Sulla puntata di presentazione di “Tonus peregrinus” della scorsa settimana [qui], lamentavamo la (a volte fin troppo) massiccia presenza di una corrente tradizionalista tutta pizzi&merletti secondo la quale il mondo liturgico-musicale preconciliare viveva un immacolato e perfetto splendore squassato poi dal post-Concilio.
A dire il vero – e, qui, anticipiamo già le conclusioni – di abusi musicali fu (e, talvolta, è) piena anche la liturgia preconciliare; quello che cambia, invece, è la posizione della Chiesa: prima “interventista” nei confronti delle trasgressioni, oggi connivente con il mare magnum di porcherie quotidiane.
A dire il vero – e, qui, anticipiamo già le conclusioni – di abusi musicali fu (e, talvolta, è) piena anche la liturgia preconciliare; quello che cambia, invece, è la posizione della Chiesa: prima “interventista” nei confronti delle trasgressioni, oggi connivente con il mare magnum di porcherie quotidiane.
In questo nostro contributo ci focalizzeremo su quelli che, sempre nella scorsa puntata, abbiamo eletto a nostri “fari”, il canto gregoriano e l’organo, per vedere come essi siano stati (piuttosto liberamente) “maneggiati” e risanati in epoche addietro.
Basso Medioevo e Novecento: morte e risurrezione del canto gregoriano
Sintetizzando al massimo, il gregoriano nasce in epoca carolingia dalla fusione dei repertori romano e gallicano per giungere al suo massimo splendore nei secoli IX e X. A seguito del Mille e con l’inizio dell’età bassomedievale, il gregoriano iniziò il suo declino per una serie di cause endogene (i cantori, dimenticando progressivamente le melodie, sentirono il bisogno di notarle, a discapito della precisione ritmica) ed esogene (la nascita di nuove forme liturgiche e della polifonia). E’ sulle seconde che, qui, ci concentreremo brevemente: la liturgia bassomedievale, infatti, dovette fare i conti con l’ingresso, all’interno della messa, di due nuove forme: le sequenze e i tropi. Entrambe le forme consistono nella farcitura dei melismi (dell’alleluia nel caso delle sequenze o del Kyrie nel caso dei tropi) con testi liberi di natura non più scritturale ma letteraria.
Ben presto, però, soprattutto la sequenza, si presentò come “modello” autonomo per le prime forme di libera composizione liturgica svincolata dalla fonte alleluiatica. Ne derivò, così, che ogni festa o memoria prestava la scusa per la creazione di nuove musiche e nuovi testi che di liturgico conservavano, talvolta, ben poco.
Questo ormai incontrollato proliferare venne, allora, stoppato drasticamente dalla promulgazione del messale di Pio V: delle centinaia e centinaia di sequenze esistenti, il rito tridentino ne fece sopravvivere solamente cinque Victimae Paschali, Veni Sancte Spiritus, Stabat Mater, Lauda Sion e Dies Irae.
Il decadimento del gregoriano iniziato dopo il Mille ebbe la stoccata finale nel Seicento con l’Editio Medicea del Graduale del 1614. In essa, tutte le melodie non corrispondenti al gusto dei “revisori” rinascimentali vennero modificate e i melismi considerati “inutili” vennero cassati. Quell’edizione, sostanzialmente identica, venne ristampata ancora nel 1870 a Ratisbona con un privilegio editoriale da parte del Vaticano. Fu a causa di questo embargo e dell’intoccabilità dell’editio ratisbonensis che i monaci di Solesmes, all’atto di “resturare” minuziosamente il repertorio gregoriano nel corso dell'Ottocento, si trovarono impossibilitati a proseguire ufficialmente, col “visto” di Roma, le proprie ricerche. Ma non si scoraggiarono. E vennero ricompensati: nel 1903 Pio X promulgò il suo motu proprio sulla musica sacra che diede nuovo vitale impulso alla ricerca e istituì una Commissione Pontificia per la redazione dei nuovi Graduali. Grazie a Papa Sarto, dunque, la restaurazione gregoriana venne riconosciuta ufficialmente come fondata e il gregoriano tornò ad avere piena legittimazione e credibilità fino a giungere alla “revisione” sessantottina. Ma quella è un’altra storia sulla quale torneremo più avanti.
Mi concede questo valzer? Sì, ma all'elevazione!
Per quanto concerne l'organo, l'evoluzione storica è inscindibilmente legata alla pratica cultuale del popolo europeo e al suo dividersi all'indomani della riforma protestante. Da un lato, una confessione religiosa come quella cattolica che si rifaceva, come abbiamo visto, al canto gregoriano e alla polifonia nelle sue molteplici e variegate declinazioni e performatività locali; dall'altro, un continuo dividersi delle confessioni religiose protestanti in un moltiplicarsi di usi e costumi musicali eterogenei a seconda delle vistose differenze tra i vari impianti teologici delle sopraddette . Appare quindi profondamente erroneo e superficiale contrapporre la musica “cattolica” a quella “scaturita dalla riforma” senza specificarne la declinazione (avventista, luterana, valdese ecc.) poiché, se la musica è “liturgica” nel senso che può (o deve) essere collocata all'interno di una liturgia, l'impianto teologico di una confessione presa in esame modella la liturgia e consequenzialmente stabilisce i caratteri della musica che ne può far parte.
Lo sviluppo della musica liturgica dovrebbe perciò ricevere l'impulso dallo sviluppo della coscienza della liturgia, e quest'ultima dovrebbe ricevere energia dall'approfondimento teologico di una confessione religiosa (nel nostro caso, la confessione cattolica). Questo, purtroppo, non avvenne in tutte le epoche storiche. Il mancato sviluppo e studio di una musica sentita davvero come “comune” all'orbe cattolico (il gregoriano, come dicevamo prima) diede origine a una osmosi musicale tra genere sacro e profano (già avvertita e condannata dal concilio di Trento) che, accanto a indiscussi benefici (la composizione di magnifiche pagine di musica sacra scritte nelle tonalità “moderne” cioè non appartenenti a una modalità gregoriana ma nate da un loro sviluppo soprattutto in ambito profano), produsse effetti deleteri.
Su questi ultimi e sulle loro cause ci vorremmo soffermare in particolar modo, perchè, se è chiara a tutti la bellezza di una messa di Beethoven o di Mozart, non è altrettanto chiaro perchè certe musiche riprovate ieri e oggi dalla Chiesa vengano giustamente eseguite in concerto e ingiustamente, oggi come ieri, eseguite durante funzioni liturgiche con gran gaudio di qualcuno....
La “riforma ceciliana”, di cui parlavamo a proposito del gregoriano, nacque come risposta a un periodo di generale decadenza della musica sacra dovuta essenzialmente a quattro motivi:
- La mancanza di un controllo serrato da parte delle autorità ecclesiastiche competenti circa il genere e lo stile delle musiche eseguite in Chiesa durante le sacre funzioni
- L'apogeo della musica e dello stile teatrale (soprattutto in Italia), reclamato a gran voce soprattutto dalle classi sociali che non potevano permettersi di frequentare il teatro ma ne amavano le musiche, con richiesta massiccia di composizioni e trascrizioni informate al medesimo stile da ascoltare gratuitamente in luoghi “pubblici” (ossia la piazza e la Chiesa) e quindi eseguite dalla banda e dall'organo (definiti quindi “l'orchestra dei poveri”)
- Lo sviluppo o la modifica consequenziale degli strumenti musicali e delle tecniche esecutive. Nel nostro caso, l'organo italiano (che aveva conosciuto uno sviluppo assai diverso rispetto, per esempio, all'organo tedesco o a quello francese) si arricchì nel tempo di numerosi registri che dovevano riprodurre gli effetti della musica teatrale o bandistica (campanelli, piatti, tamburi, rullanti ecc..) e i suoni più caratteristici e marziali (tromboni, clarinetti, flauti cinesi ecc.) per poter eseguire con sufficiente realismo le musiche che erano richieste dalla moda del momento. Si costruirono perciò organi con relativamente pochi registri adatti a sostenere l'accompagnamento e a garantire il decoro delle sacre funzioni ma con numerosi “accessori” e “registri orchestrali” perfetti per eseguire trascrizioni d'opera o composizioni di pari genere. Allo stesso modo si sviluppò la tecnica vocale (adatta a cantare arie di bravura e scene liriche ma inadatta a sostenere l'esecuzione corretta di composizioni sacre del passato o di melodie gregoriane).
- L'insussistenza di scuole di musica sacra in grado di garantire agli studenti volenterosi un impiego sicuro e alle chiese la garanzia di dipendenti (non si parla ancora di ministerialità) liturgicamente e musicalmente competenti (l'Italia, rispetto -per esempio- alla Francia e ancor di più rispetto a paesi a forte componente luterana, era in ritardo anche in questo)
Appare quindi chiaro che l'ambiente che Pio X dovette riformare era popolato da mestieranti (per la stragrande maggioranza in buona fede) e talentuosi trascinatori di popolo, e che, prima di riformare l'ambiente, era necessario riformare la mentalità corrente promuovendo negli stessi sacerdoti e seminaristi la conoscenza della musica sacra, quella stessa musica che, purificata dalle incrostazioni del tempo grazie all'opera di studiosi e di monaci, sarebbe dovuta (ri)diventare la musica “Cattolica” per eccellenza. Sicchè:
- Per ovviare al problema della mancanza di controllo furono costituite apposite commissioni che dovevano vigilare sul Motu Proprio di Pio X e sulla sua applicazione.
- In detto Motu Proprio si stabilirono dettagliatamente i caratteri della musica sacra e le norme che regolavano la presenza di quest'ultima nella liturgia.
- Soprattutto in Italia, gli organi a canne vennero “riformati” ossia modificati (non di rado con effetti artisticamente miserrimi) per poter accompagnare meglio la liturgia, eliminando i registri troppo esuberanti e introducendo registri dal suono tenue e meditativo. Vennero altresì costruiti nuovi organi beneficiando di modelli provenienti anche da scuole organarie di altri paesi.
- Vennero fondati istituti di musica sacra e venne dato grande impulso alla composizione organistica, che in Italia aveva percorso binari ben diversi rispetto alle altre scuole nazionali, e all'insegnamento dell' organo, basando il percorso di studi non solo sulla parte tecnica ma anche sulla conoscenza della liturgia cattolica, del canto gregoriano e della polifonia.
Molte cose sarebbero ancora da dire sul Motu Proprio di San Pio X (e ci riserviamo di farne una analisi dettagliata in una delle prossime puntate), ma vorremmo concludere con uno sguardo circa gli esiti di questa riforma brillante e grandiosa. Riforma accettata da molti ma (con scorno di chi sostiene il contrario) non da tutti. Riportiamo, come chicca finale, un “bozzetto dal vero” scritto da Raffaele Casimiri (1880-1943), uno dei più profondi e valenti musicologi cattolici del Novecento e famoso ai più come compositore del canto popolare “Lieta armonia”. Lo stile della sua prosa tardottocentesca oggi ci può (anzi, ci deve!) sembrare eccessivamente lezioso, ma quello che a noi interessa è il contenuto: un bozzetto dal vero che riproduce uno dei tanti casi di opposizione alle tendenze riformatrici (è datato un'anno e mezzo prima del Motu Proprio) con tacita connivenza dell'autorità ecclesiastica.
____________________________Addendum
L'organista in montagna
(Bozzetto dal vero)
I mulattieri, co' lor muli bardati, erano scesi presti presti dall'alpestre paesello, prima ancor che la notte avesse varcata la sua metà; si era però nella bella stagione, nei primi giorni di giugno, con un cielo tutto vago ed imperlato, né era da temere il tardar dell'aurora. Avean valicate foreste e burroni, tetri e paurosi per antiche leggende di maghi, di streghe, di briganti, e s'eran ben ricordati di farsi in certi luoghi de' bravi segni di croce e di biascicare un requiem aeternam ogni volta che incontravansi in una rozza croce, che, inchiodata ad un albero secolare o conficcata pel suo piè in qualche crepaccio di scoglio, ricordava loro una vittima....
Ma un pensiero più forte d'ogni altro preoccupava allora i due montanari, i quali, scudisciando spesso i loro corsieri, venian novellando gaiamente festosi.
--C'è da scommettere – facea l'uno – che il nostro Don Peppe n'andrà tutto in visibilio; sentirai tu come vorrà svociarsi a cantare il Vangelo con quella sua potenza di gorgozzule....capperi!!
--Eh, ma se io fossi Don Peppe – proseguiva l'altro – vorrei che anche il signor Organista facesse un po' meglio il suo dovere. Già: per un festone come avrà ad essere il nostro di domani, e che farà roder di rabbia e d'invidia tutti quelli giù della valle, compreso anche il signor Pievano, ci vorrebbe di far sonare a modo tutte quante le canne dell'organo. E io vorrei dirgliela una parolina all'orecchio di quel signor Organista, e vorrei fargli intendere bel bello come e qualmente chi non sa aprire e sonare tutti i registri dell'organo, non deve ardire nemmen di toccarlo. Noi l'organista lo paghiamo e vogliamo che suoni a modo nostro: altrimenti....
--Ma sicuro!Oh, che po' poi un poco di gusto anche noi l'abbiamo; e mi ricordo...oh mi ricordo che quand'era ancor piccino l'ho bene inteso sonare a modo: ah per bacco!Mi ricordo che tutti i curati erano rimasti lì a bocca aperta, ed il povero nostro Don Pietro di venerata memoria, l'antecessore...
--Eh, che vuoi che sia tanto smemorato da non...
--Bene: l'antecessore del nostro Don Peppe corse a cose finite ad abbracciarlo come si farebbe col più caro amico. Ed un celebre veterinario, che n'era venuto a caso tra noi, ne fece un sì alto sproloquio da paragonarlo ai più grandi e più valenti sonatori d'orchestra. E quando uno è sonatore d'orchestra, eh, caro il mio Girolamo...bisogna sentirlo a stare a bocca aperta!
--Sfido io!Ed ancor io mi ricordo di aver inteso...mah, una cosa non intesa più in vita mia. Ma, già si sa; era un organo venti volte più grande del nostro, con tutte quelle trombe grandi e stragrandi come i cannoni di Giulio Cesare, che mandavano fuori voci ed urli profondi e terribili quanto il tuono nell'estate; e mi ricordo...senti come è curioso, e mi ricordo che quel celebre Organista che sonava, dette con tanta forza un colpo di tamburo e di timpani e di piatti da fare sfuggire e cader di mano al celebrante l'ampolla del vino!...
--Curiosa, curiosa davvero!Ma quelli sì che sono Organisti e sanno far danzare anche i nostri organetti; ma...si capisce, ci voglion dei soldi e... poi.... e poi se quei benedetti signori di laggiù, m'intendi, non avessero dalto l'ultimo colpo di grazia al nostro povero organo, si potrebbe sentire anche qualche cosa di meglio. Già! Tutte idee nuove, tutte idee di questi moderni, tutte pazzie!Pazzie, che i nostri nonni non avrebber fatte, come, ti ricordi, come il voler fuori a tutti i costi que' bei campanelli e quel bravo tamburo ch'eran l'anima dell'organo...
--Oh!Sicuro!Eh, ci vorrebbe che Girolamo e Simone avessero un poco di comando, e allora....Ma anche questo nostro Don Peppe sembra un di quelli...e quasi quasi si fa a proteggere quei...Ma lascia fare a me che voglio metterla io una pulce nell'orecchio a questo Organista. Si dice che sia un bravo giovane che sa il conto suo e che è stato a fare i suoi studi nelle grandi città. Ma...ho i miei riveriti dubbi! Non vorrei che fosse un di quei moderni che non sanno sonar altro che miserere e mortorii...uhm?!
--Già, come quello che ci venne a sonar nenie nell'anno scorso...e che poi ci si era fatto passare per un gran sonatore..una bestia calzata e vestita! Ma sì...che vadano a chiudersi in convento e non vengano ad annoiar noi che vogliamo esser sempre allegri e contenti.
--E dici bene!Ed io credo che i nostri nonni, che ebbero speso e spaso per far l'organo, non l'abbian fatto certo per farsi addormentare in chiesa o per sentir quelle sciocche tiritere...
--Baggiani!... No, no; noi non vogliamo mortorii; le nostre feste le vogliamo fatte come si conviene; ci vuole allegria... e gente allegra...
--Dio l'aiuta!Già, si fatica tanto per preparare la nostra festa, si corre, si vola, si gronda sudore e sangue...non ci mancherebbe altro che una bestia di organista venisse a toglierci il buon umore...Ma...vedremo.
L'organista attendeva già da qualche mezz'ora, quando giunsero i mulattieri. Stava già per apparir l'aurora, una di quell'aurore limpide e serene, e non c'era tempo da perdere se non si voleva esser bersagliati dai cocenti raggi del sole.
Salirono tosto in groppa dei robusti animali, traversarono la pianura di buon trotto, si addentrarono nella valle, e su, su, fino all'alpestre cima.
Le campane del paesello sonavano a festa con uno slancio ed un brio inusitato; l'eco delle valli ripetea quell'allegro scampanio e pareva unirsi alla lor festa. Da ogni parte accorrevano, tutti vestiti a gala, lesti e rubizzi montanari, sul cui volto vedeasi dipinta l'interna gioia: quella gioia che ben si distingue da quella mondana, e che ti facea ben apprendere quanto fosse aspettata, quanto gradita quella festa.
Le accoglienze del Parroco furono oltremodo festose e cordiali: ciò che rinfrancò il nostro Organista, un po' disanimato da certe parole messegli nell'orecchio da un di quei nostri primi interlocutori. Gli si era infatti venuto a fare intendere, come nell'anno scorso tutta la popolazione aveva imprecato ad una bestia di organista che..non sapeva sonar che mortorii e nenie; che quei montagnoli vogliono stare allegri e che desidererebbero... Ma l'ardire del mulattiere non era andato più oltre: esso avea creduto di essere stato compreso e s'era rallegrato seco di aver tirato un bel colpo.
Il nostro Organista però era di tutt'altro parere. Sapeva che dovere dell'organista e dover suo era quello di pregare sonando, e d'invitar altri alla preghiera. Sapeva che quello stesso Gesù che s'immolava sotto le dorate cupole delle grandi basiliche, s'immolava sopra il più povero altare di una solitaria chiesetta, e forte nella sua fede si preparò ad una dura battaglia.
Venne l'ora dela Messa solenne. Una numerosa corona di Parroci, venuti dai paesi vicini, avean già preso posto dietro l'altare, e spiavano le mosse del giovane organista che, già salito in cantoria, sedevasi per incominciare il suo Preludio. E il Preludio calmo e sereno usciva da quelle dita, come la prece di chi trema di trovarsi alla presenza dell'Onnipotente, ma pur fiducioso spera. Si dovette però accorgere da certi visacci e certe occhiate di alcuni villani che l'aveano attorniato in cantoria, che il suo Preludio non incontrava e n'ebbe lì per lì un certo rincrescimento. Ma la coscienza di adempiere il suo dovere lo tranquillizzò, e si rassegnò a subire volentieri quel disprezzo e qull'umiliazione.
Ecco intanto che la Messa incomincia. Il nostro organista chiude il suo Preludio, e si pone in attesa, certo che quei bravi curati si sarebbero spifferati tosto un poderoso Introito. Ma.. il fatto sta che non si sente una voce, non si apre una bocca se non per zittire e mormorare. Ma che cosa succede? Che fa quel benedetto organista?Come...ma...perchè?.. Che è, che non è, si vede alla fine staccarsi dall'altare un tocco di villanzone , correr precipitoso pel mezzo della Chiesa e salir frettoloso in cantoria. Si avvicina all'organista e:
--Possibile!- dice -Non sa che i preti stanno ad attendere per incominciare il Kyrie? Da bravo! Faccia presto. Si canta la Messa degli Angeli; non la conosce?
Non è a dire se tutti i fedeli si voltassero indietro colla faccia in su verso l'organo, ed ammiccassero maliziosamente fra loro.
Dunque l'Introito non si cantava! Ed egli, il nostro organista, far la figura di un povero ignorante, mentre invece aveano a farla i cantori. Ma!...così vanno spesso le cose su questo mondo! Conviene rassegnarsi!
Il bravo giovane offrì al buon Gesù quella seconda umiliazione, ed anche lui insieme al coro pregò: Kyrie eleison. Le sue dita parvero seguire i moti dell'animo suo e l'organo ripetere dolcemente: Kyrie eleison. Passò trionfante anche l'Inno angelico, urlato a squarciagola da quei buoni cantori; venne l'ora del Graduale, ma di Graduale non si parlò neppure; venne il Credo , e...non ci fu verso! Si volle alternato coi versetti dell'organo: forse perchè quei buoni curati temevano di perdere affatto la voce. Passò inosservato l'Offertorio, passò il Sanctus senza Benedictus, e venne anche l'Agnus Dei cui non fece seguito il Communio.
Il nostro organista avea pregato fervorosamente, fatto ormai forte ed impassibile anche all'ironico sogghigno dei villani, ed impavido proseguiva col suo strumento a cantare le lodi di Dio. La Messa stava per finire, quando salisce in cantoria un grasso e rubicondo villico, che all'andatura apparve uno de' primi saponi del paese. Si avvicina tronfio e pettoruto al nostro bravo giovine e con voce e con gesto provocante:
--Signore -dice- io sono il consigliere Rapettoni, Fabbriciere di questa Chiesa, ed io la prego ad avere la bontà di cessare e di cedere il posto a questo bravo giovine (e presentò un giovanetto) figlio del dottore Sbafe, e sentirà.... sentirà come si suona!... come saprà tenerci allegri!..
Piangendo in cuor suo dell'infelice proposta, rise in apparenza, ma d'un amaro sorriso, il nostro bravo organista, e vinto un'altra volta se' stesso, si tolse garbatamente dall'organo. Il giovanetto vi s'insediò vittoriosamente, e, dato il fiato a tutte le canne dell'organo, dette lo stacco ad una devota Mazurka.
Tutti i villani, a quel devoto fracasso, si voltarono ilari verso l'organo, con i visi tutti raggianti di gioia. Anche i bravi curati parvero sollevati e guardavano col naso all'insù verso il simpatico strumento, senza poter pur rattenere qualche risolino di santa compiacenza.
Il nostro Organista tutto immerso in profonda meditazione, col capo malinconicamente tra le mani, pregava fervorosamente. Gli pareva che gli angioli di Dio avessero cessato di raccorre le preghiere dei fedeli e si fossero tutti ascosi dentro il santo Tabernacolo presso il loro Gesù, e con lor voci celestiali sciogliessero un canto in paradiso. Gli pareva che quel canto tentasse nascondere il mondano tripudio dei fedeli; che fosse all'Onnipotente come una preghiera che implorasse perdono, come una lode che molcesse il dolore del buon Gesù tanto inguiriato ed offeso nell'istessa sua casa: e che il buon Gesù accarezzasse le bionde teste de'cherubini, e lor ricordasse che il suo tempio è santo, che la sua casa si chiamerà casa di orazione: domus mea domus orationis vocabitur : e che allora i cori angelici s'inchinassero riverenti e pregassero che perdonasse loro perché non sanno quel che si fanno; e con gesti tutta bontà e confidenza invitassero il nostro Organista a perdonare anche lui, e ad unire alla loro la sua umile prece: dimitte illis: non enim sciunt quid faciunt.
Intanto il celebrante, che avea da pezza compiuta la comunione, attendeva in mezzo all'altare perchè l'organo alla fine cessasse. Ma la barbara danza infernale non accennava per nulla a finire; anzi il giovane strimpellatore, ad istigazione di quei villani che curiosi ed attoniti l'attorniavano, pareva attendere con più fervore ed alacrità al suo santo e nobile ufficio, e imperturbato e imperturbabile seguitava a far guaire orrendamente il povero strumento. Ci volle tutta la serietà dei bravi curati perché finalmente il suono cessasse e non s'avessero così a ritardare tanto le altre... ore canoniche; e cessò infatti. Un allegro mormorio accolse la fine della devota comunione, e non è a dire se il giovane eroe passasse venerato sulle bocche dei fedeli, invidiato e benedetto chi sa da quante bionde testine!
Il nostro Organista era ancora trasportato dalla sua visione, quando venne a scuoterlo il canto maestoso dell'Ite, Missa est. Gli sembrò quello un filo di speranza, un raggio di luce che venisse improvviso a rischiarar quelle tenebre, a consolare il suo povero cuore. A quel filo fiducioso s'apprese ed il suo organo ripetè grandioso e solenne in cento maniere la superba melodia. Gli parve allora che un angelo di Dio, uscito dal santo Tabernacolo corresse leggero a baciarlo in fronte e a confortarlo della benedizione del cielo; che tutto il coro degli angeli rendessero grazie all'Onnipotente e unissero le loro angeliche voci al suo povero strumento, e festosi e giubilanti corressero per le volte del tempio, poggiassero sull'umile cupola del piccolo santuario, e di lassù spandessero per l'aria il festoso lor canto: e i monti e le valli lo ripetessero dolcemente fino a confondersi in un indistinto mormorio colle ultime note dell'organo.
Il nostro Organista aveva vinto un'aspra e dura battaglia, ma aveva vinto. Anch'egli avria saputo solleticare le grossolane orecchie dei montagnoli, anch'egli avria potuto riscuotere gli applausi e le simpatie del volgo ignorante: ma conscio della sua nobile missione, del luogo santo e terribile dove egli era, preferì di subire il disprezzo e l'umiliazione prima che profanare il santuario di Dio, la casa della preghiera.
Oh! godi pure, o giovine eroe! Il buon Gesù ha accettato il tuo sacrificio e t'ha intrecciato un diore di più sulla corona che ti serba in cielo!
Pino Delsignore e Tony Dellachiesa
16 commenti:
Attenzione però a non mescolare, anzi sovrapporre due cose e due esigenze molto diverse: una è la riscoperta e la valorizzazione dell'antica musica gregoriana quale fu nell'epoca del suo apogeo (e quest'opera per forza di cose sarà sempre assai "filologica" e anche in certo grado ipotetica), l'altra è l'avere a disposizione un canto liturgico sacro - specie rispetto a quello che si è costretti a sentire oggi - ma anche accessibile a chi non sia un esperto musicologo medioevale e magari nemmeno un intenditore di musica. Le due esigenze possono naturalmente incontrarsi e darsi una mano su alcuni punti, ma forse voler trasformare tutte le Messe in accademie musicologiche sarebbe un obiettivo eccessivamente ambizioso.
Non sono un musicologo, né uno studioso di musica sacra. Purtuttavia, con la dovuta prudenza e consapevolezza della mia ignoranza, ricordo che anche la musica (e ancor di più quella sacra), come ogni forma d'arte, deve rispondere ai criteri tomistici della "claritas", "integritas" e "debita proportio".
Sono al corrente della idiosincrasia dei puristi nei confronti delle contaminazioni "mondane" rinascimentali, barocche e operistico-ottocentesche.
Certo, il "Te Deum" di Berlioz non è propriamente liturgico. Ma quanto è bello!
Quindi, cari amici musicologi, siate più tolleranti.
Preferite le contaminazioni virtuosistiche-operistiche delle messe ottocentesche o le "zum-zum-tump-tump" delle messe nelle nostre parrocchie, cantate con voci senili e mal accompagnate da organetti suonati da dilettanti?
Orsù, cari amici musicologi: esercitate il vostro ingegno e le vostre capacità polemiche nel combattere il degrado attuale, non solo quantitativamente, ma soprattutto qualitativamente ben superiore a quello, se mai c'è stato, passato.
Il degrado, o la contaminazione, di qualunque genere, vanno comunque evitati e combattuti, distinguendo ciò che è propriamente liturgico da ciò che non lo è, anche se "bello"...
Impossibile, credo tornare ad una purezza originaria, ma ciò che è appropriato e appartiene alla Santa e Divina Liturgia, va custodito e recuperato con passione e buona volontà. E probabilmente con gradualità, a partire da quanto è realisticamente possibile. Senza l'ottica del minimo sindacale; ma puntando al meglio... :)
Gentile Mic,
leggevo mi sembra alcune settime or sono di un lettrice, nonna,un po' amareggiata.
Come diceva San Giovanni Paolo II, San Luigi Maria de Mortfort e' un teologo di classe.
ripropongo:
Non si vuol dire che chi ha trovato Maria con una vera devozione sia esente da croci e sofferenze. Tutt'altro! Ne ha di più perché Maria, essendo Madre dei viventi, dà a tutti i suoi figli dei pezzi dell'Albero della vita, la croce di Gesù. Però mentre sceglie buone croci, dà loro la grazia di portarle pazientemente e perfino con gioia, di modo che le croci che dà a quelli che le appartengono sono dei canditi o croci candite più che croci amare. Oppure, anche se sentono per un po' di tempo l'amarezza del calice che bisogna necessariamente bere per essere amici di Dio, la consolazione e la gioia che questa buona Madre fa seguire alla tristezza, li animano infinitamente a portare croci ancora più pesanti e amare
Da il Segreto di Maria -San Luigi Maria Grignon de Montfort.
La salvezza viene dal cielo, ma sgorga anche dalla terra.Il Messsia Salvatore é il figlio dell'Altissimo, ma anche il frutto del grembo di una donna,la Vergina Maria.La storia della salvezza...si svolge in un dialogo tra lui e il suo popoolo.
Tutta é parola e risposta.Questa logica é presente in larghissima misura nell'evento fondammentale della salvezza, l'incarnazione del del Figlio di Dio. Giovanni Paolo II.Il Messaggio all'Angelus. 4.12.1983
Non e' il gregoriano pero'ugualmente istruttivo
http://www.kathtube.com/player.php?id=22325
http://www.kathtube.com/player.php?id=31831
Cara Mic
sono d'accordo con te, e capisco perfettamente l'acribia filologica del nostro musicologo, che mi ha anche dato modo di accrescere la mia, modestissima, cultura di musica sacra.
Tuttavia, l'incipit del nostro mi ha irritato, quando dichiara: "
lamentavamo la (a volte fin troppo) massiccia presenza di una corrente tradizionalista tutta pizzi&merletti secondo la quale il mondo liturgico-musicale preconciliare viveva un immacolato e perfetto splendore squassato poi dal post-Concilio.".
Il senso del mio post era semplicemente questo: certo, anche in passato ci sono state (forse) inopportune contaminazioni della musica liturgica con quella profana: l'avvento del polifonico ne è una dimostrazione. O il nostro musicologo rifiuta anche il "Miserere" dell'Allegri perché "contaminato"?
Ecco il senso del mio post: guardiamoci, anche nella musica sacra, da "filologismi" e da battaglie di retroguardia mentre nelle nostre parrocchie viene consumato un crimine estetico e storico, oltre che, soprattutto, liturgico.
Oh, quanto vorrei una messa "operistica" ottocentesca in cambio delle messe canzonettistiche attuali.
Per cui, vorrei semplicemente che il nostro musicologo ammettesse che la devastazione attuale è qualitativamente ben peggiore di quelle - possibili e presunte - passate. In linea, d'altronde, con la devastazione dottrinale e liturgica che ben conosciamo.
Tutto qui.
Sintetizzando al massimo, il gregoriano nasce in epoca carolingia dalla fusione dei repertori romano e gallicano per giungere al suo massimo splendore nei secoli IX e X.
Chiederei agli amici - se non va oltre i confini della loro esposizione - di approfondire anche le radici più remote che, se non ricordo male, risalgono alle preghiere in canto sinagogali.
Ricordo addirittura, nel corso dei miei studi dell'ebraico, una interessante sessione che dimostrava come i testi più antichi della Bibbia siano riconoscibili anche dalla caratteristica che li vuole destinati al canto o alla salmodia, che mi pare appartenga anche alle Beatitudini...
lamentavamo la (a volte fin troppo) massiccia presenza di una corrente tradizionalista tutta pizzi&merletti secondo la quale il mondo liturgico-musicale preconciliare viveva un immacolato e perfetto splendore squassato poi dal post-Concilio.".
A me questa frase non dà fastidio, caro Silente, perché, anche se siamo ben consapevoli - nessuno più di noi - che la Tradizione è ben altro che estetismo, ciò non toglie che ci siano delle 'sacche' un po' troppo amanti di "ricercatezze", che alla fine ci si ritorcono contro, perché i denigratori assolutizzano su queste i loro pregiudizi.
"Non è però il gregoriano ugualmente istruttivo??????"
Il lettore Garabandal non sa evidentemente quel che dice.
Ignora il fondamentale nesso tra la parola e il canto. E che parola! Il 99% del gregoriano è Bibbia. Una declamazione in canto della Parola di Dio, filtrata dalla meditazione di musicisti devoti che offrono con semplici, ma convincenti mezzi retorici l'esegesi più cattolica che ci sia della Parola affidata alla Chiesa e sottratta all'emotività soggettiva del sentimentalismo alle mode. Oggi, però, non è da tutti conoscere il latino e la profondità dell'arte neumatica. Manca l'alfabetizzazione di questa forma musicale che non potrebbe vivere autonomamente, se fosse staccata dal testo. Chi disprezza, fingendo umiltà, professa unicamente di non sapere. Forse non è colpa sua, ma del clero attuale, che non è stato adeguatamente formato, né intende formarsi scavando nel terreno di casa per riscoprire il tesoro sepolto. Perché, anche se sepolto, ignorato e dimenticato, un tesoro rimane sempre un tesoro, disponibile ad ogni esploratore di buona volontà.
Michele ecco una versione in latino.
Spero che l'ascolto l'ammorbidisca un po'.
http://www.kathtube.com/player.php?id=22186
"Recordare, Virgo Mater, in conspectu Dei, ut loquaris pro nobis bona et ut avertas indignationem suam a nobis."
@ Garabandal:
La ricerca del suo link non ha prodotto nessun risultato. D'altronde dalle sue parole non si evince dove vada a parare il suo discorso. Si rassicuri, comunque: non è questione di morbidezza o di durezza, ma solo di conoscenza dei fatti. In mancanza d'altro non resta che pregare.
Nelle epoche lontane la Chiesa ci ha sempre tenuto a vigilare sull'autenticità del canto liturgico e ad intervenire per indirizzare e per correggere in caso di abusi.
Bisogna riconoscere tuttavia che lo stile operistico fu lasciato imperversare parecchio prima che si giungesse ad un provvedimento.
Il pensiero va alla situazione attuale: malgrado i proclami contenuti nella Sacrosanctum Concilium sul gregoriano, la polifonia e l'organo dopo mezzo secolo si lasciano tranquillamente ancora imperversare le canzoncine e le strimpellature, non dovute solo all'imperizia compositiva ed esecutiva, ma fortemente volute come stile caratterizzante a cui si attribuisce una valenza positiva.
I movimenti poi si identificano nei loro precipui repertori (neocat, gen, RnS, CL) a cui non rinunceranno mai, perché sono parte integrante della loro identità.
Nel repertorio liturgico si verifica la medesima dinamica di ciò che avviene a livello dottrinale e pastorale. Dopo 50 anni non si interviene ancora, non per un semplice ritardo, perché si ritiene che vada bene così.
Marius
L'organo, prima di essere scelto come strumento privilegiato all'interno delle varie chiese europee d'impronta cristiana, ha svolto diversissime funzioni, nel mondo ellenico, bizantino, romano e medievale, tra le quali, alla nascita, quello di automa sperimentatore dell'azione delle forze naturali. Successivamente, per la sua valenza musicale, diventato molto di moda nel mondo antico, è stato usato negli stadi per competizioni musicali o accompagnamento di gare sportive o ludi gladiatori.
A Bisanzio era oggetto di meraviglia, suonato a palazzo solo dalla corte imperiale e successivamente commento delle notti bizantine nei palazzi nobiliari e nell'ippodromo.
Nel mondo romano diventa talmente di moda, da costituire una specie di pianoforte verticale ante litteram, entrando in quasi tutte le case romane che potevano permetterselo e venendo riprodotto in bassorilievi, stele, monete, mosaici, affreschi e perfino in lucerne con la sua forma.
Successivamente, ripudiato e osteggiato dai Padri della Chiesa (come la musica) per la sua fortissima valenza profana, sparisce dalla circolazione e si rifugia nei monasteri come strumento privilegiato per lo studio dell'armonia e della nascente prepolifonia. L'organo dovette ancora assolvere diversi compiti profani prima di divenire, con qualche eccesso, strumento principe della musica sacra occidentale.
anche a me dà fastidio il riferimento ai merlettari nostalgici e non capisco dove vogliono andare a parare i nostri due eruditissimi scrittori ...misteriosi ma neanche tanto, quanto alla identificabilità (perchè tanto segreto?).
Torniamo al IX secolo?
Sento odore di snobismi culturali e filologici che alla liturgia non hanno mai portato bene, dalla rifoma della settimana santa di Pio XII al messale del 1969...
Sarei felice se mi venisse chiarito a cosa di costruttivo per la attuale lotta per la lituriga posso servire articoli come questo.
Merlettaro,
Affrontare le questioni con realismo mi sembra un requisito irrinunciabile per comprendere e contribuire a promuovere soluzioni praticabili.
È evidente che né io né gli autori abbiamo da ridire sui merletti, ma sull'evidente estetismo di alcune frange di tradizionalisti. Ripeto: alcune frange...
Forse per vedere qualcosa di più costruttivo dovrà evitare di fermarsi alla prima puntata.
Cara Mic,
so già dove va a parare questo discorso, lo ho sperimentato di persona in alcuni coetus di cui ho fatto parte, che hanno rischiato di andare a gambe all'aria per atteggiamenti di alcuni musici che avevano posizioni quali quelle degli autori del post.
Non discuto sull'utilità di sapere le cose, ma sull'opportunità di sollevare questi fra i tanti problemi della musica sacra oggi.
Se così fosse, potremo verificarlo presto...
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