Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

giovedì 18 aprile 2013

2001: Il Cardinal Ratzinger, l'Europa Unita e il Nuovo Ordine Mondiale

Il discorso di Joseph Ratzinger al seminario Ambrosetti di Cernobbio (2001), ripescato da un sito ratzingeriano. Molto eloquente per individuare punti nodali del suo pensiero, trasposti nel suo Pontificato. Analisi lucida della realtà. Conclusioni improntate allo spirito conciliare. Si parla del nuovo ordine mondiale che, se non basato sulla dignità dell'uomo, diviene un'utopia dell'orrore. Ma fa della dignità dell'uomo un assoluto e nelle "radici" evocate manca la Redenzione operata da Cristo, mentre si basa sulla fedeltà al Dio Creatore. (cfr. alcune chiose essenziali).


Cosa è l'Europa? Cosa può e deve essere nel quadro complessivo della situazione storica, nella quale ci troviamo all'inizio del terzo millennio cristiano? Dopo la seconda guerra mondiale la ricerca di una identità comune e di una meta comune per l'Europa è entrata in una nuova fase.

Dopo le due guerre suicide, che nella prima metà del ventesimo secolo avevano devastato l'Europa e coinvolto il mondo intero, era divenuto chiaro, che tutti gli Stati europei erano perdenti in questo terribile dramma e che si doveva fare qualunque cosa per evitare la sua ulteriore ripetizione. L'Europa era sempre stata in passato un continente di contrasti, sconvolto da molteplici conflitti. Il secolo diciannovesimo aveva poi portato con sé la formazione degli Stati nazionali, i cui interessi contrastanti avevano dato una dimensione nuova alla contrapposizione distruttiva. L'opera di unificazione europea era determinata essenzialmente da due motivazioni.

Di fronte ai nazionalismi che dividevano e di fronte alle ideologie egemoniche, che avevano radicalizzato la contrapposizione nella Seconda guerra mondiale, la comune eredità culturale, morale e religiosa dell'Europa doveva plasmare la coscienza delle sue nazioni e dischiudere come identità comune di tutti i suoi popoli la via della pace, una via comune verso il futuro. Si cercava una identità europea, che non doveva dissolvere o negare le identità nazionali, ma unirle invece a un livello di unità più alto in una unica comunità di popoli.

La storia comune doveva essere valorizzata come forza creatrice di pace. Non vi è alcun dubbio che presso i padri fondatori dell'unificazione europea l'eredità cristiana era considerata come il nucleo di questa identità storica, naturalmente non nelle forme confessionali; ciò che è comune a tutti i cristiani sembrava comunque riconoscibile al di là dei confini confessionali come forza unificante dell'agire nel mondo.

Non sembrava neppure incompatibile con i grandi ideali morali dell'illuminismo, che avevano per così dire messo in risalto la dimensione razionale della realtà cristiana e al di là di tutte le contrapposizioni storiche sembrava senz'altro compatibile con gli ideali fondamentali della storia cristiana dell'Europa. Nei singoli particolari questa intuizione generale non è mai stata ben chiarita del tutto con evidenza; in questo senso sono rimasti qui dei problemi, che esigono di essere approfonditi. Nel momento degli inizi tuttavia la convinzione della compatibilità fra le grandi componenti dell'eredità europea era più forte dei problemi, che esistevano al riguardo.

A questa dimensione storica e morale, che stava all'inizio della unificazione europea, si univa però anche una seconda motivazione. Il dominio europeo sul mondo, che si era espresso soprattutto nel sistema coloniale e nelle conseguenti connessioni economiche e politiche, con la fine della Seconda guerra mondiale era definitivamente concluso: in questo senso l'Europa come insieme aveva perduto la guerra.

Gli Stati Uniti d'America campeggiavano ora sulla scena della storia mondiale come potenza dominatrice, ma anche il Giappone sconfitto divenne una potenza economica di pari livello, e finalmente l'Unione Sovietica rappresentava con i suoi Stati satelliti un impero, sul quale soprattutto gli Stati del terzo mondo cercavano di appoggiarsi in contrapposizione all'America e all'Europa occidentale. In questa nuova situazione i singoli Stati europei non potevano più presentarsi come interlocutori di pari livello. L'unificazione dei loro interessi in una struttura europea comune era necessaria, se l'Europa voleva continuare ad avere un peso nella politica mondiale.

Gli interessi nazionali dovevano unirsi insieme in un comune interesse europeo. Accanto alla ricerca di un'identità comune derivante dalla storia e creatrice di pace, si poneva l'autoaffermazione di interessi comuni, vi era quindi la volontà di divenire una potenza economica, ciò che rappresenta il presupposto della potenza politica.

Nel corso dello sviluppo degli ultimi cinquant'anni questo secondo aspetto dell'unificazione europea è divenuto sempre più dominante, anzi, quasi esclusivamente determinante. La moneta comune europea è l'espressione più chiara di questo orientamento dell'opera di unificazione europea: l'Europa si presenta come un'unità economica e monetaria, che come tale partecipa alla formazione della storia e reclama un suo proprio spazio.

Karl Marx ha proposto la tesi secondo cui le religioni e le filosofie sarebbero solo sovrastrutture ideologiche di rapporti economici. Ciò non corrisponde totalmente alla verità, si dovrebbe piuttosto parlare di un'influenza reciproca: atteggiamenti spirituali determinano comportamenti economici, situazioni economiche influenzano poi e loro volta retroattivamente modi di vedere religiosi e morali.

Nell'edificazione della potenza economica [dell'] Europa - dopo gli inizi di orientamento più etico e religioso - era determinante in modo sempre più esclusivo l'interesse economico. Ma ora si rivela nondimeno in modo sempre più chiaro che all'edificazione di strutture e di imprese economiche si accompagnano anche decisioni culturali, che all'inizio sono presenti in modo quasi irriflesso, ma poi esigono con forza di essere chiarificate in modo esplicito. Le grandi conferenze internazionali come quelle del Cairo e di Pechino sono espressione di una tale ricerca di criteri comuni dell'agire,sono qualcosa di più che una manifestazione di problemi. Le si potrebbero definire come una sorta di concili della cultura mondiale, nel corso delle quali dovrebbero venire formulate certezze comuni ed essere elevate a norme per l'esistenza dell'umanità.

La politica della negazione o della concessione di aiuti economici è una forma di imposizione di tali norme, al riguardo delle quali ci si preoccupa soprattutto del controllo della crescita della popolazione mondiale e dell'obbligatorietà universale dei mezzi previsti per questo scopo. Le antiche norme etiche della relazione fra i sessi, come vigevano in Africa nella forma delle tradizioni tribali, nelle grandi culture asiatiche come derivate dalle regole dell'ordine cosmico e nelle religioni monoteistiche a partire dal criterio dei dieci comandamenti, vengono dissolte attraverso un sistema di norme, che da una parte si fonda sulla piena libertà sessuale, dall'altra però ha come contenuto fondamentale il "numerus clausus" della popolazione mondiale e i mezzi tecnici predisposti allo scopo. Una tendenza analoga si riscontra nelle grandi conferenze sul clima.

In entrambi i casi l'elemento che spinge a ricercare norme è il timore di fronte al carattere limitato delle riserve dell'universo. In entrambi i casi si tratta da una parte di difendere la libertà del rapporto umano con la realtà, ma dall'altra di arginare la conseguenza di una libertà illimitata. Il terzo tipo di grandi conferenze internazionali, l'incontro delle potenze economiche dominanti per la regolazione dell'economia divenuta globale è diventato il campo di battaglia ideologico dell'era postcomunista. Mentre da una parte tecnica ed economia sono intese come veicolo della libertà radicale degli uomini, la loro onnipresenza con le norme ad essa inerenti viene ora avvertita come dittatura globale e combattuta con una furia anarchica, nella quale la libertà della distruzione si presenta come un elemento essenziale della libertà umana.

Che cosa significa tutto questo per il problema dell'Europa? Significa che il progetto orientato unilateralmente alla costruzione di una potenza economica ora di fatto produce da se stesso una specie di nuovo sistema di valori, che deve essere collaudato per saggiarne la sue capacità di durata e di creare futuro. La Charta europea recentemente approvata potrebbe essere caratterizzata come un tentativo di trovare una via di mezzo fra questo nuovo canone di valori e i valori classici della tradizione europea.

Come una prima indicazione sarà certamente di aiuto. Ambiguità in punti importanti mostrano nondimeno in modo evidente la problematicità di un tale tentativo di mediazione. Una discussione di fondo sulle questioni soggiacenti non potrà essere evitata. Ciò non è possibile naturalmente nel quadro di questa relazione. Vorrei soltanto cercare di precisare un po' meglio i problemi che si tratterà di affrontare.

I padri dell'unificazione europea dopo la Seconda guerra mondiale - come abbiamo visto - erano partiti da una fondamentale compatibilità dell'eredità morale del cristianesimo e dell'eredità morale dell'illuminismo europeo. Nell'illuminismo la concezione biblica di Dio era stata mutata in una duplice direzione sotto l'influsso della ragione autonoma: il Dio creatore e sostentatore, che continuamente sostiene e guida il mondo, era divenuto colui che semplicemente aveva dato inizio all'universo. Il concetto di rivelazione era stato abbandonato.

La formula di Spinoza "Deus sive natura" potrebbe essere considerata per molti aspetti come caratteristica della visione dell'illuminismo. Ciò significa però pur sempre che si credeva ad una specie di natura divinamente plasmata e alla capacità dell'uomo di comprendere questa natura e anche di valutarla come istanza razionale. Il marxismo aveva invece introdotto una rottura radicale: l'attuale mondo è un prodotto dell'evoluzione senza una sua razionalità; il mondo ragionevole l'uomo deve solo farlo emergere dal materiale grezzo irragionevole della realtà.

Questa visione - unita alla filosofia della storia di Hegel, al dogma liberale del progresso e alla sua interpretazione socio-economica - condusse all'attesa della società senza classi, che doveva apparire nel progresso storico come prodotto finale della lotta delle classi e così divenne l'idea morale normativa ultimamente unica: è buono ciò che serve all'avvento di questa condizione di felicità, è cattivo ciò che vi si oppone.

Oggi ci troviamo in un secondo illuminismo, che non solo ha lasciato dietro di sé il "Deus sive natura", ma ha anche smascherato come irrazionale l'ideologia marxista della speranza e al suo posto ha postulato una meta razionale del futuro, che porta il titolo di nuovo ordine mondiale e ora deve divenire a sua volta la norma etica essenziale. Resta in comune con il marxismo l'idea evoluzionistica di un mondo nato da un caso irrazionale e dalle sue regole interne, che pertanto - diversamente da quanto prevedeva l'antica idea di natura - non può contenere in sé nessuna indicazione etica. Il tentativo di far derivare dalle regole del gioco dell'evoluzione anche regole del gioco per l'esistenza umana, quindi una specie di nuova etica, è in verità assai diffuso, ma poco convincente.

Crescono le voci di filosofi come Singer, Rorty, Sloterdijk, che ci dicono che l'uomo avrebbe ora il diritto e il dovere di costruire un mondo nuovo su base razionale. Il nuovo ordine mondiale, della cui necessità non si potrebbe dubitare, dovrebbe essere un ordine mondiale della razionalità. Fin qui tutti sono d'accordo. Ma cosa è razionale? Il criterio di razionalità viene assunto esclusivamente dalle esperienze della produzione tecnica su basi scientifiche. La razionalità è nella direzione della funzionalità, dell'efficacia, dell'accrescimento della qualità della vita.

Lo sfruttamento della natura, che vi è connesso, diviene sempre più un problema a motivo dei disagi ambientali che stanno divenendo drammatici. Con molta maggiore disinvoltura avanza frattanto la manipolazione dell'uomo su di se stesso. Le visioni di Huxley divengono decisamente realtà: l'essere umano non deve più essere generato irrazionalmente, ma prodotto razionalmente. Ma dell'uomo come prodotto dispone l'uomo. Gli esemplari imperfetti vanno scartati, per tendere all'uomo perfetto, sulla via della pianificazione e della produzione.

La sofferenza deve scomparire, la vita essere solo piacevole. Tali visioni radicali sono ancora isolate, per lo più in molte maniere attenuate, ma il principio di comportamento, secondo cui è lecito all'uomo fare tutto ciò che è in grado di fare, si afferma sempre di più. La possibilità come tale diviene un criterio per sé sufficiente. In un mondo pensato in modo evoluzionistico è anche di per sé evidente che non possano esistere valori assoluti, ciò che è sempre cattivo e ciò che è sempre buono, ma la ponderazione dei beni rappresenta l'unica via per il discernimento di norme morali. Ciò però allora significa che scopi più elevati, presunti risultati ad esempio per la guarigione di malattie, giustificano anche lo sfruttamento dell'uomo, se solo il bene sperato appare abbastanza grande.

Ma così nascono nuove oppressioni, e nasce una nuova classe dominante. Ultimamente, del destino degli altri uomini, decidono coloro che dispongono del potere scientifico e coloro che amministrano i mezzi. Non restare indietro nella ricerca diviene un obbligo cui non ci si può sottrarre, che decide esso stesso la sua direzione.

Quale consiglio si può dare all'Europa e al mondo in questa situazione? Come specificamente europea in questa situazione appare oggi proprio la separazione da ogni tradizione etica e il puntare solo sulla razionalità tecnica e le sue possibilità. Ma non diverrà in realtà un ordine mondiale con questi fondamenti un'utopia dell'orrore? Non ha forse bisogno l'Europa, non ha forse bisogno il mondo proprio di elementi correttivi e partire dalla sua grande tradizione e dalle grandi tradizioni etiche dell'umanità? L'intangibilità della dignità umana dovrebbe diventare il pilastro fondamentale degli ordinamenti etici, che non dovrebbe essere toccato.

Solo se l'uomo si riconosce come scopo finale [sicuramente intende nel suo rapporto con Dio, ordinato a Dio, su cui si fonda l'autentica dignità dell'uomo, ma non lo esplicita] e solo se l'uomo è sacro e intangibile per l'uomo, possiamo avere fiducia l'uno nell'altro e vivere insieme nella pace. Non esiste nessuna ponderazione di beni che giustifichi di trattare l'uomo come materiale di esperimento per fini più alti. Solo se noi vediamo qui un assoluto [assoluto è solo Dio. Si tratta dell'antropocentrismo conciliare], che si colloca al di sopra di tutte le ponderazioni di beni, noi agiamo in modo veramente etico e non per mezzo di calcoli. Intangibilità della dignità umana - ciò significa allora anche che questa dignità vale per ogni essere umano, che questa dignità vale per ciascuno che abbia un volto umano e appartenga biologicamente alla specie umana.

Criteri di funzionalità non possono qui avere alcun valore. Anche l'essere umano sofferente, disabile, non ancora nato è un essere umano. Vorrei aggiungere che a questo deve essere unito anche il rispetto per l'origine dell'uomo dalla comunione di un uomo e di una donna. L'essere umano non può divenire un prodotto. Egli non può essere prodotto, può solo essere generato. E perciò la protezione della particolare dignità della comunione fra uomo e donna, sulla quale si fonda il futuro dell'umanità, deve essere annoverata fra le costanti etiche di ogni società umana.

Ma tutto questo è possibile solo, se acquisiamo anche un senso nuovo per la dignità della sofferenza. Imparare a vivere significa anche imparare a soffrire. Perciò è richiesto anche rispetto per il sacro. La fedeltà nel Dio creatore [e in Cristo Redentore... La fedeltà al Dio creatore ce l'hanno anche gli ebrei. Come può l'uomo imparare a soffrire e dare quindi un senso alla propria sofferenza, se non nella Croce di Cristo da cui scaturisce il nostro riscatto e quindi la Salvezza, ineludibile per entrare della nuova Creazione restaurata attraverso la Risurrezione, ricondotta alla destra del Padre con l'Ascensione e costituita e continuamente vivificata a partire dalla Pentecoste?] è la più sicura garanzia della dignità dell'uomo. Non può essere imposta a nessuno, ma poiché è un grande bene per la comunità [dovremmo ricordare che, se giustamente il bene per la comunità non può essere imposto, essa non può esimersi dal portarlo all'intero genere umano, al quale la missionarietà della Chiesa dovrebbe essere costantemente rivolta.], può avanzare la pretesa del rispetto da parte dei non credenti.

È vero: la razionalità è un contrassegno essenziale della cultura europea. Con questa, da un certo punto di vista, essa ha conquistato il mondo, perché la forma di razionalità sviluppatasi innanzitutto in Europa informa oggi la vita di tutti i continenti. Ma questa razionalità può divenire devastante, se essa si separa dalle sue radici e innalza a unico criterio la possibilità tecnica di poter fare. Il legame con le due grandi fonti del sapere - la natura e la storia - è necessario. Ambedue gli ambiti non parlano semplicemente di per sé, ma da entrambi può derivare un'indicazione di cammino. Lo sfruttamento della natura, che si ribella a un utilizzo indiscriminato, ha messo in movimento nuove riflessioni circa le indicazioni di cammino, che derivano dalla natura stessa. Dominio sulla natura nel senso del racconto biblico della creazione non significa utilizzazione violenta della natura, ma la comprensione delle sue possibilità interiori ed esige così quella forma accurata di utilizzazione, nella quale l'uomo si mette al servizio della natura e la natura a servizio dell'uomo. L'origine stessa dell'uomo è un processo insieme naturale ed umano: nella relazione fra un uomo e una donna l'elemento naturale e quello spirituale si uniscono nello specificamente umano, che non si può disprezzare senza danno.

Così anche le esperienze storiche dell'uomo, che si sono riflesse nelle grandi religioni, sono fonti permanenti di conoscenza, di indicazioni per la ragione, che interessano anche colui che non può identificarsi con nessuna di queste tradizioni. Riflettere prescindendo da esse e vivere senza prenderle in considerazione, sarebbe una presunzione, che alla fine lascerebbe l'uomo disorientato e vuoto.

Con tutto questo non si è data nessuna risposta conclusiva all'interrogativo circa i fondamenti dell'Europa. Si è voluto semplicemente tracciare le linee del compito, che ci sta davanti. Lavorarci è urgente.
Joseph Ratzinger

24 commenti:

Anonimo ha detto...

Sarebbero considerazioni condivisibili se provenissero da un generico intellettuale conservatore (si pensi ad esempio ad Ernst Junger).

Provenendo da un Cardinale, appaiono invece difficilmente armonizzabili con la Tradizione. Impliciti nella relazione sembrano risuonare gli echi kantiani e personalisti di una "étrange théologie".

Coglie nel segno quando individua il male nell'idolo della tecnica. Ma la cura proposta è in realtà la causa del male medesimo: un'umana forza eticamente autosufficiente (rinvenibile nella razionalità o nelle tradizioni delle religioni storiche) che potrebbe esporre al rischio di suggestioni pelagiane.

L'atteggiamento delle società davanti a Nostro Signore non può essere che quello precisamente definito dalla lettera enciclica Quas primas.

Il discorso del Cardinale può essere accettato solo se inteso come un "meno peggio" preso atto di una situazione sociale di diffusa secolarizzazione.
Non può invece essere elevato a livello di ideale.

Anonimo ha detto...

"...Quale consiglio si può dare all'Europa e al mondo in questa situazione? Come specificamente europea in questa situazione appare oggi proprio la separazione da ogni tradizione etica e il puntare solo sulla razionalità tecnica e le sue possibilità. Ma non diverrà in realtà un ordine mondiale con questi fondamenti un'utopia dell'orrore? Non ha forse bisogno l'Europa, non ha forse bisogno il mondo proprio di elementi correttivi e partire dalla sua grande tradizione e dalle grandi tradizioni etiche dell'umanità? L'intangibilità della dignità umana dovrebbe diventare il pilastro fondamentale degli ordinamenti etici, che non dovrebbe essere toccato..."

Questa critica è seriamente e giustamente fondata.
Non si può tuttavia prescindere dal fatto che l'etica non esiste di per sé, ma scaturisce da una dottrina, che nel cristianesimo e anche Via Verità e Vita.

Pertanto, prendere come fondamento una generica etica universale fondata sulla dignità umana e non sul Signore origine e fine di tutto, credo non porti da nessuna parte.
Può far pensare che sia possibile realizzare una forma di ordine sociale; ma questo risulterà, alla fine, illusorio. Perché qualunque iniziativa umana, per quanto alta e nobile, se non è fondata su Cristo, prima o poi degenera. Anche se non lo riconoscessimo de fide, La storia ce ne ha fornito infinite prove

Anonimo ha detto...

Il discorso del Cardinale può essere accettato solo se inteso come un "meno peggio" preso atto di una situazione sociale di diffusa secolarizzazione.
Non può invece essere elevato a livello di ideale.


E' esattamente quello che intendevo col post qui su.

E non credo che noi cristiani possiamo o dobbiamo puntare al "meno peggio" o contentarci di esso: sarebbe già un arrendersi.

Mi si potrebbe obiettare che il discorso è rivolto a non-credenti. Ma, pur dando per scontato che tutti gli interlocutori lo siano, credo che, insieme all'analisi razionale e colta, un uomo di Dio debba portare l'Annuncio di ciò che solo nel Signore può essere fecondo. Poi sta agli interlocutori accoglierlo o meno. Ma nessuno di essi penso se ne meraviglierebbe, anche perché il cosiddetto "meno peggio" alla fine non dura poi molto.

Anonimo ha detto...

Intendevo accettato "scientificamente" (la Sua voleva essere una relazione scientifica) come constatazione di una situazione il cui esito più radicale potrebbe ancora non essersi del tutto appalesato. Non può invece costituire, come precisavo, un ideale cristiano.

Mi pare che concordiamo.

don Camillo ha detto...

Mic solo con le tue giuste precisazioni si rende questo discorso appena accettabile. Ma da papa sappiamo bene che quanto desiderasse, direi con tutte le sue forze un Nuovo Ordine Mondiale.

Altra pagine oscura del suo pontificato

http://www.youtube.com/watch?v=izUX0yPWt6s

viandante ha detto...

Il nuovo ordine mondiale, della cui necessità non si potrebbe dubitare, dovrebbe essere un ordine mondiale della razionalità. Fin qui tutti sono d'accordo. Ma cosa è razionale?

Invece mi sia concesso dubitare già di questo. L'unico ordine mondiale plausibile é quello sotto le insegne di Cristo. O riconosciamo Cristo, innanzi tutto nei nostri cuori, o ogni altro nostro affaccendarsi in questo senso ci riconduce al grande precedente della torre di Babele!

Non mi stupisce che il cardinal Ratzinger abbia invece un'altra idea. È il solito ottimismo che in altro ambito ha prodotto il Concilio Vaticano II! E ancora tanti non si sono risvegliati e anzi attendono con impazienza il nuovo ordine mondiale di stampo umano...

Anonimo ha detto...

"Chi non è con me è contro di me".

Ciò è quanto nega il liberalismo, e ciò è quanto si trova alla base di questa idea di un nuovo ordine puramente umano (che ormai abbiamo imparato a chiamare con il suo nome di naturalismo).

Ora, tolta la sparuta resistenza tradizionale (e, ahinoi, neppure tutta!), chiediamo a tutto il resto della Chiesa:

chi non è liberale scagli la prima pietra!

Chi la scaglierà?

Da leggere ha detto...

http://www.ilfoglio.it/soloqui/17745

Anonimo ha detto...

don Camillo, bene, diciamo tutto.
A onor del vero, il papa BXVI nella "Caritas in veritate"
(v. su tanti siti: fidesetforma, http://it.gloria.tv/?media=262841,
http://nwo-truthresearch.blogspot.com/2011/03/il-papa-chiede-una-autorita-politica.html, ecc.) Benedetto XVI promuove e auspica l'avvento di un'AUTORITA' di governo MONDIALE, promuove quindi il Nuovo Ordine Mondiale.
Però.....si ricordi che il card. Sodano, nel pre-conclave dell'ultima elezione, 12 marzo, ha detto:
"Sarà eletto un papa....al servizio dell'Ordine Mondiale", ben chiaro e consapevole di ciò che diceva, immagino.

Lei come giudica questa "esigenza" così esplicita, sbattuta in faccia a tutto il mondo, proprio urbi et orbi,
affinchè l'intera umanità considerasse questo "servizio" di nuovo conio, da parte di un pontefice di S. Romana Chiesa, una cosa "normale" ?

Anonimo ha detto...

ecco qui:

NATALE 2005
papa BXVI invoca il Nuovo Ordine Mondiale

http://www.youtube.com/watch?v=izUX0yPWt6s

Anonimo ha detto...

"...Uomo moderno, adulto eppure talora debole nel pensiero e nella volontà, lasciati prender per mano dal Bambino di Betlemme; non temere, fidati di Lui! La forza vivificante della sua luce ti incoraggia ad impegnarti nell’edificazione di un nuovo ordine mondiale, fondato su giusti rapporti etici ed economici. Il suo amore guidi i popoli e ne rischiari la comune coscienza di essere “famiglia” chiamata a costruire rapporti di fiducia e di vicendevole sostegno. L’umanità unita potrà affrontare i tanti e preoccupanti problemi del momento presente: dalla minaccia terroristica alle condizioni di umiliante povertà in cui vivono milioni di esseri umani, dalla proliferazione delle armi alle pandemie e al degrado ambientale che pone a rischio il futuro del pianeta....

Anonimo ha detto...

"...Uomo moderno, adulto eppure talora debole nel pensiero e nella volontà, lasciati prender per mano dal Bambino di Betlemme; non temere, fidati di Lui! La forza vivificante della sua luce ti incoraggia ad impegnarti nell’edificazione di un nuovo ordine mondiale, fondato su giusti rapporti etici ed economici. Il suo amore guidi i popoli e ne rischiari la comune coscienza di essere “famiglia” chiamata a costruire rapporti di fiducia e di vicendevole sostegno. L’umanità unita potrà affrontare i tanti e preoccupanti problemi del momento presente: dalla minaccia terroristica alle condizioni di umiliante povertà in cui vivono milioni di esseri umani, dalla proliferazione delle armi alle pandemie e al degrado ambientale che pone a rischio il futuro del pianeta....

http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/messages/urbi/documents/hf_ben-xvi_mes_20051225_urbi_it.html

don Camillo ha detto...

E' semplicemente un mosaico che si compone! Da quando si sono tolti i Diritti di Dio, e si sono messi i diritti dell'uomo.
In fondo che propongono questi signori che hanno in mano le redini del mondo? ordine, pace e giustizia libertà felicità su questa terra senza quei fastidiosi "dogmi" che han portato alla seconda guerra mondiale!

B16 è sempre stato un fautore del Nuovo Ordine Mondiale ne ha parlato più e più volte, esempio più eclatante il suo ultimo libro intervista! E per quanto riguarda la Chiesa ebbene ha amato i giudei e promosso la prassi Neocatecumenali (facendo finta di modificare la liturgia) i due lati della stessa medaglia che si chiama IMMANENTISMO, base e fondamento di tutto il Nuovo Ordine Mondiale.

E anche F1 che pur avendo capito che la Chiesa è diventata già dalla Breccia di PortaPia ai Patti Lateranensi e via precipitando una "ong pietosa" continua a fare lo gnorri: pur avendo più o meno chiara la situazione (almeno così sembra) della nostra civiltà e della Chiesa glissa con i forvorini, anzichè parlare chiaro per esempio sull'omograzia che trionfa in Francia e domani a casa nostra.

E' normale? no, ma è diventata la norma.

Soluzione un castigo di Dio!

Anonimo ha detto...

In questi miasmi, respiriamo un po' di ossigeno contemplando il vero ordine ... dell'universo!


"La pace del corpo dunque è l'ordinata proporzione delle parti, la pace dell'anima irragionevole è l'ordinata pacatezza delle inclinazioni, la pace dell'anima ragionevole è l'ordinato accordo del pensare e agire, la pace del corpo e dell'anima è la vita ordinata e la salute del vivente, la pace dell'uomo posto nel divenire e di Dio è l'obbedienza ordinata nella fede in dipendenza alla legge eterna, la pace degli uomini è l'ordinata concordia, la pace della casa è l'ordinata concordia del comandare e obbedire d'individui che in essa vivono insieme, la pace dello Stato è l'ordinata concordia del comandare e obbedire dei cittadini, la pace della città celeste è l'unione sommamente ordinata e concorde di essere felici di Dio e scambievolmente in Dio, la pace dell'universo è la tranquillità dell'ordine. L'ordine è l'assetto di cose eguali e diseguali che assegna a ciascuno il proprio posto." De civitate Dei, XIX, 13.

Luisa ha detto...

"....e promosso la prassi Neocatecumenali (facendo finta di modificare la liturgia)"

Ma certo!
Adesso "don camillo" accusa Benedetto di essere anche un bugiardo!
Ma come no!
E chi più ne he più ne metta, penso che il pozzo del disprezzo per Benedetto XVI al quale attinge il sacerdote che si cela dietro quel nick è senza fondo!

Anonimo ha detto...

Don Camillo,
leggo solo adesso. Mi pare che davvero hai straparlato con questa uscita.

hpoirot ha detto...

1) quali sarebbero i "grandi ideali morali dell'illuminismo" che Ratzinger decanta da sempre? 2) Puo' un papa che non ha mai parlato della necessità della confessione o dello stato di grazia, dire "Il nuovo ordine mondiale, della cui necessità non si potrebbe dubitare..." cioé che non si puo' dubitare della necessità di un nuovo NOM che satà la nuova norma etica? Mi fermo qui. Il pontificato Ratzinger non é scusabile in niente (anche liturgicamente ci sono grosse pecche).

Antonio ha detto...

I papi moderni distruggono la Chiesa e voi vi occupate di Don Camillo?

Unknown ha detto...

In che senso Don Camillo avrebbe straparlato?

Anonimo ha detto...

Asserendo che Benedetto XVI avrebbe favorito i neocatecumenali facendo finta di correggere la liturgia.
In realta' li ha incoraggiati, ma li ha anche corretti e non certo per finzione.
E' una questione grave e complessa. Se vuoi ti indico qualche link per approfondirla.

Unknown ha detto...

Se mi indicassi i link, te ne sarei grato, grazie...

Anonimo ha detto...

Parto dal link sulla vicenda recente riferita alla liturgia. Da quel documento potrai risalire ad altri link significativi.

Se scorri quel blog a partire da alcuni titoli più indicativi posti nella colonna in alto a sinistra, trovi molti altri spunti di sicuro documentato interesse.
Analogamente consultando i titoli della Sezione Analisi (e altre) del sito di riferimento.

La cosa più sconcertante - e anche rivelativa della situazione in cui siamo, nella Chiesa -, è il fatto che fin dal 2007 i nostri documenti sono stati ritenuti validi dalla CDF, che ha chiesto di farglieli avere con relazione ufficiale di chi se ne assumesse la responsabilità per aprire il fascicolo. Cosa che è avvenuta: sono stati regolarmente consegnati anche gli aggiornamenti (testimonianze e approfondimenti), sempre per il tramite di "corrieri" del Vaticano.
I nostri interlocutori sono stati i primi ad essere sorpresi (ma non hanno fiatato) quando nel 2008 è stato inopinatamente approvato lo statuto dal PCL, card. Rylko: uno dei loro sponsor più potenti (con tutte le anomalie che nelle analisi troverai indicate). Statuto che, tra l'altro, oltre a non essere rispettato nella prassi e ne abbiamo le prove, fa riferimento a testi catechetici sottoposti all'Arcano che nessuno conosce, ma di cui abbiamo originali forniti da catechisti e presbiteri "pentiti", con altre complicazioni che non sto qui a sottolineare.

Ho predisposto e fatto avere personalmente una relazione documentata al card. Levada, il quale ha sbrigativamente risposto che non riceveva i laici (figuriamoci una laica, che pure aveva indicato referenze ecclesiastiche). Ma, se fosse stato corretto, avrebbe dovuto affidare l'approfondimento ad un ecclesiastico di sua fiducia, dato che il problema rappresentato non è dei più innocui né marginali...

La delusione e lo sconcerto più cocenti, derivano dal fatto che questa vera e propria setta - che "evangelizza" e pratica un itinerario giudeo-luterano-gnostico, che non consente l'implantatio Ecclesiae ma fonda cloni delle proprie comunità che stanno fagocitando le parrocchie - ha ricevuto il 'bollino' di cattolica, mentre la Tradizione viene osteggiata e respinta...

Sono a disposizione per qualunque domanda, se riterrai approfondire. Questo intanto mi pare l'essenziale.

Unknown ha detto...

Grazie Mic, è un argomento da approfondire sicuramente.

Bloog di Boanerges ha detto...

Eccellente discussione, ben vediamo dove B16 ha approdato alla fine della sua carriera in un abdicazione, i suoi pensieri hanno spinto tutta la chiesa verso un baratro senza ritorno, oggi il suo sucessore sta terminando l'opera prima dell'ultima ora, che la chiesa virà drammaticamente. Curioso, un papa preannuncia una volontà che il sucessore dispone, ma quel che è peggio un pontefice che si dimette per poi continuare a comandare dopo il suo sucessore....come se la profezia si compisse...." la bestia che era e non è più sarà al tempo stesso l'ottavo re" ....