Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

mercoledì 3 giugno 2015

Card. Raymond Leo Burke, Oxford, Omelia nel V centenario della nascita di San Filippo Neri

OMELIA del Card. RAYMOND LEO BURKE - SOLENNITÀ DI SAN FILIPPO NERI, FONDATORE E PATRONO DELL’ORATORIO DI OXFORD 
Pontificale nel V Centenario della sua nascita
OXFORD, INGHILTERRA, 26 MAGGIO 2015

[Traduzione dall'originale inglese a cura di Chiesa e post-concilio]
Sap 7, 7-14
Fil 4, 4-9
Gv 15, 1-8
Sia lodato Gesù Cristo, ora e sempre. Amen.

È fonte di immensa gioia per me il poter officiare la Santa Messa nella Solennità di San Filippo Neri, nel giorno del quinto centenario della sua nascita, nell’oratorio di cui è fondatore e patrono. Voglio esprimere la mia profonda gratitudine al Reverendissimo Padre Daniel Seward, prevosto e parroco, per avermi invitato a celebrare la Messa Pontificale per tale solennità; ringrazio anche tutti i Padri e Fratelli dell’oratorio per la loro calda e generosa ospitalità.

Ringrazio Dio per la straordinaria opportunità di implorare – per mezzo dell’intercessione di Nostra Signora e di San Filippo – le Sue abbondanti benedizioni sull’Oratorio di Oxford e su tutte le sue importantissime attività. In modo particolare, chiedo a Dio di benedire l’Università di Oxford, rinomato centro di formazione da molti secoli, e di renderlo generosamente ricettivo al ministero sacerdotale offerto qui sull’esempio e sotto la protezione di San Filippo Neri.

Sono grato della presenza dei Cavalieri e delle Dame di Malta, di cui sono onorato di essere il Cardinale Patrono. Che la mia visita possa essere per essi, qui a Oxford, la conferma della duplice missione del nostro Ordine: la difesa della fede e la cura dei poveri.

Con la parabola della vite e dei tralci, Nostro Signore ha espresso la realtà della nostra comunione con Lui nella Chiesa sin dal momento del nostro battesimo. Solo Lui è la nostra salvezza, ed è Lui che ha scelto di unire i nostri cuori al Suo glorioso Cuore trafitto. Dal Suo trono alla destra del Padre, infonde incessantemente e senza misura dal Suo Cuore nei nostri cuori i sette doni dello Spirito Santo. Egli rimane in noi perché lo Spirito Santo risiede nella Chiesa, che è il Suo Corpo Mistico, e nei cuori dei suoi membri. Prestiamo di nuovo ascolto alle parole ferme e chiare di Nostro Signore nella parabola:
Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. [1]
L’esortazione di San Paolo a mettere da parte ogni ansietà e rivolgersi a Dio nella preghiera fiduciosa è solidamente radicata nelle parole di Cristo, nella realtà della nostra vita in Lui. Possiamo credere davvero che “la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù”. [2]

Le nostre vite sono scandite e animate dalla loro natura di tralci viventi innestati in Cristo, la Vigna, in modo tale che possiamo produrre i frutti per i quali Dio ci ha creato a Sua immagine e somiglianza. Dio il Vignaiolo, Che ci ha vivificati nel Suo Figlio unigenito, ci pota affinché possiamo rimanere vivi in Cristo e “portare più frutto”. [3] La potatura della sofferenza, del pentimento e della riparazione ci assicurano che – nonostante le nostre paure, i nostri dubbi, errori e peccati – Cristo che vive in noi ci avvicina sempre di più a “tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato”. [4]

Dio Padre ci avvicina a Sé, all’eccellenza del Suo Essere, di cui partecipiamo, grazie al Suo generosissimo e inesauribilmente abbondante amore. Se pensiamo – come ci esorta San Paolo – a ciò che è “virtù”, a “tutto ciò che merita lode”, [5] siamo condotti alla sua fonte in Dio Figlio Incarnato, nostro Signore e Salvatore. Infatti, San Paolo ci chiede di imitare la sua obbedienza alla grazia che scaturisce dal Cuore di Cristo e di vivere in Dio come autentici tralci della Vigna: “Ciò che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, è quello che dovete fare. E il Dio della pace sarà con voi”. [6]

In Cristo, il Verbo fatto carne, comprendiamo sempre di più la verità, la bellezza e la bontà di tutte le cose. Il santo scrittore del Libro della Sapienza, predicendo l’Incarnazione del Verbo per mezzo del quale il Padre ha creato tutte le cose e ne sostiene l’esistenza, narra come la sapienza di Dio gli ha svelato il motivo della sua costante attrazione per le cose create:
L’amai più della salute e della bellezza,
preferii il suo possesso alla stessa luce,
perché non tramonta lo splendore che ne promana.
Insieme con essa mi sono venuti tutti i beni;
nelle sue mani è una ricchezza incalcolabile.
Godetti di tutti questi beni, perché la sapienza li guida,
ma ignoravo che di tutti essa è madre. [7]
Solo in Cristo, per mezzo della verità del Suo insegnamento e dell’amore per la Sua disciplina, conosciamo la Sapienza di Dio. Solo in Cristo i sette doni dello Spirito Santo – che sono la prima sapienza – vengono infusi incessantemente e smisuratamente nei nostri cuori.

San Filippo Neri fu innestato da Dio Padre nella viva Vigna del Suo Figlio unigenito in modo notevole, a un grado eroico. Celebrando il quinto centenario della sua nascita, riflettiamo sulla corruzione del mondo del Rinascimento in cui egli nacque. Giovane virtuoso e buono, avrebbe potuto benissimo abbandonare la bontà di Cristo e seguire uno stile di vita mondano, secondo le aspettative della cultura in cui viveva. Ma conobbe Cristo, la fonte di ogni dono buono, e quando ricevette la chiamata di Cristo lasciò la sicurezza del suo futuro economico per abbandonarsi completamente a Cristo. Pur essendo molto portato allo studio della filosofia e della teologia, egli comprese che la sua chiamata era quella di evangelizzare direttamente per condurre il prossimo a Cristo offrendogli le verità della fede e la sua bellezza nella vita della preghiera e – soprattutto – del culto divino.

Nel giorno di Pentecoste dell’anno 1544, nelle Catacombe di San Sebastiano, egli ricevette da Cristo non solo la conferma della sua chiamata, ma anche la grazia di compiere la sua missione. Il “globo di fuoco” che San Filippo vide entrare nella sua bocca e che aprì il suo cuore a un amore di Dio e per i figli di Dio ancor più grande si manifestò nella luce che San Filippo portò alla città di Roma in un’epoca in cui essa era avvolta dalle tenebre. [8] Così, Cristo incrementò la vita dello Spirito Santo che risiedeva nel cuore di San Filippo per la salvezza di molte anime, non solo per mezzo della sua attività apostolica, ma anche attraverso la sua continuazione nell’attività apostolica della Congregazione dell’Oratorio, la compagnia dei suoi figli spirituali.

Considerando la grande ricchezza della sua vita apostolica, alla fine si risale sempre alla fonte della sua santità eroica: Gesù Cristo, vivo nel suo cuore per mezzo dell’effusione dello Spirito Santo. Ciò che San Filippo scrisse in una lettera a sua nipote è una riflessione della sua vita quotidiana, durante la quale si sforzava di vivere sempre più pienamente e perfettamente:
Dio ti conceda la grazia di raccoglierti intorno al Suo divino amore, ed entrare profondamente nella Fonte viva di Dio fatto uomo attraverso la ferita del Suo costato, senza trovare più il modo di uscirne, così da annullare te stessa ed ogni forma di amor proprio. [9]
Senza dubbio, San Filippo aveva dedicato il suo cuore – per grazia di Dio – al glorioso Cuore trafitto di Gesù, nel quale trovò la purificazione dei peccati e la fortificazione dell’amore divino. Egli vivette in modo da “non trovare il modo” di uscir fuori dal Cuore di Gesù, così come scrisse nella sua esortazione a sua nipote.

Possiamo comprendere quindi la costante esortazione di San Filippo alla pratica dell’umiltà e alla purificazione da ogni forma di amor proprio, in modo che solo la grazia che proviene dal Cuore di Gesù possa animare il cuore dell’uomo. [10] E possiamo anche comprendere l’importanza che San Filippo prestava agli incontri spirituali in cui venivano ponderate le verità della fede attraverso lo studio delle vite di quei santi in cui tali verità si sono manifestate in modo eroico e attraverso i Sacramenti, specialmente la Penitenza e la Santa Eucarestia, [11] nella quale incontriamo realmente Cristo, la Via, la Verità e la Vita. [12]

Possiamo quindi comprendere anche la particolare forma di vita apostolica che San Filippo stabilì per i suoi fratelli nell’Oratorio. Egli voleva che la loro vita somigliasse il più possibile alla vita comunitaria degli Apostoli durante il pubblico ministero di Cristo. La comunità dell’Oratorio è formata dalla grazia di Cristo nella Cui persona ogni singolo membro dell’Oratorio esercita la Sua carità pastorale nei confronti delle anime di tutti gli uomini. Ci tengo a ricordare le parole di Papa San Giovanni Paolo II, di cui la vita di San Filippo Neri e la sua fondazione dell’Oratorio sono un esempio concreto:
Il principio interno, la forza che anima e guida la vita spirituale del sacerdote nella misura in cui egli è configurato a Cristo, Capo e Pastore, è la carità pastorale come partecipazione alla carità pastorale dello stesso Gesù Cristo, un dono conferito liberamente dallo Spirito Santo e allo stesso tempo un cómpito e una chiamata che richiede una risposta impegnata da parte del sacerdote[13].
Mi sembra che i modi a volta eccentrici di San Filippo erano mirati a sottolineare sempre il fatto che era Cristo che agiva in lui, affinché i suoi fratelli o i fedeli non pensassero che fosse Filippo – e non Cristo – colui che stava realizzando la missione di salvezza. Analogamente, credo che la semplicità della struttura canonica dell’Oratorio, con la sua insistenza sulla vita comunitaria, sia mirata a mostrare Cristo al prossimo nella maniera più diretta possibile, e a ricordare alla compagnia dei membri dell’Oratorio che, nonostante i doni particolari che a ciascuno di essi sono stati dati, il Capo e Pastore del gregge Che realizza la missione è sempre e solo Cristo.

Nel celebrare il quinto centenario della nascita di San Filippo Neri, prendiamo un esempio particolare dalla maniera in cui egli si misurò con una cultura secolarizzata e – pertanto – corrotta. Imploriamo la sua intercessione, dal momento che anche noi ci misuriamo con una cultura in cui vengono ignorate, sfidate e gravemente violate anche le verità più fondamentali: quelle sulla vita umana e sul fatto che essa ha il suo centro nella famiglia costituita tramite matrimonio. Voglio ricordare le parole con cui il Cardinal Joseph Ratzinger si espresse a proposito della cultura secolare contemporanea durante la Messa per l’Elezione del Pontefice Romano, celebrata prima del conclave in cui egli venne eletto al Soglio di Pietro. Egli sottolineò come, ai nostri tempi, “il pensiero di molti cristiani” sia stato fuorviato da varie “correnti ideologiche”, osservando che siamo testimoni dell’“inganno e della falsità umani, che si sforzano di trascinare l’umanità nell’errore”, e a proposito dei quali San Paolo si espresse nella sua Lettera agli Efesini[14]. Egli fece notare che, ai nostri tempi, coloro che vivono in conformità con “una fede chiara basata sul Credo della Chiesa” sono considerati fondamentalisti ed estremisti, mentre il relativismo, vale a dire “il lasciarsi trascinare da una parte e dall’altra, spinti dal vento di qualsiasi dottrina, viene esaltato[15]. Parlando della radice dei gravi mali morali dei nostri tempi, concluse: “Si va costituendo una dittatura del relativisimo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie”[16].

Chiamati a trasformare il mondo in Cristo, rivolgiamoci, con San Filippo Neri, a Cristo, alla Sua verità e al Suo amore che ci vengono consegnati nel Suo Corpo Mistico, la Chiesa. Pratichiamo l’umiltà, che riconosce che solo la grazia di Dio ci salva dai nostri peccati e ci anima all’amore puro e dimentico di sé che trionfa sul peccato e sulla morte eterna. Seguiamo il consiglio che San Filippo dette a sua nipote. Doniamo i nostri cuori al Sacro Cuore di Gesù, attraverso l’apertura del Suo glorioso Costato trafitto, e sforziamoci – con l’ausilio della preghiera e della penitenza – di non abbandonare la sola casa in cui troviamo perdono, pace e fortezza. Questo non è fondamentalismo. Questo non è estremismo. Questa è la vita in Cristo, nella Sapienza di Dio. Così come Cristo santificò l’epoca di San Filippo con un’infusione abbondante dei sette doni dello Spirito Santo nel cuore di San Filippo stesso, possa Egli santificare anche la nostra epoca tramite l’infusione dello Spirito Santo nei nostri cuori.

Cristo discende ora dalla Sua residenza celeste per stabilire la Sua dimora in mezzo a noi, per rendere sacramentalmente presente il Suo Sacrificio sul Calvario, tramite il quale ci salva dal peccato e ci rafforza con gli incomparabili frutti del Sacrificio stesso: il Suo Corpo, Sangue, Anima e Divinità. Offriamo ora i nostri cuori, attraverso il Suo glorioso Costato trafitto, al Suo Sacro Cuore. Seguendo l’esempio di San Filippo Neri e con l’ausilio delle sue preghiere, troviamo nel Cuore Eucaristico di Gesù la guarigione e la forza per trasformare le nostre vite, per trasformare una cultura che vorrebbe trascinare i nostri cuori lontano da quel Santissimo Cuore.
Cuore di Gesù, fonte di vita e di santità, abbi pietà di noi.
Nostra Signora di Walsingham, prega per noi.
San Giuseppe, padre putativo di Gesù e sposo della Vergine Maria, prega per noi.
San Filippo Neri, fondatore e patrono dell’Oratorio, prega per noi.
Raymond Leo Cardinal BURKE
_______________________
NOTE
[1] Gv 15, 5.
[2] Fil 4, 7,
[3] Gv 15, 2.
[4] Fil 4, 8.
[5] Fil 4, 8.
[6] Fil 4, 9.
[7] Sap 7, 10-12.
[8] Cf. Paul Türks, Philip Neri: The Fire of Joy, trad. Daniel Utrecht (New York: Alba House, 1995), pp. 16-17, e 112. [Più avanti: Paul Türks].
[9] Paul Türks, p. 113.
[10] Cf. Paul Türks, pp. 117-120.
[11] Cf. Paul Türks, p. 114.
[12] Cf. Gv 14, 6.
[13] “Principium interius, virtus scilicet qua presbyteri vita spiritualis animetur et quasi manuducatur, quatenus is configuratur Christo Capiti et Pastori, ponendum est in caritate pastorali, id est in participatione ipsius caritatis pastoralis Christi Iesu; quae et gratuitum Spiritus Sancti donum erit, et simul munus et liberum responsale presbyteri responsum”. Ioannes Paulus PP. II, Adhortatio Apostolica Pastores dabo vobis, “de Sacerdotum formatione in aetatis nostrae rerum condicione”, 25 Martii 1992, Acta Apostolicae Sedis 84 (1992), 691-692, n. 23.
[14] “Initium Conclavis”, 18 Aprilis 2005, Acta Apostolicae Sedis 97 (2005), 687.
[15] Ibid., p. 3.
[16] Ibid., p. 3.
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Che meraviglia, dopo aver sentito Galantino che parla di unioni civili da Fazio serviva un po' di aria fresca
John

Alba ha detto...

Gentile Signora , la ringrazio per la arricchente omelìa del Cardinale Burke . Ho notato che al termine di ogni S. Messa invoca sempre la S.Famiglia e il Santo onorato in quella occasione , a cui affida la Madre Chiesa.
Non conoscevo il bellissimo augurio di S.Filippo Neri alla nipote . Intendo farlo mio e poi, dopo una bella stampa, lo donero' ad ogni Sacerdote che incontrero' con l'augurio di rimanere carcerati nel cuore di Gesu'. Grazie per questo .
Per tutti i Sacerdoti , con Suo Maria Consolata Betrone diciamo insieme : " Gesu' , Maria Vi amo ! Salvate anime !

irina ha detto...

In questi pensieri è grande l'equilibrio, l'uomo viene invitato a salire, con umiltà, verso la Sapienza di Dio, chiudendosi nel cuore di Cristo, accettandone la severa disciplina d'amore per poi essere fine restauratore della vita di tanti fratelli deturpati dal mondo.
Il Cardinale Raymond Leo Burke,in questi mesi, non si è tirato indietro,ha continuato a marciare, ad evangelizzare chiaro, semplice, sincero. In tutta la confusione intorno è un dono di Dio. Non è il solo. E' solo il fratello maggiore,anche più esposto, di molti altri. Sono grata per tutti loro.