Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

sabato 4 marzo 2023

Osservazioni canonistiche sul Rescriptum del 21 febbraio

Un'altra analisi sotto l'aspetto canonistico del controverso Rescritto-Roche che va ad aggiungersi alla fiumana di reazioni e considerazioni sull'atto, la sua portata e le sue implicazioni. Può interessare consultare il precedente specifico [vedi]. Qui l'indice di tutti gli articoli su Traditionis custodes, da cui tutto è partito, e successivi ulteriori documenti restrittivi.

Osservazioni canonistiche sul
Rescriptum del 21 febbraio


Se formalmente il Rescriptum ex Audientia Ss.mi del 21 febbraio 2023 – che è un atto amministrativo col quale un capo dicastero chiede e ottiene (Rescriptum: “scritto due volte”) qualcosa dal Sommo Pontefice (Sanctissimi) al termine di una udienza (ex Audientia) – si prefigge lo scopo di “implementare” il Motu Proprio Traditionis custodes del 16 luglio 2021, da un punto di vista pratico, in realtà, lo altera nella sua struttura sostanziale.

Il Rescritto, infatti, sovverte la base sul quale si fonda proprio Traditionis custodes, le cui prime parole, eco di Lumen gentium n. 23 (la costituzione dogmatica del Concilio Vaticano II sulla Chiesa) sono destinate ai Vescovi: «Custodi della tradizione – esordisce il preambolo del Motu Proprio di papa Francesco che modifica il m.p. Summorum Pontificum di Benedetto XVI – i vescovi, in comunione con il vescovo di Roma, costituiscono il visibile principio e fondamento di unità nelle loro Chiese particolari».

Ma se Traditionis custodes aveva puntato sui Vescovi diocesani per una regolamentazione dell’uso delle forme liturgiche anteriori alle riforme post-conciliari, il Rescritto del 21 febbraio scorso rovescia quel principio riservando alla Santa Sede (e dunque al Dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti) la regolazione di un’intera materia che però, di per sé, sarebbe stata demandata alla discrezionalità dei singoli Ordinari locali dallo stesso provvedimento al quale il Rescritto dice di voler dare “implemento”. Siamo, dunque, davanti a un paradosso kafkiano – logico prima ancora che giuridico – per il quale la stessa Autorità che con un atto normativo dispone una cosa, con un successivo atto revoca, di fatto, il precedente principio, senza però formalizzare tale “inversione di marcia”, e dunque lasciando una contraddizione insolubile.

Se, infatti, Traditionis custodes, all’art. 2, facendo eco al già citato magistero conciliare, afferma indiscutibilmente che «al vescovo diocesano, quale moderatore, promotore e custode di tutta la vita liturgica nella Chiesa particolare a lui affidata, spetta regolare le celebrazioni liturgiche nella propria diocesi» e che «pertanto, è sua esclusiva competenza autorizzare l’uso del Missale Romanum del 1962 nella diocesi, seguendo gli orientamenti dalla Sede Apostolica», col Rescriptum del 21 febbraio si limita quella competenza, nonostante sia stata definita “esclusiva”, affermando esservi una nuova riserva di giurisdizione da parte della Sede Apostolica ai sensi dell’ultima parte del can. 87, §1 del Codice di Diritto Canonico; detto canone, infatti, stabilisce che: «Il Vescovo diocesano può dispensare validamente i fedeli, ogniqualvolta egli giudichi che ciò giovi al loro bene spirituale, dalle leggi disciplinari sia universali sia particolari date dalla suprema autorità della Chiesa per il suo territorio o per i suoi sudditi, tuttavia non dalle leggi processuali o penali, né da quelle la cui dispensa è riservata in modo speciale alla Sede Apostolica o ad un’altra autorità».

A prima vista la questione appare poco chiara: perché mai in un Rescritto che riguarda l’uso della liturgia anteriore alla riforma liturgica degli Anni ‘70 si viene a citare il canone che riguarda le dispense, e cioè l’esonero dall’osservanza di una legge puramente ecclesiastica che il Vescovo può concedere in un caso particolare (cf. can. 85)?
La risposta è nella prassi che si è invalsa in alcune diocesi all’indomani dell’entrata in vigore del m.p. Traditionis custodes, mediante la quale taluni Ordinari hanno ritenuto opportuno – esercitando quella discrezionalità che lo stesso Motu Proprio riconosceva loro – esimersi dall’osservanza del disposto normativo papale concedendo licenze ai loro sacerdoti diocesani per la celebrazione della S. Messa secondo le rubriche del Messale del 1962, permettendo la stessa celebrazione in chiese parrocchiali, o erigendo cappellanie o parrocchie personali di Rito antico. Ciò ha fatto sì che lo zelante Prefetto del Dicastero del Culto, l’oggi card. Arthur Roche, nonostante vi fossero delle norme ben precise in materia dettate nientemeno dal Papa in persona (cf. Traditionis custodes, artt. 3 e 4) con le quali, in modo dettagliato, si regolava la materia con le quali la Santa Sede si riservava solo di fornire “orientamenti”, sollecitato probabilmente da una imprudente pubblicità dei blog “tradizionalisti”, abbia in più occasioni bacchettato vari vescovi che si sarebbero “permessi” di non aderire pedissequamente al Motu Proprio di papa Francesco, valendosi proprio della possibilità del can. 87, §1 CIC.

       Questo, dunque, il presupposto fattuale da cui indubbiamente nasce il Rescritto del 21 febbraio, preceduto da meticolosi Responsa ad dubia con le fanaticissime Note esplicative del 4 dicembre 2021, il cui contenuto andava comunque ben oltre il citato concetto di “orientamento” contenuto nell’art. 2 di Traditionis custodes.

Su questi Responsa, peraltro il Rescritto sembra voler mettere un ulteriore sigillo di “legittimità autentica” sottolineando come essi, dopo l’assenso alla pubblicazione a suo tempo concesso, siano stati ulteriormente “confermati” in occasione dell’ultima udienza di tabella. Tuttavia sul punto va specificato che non si tratta di una «approvazione in forma specifica» del documento richiamato, ma solo di un “assenso” alla pubblicazione, il che non comporta di per sé che l’atto in questione possa essere considerato come avente “paternità pontificia”, e che per ciò stesso sia da considerare come “non impugnabile”, ma solo che esso goda di una certa stabilità, in forza del Superiore Assenso ricevuto alla pubblicazione (come successe di recente al Responsum ad dubiumcirca la benedizione di coppie omosessuali del 21 febbraio 2021).

Va comunque specificato che tali procedure, nell’attuale prassi curiale, sono alquanto disinvolte, basti pensare a tutti i decreti dei dicasteri “approvati in forma specifica”, contenenti disposizioni personali come le dimissioni dallo stato clericale o dallo stato religioso in esito a dubbi procedimenti amministrativi: di tali atti il Papa, ipso facto, apponendovi la firma in calce, si assume la paternità e dunque, implicitamente, la responsabilità, senza tuttavia che egli probabilmente sia effettivamente e completamente consapevole del contenuto o di quanto è accaduto in quel singolo caso. Una prassi malsana, dunque, e molto pericolosa perché in forza di un meccanismo amministrativo tritacarne, privo di qualsiasi garanzia giuridica perché orbitante nella più assoluta arbitraria discrezionalità, rende il Papa complice dell’amministrazione stessa, e dunque, di fatto, ostaggio di decisioni altrui. Alla luce di ciò – e senza volersi addentrare in un complessissimo quanto sdrucciolevole ginepraio – non solo la conferma dell’assenso, ma anche lo stesso Rescritto perdono in qualche modo valore, tanto giuridico quanto morale, perché se fino a qualche tempo addietro tali procedure speciali (così riconosciute dall’attualmente vigente Regolamento della Curia Romana, cf. art. 126) avevano il senso di rimarcare in modo particolare l’intervento del Pontefice in materie di fede e di costumi, oggi sembrano piuttosto essere l’esibizione di una forzata blindatura che cela una profonda quanto imbarazzante insicurezza: se, infatti, prima vigeva il rassicurante adagio Roma locuta, quaestio soluta, oggi sembra piuttosto che la posizione che Roma assume sia l’origine del caos, dell’incertezza giuridica e dunque della instabilità istituzionale, che assai spesso si traduce in imbarazzanti contraddizioni.

Tornando, comunque, alla materia del Rescritto, appare evidente che la riserva di legge proclamata circa la concessione delle licenze e l’indicazione delle modalità per la celebrazione della Messa secondo il Rito antico sia in aperto contrasto sia con quanto già stabilito dallo stesso Motu Proprio a cui, paradossalmente, si pretenderebbe di dare così “implemento”, ma soprattutto – come ha anche osservato il card. Müller in una recente intervista – confligga con norme di diritto divino che, invece, regolano la potestà dei Vescovi diocesani.

Se oggi un Vescovo non è considerato in grado – perché di ciò si tratta – di discernere se nel territorio della propria diocesi vi possano essere le condizioni per cui si possa estendere la facoltà dell’uso dell’antico Messale senza previo assenso del Dicastero, e addirittura si limita la sua stessa potestà nell’uso dei libri liturgici impedendogli, nelle parrocchie, l’uso del Pontificale, allora si può dire che l’intera teologia sulla costituzione gerarchica della Chiesa, formalizzata da ultimo nel Magistero conciliare sui vescovi, sia di fatto stata nullificata e abbia ceduto il posto ad un’inedita, quanto pericolosa, forma di governo monocratico e autoreferenziale.

Se si legge, infatti, quanto dispone il Rescritto laddove afferma: «Qualora un Vescovo diocesano avesse concesso dispense nelle due fattispecie sopra menzionate è obbligato ad informare il Dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti che valuterà i singoli casi» si resta basiti dalla evidente volontà controllante curiale, che non solo infrange un principio di civiltà giuridica per cui la legge dispone per l’avvenire e la retroattività della norma è qualcosa di eccezionale (cf. can. 9), ma anche perché mette in dubbio (tentando di considerarli impropriamente e ingiustamente come provvedimenti che avrebbero quasi perduto valore) le scelte già compiute dai singoli Vescovi, adesso mortificatamente “obbligati” a comunicare alla Sede Apostolica ciò che, invece, hanno deciso nel pieno dell’esercizio delle loro legittime funzioni applicando una norma del diritto universale. D’altra parte è ovvio che quanto già stabilito sia oggettivamente e giuridicamente intangibile.

Potrebbe sorprendere tale maniacale ipercontrollo del Dicastero del Culto, insieme a questa forma ossessiva di normativizzazione nell’attuale epoca profondamente antigiuridica ed anzi apertamente nemica delle “regole” e aperta piuttosto a modelli fluidi; potrebbe sorprendere che in un’epoca in cui avvengono quotidianamente sacrilegi e profanazioni, molto spesso sotto il silenzio e la complice cecità delle istituzioni, si sia così minuziosi nel definire i margini del consentito a un vescovo nella propria diocesi, impedendo financo che un sacerdote possa binare la celebrazione in rito antico quando nessuno si cura delle quattro messe che in media un buon parroco celebra ogni domenica nel territorio della parrocchia, ormai spesso senza più preti; sembrerebbe assurdo immaginare che nell’epoca delle “liturgie creative” dove sugli altari consacrati si espongono simboli pagani e si compiano gesti di evidente sconcertante stile sacrilego, dove i sacerdoti si mascherano, dove si celebrano le messe sui materassini in mezzo al mare, la Santa Sede senta così forte il bisogno di affermare chirurgicamente che, sebbene sia tollerato l’uso del Messale, non è altrettanto concesso nelle parrocchie l’uso del Pontificale, e dunque… è lecito privare i fedeli che fruiscono di quella forma rituale della possibilità di ricevere, ad esempio, la cresima in Rito antico; potrebbe sorprendere l’ossessione con la quale, da anni a questa parte, l’unico problema della disciplina ecclesiastica sembri essere la repressione delle “tendenze tradizionaliste” mentre, d’altra parte, le chiese, i seminari, i monasteri, i conventi si svuotano, la dottrina morale cede il passo a psicologismi di dubbia entità e, di fatto, si vive un clima di polizia ideologica per cui tutti possono fare ciò che vogliono mentre è impedito fare ciò che si è sempre fatto.

In realtà è evidente che ciò sia indice del grado di profonda paura e insicurezza che i novatori hanno nel portare avanti le rivoluzioni: se, infatti, la Tradizione ha la solidità e la robustezza dei propri princìpi e dunque non teme un confronto con la diversità, con la quale anzi si intreccia e si sviluppa, consolidandosi ancora di più e proiettandosi verso il futuro, non così la Rivoluzione che non può far altro che imporre la sua “visione” mediante la stessa forza che ha contestato e, a suo modo, crede di aver destituito: l’auctoritas.
Tuttavia, nei sistemi di civiltà giuridica, “veritas non auctoritas facit legem”: non è l’arbitrio, né il mero esercizio del potere a integrare il fondamento della norma da considerare vincolante – come al contrario sostenne Hobbes – bensì i principi indisponibili e non negoziabili del diritto divino e del diritto naturale. L’imposizione con la forza di una legge non ha mai prodotto nulla di buono, e d’altronde le stesse azioni rivoluzionarie – com’è noto – si sono sempre risolte, presto o tardi, in un pasto saturniano.

Quella che si prospetta – e che è già in corso da diverso tempo – è una battaglia senza precedenti nella storia della Chiesa, che vede fronteggiarsi due fronti ugualmente accaniti ma impari, l’uno rispetto ai numeri, l’altro rispetto alla ‘forza istituzionale’; tuttavia la battaglia di oggi non è la stessa dell’immediato post-concilio, perché da allora ad oggi le fila di coloro i quali sono stati rapiti dalla bellezza della Tradizione sono ben più folte rispetto a prima: a quei tempi vi era una società diversa, una obbedienza diversa… eppure lo stesso Paolo VI, pur promulgando il nuovo Messale, non ebbe l’ardire di dichiarare abrogato il precedente, probabilmente consapevole dell’anatema di S. Pio V della Bolla Quo primum tempore.
D’altronde, con buona pace dei soloni del Dicastero del Culto, la liturgia tradizionale ha un complesso strutturale talmente tanto vasto che sarebbe davvero follia ritenere possibile “normare” ogni cosa, sicché si troveranno sempre delle escamotages che consentiranno, come hanno consentito, all’antica Liturgia di sopravvivere. E se anche voci di corridoio si fanno sempre più pressanti sul fatto che questo ultimo documento sia solo la punta dell’iceberg d’una reviviscente guerra, e se oggi si bacchettano i vescovi, domani si bacchetteranno coloro i quali sono a tutt’oggi esenti dall’osservanza di Traditionis custodes (cioè i cosiddetti “istituti Ecclesia Dei”), sul punto va precisato che un’azione restrittiva e punitiva nei loro confronti comporterebbe inevitabilmente una frattura immensa all’unità della Chiesa, poiché sarebbe davvero scellerato escluderli ipso facto dalla comunione ove non si uniformassero all’unico rito riformato; e d’altra parte, per come stanno le cose e per il grado di qualità che ha l’obbedienza in una Chiesa in piena crisi del principio di autorità, sarebbe impensabile una repressione di massa, che sortirebbe piuttosto l’effetto contrario.
Niccolò Tedeschi - Fonte

12 commenti:

Anonimo ha detto...

Consiglio la lettura di questo articolo soltanto a coloro che sono ancora capaci di fare due più due uguale quattro ed inoltre che reputano altresì il buon senso quale strumento affidabile per discernere e ragionare...

https://www.liberoquotidiano.it/articolo_blog/blog/andrea-cionci/35067080/i-potenzingannati-gli-una-cum-oltraggiano-bergoglio-ma-e-comunque-il-papa-.html

Gian ha detto...

Consiglio vivamente di leggere l'articolo al commento 07:02. Sarebbe anche il tempo di prendere atto di una realtà che "coloro a cui compete" si ostinano a non vedere. Ognuno si faccia carico della propria responsabilità perché verrà il giorno del Giudizio.

mic ha detto...

Gian, la nostra responsabilità non arriva ad arrogarci un'autorità che non ci appartiene, trascinando tra l'altro fin troppe persone...
Abbiamo espresso dubbi, denunciato (senza trascendere) e chiamato col loro nome le fin troppe storture e deviazioni.
Si sono accumulate negli anni innumerevoli riflessioni e giudizi, fondati sul magistero perenne e non su illazioni, in ordine alla situazione, compresa la funesta abdicazione di Ratzinger.
Questo è il nostro compito, non altro.

Anonimo ha detto...

NELLA TRASFIGURAZIONE L'UMANITA' DI GESU' E' MOSTRATA ALLA LUCE DELLA SUA DIVINITA' E VIVE CON ESSA IN UNA COMUNIONE INDISSOLUBILE (S.LEONE MAGNO)

Dilettissimi, il brano del Vangelo che attraverso l’orecchio corporale ha fatto vibrare l’udito interiore delle nostre menti ci invita ad una più profonda conoscenza di un grande mistero. Con l’ispirazione della grazia divina, noi otterremo più facilmente questa intelligenza, se riportiamo la nostra attenzione su ciò che poco fa abbiamo raccontato. Infatti il Salvatore del genere umano Gesù Cristo, ponendo le fondamenta di questa fede che richiama tanto gli empi alla giustizia quanto i morti alla vita, istruiva i suoi discepoli sia con insegnamenti dottrinali sia con atti miracolosi affinché essi credessero in Lui ad un tempo Unigenito Figlio di Dio e Figlio dell’Uomo. Non potendo giovare alla salvezza una delle due qualità senza l’altra ed essendo uguale pericolo per la fede credere il Signore Gesù Cristo solo Dio o solo uomo bisognava egualmente confessare come nel Verbo si trovasse la vera umanità e la vera divinità

Così per confermare i discepoli nella sacrosanta conoscenza di questa fede il Signore aveva loro domandato le diverse opinioni della gente sul suo conto e poi aveva chiesto quale fosse la loro. Allora San Pietro, sotto l’ispirazione del Padre celeste, andò oltre le apparenze corporee e trascendendo l’aspetto umano vide con gli occhi dello Spirito il Figlio del Dio vivente e confessò la gloria della sua divinità, non guardando la sola sostanza della carne e del sangue. Egli piacque talmente nella sublimità della sua fede che, definito beato, ricevette la sacra solidità della pietra incrollabile.
Fondata su questa pietra la Chiesa prevarrà sulle porte dell’inferno e le leggi della morte; in qualunque causa quando si tratta di legare o di sciogliere da vincoli tutto sarà sanzionato nei cieli in conformità al giudizio di Pietro.

Ora bisognava, dilettissimi, che questa conoscenza così alta, oggetto di così eminente onore, fosse altresì istruita del mistero della natura umana di Gesù. Occorreva per la fede dell’Apostolo, elevata fino alla gloria di confessare la divinità di Cristo, che non giudicasse inconveniente e indegna di Dio impassibile l’assunzione di sé della nostra infermità e non credesse la natura umana di Cristo glorificata sì da non poter essere afflitta dal supplizio né dissolta dalla morte. Così il Signore annuncia che dovrà andare a Gerusalemme e soffrire molto dagli anziani, dagli scribi e dai principi dei sacerdoti, essere messo a morte e resuscitare il terzo giorno. Allora San Pietro, da poco illuminato dalla luce superna e ancora tutto infervorato dell’ardentissima confessione resa al Figlio di Dio, respinge con una ripulsa spontanea e, come credeva, pia la prospettiva degli insulti oltraggiosi e il disonore di una morte crudelissima. Gesù lo corregge con un dolce rimprovero e sprona il suo animo al desiderio di dividere con lui la sua passione.

Sabato delle Quattro Tempora di Quaresima

Mt.17,1-19

S.LEONE MAGNO
Homilia de Transfiguratione Domini

Catholicus ha detto...

@ Gian : "coloro a cui compete", ma che si ostinano a non vedere, quasi vivessero sulla luna, appartengono a una di queste categorie : massoni, laici o clericali, collusi, collaborazionisti, opportunisti, amanti del quieto vivere, pavidi... con grado di colpa variabile...anche i tirpidi, il Signore li vomiterà dalla Sua bocca, figurarsi gli altri !

Anonimo ha detto...

Fabrizio Fabbri
da quel che ricordo cioè dal 70, quando avevo 6 anni, ho sempre partecipato alla Messa di Paolo VI.
Ho avuto per trent'anni anni un bravo parroco, che viveva con serietà la fede cattolica, che non ha mai fatto teatro o politica nella suddetta Messa .
Ma per me è straevidente che la Messa preconciliare liberalizzata da Ratzinger e vietata assurdamente da Bergoglio esprime molto più chiaramente la fede cattolica!!!
Straevidente

Dio benedica i FFII del Santuario per questa iniziativa. Deo gratias! ha detto...

4 Marzo 2023 - Devozione del Primo Sabato del Mese al Cuore Immacolato di Maria

https://www.youtube.com/watch?v=mlt-IvT7msU

Santuario Madonna dei Boschi
Programmato per il giorno 4 mar 2023 ore 21:00
Esposizione del Santissimo Sacramento, Santo Rosario, Meditazione sul 2° Mistero
Luminoso, Benedizione Eucaristica, Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria.

Anonimo ha detto...

Arnaldo T. Maria Canziani
Non fosse che per età, ho fatto in tempo a partecipare per più o meno 15 alla Santa Messa di S. Pio V - posso dunque confermare, non per antichismo ma per esperienza, non esservi paragone - il messale di mons. bugnini è ahinoi un pastone giudeo-populista-protestante in salsa ecumenica

Da Fb ha detto...

Qualche parola veloce sul cosiddetto Risveglio di Asbury.

Ha tenuto banco nella scorsa settimana la riunione di preghiera tenutasi nell'università di Ausbury a Wilmore in Kentucky, riunione durante la quale per diversi giorni fino a settantamila persone hanno innalzato canti e preghiere ininterrottamente.
Ad un primo impatto, è un qualcosa di sensazionale; nel pieno deserto spirituale figlio di quell'idiozia filosofica che è l'ateismo, appare bello che dei giovani che si identificano come cristiani si siano riuniti.
C'è un grosso, grossissimo ma.

Il suddetto Risveglio di Ausbury è legato al luogo in cui si è svolto ovvero l'università cristiana liberale di Ausbury, lglegata a doppio filo al cosiddetto Holiness moviment, movimento sorto nel XIX secolo che accorpa Metodismo, Quaccheri, Anabattismo e altre correnti protestanti. Per intenderci, uno dei pilastri dell'Holiness movement è questa sorta di purificazione dal peccato originale in cui il fedele viene mondato totalmente anche dalla concupiscenza (contro cui invece il cattolico sa di dover lottare fino alla morte per quanto santo sia).
A queste premesse problematiche, si aggiunge il carismatismo che permea profondamente un mondo luterano che, autoprivatosi della Mistica vera, trova rifugio in una mistica "a comando" in cui Dio si manifesta sensibilmente quasi su richiesta, come se fosse un mago; nessuna delle grandi Mistiche della Vera Fede come lo sono state santa Margherita Maria Alacoque, santa Teresa di Lisieux, santa Teresa d Avila ed altre si sono mai agitate, muovendo le mani in alto e urlando "Jesus" mentre gli arti ondeggiavano come le canne della palude.

In sintesi, è qualcosa di sorprendente ma non di certo di "bello" né tantomeno ammirevole per un cattolico, essendo ispirato a tradizioni umane e a umane visioni di Dio.
La Pentecoste è una cosa seria, molto seria.

Anonimo ha detto...

UNA CARATTERISTICA DEL MODERNISMO: "L'ordine della realtà è che il soprannaturale regna sul naturale. Con la negazione modernista del soprannaturale, il secolare e il politico diventano primari. I concetti di beatitudine e salvezza sono reinterpretati come obiettivi politici e secolari. Questo riduce il clero ad attivisti politici e declassa il papa meramente a un "coach" ispiratore delle nazioni laiche. E' una tale separazione tra Chiesa e Stato che la Chiesa non ha più nemmeno rilevanza nella sfera pubblica."
(Gli infiltrati di T. Marshall)

Anonimo ha detto...

"Pio X riconobbe che la Massoneria non si sarebbe schierata apertamente contro il cattolicesimo, ma l'avrebbe minata dall'interno con le idee. Egli identificò subito questo attacco massonico interno come "Modernismo", il naturalismo della Massoneria con una patina cattolica che si giustifica appellandosi alla "evoluzione del dogma"."
(Gli infiltrati di Taylor Marshall)

Anonimo ha detto...

E qui si innesta la metamorfosi del sig.Grillo tanto per puntellare/completare l'opera indicata da 05 marzo, 2023 12:05:
https://www.repubblica.it/politica/2023/02/27/news/beppe_grillo_chiesa_altrove_prima_rivelazione-389814456/