Padre Paisios del Monte Athos era solito dire: «Oggi la situazione delle Chiese è molto grave. Non lo capiscono ma è così. Ci aspettano molte prove. Viviamo in tempi di Apocalisse, siamo come ai tempi di Noè; lo prendevano in giro. Oggi nessuno ci crede, ma siamo al colmo. I pii avranno grandi prove, ma il tempo sarà breve». Di seguito ho ripreso un suo testo sulla Tradizione, interessante perché vi troviamo anche la stigmatizzazione del falso ecumenismo [qui], che evidentemente sta contaminando anche l'Oriente. Il fatto che egli parli dal versante ortodosso nulla toglie alla verità riconoscibile nei suoi pensieri. Tra l'altro ricordiamo che gli insegnamenti (citati con venerazione) dei grandi Padri Greci, che nutrono la Tradizione insieme a quelli latini, precedono lo scisma d'Oriente,
Si deve portare rispetto per la Tradizione
«Molti santi Martiri, quando non conoscevano il dogma, dicevano: «Credo a tutto quello che i Santi Padri hanno decretato». Se qualcuno affermava questo, veniva martirizzato. Costui non sapeva portare delle prove ai persecutori della sua fede né sapeva convincerli, ma aveva fiducia nei Santi Padri. Pensava: «Come posso non avere fiducia nei Santi Padri? Loro che sono stati più esperti, più virtuosi e santi! Come posso accettare una stupidità? Come posso tollerare qualcuno che insulta i Santi Padri?». Dobbiamo avere fiducia nella tradizione. Oggi, purtroppo, da noi è entrata la gentilezza europea e ci stanno insegnando come si fa ad essere bravi. Vogliono mostrarci la superiorità e, alla fine, vanno a prostrarsi al diavolo cornuto. Ci dicono: «Ci dev’essere una religione!» ma pongono tutto sullo stesso piano. Anche da me sono venuti alcuni che mi hanno detto: «Tutti quelli che credono in Cristo devono fare una sola confessione religiosa». Ho loro risposto: «È come se ora mi diceste di unire l’oro con il rame; unire un oro di molti carati con tutto quello da cui è stato separato, raccogliere nuovamente tutto e riunirlo. È giusto mescolare tutto di nuovo? Chiedete a un orefice: ‘È giusto mischiare la zavorra con l’oro?’. C’è stata una grande lotta, per purificare a fondo il dogma». I Santi Padri sapevano qualcosa di più per proibire i rapporti con l’eretico. Oggi dicono: «Non solo bisogna stare con l’eretico ma pure con il Buddista e l’adoratore del fuoco. Dobbiamo pregare insieme a loro. Gli ortodossi devono essere presenti alle loro preghiere comuni e ai loro convegni. Si tratta di una presenza».
Che tipo di presenza? Cercano di risolvere tutto con la logica e giustificano cose ingiustificabili. Lo spirito europeo crede che pure le questioni spirituali possano inserirsi nel mercato comune.
Alcuni tra gli ortodossi superficiali che vogliono fare delle “missioni”, convocano convegni con eterodossi, perché si faccia scalpore. Così credono di promuovere l’Ortodossia, facendo, cioè, un’insalata sbattuta tra le cose ortodosse e quelle di chi non crede rettamente. In seguito a ciò reagiscono i super-zeloti e si attaccano all’altra estremità arrivando pure a bestemmiare contro i Sacramenti di chi usa il nuovo calendario ecclesiastico, ecc. Tutto ciò scandalizza alquanto le anime con devozione e sensibilità ortodossa. Gli eterodossi d’altro lato, quelli che vanno ai convegni, si atteggiano da maestri, prendono ogni buon materiale dagli ortodossi, lo filtrano attraverso il loro studio nei loro laboratori, ci appongono il loro colore e la loro etichetta e lo presentano come se fosse un prototipo originale. Davanti a queste cose, il nostro attuale strano mondo si commuove e poi si rovina spiritualmente. Il Signore, però, quando sarà necessario, manifesterà dei Marco Eugenico e dei Gregorio Palamas che raccoglieranno tutti i nostri fratelli assai scandalizzati, perché confessino la fede ortodossa e consolidino la tradizione con grande gioia della Madre Chiesa.
Se vivessimo patristicamente, avremmo tutti salute spirituale, per la quale sarebbero gelosi anche tutti gli eterodossi al punto da lasciare i loro errori ammalati e salvarsi senza prediche. Oggi non si commuovono della nostra tradizione patristica, perché vogliono vedere anche la nostra continuazione patristica, ossia la nostra autentica affinità di parentela con i nostri Santi. Quello che s’impone ad ogni ortodosso è che metta una sana inquietudine anche agli eterodossi, in modo che capiscano di trovarsi nell’errore e il loro pensiero non si rassicuri in modo sbagliato venendo privati in questa vita delle ricche benedizioni dell’Ortodossia e nell’altra vita delle eterne benedizioni di Dio. Alla mia Kalivi [= piccola residenza monastica] vengono dei ragazzi cattolici di molta buona volontà, pronti a conoscere l’Ortodossia. «Vogliamo che ci dici qualcosa, per essere aiutati spiritualmente», mi dicono. «Guardate – dico loro –, prendete la Storia Ecclesiastica e vedrete che un tempo eravamo assieme ma poi ecco dove siamo arrivati. Questo vi aiuterà molto. Fate questo e la prossima volta discuteremo su molti argomenti».
Anticamente si rispettavano le cose, perché erano appartenute al proprio nonno, e venivano custodite come oggetti preziosi. Avevo conosciuto un avvocato molto bravo. La sua casa era semplice e faceva riposare non solo lui ma anche i visitatori. Una volta mi disse: «Padre, qualche anno fa i miei conoscenti mi prendevano in giro per i miei vecchi mobili. Ora vengono e li ammirano come dei pezzi d’antiquariato. Mentre usandoli mi danno gioia e mi commuovono perché mi ricordano mio padre, mia madre, i miei nonni, costoro raccolgono diverse cose vecchie, fanno dei salotti che sembrano negozi di rigattiere, in modo da dimenticarsi con queste cose e da dimenticare pure l’angoscia cosmica». Un tempo una piccola moneta antica era tenuta come un grande patrimonio di sua madre o di suo nonno. Oggi, se qualcuno ha da suo nonno una moneta di [re] Georgios [1922-1923 e 1935-1947] se per esempio nota che ha 100 dracme di differenza con una moneta del tempo della regina Vittoria, la scambierà. Non apprezza e non stima né la madre né il padre. Lo spirito europeo entra a poco a poco e ci travolge trascinando con sé tutto.
Quando sono stato per la prima volta al Monte Athos, mi ricordo in un monastero di un monaco vecchietto che aveva molta devozione. Conservava le cose “da nonno a nonno” per devozione. Dai suoi “nonni” [spirituali] e dai suoi predecessori non aveva avuto solo i kalimafchia [= berretti monastici], ma anche le forme con le quali si fanno i kalimafchia. Possedeva pure vecchi libri e diversi manoscritti e li custodiva avvolti in modo grazioso nella biblioteca, ben chiusa, perché non s’impolverassero. Non usava quei libri; li teneva chiusi. «Io non sono degno di leggere tali libri – diceva –. Leggerò questi altri che sono semplici: il Gherondikon e la Klimaka». Poi arrivò un nuovo monaco – che alla fine non rimase nel Monte Athos – e gli disse: «Perché raccogli qui della robaccia inutile?». Afferrò le forme per buttarle e bruciarle. Il povero vecchietto pianse: «Questo proviene da mio nonno – diceva –, perché ti da fastidio? Abbiamo tante altre stanze; lasciale in un piccolo angolo!». Per devozione non solo conservava libri, cimeli, kalimafchia, ma pure le stesse forme! Quando c’è rispetto per le piccole cose, c’è grande rispetto pure per le grandi. Quando non c’è rispetto per le piccole, non esiste rispetto neppure per le grandi. È stato così che i Padri hanno mantenuto la Tradizione».
(Tratto dal libro: Γέροντος Παϊσίου του Αγιορείτου, ΛΟΓΟΙ Α΄, Ιερόν Ησυχαστήριον Άγιος Ιωάννης ο Θεολόγος, Σουρωτή, Θεσσαλονίκη, pp. 347-350.)
14 commenti:
Forse per alcuni di noi questi modi di rispettare la Tradizione ancora un po' sussistono, ma le ultime generazioni sono cresciute con l'imperativo 'butta! butta! e 'compra, compra il nuovo' ed hanno a schifo tutto ciò che viene dal passato, non moderno, non al passo del giorno.
La produzione in corsa di libri, di suppellettili, di vestiti, di oggettistica varia che ha fatto di noi dei consumatori compulsivi ha anche imbastardito la nostra capacità di giudizio per cui ci è difficile anche giudicar se un prodotto, qualsiasi prodotto, sia valido o no.
Tanto più questo vale per la vita interiore, spirituale, culturale, sociale che ha perso di tonicità, ha perso la capacità di distinguere il Vero dal falso,il buono dal perfido ipocrita, il bello dal brutto e il QI di interi popoli, se non di tutti, è calato vertiginosamente, da cui discende che non solo non siamo più capaci di orientarci nel mondo dello spirito, ma neanche di approdarvi, parimenti non siamo più in grado di orientarci nel mondo materiale che è specchio di quello spirituale.
Anche il modo in cui parliamo risente di questo declino malgrado il fiume di parole che mediamente emettiamo senza alcun senso se non quello di impressionare il prossimo con i suoni molteplici che lasciamo uscire dalla nostra bocca.
Questo ci dimostra che nei fatti è da molto tempo che non siamo più neanche Cristiani, perché non siamo più in grado di comprendere il lascito di Gesù Cristo, né tanto meno di metterlo in pratica in un mondo profondamente stravolto dal Nemico che abbiamo lasciato avanzare ed occupare i nostri cuori con le sue variopinte illusioni, tentazioni, alle quali non abbiamo resistito per uniformarci al 'così fan tutti'.
26 aprile. Breve storia della Madonna del Buon Consiglio sfuggita ai turchi musulmani. Si risponde anche alle critiche dei protestanti ed altri sulla devozione dei cattolici alle immagini sacre. Se Dio non avesse approvato questo culto dei santi attraverso le immagini sacre, perché avrebbe fatto così tanti miracoli legati ad esse ? L'immagine della Madre del buon Consiglio si trasferisce nella città di Genazzano, dando inizio ad una serie ininterrotta di miracoli e grazie.
https://gloria.tv/post/Aq1UyXuyYnn846bSm8dQEbwxN
San Perfetto, sacerdote martirizzato dagli arabi musulmani il 18 aprile 850, descrisse Maometto come amico e alleato del diavolo, aggiungendo che coloro che credevano in lui sarebbero stati condannati ad alimentare il fuoco ine
stinguibile dell’inferno. "Io ho maledetto, e maledirò il vostro profeta: l’ho chiamato e lo chiamo creatura del diavolo, mago, adultero, e bugiardo! Ho denunciato le empietà della vostra setta come invenzioni del diavolo!” Musulmani, riflettete !
San Perfetto fu un sacerdote di Cordova del IX secolo, il quale, un giorno, camminando per le strade della città, fu avvicinato dagli arabi, che gli chiesero di spiegare i motivi della propria religione e della sua opposizione a loro. Egli prontamente disse: "Io non oso parlare del parere che noi cristiani abbiamo del vostro profeta".
Ci viene detto, tuttavia che, essendogli stato assicurato che non gli sarebbe successo niente di male, che avrebbe avuto libertà di parola, egli descrisse Maometto come amico e alleato del diavolo, aggiungendo che coloro che credevano in lui sarebbero stati condannati ad alimentare il fuoco inestinguibile dell’inferno.
https://gloria.tv/post/JVSNyifuMd172Qa84yFFLossD
Bisogna aggiungere la Tradizione, ma questa annotazione di un teologo luterano coglie la discrasia tra Vangelo sull'Altare e Vangelo sul pulpito tipica anche di molti predicatori cattolici. Discrasia che oggi è all'origine di tanto modernismo tra il popolo.
Soltanto la predicazione conforme alla scrittura è predicazione cristiana. Nonostante il continuo riferimento al testo, si può predicare falsamente. Per ogni discorso cristiano il testo è per eccellenza il modello originario (Urbild), la nostra predicazione la raffigurazione (Abbild). Il predicatore è certamente minacciato dal pericolo della falsificazione (Verfälschung) e dell’oscuramento (Verdunkelung) della parola.
- Wolfgang Trillhaas, mit. in Richard Baumann, Fels der Welt, cit., p. 150
Andrea Sandri
Si fa un gran parlare di resilienza. Viene descritta come la virtù dell’uomo che ha capito come va il mondo. Nulla può spezzare il resiliente, perché è capace di assorbire qualsiasi colpo e resistervi, come il metallo regge l’urto e riprende la forma originaria. Tutti i media ne parlano in questi termini, ricorre nei discorsi dei governanti, abbonda nelle narrazioni sulla collettivi-tà. Ma la resilienza è una favola, ci dice Diego Fusaro. Una fiaba della buonanotte cantilenata al fine di stordirci e farci assopire. È un incubo che minaccia il nostro futuro.L’uomo resiliente è il suddito ideale. Si accontenta di ciò che c’è perché pensa che sia tutto ciò che può esserci. Non conosce nulla di grande per cui lottare e in cui credere. Ha abbandonato gli ideali e vivacchia convincendosi che il suo compito, la sua missione, sia di accettare un destino ineluttabile. Anzi, viene portato a pensare che proprio nella passività possa dare il meglio di sé.È storia vecchia. Da sempre chi ha il potere ci chiede di subire in silenzio, di sopportare con stoica resilienza per poter agire indisturbato. Ma in questi anni ce lo chiede ancora di più: il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza di Mario Draghi ne è un esempio lampante, ma già nel 2013 il «dinamismo resiliente» era la parola d’ordine del World Economic Forum. Perché, certo, la resilienza è un profilo psicologico, ma anche un atteggiamento politico. I cittadini sono chiamati a fare propria la virtù dell’adattarsi senza reagire alle storture invocando il cambiamento. Non è forse il sogno inconfessabile di ogni padrone quello di governare schiavi docili e mansueti? Eppure “vivere vuol dire adoperarsi per cambiare il mondo con i propri pensieri e con le proprie azioni” scrive l’autore: una vera e propria chiamata alle armi. “Riprendiamoci le nostre passioni annichilite da questa docilità. Frangar, non flectar.”
Bisogna rispettare la Tradizione certamente. Ma bisogna anche a volte far la cernita e capire che certi aspetti formali e sostanzialmente esteriori della Tradizione si possono abbandonare.
Come nel caso dei Calendari. Perché gli Ortodossi continuano a conservare il Calendario Giuliano quando sanno che è errato, astronomicamente parlando, ed è stato sostituito da quello Gregoriano, più preciso? Forse perché il Calendario Gregoriano fu opera degli astronomi gesuiti, nel Seicento?
T.
"Resiliente", anglicismo, dall'inglese "resilient", aggettivo che indica l'esistenza di una resistenza elastica, della capacità di stare a galla reagendo elasticamente agli impulsi esterni.
L'Oxford spiega che il vocabolo viene dal latino, mediato dal francese antico (quello importato dai Normanni): résiler o résilir, dal Latino: resilire = salire, saltare (to jump).
L'ennesimo calco, come nel caso di Agenda nel senso di programma, piano operativo, altro termine in uso ripreso dall'inglese, di origine latina (Agenda : le cose che si devono fare).
In latino "resilire" (ire + salio, andare + saltare): saltar indietro, ritornare a salti (ranae resiliunt in lacus); rimbalzare della grandine etc. - Fig.: l'accusa che rimbalza via dall'accusato; Trasl.: restringersi, contrarsi in spazio breve; saltar via, desistere, abbandonare qualcosa, disdirsi del compratore (giur.): "resiliendum ab iis, quae non recipientur", Quintiliano (fonte: Vocab. George-Calonghi, lat.-italiano).
Nell'uso inglese attuale sembra esserci la sfumatura dell'adattarsi a certe situazioni, che sembra assente all'originale latino. Il vocabolo appare ambiguo, sarebbe meglio non usarlo o tradurlo in altro modo, invece di fare il solito calco.
G.
Constato come, nel linguaggio corrente (socials, televisione, stampa, dibattiti) vi sia un gravissimo equivoco, molto difficile da superare: dire “Europa” significa dire i confini segnati dalle nazioni occidentali, vale a dire, praticamente, dire i confini della Nato. Purtroppo poi,la stessa Europa occidentale e la Russia continuano a pensarsi come antagonisti, appoggiandosi (servilmente?) l’una agli USA e l’altra alla Cina. Non hanno ancora compreso come questo modo di pensarsi e relazionarsi sia non solo in contraddizione con l’identità delle Nazioni europee e Slave ma anche un tradimento della loro nascita, della loro storia, della loro missione nel mondo, del vero progresso dell’umanità, da guidare ed arricchire con i valori della loro civiltà (la più alta raggiunta dall’umanità…) secondo le loro rispettive tradizioni. Il risultato è che si azzannano a vicenda. E’ necessaria allora una “conversione” del loro (e nostro) modo di pensarsi, di relazionarsi, di collaborare, pur conservando le loro rispettive identità. Una “conversione” che consideri come “Europa” sia le Nazioni occidentali come quelle orientali. Siamo tutti e insieme “Europa”. E’ necessario allora:
- pensarci come l’ ”Europa” che va dall’Atlantico agli Urali, nata sulla comune cultura ebraico-greco-romana e cresciuta grazie al monachesimo (vedi lo straordinario e lungimirante magistero di Papa san Giovanni Paolo II sui “due polmoni” dell’Europa!) - pensarci non come una sorta di “Stati Uniti Europei” ma come “Confederazione delle Nazioni Europee”, formata da popoli liberi, ciascuno con la ricchezza del patrimonio composto dalla propria storia, lingua, forma di governo nazionale, istituzioni civili e sociali, letteratura, arte, ecc ecc
- organizzare una propria Difesa ed Esercito, in collaborazione ma distinto dalla Nato (e dal passato Patto di Varsavia), impegnato per la difesa delle Nazioni aderenti, per l’abolizione delle armi nucleari e di distruzione di massa, per la promozione della pace
- distinguerci per la pratica e la promozione innanzitutto della vita, della libertà religiosa, della famiglia, dei (veri) diritti umani, delle libertà civili, della partecipazione dei popoli alla vita democratica, del rispetto della natura, ecc ecc
- proseguire nel dialogo ecumenico intendendolo però non come mediazione e compromesso tra le Chiese sorelle (o le Confessioni cristiane, altra cosa) ma come ascolto reciproco e ricerca evangelica che comprenda anche il confronto e l’apologia
- aderire all’ONU riconoscendola tuttavia non quale Governo Mondiale delle Nazioni ma quale Confederazione Mondiale delle Nazioni al servizio delle Nazioni stesse.
Riconosco che, pur potendo apparire come un programma utopistico, allo stesso tempo, rappresenti il solo e vero programma a lungo, lungo termine, il solo capace di assicurare un vero futuro di vera “pace” (che non è la “non belligeranza”, sempre inevitabilmente esposta a nuove guerre) nel mondo intero. La Madonna ci protegga!.......
Un bellissimo scritto, che profuma di divino.
Mi sia permesso di ricordare un libro, che leggo e rileggo con profitto da tanti anni: Saint John of Kronstadt: My Life in Christ, Holy Trinity Monastery, Jordanville, N. Y.
Viva la Tradizione... e il Calendario Giuliano!
Ho letto la preghiera che San Serafino di Sarov consiglia di mettere all'inizio di ogni azione (es. il lavoro o la meditazione del vangelo).
Una preghiera stupenda alla Madre di Dio collocata idealmente all'incontro tra Elisabetta e la giovane parente giunta a visitarla.
Nel celebra passo di San Luca, Elisabetta (colma di Spirito Santo) esclama a gran voce un saluto che si conclude dicendo "beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore".
Ecco la meravigliosa preghiera di Serafino di Sarov.
"E' veramente giusto proclamarti beata, tu la genitrice di Dio sempre beata, Tuttaimmacolata e Madre del nostro Dio. Incomparabilmente più onorabile dei Cherubini e gloriosa dei Serafini, hai partorito incorruttibilmente il Verbo di Dio: noi magnifichiamo in te colei che è realmente la Deìpara" (Madre di Dio).
E' bellissima questa attestazione che l'anima devota, abitata dallo Spirito Santo, tributa alla beatitudine e all'immacolatezza (cioè al suo cuore immacolato) della Theotokos. Quel magnificarla nella divina maternità richiama il suo Magnificat che ne diviene subito l'eco.
La Beata Vergine, Tuttaimmacolata, piena di grazia, ancella del Signore si trova talmente immersa nella visione beatifica dell'essenza di Dio che opera in lei dopo il suo sì, che gli angeli dei cori più elevati (Cherubini e Serafini) non possono eguagliare l'onore e la gloria di questa specialissima creatura umana così intima a Dio, nella Santissima Trinità.
Oggi, festa della Madre del Buon Consiglio, la melodia della preghiera che San Serafino ci consegna contemplando l'incontro con Santa Elisabetta ci ottenga uno stare con la Madre che ci metta in comunione con il Figlio, nello Spirito Santo, per poter glorificare il Padre.
«Io sono stato creato per fare qualche cosa o per essere qualcosa per la quale non è stato creato nessun’altro; occupo un posto nei fini di Dio, nel mondo di Dio, un posto che non occupa nessun altro; sia io ricco oppure povero, disprezzato oppure stimato dall’uomo, Dio mi conosce e mi chiama per nome».
(Meditazioni e Preghiere, John Henry Newman)
Pensando al 25 aprile
Non vi sono alternative alla democrazia. Se si rinuncia a quella, se muore quella, la libertà va a farsi friggere e come minimo ci ritroviamo in un gulag o in lager o in una foiba. Insomma in prigione o sottoterra. Ma quando ci riempiamo la bocca con la parola Democrazia sappiamo bene che la democrazia fa acqua da tutte le parti. Sappiamo bene che è un sistema disperatamente imperfetto e sotto alcuni aspetti bugiardo. Sono due, secondo Tocqueville (che di Democrazia se ne intendeva), i concetti su cui si basa la democrazia: il concetto di Uguaglianza e il concetto di Libertà. Ma gli esseri umani amano l’uguaglianza assai più della libertà, e della libertà spesso non gliene importa un bel nulla. Costa troppi sacrifici, troppa disciplina, e non è forse vero che si può essere uguali anche in stato di schiavitù? Quasi ciò non bastasse, il concetto di uguaglianza non lo comprendono. O fingono di non comprenderlo. Infatti per Uguaglianza la democrazia intende l’uguaglianza giuridica, l’uguaglianza che deriva dal sacro principio «la Legge è uguale per tutti». Non l’uguaglianza mentale e morale, l’uguaglianza di valore e di merito. Non il pari merito d’una persona intelligente e di una persona stupida, il pari valore di una persona onesta e d’una persona disonesta. Quel tipo di uguaglianza non esiste. Se esistesse, non esisterebbe la Vita. Non esisterebbe l’individualità, non esisterebbe la competizione. Cosa che include anche le Olimpiadi, le gare, le partite di calcio cui gli italiani tengono tanto. E saremmo tutti identici come automobili uscite da una catena di montaggio. Il guaio è che la democrazia aiuta gli ignoranti e i presuntuosi a negare questa verità, questa evidenza. Li aiuta col voto che si conta ma non si pesa. Li aiuta con la retorica e la demagogia e il populismo. Risultato, qualsiasi incapace può presentarsi candidato e venire eletto. Magari con una valanga di voti. E visto che molti esseri umani non sono Leonardo Da Vinci o San Francesco, a rappresentare l’elettorato sono spesso gli incapaci. Infatti chi, se non loro, è il primo responsabile della catastrofe che stiamo vivendo? Chi, se non loro, sta consegnando la nostra civiltà a una non-civiltà?
Oriana Fallaci
Enzo Gallo
Professo con franchezza, con san Girolamo, di essere unito con chi è unito alla Cattedra di Pietro e protesto, con sant’Ambrogio, di seguire in ogni cosa quella Chiesa Romana che riconosco rispettosamente, con san Cipriano, come radice e madre della Chiesa universale. Mi affido a questa fede e dottrina che da fanciullo ho imparato, da giovane ho confermato, da adulto ho insegnato e che finora, col mio debole potere, ho difeso. A far questa professione non mi spinge altro motivo che la gloria e l’onore di Dio, la coscienza della verità, l’autorità delle Sacre Scritture canoniche, il sentimento e il consenso dei Padri della Chiesa, la testimonianza della Fede che debbo dare ai miei fratelli e infine l’eterna salvezza che aspetto in Cielo e la beatitudine promessa ai veri fedeli.
Appuntamento con il Catechismo della Chiesa Cattolica
6° Comandamento: La castità
Mercoledì 27 Aprile 2022
ore 20.30: S. Rosario
ore 21.00: Catechesi
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I 10 Comandamenti 6° Comandamento: La castità20.30: S. Rosario21.00: Catechesi
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