Antonio Socci, sull'onda di un libro interessante che sarà tra i miei prossimi acquisti, fa il panegirico della nostra lingua.
A me capita spesso, in questi ultimi tempi di vedere su RAI3 documentari stupendi che mettono in risalto non solo bellezze naturali sconosciute del nostro Paese (dalle Alpi, alle isole, alle coste, alle valli, alle colline, ai piccoli borghi incastonati tra monti e pianure) ma anche eccellenze grastronomiche, artistiche, culturali che scaturiscono dai prodotti del territorio e da un ambiente estremamente diversificati ma col denominatore comune di una bellezza struggente e di appassionate, spesso geniali, elaborazioni sia innovative che retaggio custodito di tradizioni secolari quando non millenarie. Si tratta di sacche di eccellenza e di imprenditorialità che appaiono incontaminate sia dal degrado morale e culturale che quotidianamente registriamo soffrendolo, che dalle inquietanti presenze invasive senza freni che rischiano di imbarbarire ancor più la nostra società decadente o peggio ancora di soppiantarla. Mentre tutto quello che la natura e la Provvidenza, l'ingegno dei nostri avi e la storia millenaria ci hanno consegnato potrebbe essere il nostro petrolio che, valorizzato e promosso con la dovuta cura, creerebbe posti di lavoro e ricchezza ma anche cultura e continuerebbe a forgiare una civiltà sia ad intra che ad extra. E invece le priorità sono altre... Oltre alle leggi più assurde, a rischio per una sana antropologia, ora il nostro (!?) primo ministro informa che ci sarà una missione italiana in Nigeria e intanto partono persino nostri aerei a traghettare profughi dalla Libia. Semplicemente allucinante. Non più tollerabile sotto nessun aspetto. E noi siamo qui a lamentarci impotenti e già è tanto che ce ne rendiamo conto, perché c'è chi neppure se ne accorge... E, a proposito di lingua, leggetevi qui l'ultima sulla nostra scuola. (M.G.)
A me capita spesso, in questi ultimi tempi di vedere su RAI3 documentari stupendi che mettono in risalto non solo bellezze naturali sconosciute del nostro Paese (dalle Alpi, alle isole, alle coste, alle valli, alle colline, ai piccoli borghi incastonati tra monti e pianure) ma anche eccellenze grastronomiche, artistiche, culturali che scaturiscono dai prodotti del territorio e da un ambiente estremamente diversificati ma col denominatore comune di una bellezza struggente e di appassionate, spesso geniali, elaborazioni sia innovative che retaggio custodito di tradizioni secolari quando non millenarie. Si tratta di sacche di eccellenza e di imprenditorialità che appaiono incontaminate sia dal degrado morale e culturale che quotidianamente registriamo soffrendolo, che dalle inquietanti presenze invasive senza freni che rischiano di imbarbarire ancor più la nostra società decadente o peggio ancora di soppiantarla. Mentre tutto quello che la natura e la Provvidenza, l'ingegno dei nostri avi e la storia millenaria ci hanno consegnato potrebbe essere il nostro petrolio che, valorizzato e promosso con la dovuta cura, creerebbe posti di lavoro e ricchezza ma anche cultura e continuerebbe a forgiare una civiltà sia ad intra che ad extra. E invece le priorità sono altre... Oltre alle leggi più assurde, a rischio per una sana antropologia, ora il nostro (!?) primo ministro informa che ci sarà una missione italiana in Nigeria e intanto partono persino nostri aerei a traghettare profughi dalla Libia. Semplicemente allucinante. Non più tollerabile sotto nessun aspetto. E noi siamo qui a lamentarci impotenti e già è tanto che ce ne rendiamo conto, perché c'è chi neppure se ne accorge... E, a proposito di lingua, leggetevi qui l'ultima sulla nostra scuola. (M.G.)
Abbiamo tesori immensi, in Italia, ma non solo quelli noti, come il paesaggio, il patrimonio artistico, la buona cucina, il sole, il mare i nostri centri storici: è un capitale straordinario anche la nostra splendida lingua italiana.
Purtroppo è misconosciuta e maltrattata, a cominciare dalla scuola dove non s’insegna più il suo uso corretto ed elegante (del resto se la stessa classe dirigente sbaglia i congiuntivi e la sintassi…).
Per riscoprire questo tesoro di identità – da far assaporare agli studenti – è utile leggere il libro di Annalisa Andreoni, “Ama l’italiano. Segreti e meraviglie della lingua più bella” (Piemme).
Grazie allo stile brillante e appassionato dell’autrice lo si legge tutto d’un fiato con divertito piacere e non solo per i capitoli sulla lingua dell’amore, della beffa, della parodia, del canto, della musica, delle invettive e degli insulti. Ѐ addirittura una lettura emozionante.
Che poi la nostra sia considerata all’estero la lingua “più bella” – come recita il sottotitolo – è una vera scoperta. L’autrice ha collezionato i giudizi di alcune importanti personalità della cultura nel corso dei secoli da cui si resta davvero sorpresi e commossi.
“Sono veramente innamorato di questa bellissima lingua, la più bella del mondo… per me non c’è dubbio che gli angeli nel cielo parlano italiano” fa dire Thomas Mann a un suo personaggio.
Già Goethe la definiva “la lingua amata”. Madame de Staël, ha esaltato pure i dialetti italiani e ovviamente il toscano: “È una vera gioia ascoltare i toscani… le loro espressioni, piene d’immaginazione e di eleganza, danno l’idea del piacere che si doveva provare ad Atene, quando il popolo parlava quel greco armonioso che era come una continua musica”.
Poi ha scritto: “Chi non ha mai sentito il canto italiano non sa che cosa sia la musica. Le voci in Italia hanno una morbidezza e una dolcezza che ricordano sia il profumo dei fiori che la purezza del cielo. La natura ha destinato quella musica a questo clima, l’una è come il riflesso dell’altro”.
Il poeta inglese John Keats proponeva “che l’italiano soppiantasse il francese in ogni scuola del Paese, giacché è pieno di vera poesia”. Per il poeta russo Osip Mandel’štam la nostra è “la più dadaista delle lingue romanze” e “si insedia così al primo posto in campo internazionale”.
Ma la Andreoni cita anche autori contemporanei, come Elizabeth Gilbert, autrice del romanzo “Mangia prega ama”, che scrive: “Da anni desideravo imparare l’italiano – una lingua che trovo più bella delle rose”. O la giornalista americana Dianne Hales il cui libro ha questo titolo eloquente: “La Bella Lingua. My Love Affair with Italian, the World’s Most Enchanting Language”.
Secondo la Hales c’è tanta gente che vuole studiare l’italiano perché è sentito come “bello, divertente e sexy”. Ѐ la lingua “più musicale” e “anche la lingua che meglio esprime le emozioni”. I suoi suoni – aggiunge – sono “praticamente identici a quelli che riecheggiavano negli anfiteatri e nei fori dell’antica Roma” e “trovano corrispondenze nel DNA linguistico di tutti noi. […] In Italia persino i rumori hanno una coloritura diversa”.
Non a caso Jean-Jacques Rousseau diceva: “se c’è in Europa una lingua adatta alla musica, è certamente la lingua italiana” (concordava Denis Diderot).
La Andreoni spiega da dove viene la bellezza musicale dell’italiano. Le ragioni sono: il suo sistema vocalico, la valorizzazione di tutte le sillabe anche quelle atone, la grande mobilità dell’accento delle nostre parole, la libertà sintattica della nostra lingua, il suo variopinto repertorio lessicale, le tantissime sfumature.
Ma anche l’aver ereditato “la bellezza del latino e del greco” e il suo affondare le radici in capolavori – come la “Commedia” – che sono fondamenti della civiltà e della letteratura del mondo: “La bellezza della lingua italiana non può in alcun modo andare disgiunta dalla bellezza della letteratura italiana, e ciò per un duplice motivo: perché l’italiano è nato come lingua letteraria, e tale è rimasto a lungo, e perché la letteratura italiana in sé è tra le più belle e ricche al mondo, e nei primi secoli ha prodotto capolavori”.
Peraltro – diversamente da quanto accade nelle altre lingue – noi possiamo godere facilmente di questi tesori letterari antichi perché sono scritti nella lingua che ancora parliamo. L’autrice accosta i versi d’amore di Leopardi
Che mondo mai,e quelli di Petrarca
che nova
immensità, che paradiso è quello
là dove spesso il tuo stupendo incanto
parmi innalzar!
Quante volte diss’io
allor pien di spavento:
costei per fermo nacque in paradiso.
Così carco d’oblio
il divin portamento
e ’l volto e le parole e ’l dolce riso
m’aveano, e sì diviso
da l’imagine vera,
ch’io dicea sospirando:
qui come venn’io, o quando?
Credendo esser in ciel, non là dov’era.
Sembra incredibile che i due poeti siano separati da 500 anni e che noi comprendiamo così bene pure un poeta del Trecento. Accade così perché proprio la letteratura ha custodito per secoli la nostra lingua e con essa la nostra identità. Con l’Umanesimo e il Rinascimento l’italiano diventò la lingua delle élite in Europa. Poi è diventato di fatto la lingua della Chiesa Cattolica, un’immensa realtà spirituale planetaria.
Oggi – scrive la Andreoni – “l’italiano è la quarta lingua straniera più studiata al mondo, dopo l’inglese, lo spagnolo e il cinese, e prima del francese e del tedesco. Nell’anno scolastico 2015-2016 sono stati 2.233.373 gli stranieri che si sono impegnati nello studio della nostra lingua. È un numero che gli esperti considerano imponente e che segna un aumento di 400.000 unità rispetto all’anno precedente”.
L’italiano è uno straordinario vettore di diffusione della nostra cultura e anche delle nostre imprese nel mondo. Se la nostra classe politica lo capisse….
Antonio Socci - Da “Libero”, 23 dicembre 2017
19 commenti:
"Sembra incredibile che i due poeti siano separati da 500 anni e che noi comprendiamo così bene pure un poeta del Trecento. Accade così perché proprio la letteratura ha custodito per secoli la nostra lingua e con essa la nostra identità."
Accade così perchè l'Italiano è rimasto per secoli una lingua usata da una ristretta elitè. I popoli della penisola italica avevano, e in parte ancora hanno, le loro lingue che sono state e sono sistematicamente misconosciute e boicottate.
Ricordimoci inoltre che questa quasi sacralizzazione dell'Italiano si impone in ambito cattolico a scapito dell'unica nostra lingua sacra: il latino.
Roberto
Si dà il caso che Antonio Socci mi abbia esclusa dai commenti sulla sua pagina Fb, per cui non ho potuto segnalargli la mia risonanza al suo scritto... Chissà se c'è qualcuno che può farlo per me, inserendo il link a questo articolo!
Ricordimoci inoltre che questa quasi sacralizzazione dell'Italiano si impone in ambito cattolico a scapito dell'unica nostra lingua sacra: il latino.
Siamo più precisi. Non si tratta tanto della sacralizzazione dell'italiano, quanto della sacralizzazione di tutte le lingue volgari a discapito della lingua sacra che è il latino, lingua universale da oltre un millennio, insieme al greco per la liturgia e i testi della Scrittura e patristici.
T'ha esclusa dai commenti, spara idiozie a più non posso e tu continui a pubblicarlo?
Cara Mic,
ha ragione, tuttavia il tema specifico in questo caso era la lingua italiana.
Inoltre va detto che il processo di italianizzazione ha una funzione centrale. Detto in uno slogan: più Roma (intesa come cuore della cattolicità) si italianizza e delatinizzza più locale essa diventa e questo implica un decentramento "globale".
Un felice periodo di Natale a Lei e la sua famiglia.
Roberto
"inquietanti presenze invasive senza freni che rischiano di imbarbarire ancor più la nostra società decadente o peggio ancora di soppiantarla.…"
“Soppiantarla”… Mas é precisamente este o objectivo dos actuais donos da Europa.
Peter Sutherland, sujeito irlandês, grande sacerdote da Goldman Sachs International (1995-2015) e da GATT (World Trade Organization), declarou-o explicitamente em Londres, em 21 de Junho de 2012, perante uma comissão da Câmara dos Lordes :
« The European Union, in my view, should be doing its best to undermine any sense of our homogeneity and difference from others. »
Vejam, na notícia da Wikipedia que lhe é dedicada, o parágrafo intitulado « Views on immigration » :
« Sutherland strongly advocates liberal immigration policies and unrestricted immigration into the European Union…»
E, « last but not least », « In January 2015, Sutherland took office as the President of the International Catholic Migration Commission (ICMC) ». A ICMC é a comissão que dita a política imigracionista de Bergoglio.
Com esta última nomeação « la boucle est bouclée », quer dizer : está pronto o nó da corda com a qual querem enforcar-nos a todos, Europeus…
Il problema non è tanto il Latino in Chiesa o l’Italiano “lingua di un élite”. È una falsa dicotomia. Il vero e drammatico problema è che false élites, laiche e ecclesiali, hanno rovinato l’una e l’altra lingua per una malsana ideologia di “appiattimento verso il basso”. Quindi, invece di insegnare bene il Latino e l’Italiano a quanti più scolari ed alunni possibile, educandoli insieme ed istruendoli nelle nostre bellezze, e cosi elevandoli, hanno preferito il lassismo, la volgarizzazione, “il Latino è da borghesi”, “lingua umile per gli umili” ( che è come “Chiesa povera per i poveri”), e hanno cosi tramutato pressoché tutti in un branco di pecore stupide ed ignoranti, cosi da dominarle meglio, e che parlano e ragionano solo in termini di slogan e “mantra” ricevuti dalla TV e dal cinema.
Ed i dialetti della nostra penisola, alcuni belli e nobili, altri orribili al suono e semibarbari, sono ormai parlati solo da quelle vecchine che, bene o male, il Latino in chiesa lo intendevano e l'Italiano dei “signori” lo capivano, mentre ora i loro nipoti e pronipoti hanno un lessico che non supera le 500 parole.
Per Fred,
non pubblico in ragione dell'autore (dal quale talvolta si può dissentire, com'è normale che sia, ma senza preconcetti) ma dei contenuti... Se per lui invece valgono alcuni preconcetti (tipo i punti controversi del concilio, ad esempio) non mi riguarda.
Roberto,
La Roma politica che italianizza non coincide con la Roma Cattolica che tradisce la sua lingua sacra. Non è detto poi che l'italianizzazione della lingua debba inesorabilmente coincidere con la scomparsa dei dialetti. Il problema sono le degenerazioni in atto sia nella politica che nella Chiesa.
Che poi possano esserci ragioni storiche e ideologiche per cui i protagonisti siano in sintonia, questo è un altro discorso.
L'Algeria espelle 10.000 migranti africani considerati una minaccia per la nazione...
http://breizatao.com/2017/12/26/algerie-expulsion-de-10000-migrants-africains-une-menace-selon-le-gouvernement-algerien/
"spara idiozie a più non posso"
Appena si fa un nome, ecco sbucare il giustizialista ed intollerante che condanna senza motivazioni e senza appello. Antonio Socci, quando alcuni anni fa era ancora indeciso su come giudicare il Bergoglio, e pertanto era cauto nei suoi commenti , mi escluse dalla sua pagina fb per delle mie considerazioni negative sulla persona e sull'opera del vdr, che successivamente ho potuto constatare essere state superate in peggio dal Socci stesso. Avevo alcune volte fatto riferimento all'Inferno dantesco, immaginado in quale bolgia sarebbero stati collocati i vari protagonisti della nostra storia contemopranea. Non mi sentii per nulla offeso e ho continuato a seguirlo su fb e ho sempre comprato i suoi libri, stimolanti e convincenti. Ed ogni volta che faceva osservazioni giuste e vere, ho condiviso i suoi articoli. Pertanto, al tal Fred spara sentenze, dico che mi ha offeso e che se l'avesse fatto di persona, me presente, non so come avrei reagito. Chieda scusa!
La decadenza si è avuta con l'apertura a tutti, tutti dottori ed editoria scolastica gonfiata ad uso clientelare. Cioè alunni, di ogni ordine e grado, pompati tutti con libri su libri. Libri che pian piano son diventati più scadenti e/o pretenziosi. Adesso non voglio fare quella 'del buon tempo andato', ma la faccio. La mia generazione, quella dopo la II guerra mondiale, era anch'essa aperta a tutti ma, non tutti avevano come unico sbocco lavorativo il dottorato. Questo significava che in quei cinque, poi otto, anni di scuola, bisognava gettare le basi indelebili per il contadino e per il dottore: quindi poco ma, bene. I libri, buoni, si passavano da fratello a fratello. Non esisteva la spinta all'enciclopedismo infantile. No. Tutti credevano che lo sviluppo fosse lento e costante, bruciare le singole tappe era considerato sbagliato. Ricordo benissimo che si studiò, in forma antologica l'Iliade, l'Odissea, l'Eneide, con pochi e significativi brani a memoria. I canti non direttamente letti, venivano imparati in forma di riassunto, da sapere. Alle medie. Cosa che oggi sarebbe da schiavisti assegnare. Quindi questo per esemplificare il poco ma, bene. Poi sono subentrate altre priorità. Quali non so. So che può capitare e capita che al liceo classico il Paradiso di Dante può non comparire. Neanche il titolo. So che insegnanti universitari hanno dovuto fare corsi di recupero scrittura, perchè pare che le crocette dei quiz, non giovino al saper scrivere. Il dialetto solitamente era la prima lingua che si parlava e su quella si costruiva, piccoli richiami etimologici aprivano squarci sulla storia, sulla geografia, sul modificarsi dei suoni. Ora esiste un'altra lingua, contaminata non chiaramente articolata, come ha scritto RR, che muta velocissimamente e non lascia gran traccia di sè. Gergale è la sua denominazione forse.
Questa trovata dell'inglese:a mio parere la ministra l'inglese non lo conosce. Sono costoro i ministri, el papa, come quei genitori che incapaci di donarsi ai figli li riempiono di giochi, viaggi, consumismo selvaggio.Ma poi gli insegnanti questo inglese con chi dovrebbero parlarlo? La ministra, ha nozione di quale sia la capacità di concentrazione di un adolescente nella sua propria lingua madre? Ha nozione la ministra poliglotta che spesso a fine giornata è lo stesso professore che non riesce a parlar più neanche nella sua lingua madre? Altro che Renzi, sci sci
sci (https://www.youtube.com/watch?v=B0KJZEH2jn8). Quando la ministra avrà tenuto una conferenza sull'insegnamento della lingua, in una delle lingue ugro-finniche, allora e solo allora avrà voce in capitolo su chi deve insegnare cosa. Semplicemente, torniamo al poco e bene, eviteremo dislessia, balbuzie, autismo e psicosi di tutti i tipi. Che poi non è neanche così, quelli che sono autoimmuni per difendersi si chiudono, dormono, sognano,disegnano, giocano a battaglia navale, fanno altro. Meno pretese, poco e bene. Ed infine vengano insegnati gli stessi argomenti, le stesse poesie, così da mantenere intatto lo zoccolo duro della nostra lingua madre, conosciuto da tutti gli italiani di ieri, di oggi, di domani.
Il povero Socci, al di là delle indubbie capacità letterarie, ha due chiodi fissi. Il primo, va sostenendo contro ogni ragionevolezza che Benedetto XVI è ancora Papa e che viceversa non lo è Bergoglio, non in ragione delle sue eresie ma di maneggi avvenuti in Conclave, tutti da dimostrare in quanto coperti dal segreto. Il secondo, pur denunciando la crisi presente e scagliandosi contro Bergoglio, non appena gli si mostra che la causa degli errori attuali è da ricercarsi nel Concilio perde i sentimenti e dice che è a causa di "gente come voi" se si scredita il movimento tradizionale.
Cose simili, in verità, avvenivano ordinariamente anche su questo sito, quindici anni or sono, e posso comprendere che allora vi fosse chi cercava di evitare esasperazioni ed estremismi, forse giudicandoli un po' troppo duri. Così quando scrivevo della "setta conciliare" subito giungevano commenti di puntualizzazione, prese di distanza, glosse ufficiali. Poi il tempo ed il peggiorare della situazione hanno dimostrato che, come non vi è Rivoluzione Francese senza Terrore né Comunismo senza Brigatisti, così non c'è Concilio senza Postconcilio, poiché entrambi sono in relazione strettissima, e l'uno è conseguenza necessaria dell'altro.
Questa setta, che oggi è riuscita ad oscurare la Chiesa Cattolica come la luna riesce temporaneamente ad eclissare il sole, si è organizzata lentamente ma inesorabilmente proprio grazie al Vaticano II, i cui passi equivoci e spesso erronei non sono meno gravi di quelli che alcuni oggi denunciano in Amoris laetitia.
Questo Socci non lo vuol proprio capire, almeno per ora.
Rr 'Brainless and ignorant people are easier to control' diceva La storia infinita, sulle 500 parole, mi pare eccessivo, 200, anche meno, e pollici quadri a sparare caxxate sui social, questi sono i ragazzi oggi, bravi robottini obbedienti che se gli togli il cell. si spengono.....auguri in ritardo a tutti. Anonymous.
Vi copio una poesia di Giovanni Pascoli, che molti miei coetanei avranno imparato a memoria. Possibile alle elementari? Non so. Certo questa poesia è un vaccino per l'anima, nei momenti durissimi della vita. Pur non ricordandola tutta di seguito, un verso, quello giusto, tornava a darmi forza allora:
Odi e inni
La piccozza
Da me!… Non quando m’avviai trepido
c’era una madre che nel mio zaino
ponesse due pani
per il solitario domani.
Per me non c’era bacio né lagrima,
né caro capo chino su l’omero
a lungo, né voce
pregnante, né segno di croce.
Non c’eri! E niuno vide che lacero
fuggivo gli occhi prossimi, subito,
o madre, accorato
che niuno m’avesse guardato.
Da me, da solo, solo e famelico,
per l’erta mossi rompendo ai triboli
i piedi e la mano,
piangendo, sì forse, ma piano:
piangendo quando copriva il turbine
con il suo pianto grande il mio piccolo,
e quando il mio lutto
spariva nell’ombra del Tutto.
Ascesi senza mano che valida
mi sorreggesse, né orme ch’abili
io nuovo seguissi
su l’orlo d’esanimi abissi.
Ascesi il monte senza lo strepito
delle compagne grida. Silenzio.
Ne’ cupi sconforti
non voce, che voci di morti.
Da me, da solo, solo con l’anima,
con la piccozza d’acciar ceruleo,
su lento, su anelo,
su sempre; spezzandoti, o gelo!
E salgo ancora, da me, facendomi
da me la scala, tacito, assiduo;
nel gelo che spezzo,
scavandomi il fine ed il mezzo.
Salgo; e non salgo, no, per discendere,
per udir crosci di mani, simili
a ghiaia che frangano,
io, io, che sentii la valanga;
ma per restare là dov’è ottimo
restar, sul puro limpido culmine,
o uomini; in alto,
pur umile: è il monte ch’è alto;
ma per restare solo con l’aquile,
ma per morire dove me placido
immerso nell’alga
vermiglia ritrovi chi salga:
e a me lo guidi, con baglior subito,
la mia piccozza d’acciar ceruleo,
che, al suolo a me scorsa,
riflette le stelle dell’Orsa.
La "sacralizzazione" dell'italiano ha contribuito a salvare e mantenere l'identità nazionale
Le lingue locali "misconosciute e boicottate" sono in realtà dialetti, incapaci di esprimere ciò che esprime l'italiano. Anche esteticamente, nettamente inferiori all'italiano.
L'italiano lo parlavano in pochi, nei secoli passati, per il semplice fatto che non veniva insegnato, la percentuale di analfabeti prima dell'Unità era enorme. Normale, che sapessero esprimersi solo in incomprensibili forme dialettali.
Circa la salvaguardia dell'identità nazionale mediante la letteratura e la lingua:
"Infatti fu in particolar modo contro il tentativo napoleonico [Nap. I] di parificare e denazionalizzare le provincie italiane annesse, anche per quanto riguardava la cultura e la lingua, che in Italia si levò una resistenza chiusa e potente. La letteratura prima d'allora tanto indifferente, stracca e vana, si fa subitamente passionale, attiva, politica, educatrice, morale, polemica e patriottica. Non v'è quasi poeta o scrittore che non prenda parte alla lotta per la minacciata nazionalità, che non esalti la propria patria e le sue grandi memorie, che non canti di un grandioso avvenire, e non infiammi i compatrioti a compiere gesta eroiche onde ripristinare la passata potenza magnificenza e libertà.
L'Alfieri, che già prima della rivoluzione si era emancipato dalla Francia, e "spiemontizzato", sciolto da ogni servitù, per essere un libero italiano, ora diviene un precursore straordinario incompreso, un eroe nazionale. Segue il suo esempio Ugo Foscolo, il poeta dei Sepolcri e dello Jacopo Ortis, dove il Werther goethiano diviene un patriota italiano che perisce per la vergogna della patria tradita e corrotta. Ai poeti si uniscono i critici nella difesa dell'avito patrimonio culturale, nasce un nuovo culto per Dante, il grande fiorentino considerato ora come il primo vate dell'unità e grandezza d'Italia. Persino i filologi e i grammatici si lanciano nella lotta e purificano la lingua da ogni gallicismo e, nella convinzione che ne vada dell'onore della patria, discutono con zelo e tenacia per una parola, o una sillaba, come farebbero gli statisti per una provincia..."(Otto Vossler, L'idea di nazione dal Rousseau al Ranke, 1937, tr. it. G. Federici Airoldi, Sansoni, Fi, 1949, pp. 102-103).
G.
Anche sentire e veder cantare opere pucciniane, verdiane, rossiniane, donizettiane (e persino i tre assoluti capolavori mozartiani!) ecc. in ITALIANO da tutti/e i/le cantanti (anche i/le più grandi) del mondo, e da sempre, non ha proprio prezzo...
Fred Presidente della Repubblica e Cardinale Vicario!
Scherzi a parte la sua mi pare un'obiezione più che sensata. Quando sarà di pubblico dominio il livello di censura applicata ai cattolici (e non ad altri) per il semplice rifiuto di teorie bislacche come quella dei due papi , forse si capirà che la teoria de "il nemico del mio nemico è mio amico" - già scarsa in politica - è quanto mai deleteria in campo religioso.
Il punto infatti non risiede negli elementi critici del concilio , che obbligherebbero in definitiva alla scelta di campo sedevacantista, ma appunto nella diffusione ostinata di teorie smentite più volte (persino dal papa "emerito" stesso e dai cardinali dei dubia).
Adesso siamo arrivati all'italiano , il prossimo sarà un libro di cucina?
Angheran.
mi manca la ragione logica per cui riconoscere elementi critici del concilio debba far sfociare per forza ad una scelta di campo sedevacantista. I Papi sono infallibili solo a certe specifiche condizioni.
Quanto alla difesa ostinata di sue teorie da parte di Socci, è noto che ha le sue fonti (non di corridoio) e le sue convinzioni. E' vero che anche i cardinali dei Dubia erano elettori e non hanno contestato quella votazione. Ma non sappiamo cosa sia accaduto di preciso, cosa ne abbiano potuto verificare al momento mentre vediamo quali piedi di piombo usino anche per elementi più lampanti. E forse non è neppure estraneo il giuramento prestato al momento dell'ingresso in Conclave...
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