Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

martedì 14 marzo 2023

Il Timore e la Fortezza - parte prima

Il Timore e la Fortezza

Prima parte
di Don Curzio Nitoglia

Parte prima 
Parte quarta

Il timore come virtù
Il “sano timore” è una virtù che lega strettamente l’uomo alla sua esistenza e gli fa temere di perdersi anima e corpo. La sua conseguenza è il timore di Dio, sia imperfetto: la paura di essere castigato e dannato; sia perfetto: la paura di averlo offeso e di essere separato per sempre da Lui.

In questo primo articolo affronto il tema soprattutto alla luce dell’insegnamento dei Padri della Chiesa, nei successivi mi baserò specialmente su san Tommaso d’Aquino e gli Scolastici.

Il timore come passione
Il “timore come passione” è un vizio che è una conseguenza del peccato originale. In questo caso non si tratta, come sopra, della nostra esistenza secondo il piano di Dio, bensì del nostro attaccamento, disordinato ed egoistico, al nostro essere ferito dal peccato adamitico, che genera in noi un sentimento di malessere e di agitazione.

Questa passione è cattiva, è irrazionale e contro natura. Infatti, essa proviene dal fatto che l’uomo ha perso la duplice finalità naturale e ragionevole del “timore come virtù”, che lo teneva unito alla sua sana esistenza e a Dio. Invece, nel caso del “timore come passione”, si tratta della paura di perdere il nostro essere ferito, decaduto, al quale siamo esageratamente attaccati con tutti i piaceri disordinati sensibili che si ricollegano a esso.

Ecco qui due tipi di timore totalmente contrapposti: 1°) il “timore virtuoso” o secondo Dio; infatti, colui, che teme il Signore non teme di perdere qualsiasi cosa di questo mondo; 2°) il “timore vizioso”, poiché chi teme di perdere qualcosa di questo mondo sensibile non teme Dio.

La passione del timore è favorita dalla sterilità dell’anima a causa della perdita della presenza divina in essa.

La paura/passione rivela una relazione sbagliata dell’uomo con Dio. Siccome egli teme di perdere qualche bene sensibile di questo mondo o i suoi piaceri, invece di temere di perdere Dio e perciò la sua anima, allora l’uomo si allontana da Dio, vive come se Egli non esistesse e mette al vertice delle sue aspirazioni la realtà sensibile con tutto quello che essa può dargli di piacevole.

Inoltre, Dio è anche rifiutato nell’azione benevola e provvidenziale che Egli esercita nei riguardi di ogni essere. Questa passione del timore rivela il desiderio illusorio di essere totalmente indipendente da ogni altro essere e di poter contare solo sulle proprie forze essendo assolutamente affidato a se stesso.

Gesù ci ha insegnato che non dobbiamo temere chi può uccidere il corpo ma solo chi può, tramite il peccato, uccidere la nostra anima (Mt., X, 28). Insomma, il nostro unico dolore deve essere quello della perdita di Dio.

Infatti, colui che si unisce a Dio trova in Lui tutti i beni e non teme di essere spogliato da alcun bene sensibile.

Temere in maniera passionale e disordinata significa non avere fede nei beni spirituali, che sono gli unici assoluti e imperituri; nello stesso tempo vuol dire che si unisce una vana credenza ai beni sensibili.

Il timore è contro la retta ragione perché è totalmente inutile; infatti, non può impedire che ci capiti qualsiasi cosa; invece, chi si affida alla Provvidenza divina vive in una sana spensieratezza scevra da ogni preoccupazione eccessiva.

Spesso l’immaginazione si rappresenta delle realtà inesistenti. San Giovanni Climaco (La Scala, XX, 3) definisce la paura “una falsa preveggenza e una vana apprensione di pericoli immaginari”.

Ecco, dunque, l’irragionevolezza della paura che consiste 1°) nella percezione di una realtà inesistente; 2°) nell’assenza di ragioni obiettive.

La pusillanimità
È il timore di compiere un’azione: ossia, una debolezza e una certa mancanza di coraggio di fronte a un dovere da compiere. Il pusillanime è timido e in ciò la piccolezza o grettezza d’animo rappresenta un atteggiamento innaturale e stolto, poiché non si fida dell’aiuto divino. Se l’uomo conta veramente sull’Onnipotenza divina, non deve temere nulla, anzi potrebbe essere capace di spostare le montagne.

Tuttavia; poiché, spesso l’uomo si lascia dominare dalla propria immaginazione che, nel caso della pusillanimità, deforma la realtà e presenta l’azione come difficilissima o addirittura impossibile, quando obiettivamente non sarebbe talmente difficoltosa.

Terapia della paura: il Timore di Dio
Il timore è (tranne casi patologici come ansia e angoscia) fondamentalmente legato a un eccesso di attaccamento ai beni sensibili di cui si teme disordinatamente la perdita.

Per guarire da questa passione (non dalla malattia) l’uomo dovrà distaccarsi da questo mondo sensibile, affidando le sue preoccupazioni eccessive a Dio, nutrendo la ferma speranza, che con la Sua Provvidenza, Egli provvederà a tutti i suoi bisogni (come abbiamo visto trattando la “piccola via dell’infanzia spirituale”).

La fonte primaria del timore/passione è la mancanza di Fede e specialmente di fiducia nella Provvidenza di Dio. Perciò, nella misura in cui il cuore dell’uomo si riempirà di Fede e di Speranza, la paura/passione scemerà poco a poco.

Infatti; colui che crede fermamente in Dio e nel Suo aiuto costante e amoroso non deve temere più nulla, tranne il peccato che solo può separarlo da Dio e che dipende unicamente dalla nostra cattiva volontà.

Tuttavia, bisogna specificare assai bene che non è la Fede in sé a liberare l’uomo dal timore/passione, ma è Dio onnipotente che in risposta a questa Fede ferma gli offre il Suo aiuto.

La preghiera, come quella di Gesù all’Orto del Getsemani contro la paura (che in Lui fu una proto/passione (1)), è il rimedio più efficace per esserne guarito.

Parimenti l’umiltà e la rinuncia all’amor proprio ci aiutano grandemente a essere scevri dalla paura/passione.

Così pure il “santo Timore di Dio” è uno dei rimedi più efficaci contro la passione della paura, poiché a mano a mano che esso cresce nell’animo umano, riduce la paura e ne prende il posto

La paura/virtù, con la quale si teme di perdere Dio è inerente alla Carità perfetta, che riempie l’anima dell’uomo che ama il Signore. Infatti, la Carità non passa mai, a meno che noi vogliamo preferire la creatura al Creatore e così rinunciamo alla presenza di Dio in noi: “Deus non deserit, nisi prius deseratur a nobis” (Sant’Agostino).

Il “santo Timore di Dio” procede dalla Fede, è legato alla pratica dei dieci comandamenti ed è così che allontana il male morale da noi e ci purifica dal peccato. Dopo aver liberato lo spirito da questi mali, ci riempie di tutte le virtù.

Conclusione
Alcuni consigli pratici:
  1. Accetta con coraggio ciò che fa paura: la possibilità di essere ferito, umiliato, criticato, sconfitto umanamente. La paura ragionevole (il leone al Colosseo) non ti distolga dal Bene e non t’induca al male.
  2. Donati senza egocentrismo e senza desiderio eccessivo di sicurezza. Non proteggerti eccessivamente. Non guardare costantemente a te.
  3. Buttati in Dio e verso il prossimo propter Deum; lascia “la presa” della tua sicurezza, che - per voler essere sicuro al massimo - ti rende troppo preoccupato di te stesso; inizia a camminare con le tue gambe.
  4. Non ripiegarti su di te con ansia d’iper/sicurezza.
  5. Quanto più vuoi proteggere il tuo Ego, tanto più ti metti in pericolo di smarrirti.
  6. La condicio sine qua non della Santità consiste nella Fortezza.
_______________________ 
1 -  La “proto/passione” non è una passione che irrompe in noi violentemente anche contro la nostra volontà; al contrario Gesù ha voluto sperimentare alcune passioni nella sua natura umana per darci un esempio e un incoraggiamento; per esempio, ha voluto piangere davanti a Lazzaro morto, a Gerusalemme infedele, ha voluto aver paura, noia e tristezza al Getsemani. 
 
Continua

10 commenti:

Anonimo ha detto...

Fabrizio Fabbri
"E io, che mai per mio veder non arsi
più ch'i fo per lo suo, tutti miei prieghi
ti porgo, e priego che non sieno scarsi
perché tu ogne nube li disleghi
di sua mortalità co' prieghi tuoi,
si che 'l sommo piacer li si dispieghi"
(Paradiso XXXIII,28-33, culmine della preghiera di S.Bernardo a Maria affinché lei ottenga da Dio l'ultima massima trasformazione ontologica soprannaturale di Dante che gli consenta di vedere Dio chiamato perfettamente "Sommo piacer".
Domani spiego questi massimi sublimi immortali versi in 4 liceo)

Ascoltando le cronache ha detto...

A proposito di siccità ricordo che quando ero giovane si recitavano preghiere speciali in latino: una per implorare la pioggia in caso di siccità (ad petendam pluviam) e una per chiedere il sereno bel tempo in caso di prolungato maltempo che impediva di mietere il grano o di raccogliere il fieno (ad petendam serenitatem).
Presto o tardi funzionavano tutte e due.

Anonimo ha detto...

IL PERDONO VICENDEVOLE E LA CORREZIONE FRATERNA

Perché lo riprendi? Perché ti dispiace che ha mancato contro di te? Non sia mai! Se lo farai per amor tuo, non farai nulla. Se invece lo farai per amore di lui, farai una cosa ottima. Considera quindi, a proposito delle stesse parole, per amore di chi tu debba farlo, se per amor tuo o di lui: Se ti ascolterà - dice la Scrittura - avrai fatto tornare tuo fratello a migliori sentimenti. Fallo dunque per amore di lui, affinché tu ottenga la sua conversione. Se, facendolo, tu lo recupererai, qualora tu non lo avessi fatto, si sarebbe perduto. Perché allora i più degli uomini disprezzano quei peccati e dicono: "Che cosa di grave ho commesso? Ho peccato contro un uomo!". Non dare poca importanza a ciò. Hai peccato contro un uomo.

Vuoi sapere perché peccando contro un uomo, ti sei perduto? Se quello contro il quale hai peccato ti avrà rimproverato a quattr'occhi da solo, e tu lo avrai ascoltato, ti avrà fatto ravvedere. Che vuol dire: "ti avrà fatto ravvedere", se non che ti saresti perduto, se non ti avesse fatto ravvedere? Poiché, se non ti fossi perduto, in qual modo ti avrebbe riportato sulla buona strada? Nessuno dunque faccia poco conto quando pecca contro un suo fratello. L'Apostolo infatti dice in un passo: Orbene, peccando così contro uno dei vostri fratelli e urtando la loro coscienza malferma, peccate contro Cristo (1 Cor.8,12); questo perché tutti siamo diventati membra di Cristo.

In qual modo non pecchi contro Cristo dal momento che pecchi contro un membro di Cristo?
Nessuno dunque dica: "Non ho peccato contro Dio, ma solo contro un fratello, contro un uomo: è un peccato leggero o non è affatto un peccato". Forse tu dici: "È un peccato leggero" perché presto si guarisce. Hai peccato contro un tuo fratello? Ripara il torto e sarai guarito. Hai compiuto un'azione che procura la morte dell'anima: ma hai trovato presto il rimedio. Chi di noi potrà sperare il regno dei cieli, fratelli miei, dal momento che il Vangelo dice: Chi dirà a un suo fratello: Sei un cretino, sarà condannato al fuoco dell'inferno (Mt.5,22) ? È un'affermazione tremenda; ma vedi il rimedio nello stesso passo del Vangelo: Se stai recando la tua offerta all'altare e ti ricordi che un tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia lì la tua offerta davanti all'altare (Mt.5,23). Dio non va in collera perché tu differisci a porre sull'altare il tuo dono. Dio cerca te piuttosto che il tuo dono.



Martedì della III Settimana di Quaresima

Mt. 18,15-22 [La correzione fraterna]

S.AGOSTINO

Sermo 16 de Verbis Domini tom. 10, post initum [ rectius sermo 82 ]

Breviario Romano Letture dal Mattutino

Letture della Messa

Lezione(IV Reg. 4,1-7) Il profeta Eliseo e la vedova di Sarepta

La Chiesa, prima della venuta di Gesù, era povera umanità abbandonata a se stessa, priva di sostegno e di vita mentre Satana, creditore esoso, pretendeva di tenerne in schiavitù i figli. Oppressa dalla miseria spirituale non possedeva altro che un po’ di sapienza razionale e quelle virtù naturali esistenti anche presso i popoli pagani. Quando il Signore si appressò alla povera umanità, ordinò a chi ebbe fede in Lui di chiedere in prestito dei vasi vuoti, vasi di misericordia che potessero ricevere l’olio dello Spirito Santo, che ci unge per la lotta e per l’amore, che continuerà ad effondersi sul mondo fino a quando sarà compiuto il numero degli eletti.

Vangelo ( Mt. 18,15-22) Il perdono cristiano

Dal buon cuore di colui che supplica dipende la sentenza del Giudice. Il Signore che ascolta con misericordia e giustizia la preghiera degli uomini, si è fissato come regola di equità la nostra clemenza, in modo che Egli non userà il rigore della giustizia contro coloro che non saranno stati avidi di vendetta. (S. Leone Magno, sermo V de Quadragesima)

Anonimo ha detto...

Questi scritti di don Curzio sono veramente ottimi.

Anonimo ha detto...

Ottimo articolo. Grazie, don Curzio.

Anonimo ha detto...

Moniti di Sant'Alfonso Maria de Liguori (che in gioventù fu avvocato)

""Un'anima che ama di cuore il Redentore non si trova mai di malo umore

"Chi vuol conservarsi in una continua pace si guardi dallo star mai di mal umore. E quando si accorge di esser preso da mal umore, procuri di scacciarlo subito e non farlo dormire la notte seco, disviandosi con leggere qualche libro, col cantare qualche canzoncina divota o col discorrere di fatti ameni con alcuno amico.
Un'anima che ama di cuore il Redentore non si trova mai di malo umore.""
(S. Alfonso M. de' Liguori, Pratica di amare Gesù Cristo, cap 12 paragrafo 6.)

Anonimo ha detto...


Più importante della pace interiore è "servare mandata", osservare e mettere in pratica gli insegnamenti di Cristo, ogni giorno.

Anonimo ha detto...

PECCATI MORTALI PIU' O MENO GRAVI
Pubblicato il 15 marzo 2023 da Atanasio67
di Don Curzio Nitoglia

Il peccato lede tre ordini: “Dio, il prossimo e se stessi. Quindi, vi sono tre tipi di peccato: contro Dio, contro il prossimo e contro se stessi” (San Tommaso d’Aquino, S. Th., I-II, q. 72, a. 4).

Dunque, “i peccati non sono tutti egualmente gravi” (q. 73, a. 2). La gravità del peccato “varia secondo l’oggetto contro il quale si pecca: Dio, persone e cose: animali, vegetali e minerali” (a. 3). Inoltre: “I peccati della carne sono di maggiore disonore o vergogna, ma i peccati contro lo spirito sono più gravi” (a. 5).

Certamente, i peccati contro la purezza sono mortali, ma quelli commessi contro Dio: a) l’odio di Dio; b) la disperazione; c) l’incredulità, che “rappresentano la più grave avversione contro il Signore, sono i peccati più gravi in quanto sono opposti alle tre Virtù teologali di Fede, Speranza e Carità. […]. Sebbene, l’Incredulità e l’Odio di Dio siano i peccati più gravi, […]. La Disperazione per noi uomini è il peccato più dannoso” (S. Th., II-II, q. 10, a. 3; q. 20, a. 3; q. 34, a. 2).

Inoltre, d) la bestemmia; e) il non santificare le Feste comandate: cioè i peccati contro i primi tre Comandamenti sono più gravi di f) quelli commessi contro il prossimo (4°-10° Comandamento) o contro se stessi (di nuovo 6° Comandamento, se “solitario”) e questi sono più gravi g) di quelli contro la natura o “l’ecologia” (animali, piante e terra/acqua/aria), con buona pace degli animalisti.

Tuttavia “il peccato carnale ha molta attrattiva e in esso gli uomini commettono molti peccati” (S. Th., II-II, q. 153, a. 4). S. Alfonso de’ Liguori (Theol. mor., n. 413-414) diceva che “su 100 dannati 99 stanno all’inferno per il peccato carnale”.

Inoltre, le conseguenze del peccato carnale producono molti danni nel carattere dell’uomo poiché in essi la carne vince contro l’anima e, così, la ragione e la volontà restano scompigliate per cui ne conseguono: la cecità della mente, la sconsideratezza, la precipitazione, l’incostanza dell’intelletto e della volontà, l’amore disordinato di sé e della vita presente e l’odio verso Dio e la vita eterna (a. 5).

Lo stesso vale (S. Th., I-II, q. 82, aa. 2-3) per le tre concupiscenze (I Giov., II, 16): la più grave è la Superbia, poi viene l’Avarizia e infine la Lussuria (perciò è errato parlare solo di “Orgoglio e Sensualità” tra le “tendenze disordinate” senza nominare l’Avarizia).

Dunque, occorre evitare i due estremi 1°) per eccesso: fissarsi soprattutto sulla Lussuria (6°/9° Comandamento) come se fosse l’unica concupiscenza e la più grave; 2°) per difetto: negare che sia un peccato mortale.

Litanie del pentimento ha detto...

Signore, pietà. Signore, pietà
Cristo, pietà. Cristo, pietà
Signore, pietà. Signore, pietà
Cristo, ascoltaci. Cristo, ascoltaci
Cristo, esaudiscici. Cristo, esaudiscici
Padre del cielo, che sei Dio. Abbi pietà di noi
Figlio, Redentore del Mondo, che sei Dio. Abbi pietà
di noi
Spirito Santo, che sei Dio. Abbi pietà di noi
Santa Trinità, unico Dio, Abbi pietà di noi
O Dio clemente, che manifesti la Tua onnipotenza
e la Tua bontà, Abbi pietà di noi
O Dio, che pazientemente aspetti il peccatore,
Abbi pietà di noi
O Dio, che affettuosamente lo inviti a pentirsi,
Abbi pietà di noi
O Dio, che tanto gioisci del suo ritorno a Te,
Abbi pietà di noi
Di ogni peccato mi pento di cuore, o mio Dio.
Di ogni peccato in pensieri e parole,
mi pento di tutto cuore, o mio Dio.
Di ogni peccato in opere ed omissioni,
mi pento di tutto cuore, o mio Dio.
Di ogni peccato commesso contro la carità,
mi pento di tutto cuore, o mio Dio.
Per ogni rancore nascosto nel mio cuore,
mi pento di tutto cuore, o mio Dio.
Per non aver accolto il povero,
mi pento di tutto cuore, o mio Dio.
Per non aver visitato l'ammalato ed il bisognoso,
mi pento di tutto cuore, o mio Dio.
Per non aver cercato la Tua Volontà,
mi pento di tutto cuore, o mio Dio.
Per non aver perdonato volentieri,
mi pento di tutto cuore, o mio Dio.
Per ogni forma d'orgoglio e di vanità,
mi pento di tutto cuore, o mio Dio.
Della mia prepotenza e di ogni forma di violenza,
mi pento di tutto cuore, o mio Dio.
D'aver dimenticato il Tuo amore per me,
mi pento di tutto cuore, o mio Dio.
Di aver offeso il Tuo Amore infinito,
mi pento di tutto cuore, o mio Dio.
Perchè ho ceduto alla menzogna e all'ingiustizia,
mi pento di tutto cuore, o mio Dio.

O Padre, guarda il Tuo Figlio morto in croce per me:
è in Lui, con Lui e per Lui che Ti presento il mio cuore, pentito di averti offeso e pieno di ardente desiderio
di amarti, di meglio servirti, di fuggire il peccato e di evitarne tutte le occasioni. Non rigettare un cuore contrito ed umiliato; ed io spero, con viva fiducia di essere esaudito.

PREGHIAMO:
Manda su noi, Signore, il Tuo Santo Spirito,
che purifichi con la penitenza i nostri cuori, e ci trasformi in sacrificio a Te gradito; nella gioia di una vita nuova loderemo sempre il Tuo Nome santo e misericordioso. Per Cristo nostro Signore. Amen!

Anonimo ha detto...


La ricerca della pace interiore come bene sommo lasciamola ad epicurei (atarassia) e buddisti (nirvana), due concezioni al fondo materialiste della vita. Comunque atee.
Per il cristiano anzi cattolico praticante più che la pace interiore si tratta di raggiungere un certo equilibrio interiore, con l'aiuto imprescindibile della Grazia, sia verso se stesso che verso gli altri.
Un equilibrio che gli permetta di giudicare secondo giustizia se stesso e gli altri, di mantenersi calmo nelle situazioni della vita, spesso difficili e maligne per non dire malvagie, facendo affidamento sulla Provvidenza per l'aiuto anche materiale e per operare sempre la scelta giusta.
Ma una vera "pace interiore" che gli consenta di non esser affatto scalfito dalle passioni e dagli eventi, in chi deve combattere contro il demonio e se stesso sino alla fine dei suoi giorni per evitare l'eterna dannazione, non può esserci.