale, l'unica fedele al dogma, nel marasma dominante.
A chi tra i fedeli frequenta le Messe celebrate dalla FSSPX, come il sottoscritto, da più di venti anni, importa poco assai che il Papa sopprima questa o quella commissione incaricata di venire incontro, in apparenza, alle esigenze liturgiche dei nostalgici, dei c.d. tradizionalisti. Sono dinamiche interne vaticane che a noi non interessano.

Ciò che interessa è poter frequentare una Messa sicuramente cattolica, nell'auspicio che un giorno non lontano finisca finalmente l'attuale eterodosso dualismo liturgico; finisca nel modo migliore, con la sparizione del "rito straordinario" fabbricato a tavolino con l'aiuto dei protestanti eretici; l'estinzione del Novus Ordo, l'aborto di Montini e Bugnini, partorito dalle viscere dell'impostura e della menzogna.
PP

viandante ha detto...

Nessun alto prelato è animato dal giusto furore divino per cacciare i mercanti dal Tempio?

Al momento la situazione è quel che è e che vediamo coi nostri occhi. Ma non perdiamo la speranza poichè colui che regge le sorti del mondo, al momento che riterrà opportuno saprà con uno squillo suscitare santi e corraggiosi sacerdoti e laici pronti a combattere per Lui e per il trionfo del Cuore Immacolato di Maria.
Per combattere, chi spiritualmente e chi in altro modo, ognuno mettendo a profitto i propri talenti! Importante è ricordarsi che siamo nati per combattere prima di gloriarci. Noi apparteniamo alla Chiesa militante!

Detto questo che dire sulla soppressione di questa Commissione? Penso che Cesare Baronio abbia già fatto una ottima sintesi. Io aggiungerei semplicemente che forse il tempo a disposizione per coloro a cui era stata data la possibilità di vedere oltre la confusione liturgica e dottrinale attuale, stia per scadere. Chi ne ha voluto e potuto approfittare ne é sicuramente uscito arricchito spiritualmente (e non solo) e sicuramente partirà per i prossimi combattimenti da posizioni di vantaggio. Per il resto confido nella divina Provvidenza che saprà trarre il meglio possibile anche dalla situazione attuale. E tra i primi segnali positivi c'è il vedere tante maschere cadere...

Anonimo ha detto...

Veramente le maschere cadono una ad una, concordo col commento di mic,irina e catholicus.In fondo, nell'amarezza del veder scoprirsi troppi volti, ringrazio Francesco uno perché sta calando la scure di Dio, che si serve di lui onde svelare tante verità occultate troppo a lungo. Disse Pio XII che ciò che temeva era l'indifferenza egoistica del popolo cristiano. Infatti l' indifferenza e il cieco asservimento han condotto all'oggi. Le isole felici non sono gradite a Dio ? Quando il popolo versa nella fame non posso in coscienza ritenerle gradite a Dio. Questi botti sono utili e Dio,che usa il libero male per il bene, li permette per svelare i pensieri di molti cuori. Non posso dire pane al pane e vino al vino per non incappare in censura ma i biancovestiti stanno provvedendo egregiamente a svelare i giochi nascosti delle isole felici, fatta salva la buona fede degli ignoranti più o meno invincibili.Sarà scisma tra mascherati e onesti, tra falsi resistenti e resistenti veri. Ben venga. Già non sono cattolici avanti al Trono dell'Altissimo:cadono le maschere e cadono i nostri schemi mentali, operazione dolorosa ma necessaria per il trionfo della verità, che è il trionfo del Cuore Immacolato di Maria ovvero ancora della Chiesa con la sua unica vera Religione.

Marisa ha detto...

OT:
https://www.radiospada.org/2019/01/il-comitato-20-maggio-invia-a-mons-camisasca-il-libro-sodoma-distrutta-sara-utile-per-seminari-e-clero/

Anonimo ha detto...

OT news ansa on line, appesi degli striscioni con frasi ingiuriose contro la chiesa e il papa definito con parole poco gradevoli,un crocifisso a testa in giù come simbolo della neo chiesa bergogliana, pare ci fossero simboli fassisti, anche se io non li ho visti, presi i 3 contestatori, tutti di Roma........cresce sul web il malcontento per questo 'pontificato' se così si può chiamare, anche su giornali tutt'altro che filo clericali, forse il giocattolo si è rotto........

Da Letturine ha detto...

La parte che fa più ridere è quella constatazione fasulla:
- constatando che gli Istituti e le Comunità religiose che celebrano abitualmente nella
forma straordinaria, hanno trovato oggi una propria stabilità di numero e di vita;

Andrebbe riscritta così:
- constatando la sempre maggior efficacia della persecuzione contro gli Istituti e le Comunità religiose che vorrebbero avvalersi del Summorum Pontificum... (tipo i Francescani dell'Immacolata, Familia Christi, il povero Mons. Livieres coi suoi seminaristi, le Piccole Suore di Maria Madre del Redentore o gli innumerevoli consacrati perseguitati che celebravano in Vetus Ordo...)

A titolo di curiosità: il testo parla di una "Feria IV" (spiegazione per i non addetti ai lavori: le riunioni della Congregazione per la Dottrina della Fede si tenevano il mercoledì). Poco prima che Benedetto XVI abdicasse, nella "Feria IV" si stava decidendo di vietare la "liturgia" neocatecumenale. Appena insediatosi, il Bergoglio bloccò la "Feria IV" e le sue decisioni, permettendo agli eretici neocatecumenali di andare comodamente avanti fino ad oggi (inclusa la difesa del loro vescovo pedofilo). Una decina di giorni fa El Jesuita ha fatto gli auguri di compleanno - e dichiarando ammirazione e lodandone il "bene" fatto alla Chiesa - all'eretico conclamato. La burocrazia vaticana finisce invariabilmente per sostenere gli eretici e per ostacolare la Tradizione.

Ora resta solo da sopprimere il Summorum Pontificum e la deratzingerizzazione è completa.

Ma tanto il problema resta sempre lo stesso: scarseggiano (o sono gravemente intimiditi dai vescovi) i preti desiderosi di celebrare la liturgia tridentina, mentre la FSSPX (cioè i lefebvriani) considera "Tradizione" solo ed esclusivamente la propria attività (non risulta che abbiano mai sinceramente brindato a qualcosa di tradizionale che non fosse stato attivato da loro: pertanto non amano veramente la Tradizione).

Anonimo ha detto...

"Si invita a partecipare senza dire con quali contenuti, ad accogliere senza dire per che fini, ad integrare senza che sia noto dove, a votare senza che si dica per che cosa, a dialogare senza indicare criteri e contenuti del dialogo, a convenire senza dire dove e perché, a ricucire gli strappi senza analizzare chi li ha fatti e che tipo di ricucitura mettere in atto, ad uscire senza dire dove, a non lasciarsi rubare la speranza senza dire di cosa, a sognare senza dire cosa".
Stefano Fontana
http://www.lanuovabq.it/it/il-grosso-guaio-del-primato-del-come-sul-cosa

Sacerdos quidam ha detto...

"...mentre la FSSPX (cioè i lefebvriani) considera "Tradizione" solo ed esclusivamente la propria attività (non risulta che abbiano mai sinceramente brindato a qualcosa di tradizionale che non fosse stato attivato da loro: pertanto non amano veramente la Tradizione)":

niente di più falso. Guardi che il 'Summorum Pontificum' è il frutto, per quanto imperfetto, della volontà della FSSPX di diffondere la S. Messa in Rito antico ovunque e liberamente, al di fuori della Fraternità San Pio X, come tesoro che ogni sacerdote, diocesano o religioso, avrebbe così infine potuto ottenere.
Questa della liberalizzazione del Rito Romano antico, infatti, era una delle famose tre condizioni poste dalla FSSPX al Vaticano per riallacciare le relazioni. Le altre due condizioni, anch'esse accettate dalla Santa Sede, erano la revoca delle 'scomuniche' e l'inizio di colloqui dottrinali, cose entrambe anch'esse avvenute.

Anonimo ha detto...

condivido l'appello e la supplica di Don Alfredo Maria Morselli al compianto cardinale Caffarra:
«Eminenza, glielo prometto: non mollo, ma Lei ci aiuti dal Cielo…, e chieda anche Lei alla Madonna di accelerare un tantinino ino ino i tempi…"
(Dorotea Lancellotti)

Anonimo ha detto...

... mentre la FSSPX (cioè i lefebvriani) considera "Tradizione" solo ed esclusivamente la propria attività (non risulta che abbiano mai sinceramente brindato a qualcosa di tradizionale che non fosse stato attivato da loro: pertanto non amano veramente la Tradizione). (da Letturine / EP)

Evidentemente l'autore di Letturine non ha letto il presente post di Baronio, il cui titolo è già di per sé abbastanza eloquente: "lex orandi senza lex credendi".
È noto che la coerenza che tra lex orandi e lex credendi è quella che ha sempre contraddistinto la posizione autenticamente cattolica della Fraternità.

Ciò detto non si può certo aspettarsi che la FSSPX apprezzi e valorizzi tentativi parziali e in definitiva fuorvianti di Tradizione basate per lo più sulla Lex Orandi "quale forma straordinaria del rito romano" da parte di preti e congregazioni biritualiste (biritualismo = accettare de facto il falso assunto di un'equivalenza tra due forme di uno stesso rito), le quali per mancanza di determinazione e coraggio nella fede accettano -chi più per necessità chi più per convinzione- e si prostrano supinamente alle false dottrine del CVII, con strategie che umanamente si possono capire, ma che non corrispondono a ciò di cui la Chiesa ha assolutamente bisogno da mezzo secolo a questa parte per guarire dalla crisi in cui si è cacciata introducendo nei suoi documenti solenni le eresie condannate da tutti i pontificati precedenti.