D’altronde le parole di Cristo parlano chiaro, né potrebbe essere altrimenti. Cristo è Dio; e Dio non può ingannare. In Marco 11,24, Gesù dice: “(…) tutto ciò che chiederete nella preghiera [nel mio Nome], credete di ottenerlo e l’otterrete”. Più chiaro di così? Dunque, la preghiera è infallibile. Ci sono però delle condizioni che la rendono effettivamente tali. San Tommaso d’Aquino ne indica cinque. Esaminiamole singolarmente.
Tutti possono vedersi esaudite le preghiere. Dio ascolta anche le preghiere dei peccatori. Ma indubbio che la preghiera per essere più efficace ha bisogno che chi chiede sia in comunione con Dio. Più si è amici di Dio, più la preghiera diventa efficace. È nella logica delle cose.
Seconda condizione: chiedere per sé
Questa condizione può sembrare un po’ incomprensibile. Ma come? Non è bello pregare per gli altri? E inoltre: quante volte la Vergine santissima nelle sue apparizioni più famose ha invitato a pregare per i poveri peccatori? Verissimo. Ma attenzione, qui non si sta parlando dei meriti che procura il pregare per gli altri, ma della sicura infallibilità della preghiera.
Quando si prega per gli altri, si ottengono per questi delle grazie attuali attraverso le quali essi sono chiamati a corrispondere liberamente. Ed è questo il punto: “liberamente“. Per cui non si può sapere se questi riusciranno in tal senso.
Altra cosa, invece, è pregare per sé. Pregare per sé presuppone che si voglia, cioè che si desideri ciò che si chiede; e quindi che si sia già predisposti a corrispondere.
Ovviamente - lo diciamo a scanso di equivoci - questo non significa che non sia importante e necessario (ed anche efficace) il dover pregare per gli altri.
Terza condizione: chiedere secondo la volontà di Dio
Questa è una condizione “principe”. Prima di tutto, bisogna distinguere tra richieste di grazie materiali e richieste di grazie spirituali. Le prime vanno certamente chieste al Signore, ma sotto condizione. Facciamo un esempio, si può chiedere di guarire da una malattia fisica, ma sempre che sia fatta la volontà di Dio. A Dio, infatti, il male fisico non ripugna totalmente e in alcune circostanze può volerlo (per accidens) affinché, attraverso la prova, si possa guadagnare la salvezza dell’anima.
Le grazie spirituali vanno richieste senza alcune condizione. Per esempio: la salvezza dell’anima, l’eliminazione del peccato mortale, ecc... vanno perfino pretese. Dio vuole che le si pretenda: “Cercate prima di tutto il Regno dei Cieli e tutto il resto vi sarà dato in aggiunta.” (Matteo 6,33).
Dunque, perché la preghiera possa essere infallibile, deve essere sempre conforme alla volontà di Dio
Quarta Condizione: chiedere con fiducia
Bisogna chiedere già avendo la certezza di aver ricevuto. Gesù lo dice chiaramente: “Se aveste fede come un granello di senape, spostereste le montagne.” (Matteo 17,20) Il problema è che la nostra fede non è grande nemmeno come un granello di senape.
Nella vita di don Bosco si racconta questo episodio. Ormai il numero dei ragazzi che il Santo aveva raccolto per strada era troppo grande per ospitarli nella sua iniziale dimora. Allora, senza che avesse i soldi sufficienti, stipulò un contratto per l’acquisto di una casa molto più grande. Un atto di imprudenza? No, un atto di fede. Egli era infatti sicuro che Dio lo avrebbe aiutato in quel progetto che non era per lui, ma per i ragazzi. E infatti quel giorno stesso arrivò da uno sconosciuto benefattore un’offerta che permetteva il pagamento dell’acquisto.
Quinta condizione: chiedere con perseveranza
La perseveranza è necessaria nella preghiera. Per una serie di ragioni.
- Primo: perché i nostri tempi non sono i tempi di Dio. Noi desideriamo che tutto si realizzi subito, Dio può preferire l’attesa.
- Secondo: perché Dio vuole rendersi conto fino a che punto arriva la nostra costanza e fiducia nella preghiera.
- Terzo: perché Dio vuole che si sappiano apprezzare le grazie ricevute. Se esse si ottenessero subito, forse non si avrebbe la capacità di apprezzarle adeguatamente.
Si racconta di due coniugi, sposati ormai da anni, che non riuscivano ad avere bambini. Andarono da san Pio da Pietrelcina e questi disse loro di pregare con fiducia così avrebbero ottenuto la grazia di una nascita. Gli anni passavano, ma niente. Così si fece strada in loro l’idea di un’adozione. Si rivolsero nuovamente al Santo Cappuccino, ma questi disse loro che ancora dovevano attendere. Ebbene, dopo circa venti anni dal matrimonio nacque un bel bambino!
11 commenti:
Bellissima catechesi, complimenti a chi l'ha redatta.
Complimenti davvero e grazie di cuore.
Mi associo, necessario per mantenere la rotta in questi mari tempestosi.
Come ha scritto più volte Don Elia, in questo tempo brutto e cattivo la cura della nostra vita spirituale dove essere rafforzata.
Basta seguire chi predica bene ed evitare chi predica male, approfondendo non solo la conoscenza, ma soprattutto la pratica di due millenni di Dottrina, Tradizione, Magistero e vite dei Santi, come i due magnifici esempi sopra citati.
Anche queste circostanze servano per un avvicinamento ancora maggiore all'Immacolata, per attingere dal Suo Cuore l'amore verso di Lei per riversarlo nel tuo cuore, un amore così intenso di fronte al quale scompaia ogni altra cosa. (SK 907 San Massimiliano Maria Kolbe)
Santa e serena Domenica a tutti
Ecclesiam Dei
Su San Giosofat
Papa Pio XI - 1923
https://www.papalencyclicals.net/pius11/p11eccle.htm
"Possa risvegliare nella sua chiesa quello spirito che riempì il beato martire e vescovo Josaphat, che diede la vita per le sue pecore".
Insieme alla preghiera
LA PENITENZA
In questi mesi, da giugno in poi, sono una decina i giovani venuti in monastero. Si possono dividere in due gruppi: quelli mossi da motivazioni religiose e quelli spinti unicamente da motivazioni naturalistiche perché attratti dalla vita che si segue in questo monastero, povera e spartana, immersa nella natura, con ritmi a misura d'uomo, senza certe comodità moderne.
Per i giovani mossi da motivazioni religiose invece è proprio soprattutto l'assenza di certe comodità moderne a crear loro dei problemi. Qualcuno è arrivato a consigliare di "copiare" lo stile di vita, molto rilassato, di altri monasteri. San Tommaso d'Aquino insegna che "ogni azione di Cristo è per noi un insegnamento” (omnis Christi actio nostra est instructio; cfr. Somma Teologica, III, 40, 1, ad 1) e il Vangelo ci rivela che Cristo ha fatto digiuni estenuanti e ne ha raccomandato la pratica ai suoi seguaci per penitenza perché certi peccati "non si scaccia se non con la preghiera e il digiuno" (Mt. 17, 21). Per questo il concilio di Trento insegna che la vita di ogni cristiano, non solo del monaco quindi, deve essere una continua penitenza. Il Crisostomo ci insegna che "Il digiuno effettivamente dà molta sapienza, rende l’uomo simile a un angelo del cielo e combatte i poteri incorporei.... Colui che digiuna è poi leggero, prega con vigilanza, estingue le concupiscenze dannose, rende Dio propizio, e umilia l’anima superba......Chi dunque prega con il digiuno ha due ali, anche più leggere degli stessi venti" (S. Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Matteo). Esiste una letteratura patristica sconfinata sul digiuno e la penitenza.
Purtroppo noi tradizionalisti amiamo il rito antico ma non amiamo lo spirito penitenziale che lo anima. Certo questa disaffezione, questo vero e proprio oblio della penitenza e della sua necessità, derivano dalle infauste riforme liturgiche che il rito antico ha subito nel corso del Novecento e che, pur senza volerlo, hanno di fatto eliminato dalla vita cristiana ogni senso della penitenza e del digiuno e ogni propensione ad esso. Ma se proprio come insegna sia il Vangelo che il concilio tridentino, ogni cristiano deve fare sempre penitenza, a maggior ragione tale penitenza deve farla il monaco il quale, proprio dal vivere nel chiostro è aiutato nel praticarla. Questo oblio del senso della penitenza spiega il triste suggerimento di eliminare dalla vita che si conduce in questo monastero, ogni elemento penitenziale, ogni scomodità, ogni aspetto che arrechi un certo fastidio. Se il santo nostro Padre Benedetto colla sua Regola voleva creare un'armata di soldati forti, ardenti e valorosi, coraggiosi e determinati, c'è sempre stato chi ha chiesto di trasformare tale valorosa armata in una compagnia di tiepidi e scansafatiche. Il monastero cioè trasformato in una casa per vacanze religiose! E purtroppo sappiamo bene come oggi la maggior parte dei monasteri segue una disciplina rilassata.
...segue
Ma un monachesimo senza incomodi che monachesimo è? Un monachesimo con tutte le comodità e i piaceri, pur legittimi, che si possono trovare nel mondo, che monachesimo è? Per giustificare tale suggerimento si è argomentato che una vita monastica più "comoda" porterebbe molte vocazioni. E' questa una classica motivazione addotta dai modernisti ma che ha sempre prodotto solo uno snaturamento della vita religiosa. Una simile richiesta fece inorridire Padre Pio e gli fece urlare con tutte le sue forze di cacciare via a pedate chi chiedeva un simile rilassamento disciplinare.
Noi tradizionalisti siamo il futuro della Chiesa, non per i nostri meriti ma per quello che conserviamo. Ma se oltre al rito antico non conserveremo pure la disciplina penitenziale ad esso connaturale, saremo solo dei sepolcri imbiancati. Purtroppo, come già accennato, non aiuta di certo il messale del 1962 che, contenendo tutte le infelici riforme novecentesche ha praticamente eliminato dalla vita cristiana l'orizzonte penitenziale anche se conserva ancora tanti riferimenti ad esso. Si pensi a qualche prefazio o a tante orazioni dove si parla ripetutamente proprio di digiuno e astinenza. Che però restano di fatto solo belle parole.
Ogni fedele tradizionalista deve dunque recuperare pure la disciplina penitenziale tradizionale, quella che fino a circa un secolo fa tutti i vescovi insegnavano e raccomandavano senza posa. E a maggior ragione deve recuperarla ogni esperienza monastica che voglia essere autentica.
Il Monastero Benedettino "tradizionale" torna ad attaccare Pio XII, visto che parla di riforme liturgiche sbagliate durante tutto il Novecento.
E vi include evidentemente anche san Pio X.
Qualche sapiente suggerimento anche dalla lettera di San Giacomo
-Se qualcuno di voi manca di sapienza, la domandi a Dio, che dona a tutti generosamente e senza rinfacciare, e gli sarà data. La domandi però con fede, senza dubitare, perché chi dubita somiglia all'onda del mare mossa e agitata dal vento; e non pensi di ricevere qualcosa dal Signore un uomo che ha l'animo oscillante e instabile in tutte le sue azioni.
-Non andate fuori strada, fratelli miei carissimi; ogni buon regalo e ogni dono perfetto viene dall'alto e discende dal Padre della luce, nel quale non c'è variazione né ombra di cambiamento. Di sua volontà egli ci ha generati con una parola di verità, perché noi fossimo come una primizia delle sue creature.
-Fratelli miei, non vi fate maestri in molti, sapendo che noi riceveremo un giudizio più severo, poiché tutti quanti manchiamo in molte cose.
-Chi è saggio e accorto tra voi? Mostri con la buona condotta le sue opere ispirate a saggia mitezza. Ma se avete nel vostro cuore gelosia amara e spirito di contesa, non vantatevi e non mentite contro la verità. Non è questa la sapienza che viene dall'alto: è terrena, carnale, diabolica; poiché dove c'è gelosia e spirito di contesa, c'è disordine e ogni sorta di cattive azioni.
-La sapienza che viene dall'alto invece è anzitutto pura; poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, senza parzialità, senza ipocrisia. Un frutto di giustizia viene seminato nella pace per coloro che fanno opera di pace.
-Bramate e non riuscite a possedere e uccidete; invidiate e non riuscite ad ottenere, combattete e fate guerra! Non avete perché non chiedete; chiedete e non ottenete perché chiedete male, per spendere per i vostri piaceri. Gente infedele! Non sapete che amare il mondo è odiare Dio?
-Chi dunque vuole essere amico del mondo si rende nemico di Dio. O forse pensate che la Scrittura dichiari invano: fino alla gelosia ci ama lo Spirito che egli ha fatto abitare in noi? Ci dà anzi una grazia più grande; per questo dice: Dio resiste ai superbi; agli umili invece dà la sua grazia.
-Umiliatevi davanti al Signore ed egli vi esalterà.
-Siate dunque pazienti, fratelli, fino alla venuta del Signore. Guardate l'agricoltore: egli aspetta pazientemente il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le piogge d'autunno e le piogge di primavera. Siate pazienti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina.
-Molto vale la preghiera del giusto fatta con insistenza. Elia era un uomo della nostra stessa natura: pregò intensamente che non piovesse e non piovve sulla terra per tre anni e sei mesi. Poi pregò di nuovo e il cielo diede la pioggia e la terra produsse il suo frutto.
Confessandomi indegno e insufficiente nel mettere in Pratica persino le riflessioni che il Signore mi concede, ritornando agli spunti da San Giacomo (con echi mariani e un rimando alla lettera ai Galati con cui "discute") propongo quest'altro spunto, che devo a degli amici con i quali ho scambiato alcune battute.
E' solo la verità a rendere liberi e non la libertà a rendere veri.
Il vero è umile, perciò libero. A Cristo ci può legare solo l'umiltà (come è stato per Maria e Giuseppe). L'umiltà serve per "scontrarsi" anche con il mistero della resurrezione, proprio per capire che LA GRAZIA NON VIENE DA NOI.
Tutto quello che c'è di brutto (esempio: la morte) è roba nostra e tutto ciò che c'è di meraviglioso (la vita) non è roba nostra. Per l'uomo tronfio serve molta umiltà.
Il Magnificat di Maria è questa attestazione: le cose grandi in noi le fa Dio.
Non roviniamole, pensandoci artefici di più di quello che ci riesce bene: peggiorare la perfezione.
La Persona, realmente presente nell'umilissima insignificanza (per molti, anche "di chiesa") di un pezzo di pane o nel tabernacolo ignorato dai più transitandovi dinnanzi, dice che per vedere oltre bisogna abbassarsi un po' (almeno in ginocchio) per capire un po' di più, ma sempre una piccola parte, senza vantarci nemmeno di quello, perchè non è merito nostro.
“Per favore, comprendete che c’è una sola questione fra tutti noi: non che uno sia bravo e l’altro meno bravo, ma che ci sia quella spaccatura, che è analogo a quello che diceva Péguy della felicità di avere la fede, cioè di averLo incontrato. Quello che preme in questo momento,[…] , è che ci sia una porta per cui Cristo passi. Allora non possiamo stupirci che Egli, in noi, sia più forte di noi. Però ci deve essere, per un pizzico, per un frangente piccolino, un’apertura di stima a Lui più che a noi, di stima a Lui più che alla donna e all’uomo, di stima a Lui più che ai figli, di stima a Lui più che al cielo e alla terra, di stima a Lui più che alla vita: «La tua grazia vale più della vita».
(L. Giussani, da “Una strana compagnia”)
Un pertugio che resti aperto.
In tutto ciò che ci ingombra.
Persino in ciò che di buono e bello ci occupa.
Allentare la stretta.
E preparare una strada.
Lasciare aperta la ferita,
della vita e del tempo.
Non accontentarci,
in ciò che sempre manca.
Ora che così tanto manca.
Così come in tempi di abbondanza.
LasciarTi spazio, in un assenso grato.
E guardare alla Tua opera,
più che alla nostra.
Così fioriranno semi che non abbiamo
messo a dimora.
Germogli nella sterpaglia,
che non avevamo diradato.
La rosa, nel nostro giardino spoglio,
a novembre.
« Le dimanche matin, on peut aller acheter des boulons chez Leroy Merlin mais on a pas le droit d'assister à la Messe ! »
Nantes, Bordeaux, Bougival, Montpellier : le journal de @France2tv est revenu sur la mobilisation MASSIVE des catholiques #PourLaMesse !
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