Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

domenica 5 marzo 2023

Mons. Gänswein regola i conti

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Mons. Gänswein regola i conti

Monastero Mater Ecclesiae in Vaticano
Mons. Georg Gänswein, 66 anni, già segretario personale di Benedetto XVI e prefetto della Casa Pontificia, "ringraziato" da Francesco nel febbraio 2020, ha pubblicato, con l'aiuto del giornalista Saverio Gaeta, un libro dal titolo Nient'altro che la verità, edito da Piemme.

Il 10 gennaio 2023 il vaticanista di Le Figaro, Jean-Marie Guénois, scriveva: "Seguono [in questo libro] vere e proprie pagine di storia che aiutano a rivisitare dei risvolti poco conosciuti della personalità di Benedetto XVI, e versi dettati dall'amarezza, dove mons. Gänswein procede al regolamento dei conti personali".

Segnala, infatti, una chiara "necessità di giustificarsi": "Georg Gänswein, su certi dossier sensibili, come l'affare Vatileaks - documenti rubati dalla sua scrivania dal maggiordomo Paolo Gabriele, e pubblicati sulla stampa - sente il bisogno imperioso di dimostrare di non aver fallito nella sua missione, anche a costo di mettere in discussione delle alte personalità".

"Questa impresa di giustificazione personale potrebbe essere il punto debole di queste 336 pagine, la cui lettura richiede, per questo, una certa prudenza."

Fatta questa riserva, il giornalista francese ritiene che "il libro non rimanga meno affascinante". Vi vede "spunti interessanti sulla distanza presa dal papa emerito dall'enciclica Amoris laetitia, a proposito dell'accoglienza dei divorziati risposati. Senza che Francesco accettasse dibattiti sul tema, con grande stupore di Benedetto XVI".

"Divergenze anche sulle persone omosessuali, non tanto sulla loro ricezione pastorale quanto sulla questione dell'accettazione o meno della “teoria del genere”". Ma, agli occhi di Jean-Marie Guénois, "il pezzo di prima scelta, di interesse generale per la Chiesa, è un sasso lanciato nelle acque calme di papa Francesco sulla questione della liturgia".

"Questo capitolo si chiama La pacificazione interrotta. Secondo l'autore, l'attuale papa non avrebbe consultato né informato il suo predecessore sulle sue intenzioni di annullare, nel luglio 2021, una delle maggiori riforme del pontificato di Benedetto XVI: la possibilità di celebrare la messa secondo il rito di San Pio V, come rito “straordinario” nella Chiesa. Accanto cioè al rito “ordinario” definito da Paolo VI al termine del Concilio Vaticano II (1962-1965). Questa rottura tra i due papi non è mai stata espressa così chiaramente come in quest'opera."

E il giornalista francese ha sottolineato: "Nella lettera di accompagnamento al Motu proprio Traditionis custodes, del 16 luglio 2021, Francesco ha comunque assicurato che la sua decisione si univa all'“intenzione” di Benedetto XVI, lasciando intendere che fosse stato associato alla demolizione del suo stesso faro della riforma, pubblicato dal Motu Proprio Summorum Pontificum, 7 luglio 2007".

"Cosa che il suo ex segretario, Gänswein, respinge con forza: afferma che il papa emerito ha “scoperto” la pubblicazione di questo decreto di papa Francesco il giorno stesso, 16 luglio 2021, “sfogliando L'Osservatore romano”, il quotidiano di la Santa Sede."

Il segretario particolare spiega poi che il papa emerito, pur rispettando "la responsabilità della decisione" del suo successore, abbia visto in essa, "a titolo personale", un "decisivo cambio di rotta" che considerava "un errore". Perché "il tentativo di pacificazione" che Benedetto XVI aveva voluto mettere in atto è stato "messo in pericolo", spiega Gänswein.

E aggiunge: "Benedetto ritenne che sbagliato proibire la celebrazione della Messa in rito antico nelle chiese parrocchiali, in quanto è sempre pericoloso mettere un gruppo di fedeli in un angolo, così da farli sentire perseguitati e da ispirare in loro la sensazione di dover salvaguardare ad ogni costo la propria identità di fronte al “nemico”".

Sempre sulla stessa questione liturgica, "Gänswein riporta anche la reazione del papa emerito quando Francesco ha confidato, nel settembre 2021, le sue impressioni su questo tema ai gesuiti slovacchi. Benedetto “si è accigliato” quando il suo successore ha affermato di aver obbedito alle “vere intenzioni di Benedetto XVI e di Giovanni Paolo II”. Cosa che al papa emerito è parsa “incongrua”. […]" "Gänswein ricorda poi che Ratzinger era “inizialmente” favorevole alla riforma liturgica ma che cambiò idea quando vide che “la celebrazione latina” era diventata un “bastione da abbattere”."

Su La Nuova Bussola Quotidiana del 13 gennaio, Nico Spuntoni riporta un'informazione data da Die Zeit secondo la quale, dopo essere stato ricevuto in udienza privata da Francesco il 9 gennaio, mons. Gänswein sarebbe stato invitato a lasciare il monastero Mater Ecclesiæ dove risiedeva con Benedetto XVI, e questo entro il 1° febbraio. La data è passata, non sembra che il presule tedesco sia partito. Ha avuto un periodo di grazia? Lo sa solo il Papa.
(Fonti: Le Figaro/NBQ/DICI n°429 – FSSPX.Actualités)

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Ormai siamo al gossip ecclesiale, dove la chiacchiera ormai è il mantello che ricopre le nudità di ognuno, la peste infatti ricopre I corpi di ognuno e nessuno guarisce dalla peste con il denunciare chi è più appestato di lui stesso. Tempo di Quaresima speso invano.

Anonimo ha detto...

"In questa lotta tosto o tardi l’una delle due parti cadrà vinta, e sarà la rivoluzione. Per avventura avrà vista di trionfare per qualche tempo; potrà riportare vittorie parziali, vuoi perché da quattro secoli nell’Europa intera la società ha commesso così enormi attentati, che vogliono punizione, vuoi perché l’uomo è sempre libero, e perché la libertà, quand’egli ne usa male, costituisce una grande potenza; ma dopo il Venerdì Santo viene sempre la Pasqua, e sta la promessa uscita dalle labbra infallibili di Dio al Capo visibile di sua Chiesa: Tu sei Pietro e sopra questa pietra fonderò la mia Chiesa, e contro di lei non prevarranno le potenze d’inferno". (Mons. de Ségur)

In tema di "regolamento di conti" ha detto...

MAURIZIO BLONDET-CICLO IN TRE PARTI: Cronache dell'AntiCristo
Unione Apostolica FIDES ET RATIO
https://www.youtube.com/watch?v=xs5VBNcaSW0

Il salto di qualita' della stampa vaticana che finalmente ,tolto il sipario, e' abilitata a navigare in mare aperto...ogni riferimento all'articolo sopra e' casuale? ha detto...

Altrettanto giustamente padre Cavalcoli si domanda se Avvenire sia un giornale cattolico nel momento stesso in cui recensisce di fatto un libro che va a demolire una santa della Chiesa, la cui grande colpa agli occhi del mondo ebraico è di essere morta nel campo di sterminio di Auschwitz da cristiana, e dunque da “apostata” secondo Bendaud.

Tornando ad Avvenire, padre Cavalcoli sottolinea giustamente come l’articolo risenta di un’errata interpretazione dello spirito ecumenico e del dialogo interreligioso promosso dal Concilio Vaticano II, che non ha mai inteso promuovere la rinuncia per i cristiani a testimoniare la croce di Cristo come via di salvezza universale e strumento di grazia.

E’ evidente anche qui come l’equivoco sia stato originato dalle errate interpretazioni dei testi conciliari da parte della setta massonico modernista, che ha finito appunto con l’ingenerare il grande equivoco di un dialogo interreligioso da inseguire adattando il proprio linguaggio a quello delle altre religioni. Dimenticando però che soltanto nel cristianesimo, ed in particolare nella Chiesa cattolica, c’è la salvezza per opera di Gesù Cristo e di come, compito dei cristiani nel dialogo con le altre fedi, sia quello di far comprendere come Cristo non sia l’ostacolo alla reciproca comprensione, ma proprio lo strumento affinché tutti possano raggiungere la salvezza totale.

Del resto anche l’enciclica “Fratelli Tutti” sembra imbevuta della stessa errata interpretazione dei testi conciliari, laddove il messaggio che sembra trasparire è quello di una fratellanza universale all’insegna del motto “tutte le religioni sono uguali perché Dio è uno per tutti”.

Solo su un punto non mi sento di convenire con padre Cavalcoli, ovvero laddove sembra dare credito al dialogo con il mondo ebraico che invece mi appare a senso unico. E’ stata finora sempre la Chiesa a testimoniare con la forza dei fatti la volontà di superare le incomprensioni con gli ebrei, ma altrettanto evidente non è sembrata la volontà dell’altra parte. Giovanni Paolo II è stato il primo papa a mettere piede nella sinagoga di Roma e a chiamare gli ebrei “nostri fratelli maggiori”, ma poi da parte ebraica si è fatto di tutto per anteporre ostacoli a questo dialogo: la canonizzazione di Edith Stein è stata appunto considerata un atto di ostilità contro l’ebraismo, al pari della beatificazione di Pio IX, dei tentativi di canonizzazione di Pio XII, della promulgazione del Summorum Pontificum di Benedetto XVI e così via.

La verità è che da parte della Chiesa si pretendono le scuse per ....
https://www.stilumcuriae.com/padre-cavalcoli-avvenire-e-gli-ebrei-mascarucci

Anonimo ha detto...

Fossi in Gaenswein, mi dimetterei dal ruolo che ancora ricopre senza peraltro svolgerlo, e lascerei il Vaticano, tanto il misericordioso lo sta prendendo in giro.......viste le tristi immagini dell'udienza di ieri in una p.zza S. Pietro squallidamente vuota, terrei le udienze in sala Nervi, le folle di un tempo non torneranno più, ormai la gente ha capito.

Con il vostro permesso .. ha detto...

Ventiquattresimo giorno (9 Marzo)
PREPARAZIONE ALLA CONSACRAZIONE
A SAN GIUSEPPE

Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

Pater, Ave, Gloria

A te, o beato Giuseppe

MEDITAZIONE (sul testo proposto giorno per giorno)

Impegno missionario e Fioretto della giornata (indicati alla fine della meditazione)

Preghiera biblica o tradizionale (riportata in calce alla meditazione)

Litanie a san Giuseppe

Ventiquattresimo giorno: la misericordia e il perdono
La vera misericordia non ha nulla a che vedere con una comoda indulgenza, una complice acquiescenza o una paternalistica commiserazione; essa nasce invece dalla considerazione delle colpe altrui in una luce soprannaturale, sub specie aeternitatis. L’occhio della carità vede il peccatore esposto non soltanto a severi castighi nella vita presente, ma anche e soprattutto alla dannazione eterna. Chi ti fa un torto, per grave che sia, arreca a se stesso un danno ben peggiore; se si rendesse conto di ciò, se ne guarderebbe bene. Ammesso che gli sia concessa la grazia della penitenza finale, infatti, dovrà scontare ogni cosa nel Purgatorio, le cui pene sono durissime.

Il cristiano può dunque perdonare sempre perché rimette il giudizio a Dio, senza usurparne i diritti: «Non fatevi giustizia da voi stessi, carissimi, ma lasciate fare all’ira divina. Sta scritto infatti: “A me la vendetta! Sono io che ricambierò, dice il Signore”» (Rm 12, 19; cf. Dt 32, 35). Desiderando il bene di ogni suo simile, egli va tuttavia più lontano e prega perché la giusta punizione serva al ravvedimento dei suoi nemici, così che evitino di incorrere nella definitiva perdizione.

San Giuseppe, come tutti gli eletti di Dio, santi e amati, vestiva viscere di misericordia (cf. Col 3, 12), gemendo interiormente nell’osservare come i Suoi conterranei, con la loro durezza di cuore, si esponevano al fuoco della Geenna. Consapevole che la chiusura alla grazia divina è la peggiore delle disgrazie, intercedeva per i peccatori offrendo le proprie sofferenze e fatiche. Ringrazia il Signore dal profondo del cuore per coloro che han fatto questo per te e ricambia facendo lo stesso per altri che ne abbiano bisogno.

IMPEGNO MISSIONARIO: quando ne avrò l’occasione, parlerò del giudizio cui va incontro l’anima al momento della morte.

FIORETTO: perdono di cuore un torto o un’offesa per la salvezza dell’anima di chi me li ha inflitti.

Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro.
Non giudicate e non sarete giudicati;
non condannate e non sarete condannati;
perdonate e vi sarà perdonato;
date e vi sarà dato: una buona misura,
pigiata, scossa e traboccante,
vi sarà versata nel grembo,
perché con la misura con cui misurate
sarà misurato a voi in cambio.
A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto;
a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più.
(Lc 6, 36-38; 12, 48)

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