Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

domenica 20 luglio 2014

Una donna rettore in una Università pontificia

Leggo su Vatican Insider [qui]. Non credo che tutto debba esser per forza ricondotto a Jorge Mario Bergoglio. Certamente i tempi erano maturi ed è accaduto che la prima donna donna professore stabile presso la facoltà di Teologia della Pontificia università Antonianum, l’ateneo romano dei francescani, sia anche la prima donna chiamata ad assumere l’incarico di decano, equivalente al titolo di preside, e ora, rettore di quella università pontificia della città eterna. 
La francescana Mary Melone, grande esperta di sant’Antonio da Padova, è stata nominata ai vertici dell’ateneo dalla congregazione per l’Educazione cattolica guidata dal cardinale Zenon Grocholewski per il triennio 2014-2017. 
Bella e condivisibile la dichiarazione sotto-riportata. Certo, c'è da conoscere altro, che al momento non conosco, ma quel che leggo qui mi piace. E non per solidarietà femminile. 
Invece di pubblicare lo spezzone di Vatican Insider, riprendo l'intera risposta contenuta nell'intervista de L'Osservatore Romano del 2011 [qui]

[...] Teologia al femminile: aveva senso, ha senso, avrà senso? Il tempo di «Colei che è», il saggio di Elizabeth Johnson che, per la prima volta, affrontava in modo radicale il problema del discorso su Dio in un linguaggio inclusivo, è passato? Oggi è meglio parlare di teologia tout court?
Non sono per questo tipo di etichette, teologia al femminile. E soprattutto non sono per le contrapposizioni, pur non ignorando che forse in passato c’è stato motivo per la contrapposizione. Forse anche nel presente, non lo so. Sicuramente lo spazio alle donne deve essere maggiormente garantito. Parlare di teologia al femminile non risponde proprio alla mia visione: c’è solo la teologia. La teologia come ricerca, come sguardo rivolto al mistero, come riflessione su questo mistero. Ma proprio perché tale va fatta con sensibilità diverse, questo sì. Il modo di accostarsi al mistero, il modo con cui una donna riflette su questo mistero che si dà, che si rivela, è sicuramente diverso da quello di un uomo. Ma non per contrapposizione. Io credo nella teologia, e credo che la teologia fatta da una donna sia propria di una donna. Diversa, ma senza la rivendicazione. Altrimenti mi sembra quasi di strumentalizzare la teologia, che invece è un campo che richiede l’onestà di chi si mette di fronte al mistero.
Riflettiamo sul mistero che si dà: è il mistero che si dà, non siamo noi che lo ricerchiamo. Anche se ovviamente io mi accosto nella mia realtà. Tutto questo si vede e si sente anche nel nostro ambiente accademico. Oggi, più che la contrapposizione, serve la complementarietà e la ricchezza dei diversi approcci. In questo senso forse è necessario che lo spazio sia dato. Ma non solo da parte degli uomini. Noi donne facciamo fatica a dedicarci alla teologia per tantissimi motivi. Normalmente la donna non ha uno spazio proprio (tranne le salesiane), non abbiamo università pontificie. Ci sono molti problemi che sono all’origine di questa scarsa presenza femminile. Però sarebbe davvero importante, una fonte di arricchimento, se le suore, e anche le laiche, potessero dare il loro apporto. Perché è una ricchezza. La teologia fatta dalle donne è una teologia fatta dalle donne: non si può dire che non sia caratterizzata! Però come complementarietà e ricchezza, più che come contrapposizione o rivendicazione di spazi.

A che punto è il cammino delle donne nella Chiesa? I passi avanti sono reali o è mera apparenza?
Penso che i passi siano reali. Certamente lo sguardo non può essere commisurato sui tempi che la Chiesa ha, che sono tempi che riflettono una maturazione del pensiero avvenuta in centinaia di anni. Però secondo me lo spazio nuovo c’è ed è reale. E credo anche che sia irreversibile, nel senso che non è una concessione, ma un segno dei tempi da cui non c’è ritorno. Non è un far finta. Credo che questo dipenda molto anche da noi donne. Siamo noi che dovremmo cominciare. La donna non può misurare lo spazio che ha nella Chiesa su quello dell’uomo: abbiamo un nostro spazio che non è né minore né maggiore di quello dell’uomo. È il nostro spazio. Finché penseremo che dobbiamo ottenere quello che hanno gli uomini, non funzionerà. Certo, anche se i passi fatti sono reali, ciò non significa che sia stato fatto tutto. Si può fare ancora molto, ma il cambiamento c’è, si vede, si avverte. E penso che (a prescindere dalla mia persona) l’elezione di una donna in una università pontificia sia anche un segno di questo. La seduta che mi ha eletto era tutta maschile!

Quindi non c’è stato bisogno delle quote?
No (ride) . Non delle quote, ma della collaborazione. Anche se è auspicabile che la collaborazione cresca!

51 commenti:

Anonimo ha detto...

indubbiamente ci sono elementi condivisibili. ma non condivido la mentalità sottesa a certi argomenti, come il "ruolo" o lo "spazio" nella Chiesa. Sono argomenti tipicamente di matrice modernista che manifestano una visione modernista della Chiesa non più ripartita nelle categorie di divina istituzione quali sono la parte docente e parte discente (uomini e donne insieme), ma considerata come una qualunque associazione e dove pertanto una donna può richiedere o guadagnarsi un "ruolo". Ma che ruolo diverso, o maggiore può avere una laica rispetto a un laico? Non siamo forse tutti, uomini laici e donne laiche uguali in diritti e dignità? Mah!!!

Aloisius

mic ha detto...

I termini "ruolo" e "spazio" designano azioni, situazioni e momenti di amplissimo respiro, che non vanno ad intaccare i munera essenziali e il loro esercizio.

Mi viene in mente, ad esempio che, se il munus "docendi" spetta ai pastori (strettamente connesso a quello "regendi": governo e "sanctificandi": sacrificio eucaristico e sacramenti) forse è proprio l'unico che un pastore può delegare ad un laico (e perché non ad una laica?) di sua fiducia; il che significa che ne conosca una retta e salda formazione e la fede vissuta in corrispondenza.

Certo la possibile "matrice" modernista può prevedere una sorta di "invasione di campo".
Ma i contenuti e lo stile di queste dichiarazioni non mi danno motivo di vederlo.

Anonimo ha detto...

La Chiesa è in un continuo cambiamento, a voi resta il girar di testa.

mic ha detto...

Il "girar di testa" appartiene a chi promuove e vive questa girandola di "cambiamenti" (che in realtà sono sviamenti e scostamenti dalla Rivelazione), nonché di pagliacciate invereconde.

Noi, invece, siamo ancorati si saldi fondamenti che tuttavia non impediscono di cambiare ciò che è davvero contingente e non appartiene alle "essenze".

Anonimo ha detto...

Essendo che è compito del Rettore di sopravegliare la formazione di teologi e sacerdoti futuri, mi pare che una regliosa è incapace ontologicamente e secondo le grazie per compierlo...

Quando una università pontifica perde la sua virilità fino al punto di nominare una religiosa...il fino è arrivato...

Non è infrequente che la Fede Cattolica è apertamente negata in tanti punti quando in riguardo alla antropologia cristiana si negano che i ruoli del maschio e della femina fuerono stabilti da Dio alla creazione dei nostri primi genitori...e non possano ciambiarsi mai.

Romano

Anonimo ha detto...

Le grandi donne nella storia della Chiesa non avevano ruoli ufficiali di comando o di insegnamento ma si ergevano grazie al loro carisma, alla loro fede salda, al loro misticismo che influenzavano anche gli uomini e spesso erano in grado di far loro cambiare idea. La donna che scimmiotta l'uomo non è credibile.

mic ha detto...

Romano,
Premetto che mi esprimo con una immediatezza di senso comune e questo ci può essere utile per approfondire.
Innanzitutto un Ateneo pontificio non è un seminario.
Mi chiedo se non possa appartenere anche ad una donna quella "virilità che non le è estranea quando deve mettere in campo, oltre alla sua formazione accademica, doti organizzative e capacità direttive finalizzate non ad una direzione spirituale, ma ad una adeguata formazione, appunto, accademica?
Anche se stiamo parlando di teologia e di altri ambiti che ad essa dovrebbero risultare in rapporto "ancillare".

Se sbaglio, e dove eventualmente sbaglio, correggetemi.

mic ha detto...

Anonimo 11.54

secondo lei "scimmiottavano il maschio" o esercitavano il loor ruolo con annesse prerogative e responsabilità le badesse di un tempo?

Se non ricordo male le Badesse, come i loro omologhi maschi, portavano la croce pettorale, l'anello e il pastorale. Tutti simboli episcopali, nel senso di sorveglianza e guida della comunità, che spesso nel medioevo (!?) non era ristretta alla loro comunità religiosa femminile, ma alla giurisdizione di parecchi monasteri maschili e femminili. E che addirittura agivano come "ordinari" locali nel loro territorio.
Ovviamente la "similitudine" non riguarda in alcun modo il potere che deriva dall'ordine sacro.

mic ha detto...

Non lo dico per rivendicare nulla, non mi interessa. Lo dico per approfondire, capire, ragionare...

Anacleto ha detto...

Le donne, rispetto agli uomni, hanno diverse caratteristiche della forma mentis, di cui alcuni aspetti le rendono più vulnerabili, mentre altri le fanno molto più efficienti:
- una maggior capacità di accettare scarifici;
- una superiore precisione e costanza abbinate alla pazienza;
- una grande dedizione ai compiti affidati loro.

L'esempio per tutte è dato dalla B.V.M., che nei primi anni di vita della Chiesa fu certamente guida ed ispiratrice degli Apostoli e dei discepoli di Cristo, anche se le cronache ce ne parlano poco.
Nei secoli ci furono fior di badesse, regine e madri di famiglia, che avevano un ruolo insostituibile nella guida delle persone e delle comunità loro affidate. Basti una per tutte: Santa Teresa d'Avila.
Purtroppo un certo maschilismo in tutta la società, non solo nella Chiesa, ha fatto sì che queste qualità non fossero sempre utilizzate appieno.
Nei tempi moderni uno, che seppe profittare delle qualità femminili, fu San Josemaria Escrivà, che affidò importanti compiti a sua sorella Carmen, dai membri dell'Opera familiarmente chiamata "Zia". Anche la sorella di Mons. Lefèbvre ebbe un ruolo importante nella FSSPX.

Chissà, magari saranno le donne a tirar fuori la Chiesa dalla crisi.

mulier quaedam ha detto...

"La teologia fatta dalle donne è una teologia fatta dalle donne: non si può dire che non sia caratterizzata! Però come complementarietà e ricchezza, più che come contrapposizione o rivendicazione di spazi".

Anonimo ha detto...

Mic,
Hai perfettamente ragione. Sul fatto delle badesse ci sono saggi illuminanti di regine pernoud (non certo progressista) che spiega come le badesse, talvolta, potessero avere addirittura giurisdizione su monasteri maschili, previo il fatto che nessuna religiosa, a differenza delle amazzoni sessantottine, si è mai sognata di chiedere di celebrare i sacramenti o predicare in chiesa
John

mic ha detto...

differenza delle amazzoni sessantottine

Credo che la differenza stia tutta qui.
E' in crisi il ruolo maschile; ma quello femminile è ben lontano dalla necessaria consapevolezza e coerente equilibrio. Spesso, quando questo c'è, o è faticosamente conquistato anche per dono di grazia, ne è impedito l'esercizio dal contesto femminista nelle rivendicazioni e maschilista nei modelli...
Tutti stereortipi che non appartengono a dei veri cristiani.

Anonimo ha detto...

Mic,

Al contrario, una università pontifica sorge dal seminario e ha il compito proprio di formare i sacerdoti futuri...

Anche se avrebbe il compito solo di una università...come mai possiamo dire in Cristianità, dove l'unico Maestro è l'uomo perfetto, che il Rettore di una università è donna?

La donna di se cerca sempre l'unità della communità perchè some madre ha tutti a cuori...ma l'uomo come padre ha compito di defendere la communità...poi, spetta al papà di definite i ruoli nella famiglia, di formare tutti i membri, reggere tutti...

la communità umana ha come nucleo e parte fondamentale la famiglia umana: quindi è impossibile ontologicamente che la donna regge la communità poiche se la donna non ha questo compito nella familiga, non può averlo nella totalità...questo è conseguenza logica ovvia

Quese ragione non significano niente in riguardo alla capacità personale delle persone.

Ma se l'apostolo San Paolo dice che non permette una donna di parlare in chiesa, perchè questo non è il suo compito secondo l'ordine stabilito da Dio, essendo che "chiesa" in San Paolo non significa l'edificio per il culto, ma la communità, c'è fondamento apostolico per la dottrina che le donne non possano avere il compito di reggere la società in genere...

Sarebbe altro se ci sarebbe una università pontifica per le donne, con un rettore-donne....infatti questa è forse il modo più cattolico...

Non sono stato mai d'accordo con la introduzione delle donne nelle scuole di maschi....tutti i studi dimostrono che i ragazzi e le ragazze imparono meglio quando hanno ciascuno la scuola propria...

Romano

AICI ha detto...

Non poteva dar una mano a suor Germana?;)

Anonimo ha detto...

Uomo o donna per me pari sono.Per me il sesso conta poco o niente quando si tratta di ruoli direttivi.Per il resto peggio di Galantino o del suo caudillo ,anche impegnandosi al massimo , non potrà fare.Bobo

Anonimo ha detto...

A Mosul i cristiani o si convertono o vengono fatti fuori in massa. Francesco dove sei?Bobo

Rodolfo ha detto...

Come si dovrebbe chiamare, Magnifica Rettrice?

Anonimo ha detto...


http://www.cantualeantonianum.com/2009/11/donne-alla-guida-della-chiesa.html

Latinista ha detto...

Non posso dirmi un esperto in materia, ma forse anche un parere non troppo approfondito come il mio può contribuire alla discussione.

È vero che l'uomo e la donna sono diversi non solo nel corpo, ma anche nella mente. La differenza mentale però è sicuramente meno netta di quella fisica; e siccome a dirigere l'università non ci vanno l'uomo o la donna ideali, ma quest'uomo o questa donna concreti, niente vieta che di fatto quella donna possa far come e meglio di un uomo.
Anzi dirò di più: non sono affatto sicuro che l'uomo ideale debba essere un rettore migliore della donna ideale.
Certo non vedo la donna ontologicamente meno capace di conoscenza e nemmeno di orientamento. Diciamo la verità: qui siamo tutti ospiti di una donna, che in qualche modo alimenta e orienta le nostre discussioni. Se queste discussioni ci sono utili, lo dobbiamo innanzitutto a lei. Io per parte mia credo di dovere qualcosa a queste sue doti, e non direi che siano doti prettamente maschili.

Il problema della suora rettrice - perché un problema c'è - è soprattutto, se non esclusivamente, una questione di ruolo.
Chi come me è convinto che la donna sia chiamata a sostenere l'umanità, e in particolare l'uomo, che se no spesso cadrebbe; che la donna sia resistenza dove l'uomo è forza; che la donna sia passività e passione dove l'uomo è attività e azione, e che questo sia iscritto nel loro essere donna e uomo; chi è convinto di questo non può vedere con favore alcun mescolamento dei ruoli, anche in casi in cui non sembrerebbe esserci niente di male.

Il femminismo, che ha voluto questo mescolamento, è una grave malattia della nostra società. Il nostro mondo avrebbe bisogno di ripiantare paletti, anche dove sembra inutile, e non di divellerli, neanche dove sembra innocuo.

Oggi le donne vogliono un ruolo diverso, "migliore", nella Chiesa? Permettetemi di fare un paragone.

La società romana arcaica era divisa in patriziato e plebe. Entrambi erano parti assolutamente necessarie all'insieme, come chiarì l'apologo di Menenio Agrippa; ma il compito di dirigere la società spettava al patriziato.
Una parte della plebe non era soddisfatta di essere esclusa dal governo: lottò per qualche secolo e alla fine ottenne quello che voleva. Che successe? Si formò un nuovo ceto dirigente, la nobiltà (nobilitas), che comprendeva il patriziato e parte della plebe ed era sempre aperta a nuovi ingressi (gli homines novi), ma il grosso dei plebei continuò ad essere escluso dal governo. Se si prende la società romana del II sec. a. C. si ha sostanzialmente la stessa, necessaria divisione tra patriziato e plebe del V sec. a. C., solo con nomi diversi. Questo fu possibile perché tra patrizii e plebei c'era un confine sociale, economico e forse anche di educazione che non era invalicabile e infatti poté essere oltrepassato in entrambe le direzioni - un po' come successe con nobiltà e borghesia nell'Età Moderna. La differenza tra patriziato e plebe era accidentale e contingente, non sostanziale.

Ora, se oggi le donne si lamentano del loro ruolo nella Chiesa e nel mondo, non si può, come con la plebe romana, prenderne qualcuna e farla diventare uomo: diversamente da plebe e patriziato, donna e uomo sono due categorie ontologicamente distinte, tra cui non è possibile alcuna osmosi.

Ecco perché non è bene che ci sia osmosi tra i ruoli, anche se il caso specifico può sembrare innocuo: un'eccezione, un'infrazione ne chiama un'altra, e si rivela un fattore di disordine - proprio lo stesso disordine verso cui ha spinto il femminismo e spinge oggi l'ideologia del genere, suo naturale sviluppo.

Se le donne si lamentano del loro ruolo, è perché l'hanno perso di vista. Bisognerebbe che ne riprendessero coscienza, e allora molte di loro riconoscerebbero l'inganno del femminismo e perderebbero quell'insoddisfazione che è stata loro dolosamente indotta.

Silente ha detto...

Di per sé, e salvo i rischi di strumentalizzazione, la nomina di una donna a Rettore di un'Università pontificia non mi scandalizza. Sono ben quattro le Sante dichiarate "Dottori della Chiesa": Caterina da Siena, Ildegarda di Bingen, Teresa d'Ávila e Teresa di Lisieux.
Preferisco "una" teologa fedele alla dottrina piuttosto che "un" teologo modernista. Banale, no?

R.r. ha detto...

Sarebbe interessante sapere se c' erano. " concorrenti " maschi e se la scelta e' dipesa da vera bravura, scienza e competenza, nonchéa esperienza, o se per " seguire la moda".
R.r.

Anonimo ha detto...

Silente,

Non ci sono più frati fideli alla Fede?

Ovviamente ci sono...

Quindi, il suo argomento è partiale...dobbiamo aggiungere

Per il Rettore, meglio un teologo fidele che una teologa fidele...

Ma essendo che ci sono qualche teologo fidele come frate nella Città, deduco che hanno scelto una suore per professare la loro non-credenza nella antropologia cristiana...

Già la facoltà ha preso posizioni infavore di tanti cose contro l'antropologia cristiana... quindi la donna Rettrice è un altro passo verso la rivoluzione che fanno...

Romano

pina ha detto...

Ringrazio Latinista per i suoi chiarimenti (interessante il richiamo storico al contrasto patrizi/plebei),
e concordo specie il quel punto cruciale:
Il femminismo, che ha voluto questo mescolamento, è una grave malattia della nostra società. Il nostro mondo avrebbe bisogno di ripiantare paletti, anche dove sembra inutile, e non di divellerli, neanche dove sembra innocuo.
Così pure, come segnala Mic, mi ispira una certa diffidenza quel passaggio: "...quella virilità che non le è estranea ecc...." che ci riporta alla tiritera femminista della donna che vuole emulare l'uomo in tutti i campi, per "non essere da meno", perdendo di vista l'autentico ruolo femminile, ben rappresentato dalle Badesse, e religiose e sante da voi citate.....

Inoltre vorrei segnalare che quella teologia " al femminile", espressa in quella frase (per me stravagante) riportata nell'art.:
Il tempo di «Colei che è», il saggio di Elizabeth Johnson, -così leggo- titolo del saggio, mi pare uno slogan un po' pericoloso, se riferito alla "donna" in generale (chi? una superDonna idealizzata, mitizzata?) infatti mi chiedo:
chi sarebbe questa "Colei che è" ?
non vi pare un inopportuno scimmiottamento dell'attributo divino presente in AT ("Io sono Colui che sono"?); slogan rischioso, se assimilato dagli uditori, in quanto riconduce a certe eresie circolanti da anni nel web, v. quella pseudo-veggente che sta propagandano l'idea aberrante che la Madonna sia di natura divina, di grado pari al Padre! quindi sarebbero da scartare diligentemente certe espressioni ispirate all'ideologia "paritaria" tra i sessi tanto di moda da 40 anni, da influire pure su concetti teologici basilari e loro espressioni più note al comune fedele.
Se sbaglio, correggetemi (o chiarite, con i vostri benvenuti approfondimenti, per scansare equivoci e paure).

una nonna ha detto...

Il ruolo della donna è competamente stravolto ma cosa non lo è oggi?

mic ha detto...

pina,
se mi permette il suo è un fraintendimento totale.

Così pure, come segnala Mic, mi ispira una certa diffidenza quel passaggio: "...quella virilità che non le è estranea ecc...." che ci riporta alla tiritera femminista della donna che vuole emulare l'uomo in tutti i campi


guardi che con quella frase intendevo dire che la "virilità" è quella componente chiamiamo "eroica" e intraprendente - da conquistare e governare in giusta misura con l'aiuto della grazia - che appartiene al genere "homo" (che riguarda maschio e femmina) e naturalmente designa principalmente l'uomo, ma non è completamente estranea alla donna; così come, all'uomo non sono estranee componenti più accentuate nel mondo femminile come la sensibilità e il "prendersi cura".

Inoltre vorrei segnalare che quella teologia " al femminile", espressa in quella frase (per me stravagante) riportata nell'art.:
Il tempo di «Colei che è», il saggio di Elizabeth Johnson, -così leggo- titolo del saggio, mi pare uno slogan un po' pericoloso, se riferito alla "donna" in generale (chi? una superDonna idealizzata...


Legga meglio. Quel saggio, citato dall'intervistatore, ha suscitato nella intervistata la seguente risposta:
"Non sono per questo tipo di etichette, teologia al femminile. E soprattutto non sono per le contrapposizioni, pur non ignorando che forse in passato c’è stato motivo per la contrapposizione. Forse anche nel presente, non lo so. Sicuramente lo spazio alle donne deve essere maggiormente garantito. Parlare di teologia al femminile non risponde proprio alla mia visione: c’è solo la teologia."

Secondo me equilibrata e serena. Ha esplicitamente scartato ogni aspetto "rivendicativo" e di contrapposizione. Non mi pare che il femminismo sessantottino c'entri un cavolo né con quanto ho detto io, né con quanto dice la teologa e "decano" oggetto dell'articolo.
Quindi lei di cosa sta parlando?

Per favore calma e gesso... Cerchiamo di ragionare e attenzione a non cadere nei 'proclami' che non servono a niente e a nessuno.

Quel che dice latinista, sui rischi di ciò che può apparire innocuo e alla fine risulta dannoso lo condivido, ma non credo escluda le mie riflessioni.

mic ha detto...

Sarebbe interessante sapere se c' erano. " concorrenti " maschi e se la scelta e' dipesa da vera bravura, scienza e competenza, nonchéa esperienza, o se per " seguire la moda".

Giusta osservazione.

Anonimo ha detto...

chiedo scusa per aver frainteso tutto (comunque non mi pare di aver scritto "proclami", solo epresso timori, forse eccessivi e infondati, su certo pensiero di moda); grazie dei chiarimenti.
pina

Anonimo ha detto...

Argomento spinoso che mette il coltello nella piaga, sollecitando la parte più nascosta e retriva degli uomini, che temono di perdere terreno nei confronti delle donne e le conseguenti prerogative. Ma anche le donne non scherzano nei giudizi e nei distinguo: forse temono di perdere il ruolo di perpetue sottomesse.
Imperdibili alcuni commenti.
Rodolfo scrive: "Come si dovrebbe chiamare Magnifica Rettrice?". E se anche fosse che cosa ci sarebbe di male?
Patetico Romano che parla nientemeno di “virilità” perduta: “Quando una università pontifica perde la sua virilità fino al punto di nominare una religiosa...il fino è arrivato…”.
E non contento, insiste: “Non è infrequente che la Fede Cattolica è apertamente negata in tanti punti quando in riguardo alla antropologia cristiana si negano che i ruoli del maschio e della femmina furono stabiliti da Dio alla creazione dei nostri primi genitori ... e non possano cambiarsi mai”.
Accidenti! Ignoravo ci fosse perfino una antropologia cristiana che stabilisce i ruoli. Ruoli stabiliti addirittura dal Padreterno e che quindi non possono essere scambiati mai. Sic!
Siamo messi proprio bene. Avviserò moglie e figlie, che senza saperlo hanno contravvenuto al dettato divino dei ruoli. Avrebbero dovuto limitarsi a fare le cenerentole e invece …

mic ha detto...

Argomento spinoso che mette il coltello nella piaga, sollecitando la parte più nascosta e retriva degli uomini, che temono di perdere terreno nei confronti delle donne e le conseguenti prerogative. Ma anche le donne non scherzano nei giudizi e nei distinguo: forse temono di perdere il ruolo di perpetue sottomesse.

Se gli uomini perdono terreno, le donne non guadagnano un bel niente. Non è questione di prerogative da conquistare, ma di ruolo autentico e profondo da riconoscere o conoscere meglio, da recuperare e da vivere

Imperdibili alcuni commenti.
Rodolfo scrive: "Come si dovrebbe chiamare Magnifica Rettrice?". E se anche fosse che cosa ci sarebbe di male?


Beh una battuta... ;)

Patetico Romano che parla nientemeno di “virilità” perduta: “Quando una università pontifica perde la sua virilità fino al punto di nominare una religiosa...il fino è arrivato…”.

Romano non è patetico, va in profondità e, soprattutto ai fondamenti.

Accidenti! Ignoravo ci fosse perfino una antropologia cristiana che stabilisce i ruoli. Ruoli stabiliti addirittura dal Padreterno e che quindi non possono essere scambiati mai.

Forse sono molte le cose che ignora. La superficialità e il pressappochismo non portano molto lontano, anche se rendono più adattabili alle contingenze, non sempre appartenenti al migliore dei mondi possibili...

Avviserò moglie e figlie, che senza saperlo hanno contravvenuto al dettato divino dei ruoli. Avrebbero dovuto limitarsi a fare le cenerentole e invece …

Non mi risulta che il dettato divino né dunque l'ideale cristiano cristiano sia cenerentola...

Il discorso è bello e complesso. Sono sicura che arriverà il momento della chiarezza.

Amicus ha detto...

"Anonimo ha detto: Accidenti! Ignoravo ci fosse perfino una antropologia cristiana che stabilisce i ruoli. Ruoli stabiliti addirittura dal Padreterno e che quindi non possono essere scambiati mai. Sic! Siamo messi proprio bene. Avviserò moglie e figlie, che senza saperlo hanno contravvenuto al dettato divino dei ruoli. Avrebbero dovuto limitarsi a fare le cenerentole e invece …"

Dalla prima Lettera di San Paolo Apostolo a Timoteo, c. 2, vv. 11-15:

"La donna impari in silenzio, con tutta sottomissione. Non concedo a nessuna donna di insegnare, né di dettare legge all'uomo; piuttosto se ne stia in atteggiamento tranquillo. Perché prima è stato formato Adamo e poi Eva; e non fu Adamo ad essere ingannato, ma fu la donna che, ingannata, si rese colpevole di trasgressione. Essa potrà essere salvata partorendo figli, a condizione di perseverare nella fede, nella carità e nella santificazione, con modestia."

R.r. ha detto...

Da donna che lavora in un mondo di uomini...ce ne fossero di cenerentole !!! Staremmo tutti meglio !!
R.r.
PS: saro' antiquata, ma a me non piace vedere troppe teologhe e/o filosofe, anche se consacrate, cosi come non mi piace ricevere il Santissimo da una suora.

vighi ha detto...

mi sembra che nelle università cattoliche le cose vadano tanto bene, non mi sembra che si insegni correttamente la fede, a detta di molti di voi, eppure fino ad ora sono state rette da uomini. Quindi il problema non è se il rettore sia un maschio o una donna ma cosa si insegna, i professori che si scelgono e che dovranno formare gli alunni, magari una donna con la sua sensibilità diversa può fare meglio oppure no ma mi sembra che non si possa a priori scartare questa soluzione. Poi sarà il lavoro svolto ad essere giudicato e se avrà fatto male sarà giusto sostituirla. Se il suo curriculum è meglio di tanti uomini perché dovrebbe non poter ambire a questo titolo di rettore. Non stiamo parlando di mistero sacerdotale ma di formazione, di organizzazione e strutturazione di una università e di teologia che è una materia di studio che tutti hanno il diritto di studiare e se sono bravi cercare di portare il loro contributo anche ai livelli più alti. Sono convinta che se nel mondo tutto maschile dei seminari, delle università cattoliche entrassero più donne forse si migliorerebbero tante cose, in primis si romperebbe questa esclusività maschile che tanti problemi crea. Non credo che se i futuri preti dovessero ricevere una formazione da parte di una donna sarebbero più scadenti di quelli che ora escono dai seminari ma come detto è sempre una questione di ciò che si insegna e non se chi lo insegna è maschio e femmina. Preferirei avere nei seminari o nelle università come insegnante una Santa Teresa d'Avila che un qualsiasi professore maschio mediocre. Saluti Vighi

Anonimo ha detto...

L'ideale cristiano non è cenerentola, ma a molti uomini farebbe proprio tanto piacere che le donne si limitassero a sfornare figli e a curare il focolare in modo sottomesso.
Dire che l'università pontificia ha perso la sua virilità soltanto perché è stata nominata rettore una religiosa vuol dire "andare in profondità"?
Me ne rallegro. Contenta lei, contetti tutti, allora.

Amicus ha detto...

Anonimo delle 22.09, ho appena riportato il famoso passo della prima Lettera di San Paolo a Timoteo che ti smentisce.
Ma forse pensi che L'Apostolo San Paolo non sapeva "andare in profondità". E per fortuna ora sei arrivato tu a rivelarci il tuo verbo di salvezza, à la page naturalmente, e così come conformismo rivoluzionario vuole.

mic ha detto...

La donna impari in silenzio, con tutta sottomissione. Non concedo a nessuna donna di insegnare, né di dettare legge all'uomo; piuttosto se ne stia in atteggiamento tranquillo. Perché prima è stato formato Adamo e poi Eva; e non fu Adamo ad essere ingannato, ma fu la donna che, ingannata, si rese colpevole di trasgressione.

La donna avrà anche trasgredito per prima. Ma non credo che sia l'ordine di trasgressione a stabilire il grado di colpevolezza. E non credo che Gesù, pur avendo affidato il sacerdozio agli uomini, predicasse il silenzio per le donne in questi termini... In una società patriarcale "sana" e redenta non ci sono né padri (e mariti) padroni né madri possessive o "donne che dettano legge all'uomo". Certo poi Paolo parla del reciproco comportamento dei mariti e delle mogli in termini sublimi; ma chi non ha la vocazione del matrimonio o non trova l'anima gemella, potrà anche vivere una vocazione all'insegnamento - fosse anche catechesi ad esempio - o per lo studio, senza che ci sia chi si scandalizza o lancia anatemi.

E, se la madre è la prima educatrice, cosa le vieta, nei tempi e luoghi opportuni di esserlo anche fuori delle mura domestiche?

mic ha detto...

E le educatrici o le studiose e docenti religiose, perché no anche negli atenei pontifici? Ovviamente se all'altezza della situazione e non in chiave femminista.

Ricordo ancora, in facoltà, le ironie - spesso anche grevi - nei confronti di allieve suore. Non credo che sia un aspetto corretto del "ruolo" maschile, quello della supponenza e dell'esclusione pregiudiziale.

R.r. ha detto...

Mic,
Il problema non e' che le donne, suore o no, studino teologia. Bisogna vedere, cosi come gli uomini, cosa e come la studino, e con quali idee escano fuori. S.Teresa d' Avila non si e' mai allontanata dalla teologia di allora, fondata sul tomismo. Ma di S.Terese non ne vedo molte, in giro...
Ora abbiamo avuto Rahner, Kung, Kasper...
E, magari sarò maligna, ma ho come il sentore che lei sia stata scelta perché e' donna, non perché e' un' ottima insegnante, pensatrice, organizzatrice, ecc.
Inoltre, purtroppo dopo anni a studiare, far ricerca, lavorare in mezzo agli uomini, non posso non dire che almeno il 40-60% delle colleghe avrebbero fatto meglio a dedicarsi alla casa, al marito ed ai figli. La percentuale, per gli uomini, e' senz' altro piu' bassa.
Siamo diversi e, volere o volare, certe cose le fanno meglio gli uomini. Non vorrei scandalizzare qualcuno, ma da recenti studi sembra che gli uomini siano effettivamente IN MEDIA piu' intelligenti delle donne.
R.R.

Anonimo ha detto...

Come vede, gentile dottoressa Guarini, in un certo qual senso ci si intende.
Proprio questo mi son chiesto e mi appaiono ridicoli oltre che pretestuosi certi distinguo basati su questioni prive di senso: perché no alle studiose e docenti religiose negli atenei pontifici se naturalmente all'altezza della situazione?

mic ha detto...

Ora abbiamo avuto Rahner, Kung, Kasper...
E, magari sarò maligna, ma ho come il sentore che lei sia stata scelta perché e' donna, non perché e' un' ottima insegnante, pensatrice, organizzatrice, ecc.


Quello che ha detto nell'intervista mi è piaciuto e lo trovo equilibrato.
C'è da verificare altro. Ma non avrei pregiudizi. E' probabile abbiano voluto dare un segnale di apertura o mostrarsi all'avanguardia. Ma quel po' che ho trovato in rete mi sembra deponga a suo favore.
Peccato che non scriva qui nessuno che la conosce.

Se riesco cerco di contattarla a settembre. Ho una proposta da farle... Vedremo

Latinista ha detto...

Mic, Anonimo delle 23:02,

perché no alle studiose e docenti religiose negli atenei pontifici se naturalmente all'altezza della situazione?

Non discuto sull'essere all'altezza della situazione, possibilità che non metto in dubbio. Ma vedo in agguato evoluzioni come questa:

- Fase 1. Perché solo religiose? Forse le laiche non sono all'altezza? Certo che sì, avanti anche le laiche.
- Fase 2. Le colleghe senza figli riescono a dedicarsi di più al lavoro e ovviamente fanno più carriera. Forse conviene rimandare per qualche anno i progetti di maternità.
- Fase 3. Ho trovato un posto in un'altra città. Mio marito non può lasciare il lavoro per seguirmi, ma io non posso rinunziare a questa opportunità: stringeremo i denti per qualche anno e vivremo separati (oppure: il mio fidanzato non può lasciare il lavoro ecc.: ci sposeremo quando potrò tornare).
- Fase 4. Mio marito / il mio fidanzato mi ha lasciata. In fondo è meglio così: mi potrò dedicare meglio alla mia carriera.
- Fase 5. Ho un vuoto terribile: mi manca un figlio. Devo trovare a tutti i costi qualcuno con cui farlo.
- Fase 6. Ora che il figlio ce l'ho, bisognerebbe che gli trovassi un padre - e che trovassi a me l'uomo giusto. Ma ormai ci riuscirò? E in fondo, è davvero necessario?

Queste fasi sono in parte ispirate a situazioni reali di persone che conosco direttamente, e delle altre si sente comunque parlare. È ciò che succede davvero perché ogni carriera è stata aperta alle donne, e loro hanno abbandonato in massa quella di mogli e madri, salvo ripensamenti tardivi con effetti spesso disastrosi.
Mic, Lei parla di chi non ha la vocazione al matrimonio o di chi non riesce a sposarsi; ma come non si possono escludere le laiche, così non si possono escludere le mogli o le aspiranti tali - e sarebbe un ulteriore incentivo a evitare di formarsi una famiglia.
L'unica soluzione che vedo, radicale per risolvere i problemi alla radice, è escludere le donne. Per alcune sarebbe un sacrificio, certo, ma credo che ne varrebbe la pena; e comunque non lavorare non vuol dire abbandonare studio e ricerca.

mic ha detto...

Caro Latinista,
Le varie fasi che realisticamente prende in considerazione sono già innescate dalla struttura sociale e dalla cultura dominante che l'ha resa quella che è oggi. E il rischio di essere trascinati dalla corrente è forte. Tant'è che quelle scelte e comportamenti e progettualità finalizzate alla carriera appartengono anche a donne che si dicono cristiane.
Il problema è che mancano nella formazione guide ed esempi forti che facciano prendere consapevolezza delle priorità che appartengono ai valori autentici.
Quindi forse la soluzione non è tanto quella di escludere le donne ma di creare una società a misura della famiglia con una vera tutela della maternità (e della paternità).
Ma stiamo purtroppo andando in tutt'altra direzione.

r.r. ha detto...

Concordo quasi al 100% con Latinista. Non escluderei, ma farei selezione. Una scelta veramente meritocratica e diversificata in base all'efefttiva attività (lavorare in ospedale è una cosa, in un ambulatorio un'altra, c'è chi va meglio in un ambito, chi in un altro, a parità di preparazione ed esperienza)semplificherebbe molto le cose, senza arrivare ad un divieto a tutte le donne.
Potessi tornare indietro, farei scelte professionali ben diverse (dando così retta a mia madre, che, come tutte le madri, ha sempre ragione).
R.R.

Anonimo ha detto...

Gentilissima Mic,

La risposto di anonimo contre le ragione mosse da me, mostra che c'è una disposizione sentimentale o emozionale più alta per certi uomini, specialmente le feminne, che è dominante nel sesso ma non in ogni membro...che fa il ragionamente difficile e convoluta...

Tanti sposi lamentano il fatto dopo lungi anni di matrimonio! :)

Il Signore benedica la loro pazienzia...

Ma l'argomento è troppo importante e non merita le esaggerazione di Anonimo.

Non ho detto che una donna non possa imparare e lauriarsi o insegnare...ho proposto che questo sarebbe più in armonia con l'ordine revelato (grazie al Amicus per i testimoni referiti) se fosse una università pontifica per le femmine e le suore.

Alle università pontifiche le suoure e le donne, se sono chieste diranno oggi che riceveranno voti sempre più bassi che i maschi a cagione del loro sesso, non la loro capacità.

Si evita sessimo con il mio proposito che è anche conforme alla forma cattolica tradizionale di formazione di un tempo.

Don Bosco non ha permesso mai, per esempio, che le ragazze e i ragazzi imparano insieme.

Forse l'anonimo contrario è donna e non capisce che per i maschi, si impara meglio quando non c'è ragazze in classe per distrarrgli

Un insegnante o maestra di lunga esperienza sa questo fatto molto bene...

Romano

vighi ha detto...

Latinista sicuramente sono d’accordo sulle sue fasi che purtroppo tante donne si ritrovano ad affrontare ma la sua soluzione mi sembra uguale a quella adottata dal vescovo in calabria. Là siccome nelle processioni si fanno gli inchini ai boss invece di fare piazza pulita dei personaggi loschi si sceglie la soluzione più facile e si proibiscono le processioni, lei siccome mantenere equilibrio tra carriera e famiglia è difficile sceglie di escludere le donne da tutto invece che cercare altre soluzioni come creare, come giustamente dice Mic, una società a misura della famiglia. Oltre tutto bisogna anche pensare che oggi giorno lavorare in due ( marito e moglie ) è diventato quasi una necessità per sopravvivere quindi le soluzioni sono altre e non tenere le donne a casa cosa ormai assai difficile. Poi dice che lavorare non significa abbandonare studio e ricerca , ha ragione ma le faccio una domanda. Sarebbe disposto dopo tanti sacrifici e essendo consapevole di poter dare il proprio contributo, a mettersi da parte solo perché così non crea problemi ? quanti uomini accetterebbero questo ? e perché dobbiamo farlo noi donne se riusciamo a gestire la situazione famigliare in modo accettabile ? un saluto Vighi

mic ha detto...

e perché dobbiamo farlo noi donne se riusciamo a gestire la situazione famigliare in modo accettabile ?

Cara Vighi,
te lo dico per esperienza di donna che ha lavorato e studiato con famiglia e figli.
Strada facendo ho dovuto rinunciare a molte realizzazioni sia professionali che nello studio proprio per aver privilegiato la famiglia e, nonostante questo, non posso dire che la mia famiglia non ne abbia risentito. E' difficile far quadrare il cerchio. Può sembrare di riuscirci; ma ci vuole molto equilibrio e grazia per custodire e vivere in ogni momento con pienezza ciò che è davvero prioritario.

Poi dipende dalle professioni. Ce ne sono di più totalizzanti e impegnative di altre che mal si conciliano con la famiglia. E, se questo vale per gli uomini, a maggior ragione per le donne, soprattutto se sono madri...

Latinista ha detto...

Cara mic,
se intendo bene Lei vede due soluzioni diverse e complementari: formazione più consapevole ai valori autentici e società più attenta a conciliare il lavoro femminile con maternità e famiglia.
La prima sarebbe senz'altro urgente, e la auspicavo anch'io dicendo che le donne dovrebbero riscoprire il loro proprio ruolo sociale.
La seconda invece, stando anche alla mia esperienza, mi sembra un'illusione.

Nella mia Germania ci sono sostanziosi sussidii economici per i figli: tra 500 e 2000 euri il mese per il primo anno, e poi quasi 200 il mese fino alla maggior età (a certe condizioni fino ai 25 anni), per ogni figlio.
Si possono prendere lunghissimi congedi di maternità (fino a tre anni).
Si paga un'assicurazione sanitaria obbligatoria, e chi ha una famiglia la estende automaticamente a tutti i suoi membri senza pagare un centesimo in più che se fosse da solo.
In certe regioni gli asili sono gratuiti.

D'altra parte c'è una forte pressione per il lavoro femminile, a volte con corsie preferenziali, e anche la disciplina della tutela della maternità, che già di per sé avvantaggia le donne lavoratrici, si evolve penalizzando sempre di più quelle che non lavorano.

Insomma, sembrerebbe proprio un esempio di società attenta a coniugare lavoro femminile e maternità. Risultato? Forse si fanno più figli chi in Italia - qui ho avuto diverse studentesse madri, mentre non ricordo ai miei tempi colleghe con figli - ma certo la famiglia non gode di miglior salute. E questo tra l'altro vuol dire che i figli nascono fuori da un contesto familiare. Certo: se una donna è in condizioni di mantenere da sola i figli, se lo Stato comunque se ne accolla il sostentamento (per le madri sole c'è ancora un altro sussidio), e se la gente non riconosce il valore della famiglia, come si può pretendere che le cose non vadano così?

Il mio discorso suonerà intollerabilmente maschilista, e capisco che, soprattutto per una donna, sia difficile accettare che ciò che sembra una conquista in realtà sia stato un grosso danno. Ma questo stato di cose lo dobbiamo in gran parte all'indipendenza economica delle donne, cioè, dove non si viva di sussidii statali, al lavoro femminile - mentre ad esempio col sistema della dote la donna non era priva di potere economico, ma esso era subordinato all'esistenza della famiglia. Il lavoro femminile è stato ed è un fattore di disgregazione della famiglia, probabilmente tra i maggiori, e mi risulta che sia stato riconosciuto come tale anche dai sociologi, anche se non sono in grado di dare estremi di ricerche.

Mi rendo conto che da tempo non stiamo più parlando della nostra suora rettrice; e non credo che possiamo approfondire la questione delle ricadute sociali del lavoro femminile, anche se ne varrebbe la pena. Ma ho voluto mostrare a grandi linee che cosa intendevo chiamando in causa il femminismo: la nostra suora non sarà femminista, e sarà senz'altro validissima, ma il punto è che dietro la sua elezione (quali che ne siano le ragioni) vedo lo spettro del femminismo, il principio di disgregazione delle basi della società tramite la confusione dei ruoli sociali dei sessi, che in varia misura ha ormai contagiato tutti.
Non è colpa di quell'università pontificia, ma non può farmi piacere che questa tendenza prenda piede anche dove finora non era entrata.

Latinista ha detto...

Vighi,

sarebbe disposto dopo tanti sacrifici e essendo consapevole di poter dare il proprio contributo, a mettersi da parte solo perché così non crea problemi ?

Sì, entro i limiti del mio ruolo di marito e padre; ed è ciò che fanno molti uomini, rinunziando alla carriera per esempio per non dover trapiantare la famiglia o separarsene.
Per quanto mi riguarda, mi licenzierei domani, se fosse per poter dare alla mia famiglia una maggiore stabilità di quella che ha avuto finora e farla rientrare da un esilio che pesa a tutti, anche a costo di abbandonare il mio lavoro. Eppure ho in corso ricerche forse per i prossimi dieci anni, e un progetto per cui già da qualche anno sto reclutando collaboratori e che può dare un contributo significativo al mio ambito di studii. Ma pazienza, il mondo può fare a meno di me, la mia famiglia no.

Amicus ha detto...

O povero Apostolo San Paolo, vissuto ostinatamente e perennemente nel più bieco oscurantismo preconciliare!
Vabbè, non era colpa sua se aveva studiato ai piedi di Gamaliele (At 22,3).
Oggi invece, se tornasse su questa terra, avrebbe la ventura ed il privilegio di poter studiare ai piedi di suor Mary Melone, suor Fernanda Barbiero e Cettina Militello.

Ironia a parte, sono sempre più convinto che questa crisi ecclesiale sia una punizione divina profondamente meritata.

mic ha detto...

Caro Amicus,
Non fare di ogni erba un fascio acvostando la nosyra Rettrice alle altre due teologhe.
Tuttavia devo convenire con l'analisi e le conclusioni di latinista.
Sarebbe interessante credo sviluppare ulteriormente questo tema, se riuscirò a darmene il tempo.

R.r. ha detto...

Latinista,
donna, medico, ricercatrice, qui e all'estero, concordo con te.
R.r.