Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

giovedì 25 giugno 2015

Cristiani in Iraq. Sako: «Abiurare? Impensabile. Per noi cristiani iracheni credere è essere »

È passato un anno da quando centinaia di uomini vestiti di nero entrarono a Mosul, l’antica Ninive. In un libro-intervista appena uscito (Più forti del terrore, Emi) il patriarca di Baghdad Louis R. Sako racconta in modo mirabile e toccante la situazione dei cristiani iracheni. Ricorda quei primi giorni, quando i jihadisti distribuirono volantini in cui avvertivano i nazareni: o vi convertite o lasciate la città, pena la decapitazione. «Fra voi e noi, non ci sarà che la spada», c’era scritto. Sako ripercorre con la memoria l’esodo dei fedeli, lo spostarsi lento e angosciato di uomini, donne e bambini, e i vecchi portati a spalla lungo strade senz’ombra e con temperature vicine ai cinquanta gradi. Oggi, dice Sako, non c’è alternativa all’intervento armato di terra perché i raid aerei sono necessari, «ma non bastano» a fermare l’Isis.
Fra le mille perle contenute in questo libro, ve ne è una che, da sola, basterebbe a turbare la sonnolenta fede occidentale. Al suo interlocutore che gli chiede come sia stato possibile che gli iracheni abbiano preferito perdere tutto piuttosto che abiurare, Sako risponde:
 «In Iraq è semplicemente impensabile rinnegare la propria fede. Fa parte dell’identità della persona. La fede da noi non è speculativa, è una questione d’amore e di attaccamento alla persona di Cristo. La religione è come la farina nel pane, non si può estrarla. È un’esistenza mistica. Per noi cristiani, la fede è la cosa più grande, per la quale si è pronti a sacrificarsi. Credere è essere».
Il libro.
«Noi cristiani abbiamo una vocazione: la pace, l’apertura, l’amore, il perdono, il dialogo, il lavoro insieme per una vita migliore». Sebbene sia alla guida di una delle comunità cristiane più perseguitate al mondo, quella irachena, Louis Raphaël Sako, patriarca di Babilonia dei Caldei (Baghdad), tiene alta la fiaccola della speranza.
Oggi la violenza disumana dell’Isis, ieri le autobombe di al-Qaeda, prima la guerra d’invasione anglo-americana e il regime di Saddam Hussein: la storia recente dell’Iraq è un rosario di assassini, attacchi e uccisioni. Ma in queste tenebre brilla una storia di provata fedeltà: «I nostri cristiani sono pronti a sacrificarsi per la loro fede – racconta Sako –. Ho molte testimonianze di giovani pronti a morire piuttosto che rinunciare alla loro fede».
Piagati dalla furia omicida di terroristi che abusano dell’islam, i cristiani d’Iraq diventano per l’Occidente il richiamo alla pacifica radicalità che il Vangelodomanda a ciascun discepolo di Cristo. Sako testimonia la tenace ricerca della convivenza tra le diverse religioni, il rifi uto di odiare gli altri, anche i propri carnefici, e l’attualità bruciante della profezia di Gesù: «Perseguiteranno anche voi. Ma neppure un capello del vostro capo perirà».
Un libro per vivere in solidarietà con un popolo schiacciato dalla barbarie, ma ancora vivo nella sua forza interiore.
«La croce della nostra Chiesa caldea è una croce gloriosa. Nelle nostre chiese non si trova Cristo sulla croce, ma una croce senza Cristo. Per noi cristiani, così spesso perseguitati, è speranza di risurrezione. Gesù è risorto e noi avremo la stessa sorte. Non abbiamo paura!» Louis Raphaël Sako, Patriarca di Baghdad
[Fonte]

5 commenti:

Anonimo ha detto...

In Irak è semplicemente impensabile rinnegare la propria fede..

Solo a leggere queste parole ci sarebbero tante cose da dire, ma soprattutto su cui riflettere....oggi osservavo alcune ragazzine in sala attesa, s-vestite di niente e sedute in pose sguaiate, tralasciando il trucco pesante e volgarotto assai, mi veniva da pensare che se un malaugurato giorno dovessero comandare i mussulmani, ipotesi nemmeno poi tanto remota, visti i tempi che corrono, ma non le sfiora l'idea della fine che farebbero? Il guaio è che così conciate vanno anche, raramente, in chiesa e nessuno osa dire alcunché perché, semmai lo facesse, dagli al bigotto, al cattolico retrogrado, alla chiesa medievale ecc.ecc.leggevo più sotto dei ricordi di PP sulla processione del Corpus Domini, pensare che anche qua nella rossa ER si faceva in centro, con drappi rosso cremisi bordati d'oro appesi ai balconi ed alle finestre e c'era tantissima gente che partecipava e non parlo di più di 60 anni fa, perché non ero nato, ma solo, si fa per dire, 40 circa, l'ultima volta, come già scrissi, sono rimasti chiusi in Duomo per la concomitanza di una partita di calcio, per motivi di ordine pubblico.......fa sorridere la motivazione, in una città dove furti, scippi, duelli al coltello e machete sono all'ordine del giorno, dove i vu cumprà massacrano di botte i VV.UU che vorrebbero farli sloggiare dalle spiagge e dalle strade , rinchiudere 4 gatti che non fanno danno a nessuno, è quasi una barzelletta dal sapore amarissimo, ma questa è l'itaglia degli itagliani, paese senza passato, senza futuro, senza storia e senza leggi rispettate, outlaw in tutti i sensi. Lupus et Agnus.

Alessandro Mirabelli ha detto...

Imparino da codesti testimoni Kasper, Forte, Marx e i loro corifei modernisti e parà protestanti. Altro che comunione ai divorziati risposati! Testimonianza di fede fino alla morte violenta.

Anonimo ha detto...

Ho tratto alcuni spunti da "La scure di Elia".

In guerra... Occorre anzitutto identificare con precisione il nemico da combattere, soprattutto in una situazione confusa come la nostra. In ultima analisi, non può trattarsi che dei dominatori di questo mondo di tenebra, gli spiriti del male (Ef 6, 12); a livello umano, sono pure quanti lavorano a loro servizio, ossia quelle forze dell’Anticristo che, sotto forme diverse ma dal comune denominatore, operano lungo i secoli allo scopo di limitare, per quanto permesso da Dio, l’estensione della vittoria di Cristo agli uomini da Lui redenti.

In secondo luogo, bisogna studiare bene la strategia –o meglio lasciarsela insegnare, in questo caso, dal Cielo. Nelle storie bibliche delle battaglie di Israele, generalmente il Popolo eletto non prende l’iniziativa di aggredire l’avversario, a meno che non si tratti di progetti umani, che si risolvono regolarmente in disastro. Guidato da giudici o da profeti, esso aspetta che siano i nemici a radunarsi in un dato luogo, nel quale potrà agevolmente valutarne le forze e vedere qual è il tipo di attacco più idoneo per avere successo. A questo punto il gioco è fatto: anche con scarsi effettivi, il Signore assicura la vittoria... i nemici sono ormai venuti allo scoperto: basta verificare la conformità o meno delle loro parole e azioni con l’immutabile dottrina della fede e della morale cattoliche.

Le nostre prime armi sono dunque il dogma (per riconoscere il nemico), il diritto (per privarlo della forza) e la disciplina (per neutralizzarlo completamente). Le tre armi sono strettamente legate e gerarchicamente ordinate, in quanto derivano l’una dall’altra.

Con il dogma identifichiamo l’eresia in materia di fede o di morale, che sono del resto inseparabili; con il diritto ci sottraiamo all’autorità abusiva di chi la professa; quanto alla disciplina, gli neghiamo obbedienza e sostegno economico (il punto più sensibile!).

Il nemico si sta riunendo. Il Cuore Immacolato di Maria sta per trionfare.

Oggi è il compleanno delle apparizioni di Medjugorje.
Silenziano i messaggi della Regina della pace, per proclamarsi messaggeri di pace, mentre pace non c'è e si "dialoga" (con tutti) sulla pelle di chi viene massacrato per i giochi di potere che tirano le fila della recita delle marionette.

Il dogma viene sminuito (oggi, nella Chiesa), l'obbedienza viene predicata (oggi, dagli stessi abituati a disobbedire fino a ieri). La disciplina del credente è la casa sulla roccia. E' l'attesa paziente del trionfo del Cuore immacolato di Maria.


chiedo scusa se riposto un commento già inserito in un altro argomento.

RAOUL DE GERRX ha detto...

Disons-le bien haut à Tauran et à ceux qui lui ressemblent : L'Islam n'est qu'une chiennerie diabolique, et le temps approche d'une grande explication entre les coupeurs de têtes de Mahomet et les vrais disciples de Jésus.

Anonimo ha detto...

# Lupus et Agnus

1. Forse si potrebbe dire che questa, piu' che "l'Itaglia degli Itagliani" e' l'Italia dalla quale gli Italiani sono stati espropriati. E da chi? Da una classe dirigente antinazionale, antiitaliana, che ha trovato nell'europeismo distruttore dell'Unione il prolungamento naturale dell'antifascismo originario, quello che ci ha dato, oltre alla cultura del complesso di inferiorita' permanente (per la "colpa" di essere italiani), un clima di guerra civile permanente, il parlamento dominato dai partiti, un governo che non puo' governare perche' non ha poteri, le regioni e il regionalismo, la corruzione dei costumi etc. Classe dirigente cui si e' affiancata dal Concilio in poi anche la gerarchia cattolica: attivissima nell'opera di dissoluzione della nazione italiana (come delle altre) in nome della cosiddetta accoglienza, assistenza, ascolto e quant'altra paccottiglia pseudoumanitaria hanno prodotto e producono questi "sciagurati preti" (invettiva di Guicciardini, che ce l'aveva giustamente con loro per i disastri che al tempo avevano combinato nel pessimo governo dei loro Stati e con la loro pessima azione politica, rovinosa per tutta l'Italia).
Il dramma nel dramma e' che una forza politica nuova, capace di opporsi effettivamente all'andazzo dominante, non si riesce a costituirla. Un partito cattolico e patriottico, nazionale, con le idee chiare sul da farsi, all'orizzonte non si vede. Le forze fedeli alla tradizione cattolica, a mio avviso, non sembrano nemmeno porsi il problema, contente di assistere alla progressiva dissoluzione dello Stato e della nazione unitari, da loro odiatissimi a quanto pare, e in attesa passiva di chissa' quale palingenesi restauratrice dell'Italia del tempo che fu, ad opera di non si sa chi, se Putin o Gesu' Cristo NS in persona.
2. Le ragazzacce sguaiate di casa nostra (ma ce ne sono cosi' in tutta Europa) sarebbero le prime a sottomettersi, se i "Califfi" avessero il sopravvento, ben felici di esser costrette (e senza tante storie) a viver da donne e nel senso piu' tradizionale e meno divertente del termine. PP