L'articolo risale al gennaio 2009; ma non ha affatto perduto di attualità. È opportuno, anzi, rispolverarlo perché rispecchia una situazione purtroppo tuttora ricorrente: basti ricordare il recente spettacolo, che ha suscitato scalpore e polemiche, nella basilica di Collemaggio a L'Aquila.
Le feste natalizie, ma non solo, hanno visto dilagare il fenomeno delle chiese adibite a concerti non solo di musica sacra ma profana. Evidentemente i Vescovi e il clero hanno dimenticato che quel luogo, edificato spesso con sacrificio dai fedeli, è stato “dedicato” – parola che ricorda l’atto con cui si offre qualcosa di molto personale a chi si ama – a Dio. Dedicare significa che non è più mio ma suo. Se me lo riprendessi sarebbe un tradimento.
Allora, compiere atti non sacri che normalmente si fanno altrove, è una profanazione, cioè andare fuori dal fanum, il tempio. Dunque è cosa grave, perché togliamo a Dio ciò che è suo, ciò che noi stessi avevamo giurato di dargli. Che sia un giuramento, cioè un atto sacro, lo dimostra il rito di dedicazione della chiesa. Che bisogno ci sarebbe di tale rito solenne, se poi il luogo sacro viene adibito al profano? Ma oggi, quanti sanno cosa vuol dire sacro e santo? Si potrebbe fare un excursus nella storia delle religioni, specialmente il giudaismo – proprio in coincidenza col periodo natalizio gli ebrei celebrano hannuccah, la festa della dedicazione del tempio dopo la profanazione pagana – ma fermiamoci al cristianesimo.
I discepoli del Signore che si riunivano per i divini misteri, creavano uno “spazio santo” che pian piano, a motivo dell’assiduità dei raduni, implicò la costruzione di un edificio di culto. Così il termine “chiesa” che indicava la comunità convocata dal Signore, è passato significativamente ad indicare il luogo santo. Sin dalle origini la comunità cristiana ha deciso di riservarlo al servizio esclusivo del culto divino, e sottolinea tale decisione attraverso un’azione solenne – una volta per tutte – implorante soprattutto la grazia di Dio.
Tale rito straordinario, con i suoi gesti e testi venerandi, offre ai cristiani l’opportunità di riflettere su di sé, come corpo mistico consacrato al Signore, sull’autenticità del culto e sulla serietà dell’impegno preso con Dio: cioè l’alleanza nuova ed eterna. Direbbero i liturgisti che “per la verità del segno” la chiesa non può essere adibita ad altro che non sia il culto, pena una grave offesa al Signore a cui era stato offerto. Possibile che, malgrado la riforma liturgica, si faccia il contrario? Non vi sono più luoghi per fare concerti, rappresentazioni teatrali e altro? Allora non ci si meravigli se sia andato perduto il senso del sacro, cioè della Presenza divina. Quando una chiesa diventa teatro dove si ride, applaude e grida, diventa difficile poi esigere nello stesso luogo gli atteggiamenti propri del culto: ascolto, raccoglimento, silenzio, adorazione. Solo i regimi totalitari avevano trasformato i luoghi di culto in teatri, palestre e magazzini.
Qualcuno obietterà che i cristiani per il loro culto non hanno bisogno di tempio. È vero, basta il culto spirituale. Allora non costruiamone più e riuniamoci solo all’aperto, caldo e freddo permettendo. Se dobbiamo continuare a farlo, dobbiamo essere coerenti. Non sono i cristiani pietre vive dell’edificio spirituale come dice san Pietro(1 Pt 2,5)? E non è questa verità misticamente adombrata nel segno del tempio? O non ci toccano le parole di Paolo ai Corinzi : “Non sapete che siete tempio (naos) di Dio e che lo spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui.Perché santo è il tempio di Dio che siete voi” (1 Cor 3,16-17).
I riti della consacrazione: processione, aspersione con acqua, unzione con il crisma dell’altare, delle pareti, della porta, offerta del santo Sacrificio, parlano da soli circa il significato del luogo dedicato a Dio dopo averlo esorcizzato dal maligno, cioè cacciato fuori nel profano. Come il cristiano nell’iniziazione consacra se stesso a Dio dopo l’esorcismo, così il luogo santo con la dedicazione è consacrato a Dio dopo essere stato sottratto all’influenza del maligno che deve restare fuori del tempio con tutte le sue azioni. Non si possono ospitare tali o altre azioni semplicemente profane laddove si celebrano i divini misteri.
Nel Pontificale Romano rinnovato nel 1977, la Messa della Dedicazione sottolinea la volontà della comunità ecclesiale di dedicare il nuovo edificio in modo esclusivo e perpetuo al culto divino. In particolare, la presenza del Sacramento e dell’altare non consente qualsiasi altro uso; infatti, stanno a ricordare che la chiesa è il segno del santuario celeste dove Gesù Cristo è penetrato “per comparire al cospetto di Dio in nostro favore” (Eb 9,24).
Allora, compiere atti non sacri che normalmente si fanno altrove, è una profanazione, cioè andare fuori dal fanum, il tempio. Dunque è cosa grave, perché togliamo a Dio ciò che è suo, ciò che noi stessi avevamo giurato di dargli. Che sia un giuramento, cioè un atto sacro, lo dimostra il rito di dedicazione della chiesa. Che bisogno ci sarebbe di tale rito solenne, se poi il luogo sacro viene adibito al profano? Ma oggi, quanti sanno cosa vuol dire sacro e santo? Si potrebbe fare un excursus nella storia delle religioni, specialmente il giudaismo – proprio in coincidenza col periodo natalizio gli ebrei celebrano hannuccah, la festa della dedicazione del tempio dopo la profanazione pagana – ma fermiamoci al cristianesimo.
I discepoli del Signore che si riunivano per i divini misteri, creavano uno “spazio santo” che pian piano, a motivo dell’assiduità dei raduni, implicò la costruzione di un edificio di culto. Così il termine “chiesa” che indicava la comunità convocata dal Signore, è passato significativamente ad indicare il luogo santo. Sin dalle origini la comunità cristiana ha deciso di riservarlo al servizio esclusivo del culto divino, e sottolinea tale decisione attraverso un’azione solenne – una volta per tutte – implorante soprattutto la grazia di Dio.
Tale rito straordinario, con i suoi gesti e testi venerandi, offre ai cristiani l’opportunità di riflettere su di sé, come corpo mistico consacrato al Signore, sull’autenticità del culto e sulla serietà dell’impegno preso con Dio: cioè l’alleanza nuova ed eterna. Direbbero i liturgisti che “per la verità del segno” la chiesa non può essere adibita ad altro che non sia il culto, pena una grave offesa al Signore a cui era stato offerto. Possibile che, malgrado la riforma liturgica, si faccia il contrario? Non vi sono più luoghi per fare concerti, rappresentazioni teatrali e altro? Allora non ci si meravigli se sia andato perduto il senso del sacro, cioè della Presenza divina. Quando una chiesa diventa teatro dove si ride, applaude e grida, diventa difficile poi esigere nello stesso luogo gli atteggiamenti propri del culto: ascolto, raccoglimento, silenzio, adorazione. Solo i regimi totalitari avevano trasformato i luoghi di culto in teatri, palestre e magazzini.
Qualcuno obietterà che i cristiani per il loro culto non hanno bisogno di tempio. È vero, basta il culto spirituale. Allora non costruiamone più e riuniamoci solo all’aperto, caldo e freddo permettendo. Se dobbiamo continuare a farlo, dobbiamo essere coerenti. Non sono i cristiani pietre vive dell’edificio spirituale come dice san Pietro(1 Pt 2,5)? E non è questa verità misticamente adombrata nel segno del tempio? O non ci toccano le parole di Paolo ai Corinzi : “Non sapete che siete tempio (naos) di Dio e che lo spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui.Perché santo è il tempio di Dio che siete voi” (1 Cor 3,16-17).
I riti della consacrazione: processione, aspersione con acqua, unzione con il crisma dell’altare, delle pareti, della porta, offerta del santo Sacrificio, parlano da soli circa il significato del luogo dedicato a Dio dopo averlo esorcizzato dal maligno, cioè cacciato fuori nel profano. Come il cristiano nell’iniziazione consacra se stesso a Dio dopo l’esorcismo, così il luogo santo con la dedicazione è consacrato a Dio dopo essere stato sottratto all’influenza del maligno che deve restare fuori del tempio con tutte le sue azioni. Non si possono ospitare tali o altre azioni semplicemente profane laddove si celebrano i divini misteri.
Nel Pontificale Romano rinnovato nel 1977, la Messa della Dedicazione sottolinea la volontà della comunità ecclesiale di dedicare il nuovo edificio in modo esclusivo e perpetuo al culto divino. In particolare, la presenza del Sacramento e dell’altare non consente qualsiasi altro uso; infatti, stanno a ricordare che la chiesa è il segno del santuario celeste dove Gesù Cristo è penetrato “per comparire al cospetto di Dio in nostro favore” (Eb 9,24).
Nicola Bux - Salvatore Vitiello
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[Fonte: Agenzia Fides]
1 commento:
come recuperare il senso del sacro se col NO quanto è profano è entrato nei presbiteri che hanno subito i peggiori scempi architettonici ed è stata abbandonata la lingua sacra, i sacri silenzi, la Consacrazione sussurrata, e il Sacrificio si è trasformato in agape fraterna?
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