Finalmente autorevoli risposte precise a domande precise. Di seguito il testo nell'originale italiano della risposta di Mons. Viganò al direttore di Catholic World News, Phil Lawler, sui problemi dottrinali e pastorali sorti dal Vaticano II; qui il testo pubblicato sul suo blog, Catholic Culture.
Finalmente, ad ogni passo, il dibattito si allarga ulteriormente, mentre l'analisi va sempre più in profondità.
Finalmente emerge a chiare lettere la necessità di "un atto di umiltà che tutti noi, ad iniziare dalla Gerarchia e dal Papa, dobbiamo compiere: riconoscere l’infiltrazione del nemico in seno alla Chiesa". Potete consultare tutti i precedenti qui.
Finalmente, ad ogni passo, il dibattito si allarga ulteriormente, mentre l'analisi va sempre più in profondità.
Finalmente emerge a chiare lettere la necessità di "un atto di umiltà che tutti noi, ad iniziare dalla Gerarchia e dal Papa, dobbiamo compiere: riconoscere l’infiltrazione del nemico in seno alla Chiesa". Potete consultare tutti i precedenti qui.
Mons. Viganò sui problemi dottrinali e pastorali sorti dal Vaticano II
Egregio Dottore"La Chiesa è un’istituzione divina, e tutto in essa deve partire da Dio e a Lui tornare. Non è in gioco il prestigio di una classe dirigente, né l’immagine di un’azienda o di un partito: qui si tratta della gloria della Maestà di Dio, del non vanificare la Passione di Nostro Signore sulla Croce, delle sofferenze e dei patimenti della Sua Santissima Madre, del sangue dei Martiri, della testimonianza dei Santi, della salvezza eterna delle anime..."
Phil Lawler
Mail plawler@cwnews.com
21 Giugno 2020
Dominica infra Octavam Ss.mi Cordis Jesu
Carissimo Dottor Lawler,
ho ricevuto per il tramite del comune amico Edward Pentin la Sua email, nella quale Ella pone alcune domande relative a quanto già da me espresso sul Concilio Vaticano II. Volentieri Le rispondo, auspicando che queste riflessioni possano contribuire a risanare la Chiesa Cattolica dai gravi mali che la affliggono.
Ph. Lawler: Innanzitutto, qual è la Sua opinione sul Vaticano II? Che da allora le cose siano andate rapidamente in discesa è certamente vero; ma se l’intero Concilio è un problema, com’è potuto succedere? Come si concilia questa posizione con ciò in cui crediamo sull’inerranza del Magistero? Com’è stato possibile che tutti i Padri conciliari siano stati tratti in inganno? Anche se solo alcune parti del Concilio (ad esempio Nostra Aetate, Dignitatis Humanae) sono problematiche, dobbiamo porci le stesse domande. Molti di noi affermano da anni che lo “spirito del Vaticano II” è in errore. Vostra Eccellenza sta ora dicendo che questo falso “spirito” liberale riflette esattamente il Concilio in sé?
Che il Concilio rappresenti un problema, penso non occorra dimostrarlo: il semplice fatto che ci poniamo questa domanda sul Vaticano II e non sul Tridentino o sul Vaticano I, mi pare confermi un dato evidente e riconosciuto da tutti. In realtà, anche coloro che difendono a spada tratta quel Concilio si trovano a farlo prescindendo da tutti gli altri Concili Ecumenici, di cui neppure uno fu definito come concilio pastorale. E si noti: lo chiamano il Concilio per antonomasia, quasi fosse l’unico e il solo di tutta la storia della Chiesa, o quantomeno considerandolo un unicum sia per la formulazione della sua dottrina, sia per l’autorità del suo magistero. Un’assise che, a differenza di quelle che l’hanno preceduta, si definisce appunto pastorale e dichiara di non voler proporre alcuna nuova dottrina, ma che di fatto crea un discrimine tra prima e dopo, tra Concilio dogmatico e Concilio pastorale, tra canoni inequivocabili e vaniloqui, tra anathema sit e ammiccamenti col mondo.
In questo senso, credo che il problema dell’infallibilità del Magistero – (l’inerranza da Lei menzionata riguarda propriamente la Sacra Scrittura) – non si ponga nemmeno, perché il Legislatore, ossia il Romano Pontefice attorno al quale è convocato il Concilio, ha solennemente e chiaramente affermato di non voler usare dell’autorità dottrinale che pure, volendo, avrebbe potuto esercitare. Vorrei fare osservare che nulla è più pastorale di quanto è proposto come dogmatico, poiché l’esercizio del munus docendi nella sua forma più alta coincide con l’ordine che il Signore diede a Pietro di pascere le Sue pecore e i Suoi agnelli. Eppure questa opposizione tra dogmatico e pastorale è stata fatta propria da chi, nel discorso di apertura del Concilio, ha voluto dare un’accezione severa al dogma e un significato più morbido, più conciliante alla pastorale. Ritroviamo la stessa impostazione anche negli interventi di Bergoglio, laddove egli identifica nella pastoralità una versione soft del rigido insegnamento cattolico in materia di Fede e di Morale, in nome del discernimento. Duole riconoscere che il ricorso ad un lessico equivoco, o a termini cattolici intesi però in senso improprio, è invalso nella Chiesa a partire dal Vaticano II, che del circiterismo – vale a dire l’equivocità, la voluta imprecisione del linguaggio – è il primo e più emblematico esempio. Questo avvenne perché l’Aggiornamento, termine anch’esso equivoco e ideologicamente perseguito dal Concilio come un assoluto, aveva posto come priorità su tutte il dialogo con il mondo.
Vi è un altro equivoco che deve esser chiarito. Se da un lato Giovanni XXIII e Paolo VI dichiararono di non voler impegnare il Concilio nella definizione di nuove dottrine e vollero che esso si limitasse ad essere solamente pastorale, dall’altro è pur vero che esteriormente – mediaticamente, si direbbe oggi – l’enfasi data ai suoi atti fu enorme. Essa servì a veicolare l’idea di una presunta autorità dottrinale, di una implicita infallibilità magisteriale che pure erano state chiaramente escluse sin dall’inizio. Se questo avvenne, fu per consentire che le sue istanze più o meno eterodosse venissero percepite come autorevoli e quindi accolte dal clero e dai fedeli. Ma basterebbe questo per screditare gli autori di un simile inganno, che ancora oggi insorgono se si tocca Nostra Aetate, mentre tacciono dinanzi a chi nega la divinità di Nostro Signore o la perpetua verginità di Maria Santissima. Ricordiamoci che il Cattolico non adora un Concilio, né il Vaticano II né il Tridentino, ma la Santissima Trinità, unico vero Dio; non venera una dichiarazione conciliare o un’esortazione postsinodale, ma la Verità che questi atti del magistero veicolano.
Lei mi chiede: “Com’è stato possibile che tutti i Padri conciliari siano stati tratti in inganno?” Le rispondo attingendo alla mia esperienza di quegli anni e alle parole dei Confratelli con i quali mi sono confrontato. Nessuno poteva immaginare che in seno al corpo ecclesiale vi fossero forze ostili così potenti e organizzate, da riuscire a respingere gli schemi preparatori perfettamente ortodossi preparati da Cardinali e Prelati di sicura fedeltà alla Chiesa, sostituendoli con un coacervo di errori abilmente dissimulati dietro discorsi prolissi e volutamente equivoci. Nessuno poteva credere che, sotto le volte della Basilica Vaticana, si potessero convocare gli stati generali che avrebbero decretato l’abdicazione della Chiesa Cattolica e l’instaurazione della Rivoluzione (come ho ricordato in un mio precedente scritto, il Card. Suenens definì il Vaticano II il 1789 della Chiesa!). I Padri Conciliari sono stati oggetto di un clamoroso inganno, di una frode abilmente perpetrata con il ricorso ai mezzi più subdoli: si sono trovati in minoranza nei gruppi linguistici, esclusi da riunioni convocate all’ultimo momento, spinti a dare il proprio placet facendo loro credere che così volesse il Santo Padre. E quel che i novatori non riuscivano ad ottenere nell’Aula Conciliare, lo conseguivano nelle Commissioni e nei Consigli, grazie anche all’attivismo di teologi e periti accreditati ed acclamati da una possente macchina mediatica. Vi è una mole enorme di studi e documenti che testimoniano questa sistematica mens dolosa da un lato, e l’ingenuo ottimismo o la sprovvedutezza dei buoni dall’altro. L’attività del Coetus Internationalis Patrum poté poco o nulla, quando le violazioni del regolamento da parte dei progressisti venivano ratificate al Sacro Tavolo.
Chi ha sostenuto che lo “spirito del Concilio” rappresentasse una interpretazione eterodossa del Vaticano II ha compiuto un’operazione inutile e dannosa, anche se nel farlo è stato mosso da buona fede. È comprensibile, per un Cardinale o un Vescovo, il voler difendere l’onore della Chiesa e cercare di non screditarla dinanzi ai fedeli e al mondo: così si è pensato che quello che i progressisti attribuivano al Concilio fosse in realtà un travisamento indebito, una forzatura arbitraria. Ma se all’epoca poteva essere arduo pensare che la libertà religiosa condannata da Pio XI nella Mortalium Animos potesse esser affermata da Dignitatis humanae, o che il Romano Pontefice potesse veder usurpata la propria autorità da un fantomatico Collegio episcopale, oggi comprendiamo che quello che nel Vaticano II era abilmente dissimulato, oggi è affermato ore rotundo nei documenti papali, proprio in nome dell’applicazione coerente del Concilio.
D’altra parte, quando si parla comunemente dello spirito di un evento, si intende esattamente ciò che di quell’evento costituisce appunto l’anima, l’essenza. Possiamo quindi affermare che lo spirito del Concilio è il Concilio stesso, che gli errori del postconcilio sono contenuti in nuce negli Atti Conciliari, così come si dice a giusto titolo che il Novus Ordo è la Messa del Concilio, anche se al cospetto dei Padri si celebrava la Messa che i progressisti chiamano significativamente preconciliare. E ancora: se davvero il Vaticano II non rappresentasse un punto di rottura, per quale motivo si parla di Chiesa preconciliare e di chiesa postconciliare, quasi si trattasse di due entità diverse, definite nella loro essenza proprio dal Concilio? E se il Concilio fosse davvero in linea con l’ininterrotto Magistero infallibile della Chiesa, perché è l’unico che pone gravi e serissimi problemi di interpretazione, dimostrando la propria ontologica eterogeneità rispetto agli altri Concili?
Ph. Lawler: Secondo, qual è la soluzione? Mons. Schneider suggerisce che un futuro Pontefice debba ripudiare gli errori; Ella trova questa proposta inadeguata. Ma allora come si possono correggere gli errori, in modo da mantenere l’autorità del magistero di insegnamento?
La soluzione, a mio parere, risiede anzitutto in un atto di umiltà che tutti noi, ad iniziare dalla Gerarchia e dal Papa, dobbiamo compiere: riconoscere l’infiltrazione del nemico in seno alla Chiesa, l’occupazione sistematica dei posti chiave della Curia Romana, dei Seminari e degli Atenei, la congiura di un gruppo di ribelli – tra i quali, in prima linea, la deviata Compagnia di Gesù – che sono riusciti a dar parvenza di legittimità e di legalità ad un atto eversivo e rivoluzionario. Dobbiamo riconoscere anche l’inadeguatezza della risposta dei buoni, l’ingenuità di molti, la pavidità di altri, l’interesse di quanti grazie a quella congiura hanno tratto qualche vantaggio.
Dinanzi al triplice rinnegamento di Cristo nel cortile del sommo sacerdote, Pietro “flevit amare”, pianse amaramente. La tradizione ci narra che il Principe degli Apostoli avesse due solchi sulle guance, a causa delle lacrime che versò copiose per tutto il resto dei suoi giorni, pentito di quel suo tradimento. Toccherà ad un suo Successore, al Vicario di Cristo, nella pienezza della sua potestà apostolica, riprendere il filo della Tradizione là dove esso è stato reciso. Questa non sarà una sconfitta, ma un atto di verità, di umiltà e di coraggio. L’autorità e l’infallibilità del Successore del Principe degli Apostoli ne usciranno intatte e riconfermate. Esse, infatti, non furono deliberatamente chiamate in causa nel Vaticano II, mentre lo saranno il giorno in cui un Pontefice dovesse correggere gli errori che quell’Assise permise giocando sull’equivoco di un’autorità ufficialmente negata, ma surrettiziamente lasciata intendere ai fedeli dall’intera Gerarchia, ad iniziare proprio dai Papi del Concilio.
Voglio ricordare che per alcuni quanto qui sopra esposto può suonare eccessivo, perché metterebbe in discussione l’autorità della Chiesa e dei Romani Pontefici. Eppure, nessuno scrupolo ha impedito di violare la Bolla Quo primum tempore di San Pio V, abolendo da un giorno all’altro l’intera Liturgia Romana, il venerando tesoro millenario di dottrina e spiritualità della Messa tradizionale, l’immenso patrimonio del canto gregoriano e della musica sacra, la bellezza dei riti e delle vesti sacre, sfigurando l’armonia architettonica, anche di insigni basiliche, rimuovendo balaustre, altari monumentali e tabernacoli: tutto si sacrificò sull’altare del coram populo del rinnovamento conciliare, con l’aggravante di averlo fatto solo perché quella Liturgia era mirabilmente cattolica e inconciliabile con lo spirito del Vaticano II.
La Chiesa è un’istituzione divina, e tutto in essa deve partire da Dio e a Lui tornare. Non è in gioco il prestigio di una classe dirigente, né l’immagine di un’azienda o di un partito: qui si tratta della gloria della Maestà di Dio, del non vanificare la Passione di Nostro Signore sulla Croce, delle sofferenze e dei patimenti della Sua Santissima Madre, del sangue dei Martiri, della testimonianza dei Santi, della salvezza eterna delle anime. Se per orgoglio o per sciagurata ostinazione non sapremo riconoscere l’errore e l’inganno nel quale siamo caduti, avremo da renderne conto a Dio, che è tanto misericordioso con il suo popolo quando si pente, quanto implacabile nella giustizia quando segue Lucifero nel non serviam.
+ Carlo Maria Viganò
32 commenti:
L'ottimo sacerdote don Federico Bortoli si è dimesso per obiezione di coscienza contro le messe sacrileghe secondo protocolli attuali
https://www.youtube.com/watch?v=68q8LRDld2A
Che il Signore lo benedica e gli dia lunga vita.
"...Phil Lawler...Anche se solo alcune parti del Concilio (ad esempio Nostra Aetate, Dignitatis Humanae) sono problematiche, dobbiamo porci le stesse domande..."
"... Duole riconoscere che il ricorso ad un lessico equivoco, o a termini cattolici intesi però in senso improprio, è invalso nella Chiesa a partire dal Vaticano II, che del circiterismo – vale a dire l’equivocità, la voluta imprecisione del linguaggio – è il primo e più emblematico esempio..."
L'equivocità e la voluta imprecisione del linguaggio sono il tratto distintivo dello spirito ispiratore, dello spirito conduttore, dello spirito conclusivo, dello spirito del postconcilio, sono dunque il tratto distintivo della lingua madre di questi e tanti altri spiriti e della famiglia a cui appartengono. Ogni documento è stato scritto da uno o più di questi spiriti nella loro lingua madre,il circiterismo.
Grazie a tutti coloro che hanno messo in contatto chi ha domandato con chi ha risposto, a coloro che hanno tradotto e diffuso queste righe! Grazie.
"... L’attività del Coetus Internationalis Patrum poté poco o nulla, quando le violazioni del regolamento da parte dei progressisti venivano ratificate al Sacro Tavolo..."
Il Sacro Tavolo troppo ha iniziato, assecondato, ratificato...fino, senza volere, a suggerire ai fedeli che di dolo si trattasse. E non uno solo è stato il tavolo traballante. Anche se un futuro Pontefice avrà il coraggio della verità non potrà negare che i suoi predecessori furono, minimo minimo, figli dello spirito del loro tempo. Allora bisognerà capirlo questo spirito del loro tempo e spiegarlo semplicemente al gregge. Tuttavia, come leggevamo ieri nella Pascendi, il Pontefice oltre che conservare il deposito della fede ha il dovere di RESPINGERE le nuove false parole mondane e l'opposizione di una falsa scienza e mai è esistito un periodo in cui la Chiesa non sia stata attaccata dal mondo e dal suo principe. Molti Pontefici furono eroici in questa battaglia, altri meno, altri ancora meno ma, nessuno fece il prestigiatore con dogma e pastorale, se non in questi ultimi tempi moderni e post/moderni.
Il sacerdote Don Bortoli si è dimesso per obiezione di coscienza etc
Si è "dimesso" da che cosa? Da una commissione, un consiglio?
Non si capisce
Salve! Non sapevo che Mortalium Animos condannasse la libertà religiosa......
Se, come scritto nel testo di Mons. Viganò, fosse vero che l'autorità e l'infallibilità del Pontefice non furono deliberatamente chiamate in causa all'epoca dell'indizione e soprattutto dell'approvazione dei documenti del Vaticano II, allora credo che lo stesso Viganò e Schneider potrebbero concordare su una posizione comune, e cioè sulla necessità di un superamento totale del Concilio, per mezzo di una sua abrogazione in toto.
Sia lodato Gesù Cristo e glorificato da questo Vescovo che sta difendendo la Chiesa di Cristo dal satanismo che l'ha invasa con la sua "lingua madre..di questi ed altri spiriti della famiglia a cui appartengono". Questo è il Santo Prelato che Dio ci invia in aiuto dagli errori dell'anticristo, il principe di Pace promesso dalle profezie. Questa è la via e la soluzione: le accuse sono limpide, i papi (antipapi per me) GXXIII e PVI hanno ratificato al Sacro Tavolo (già usurpato dunque direi) gli atti errati ed apostati che la"mens dolosa" aveva predisposto. Gli sponsor del Sacro tavolo dell'interpretazione errata di un concilio buono sono sotto accusa, senza interferire nel foro interno. I gesuiti. del Sacro Tavolo anche, sono sotto accusa per "atti eversivi e rivoluzionari". 1958, si deve ripartire di là di conseguenza. Gli stati generali furono chiamati concilio v.II ma furono la rivoluzione francese nella Chiesa, come ebbe a dire il BXVI se ben ricordo, lo sentii in TG qualche tempo prima delle dimissioni. Quo primum tempore lancia l'anatema a chi l'ha bypassata. Cum ex apostolatus officio pure. Il pastorale contro il dogmatico è pura follia, la pastorale non è più conciliante del dogma, il caso singolo se pur fosse non fa testo infatti. Affermando che non si ponevano nuove dottrine col concilio significava che il pastorale NON cambiava ma... lasciarono intendere a suon di prassi che la nuova abusiva dottrina era dottrinale, pastorale , per ingannare meglio il popolo. Ma qui è san Paolo stesso che li condanna con san Giovanni."Nulla è più pastorale di quanto è dogmatico". GXXIII (nome di un già defunto antipapa come segnale di che?)affermò di "non voler usare dell'Autorità dottrinale", il che è contraddizione ontologica di termini, aggiungo: o non vado al concilio o non firmo oppure sono complice dell'errore. Impossibile follia avvenuta. Questo è la terza parte del segreto di Fatima, si spiega perchè non fu detta da chi era parte in causa. Ora si tratta di procedere a fare la conta dei superstiti.
TOCCHERA' ad un SUO SUCCESSORE (di Pietro) nella PIENEZZA della SUA AUTORITA' APOSTOLICA riprendere il filo reciso là ove lo fu (reciso, interessante affermazione, si ammette che è stato reciso ed è vero sperimentabilmente) ...superando...l'EQUIVOCO di un'AUTORITA' ufficialmente NEGATA(il che è impossibile, o sei o non sei, il ni è satanico ed ormai si vede ad occhio) ma lasciata intendere( con dolo ) fin dai PAPI DEL CONCILIO (che quindi vanno sotto inchiesta con i successori). Quo Primum tempore è stata violata, scrive, ma non solo ...gli atti che condannano il concilio ed i papi del concilio ci stanno tutti. VANNO PROCLAMATI URBI ET ORBI in condanna di quanto fatto e detto contro di essi.
L'arcivescovo Viganò è un punto fermo di riferimento per i Cattolici. A lui dobbiamo guardare come vero pastore di Cristo. Sono pienamente d'accordo con la sua visione di una revoca totale del CVII.
Che le mie, e di tanti altri cattolici, preghiere siano state ascoltate mi è sempre più chiaro.
La nuova consapevolezza di mons. Viganò scaturisce dall’amore per la Verità tutta intera, senza compromessi. E’ fondata sull’umiltà (primo mistero del rosario, su cui ogni santità si fonda), la quale gli ha consentito di accettare di avere commesso errori di valutazione, di essere stato ingannato. E’ vissuta con piena carità, anche nei confronti di chi ancora tentenna e con fede incrollabile.
Ha quell’approccio tipico dei piccoli del Signore, che gli impedisce di farsi deviare da eccessi teorici che possono portare a negare l’elefante che sta davanti agli occhi.
Così è giusto che indichi che il re è nudo, perché lo é.
Si troverà tuttavia davanti la nota questione posta alla FSSPX,: “il fatto che un atto del magistero della Chiesa non sia garantito dal carisma dell’infallibilità, proprio delle definizioni solenni, non significa che esso possa essere considerato «fallibile», nel senso che trasmetterebbe una «dottrina provvisoria» o anche delle «autorevoli opinioni». In senso lato questo significa che, quando non dà delle definizioni solenni e infallibili, il magistero è sempre assistito da Dio, e questa assistenza è necessaria per assicurare la trasmissione indefettibile del deposito della fede. In questo senso anche il semplice magistero ordinario beneficia di un certo carisma di verità[2]. L’infallibilità del magistero deve dunque estendersi in senso analogo, cioè a gradi diversi[3].
Ne deriva evidentemente che anche l’adesione dovuta alla verità proposta dal magistero si intende in modi diversi. Le definizioni solenni infallibili propongono ordinariamente, come tali, delle verità formalmente rivelate, alle quali è dovuto un assenso di fede teologale. Gli altri insegnamenti non definitori, per la verità proposta richiedono una adesione intellettuale indicata come assenso religioso interno, che comporta, oltre all’assenso nei confronti della verità propriamente detta, una certa parte di obbedienza nei confronti dell’autorità magisteriale. Infine, gli atti magisteriali possono contenere elementi che, non costituendo materia d’insegnamento propriamente detto, in quanto tali non esigono alcuna adesione.”
Mi permetto allora di suggerirgli la lettura del (già segnalato) intervento di don Gleize: “Una questione cruciale: il valore magisteriale del Concilio Vaticano II”
https://www.sanpiox.it/archivio/articoli/crisi-nella-chiesa/467-una-questione-cruciale-il-valore-magisteriale-del-concilio-vaticano-ii
Che Dio la benedica
Anna
Per superare ed abrogare in toto il CV2 ci vogliono tanti santi e tanti martiri.Senza non se ne esce.Come disse Churchill servirà:"sangue,sudore e lacrime" ,ed in più tanta santità. I pontefici del CV2 il più delle volte fecero finta di non vedere perchè a loro andava bene così.Già aver accettato come periti ,di diversi cardinali, teologi che erano stati condannati durante il pontificato di Pio XII faceva intuire fin da subito la piega che avrebbero preso gli eventi.Quello fu il concilio di Giovanni 23° e di Paolo 6°,principalmente del primo, ma anche il secondo ci mise del suo.
Esperienza diretta: non più di una dozzina di anni fa ero un entusiasta propalatore del CVII.
Così mi avevano insegnato, in tutti i modi, e così ripetevo convintamente in ogni dove.
Da buon operatore pastorale, dove il pastore mi metteva, lì stavo a decantare l'oggetto.
La Chiesa attenta a questo o a quello (giovane, anziano, malato, povero, migrante, sportivo, portatore di handicap, fidanzato, sposo o genitore) eravamo lì perché "il Concilio" aveva smosso le acque (Gesù ci galleggiava, quasi trascinato da tanto ardore e fa niente se la via crucis o l'adorazione diventavano dei paria e la messa un concentrato di "pastoralismo in voga", riempito di autocelebrazioni), entusiasti dell'agire pastorale, impegnati in consigli e commissioni, catechesi, pastorale, liturgia, oratori, missioni, sacramenti, gruppi di preghiera e lettura della Parola... E la parrocchia, e la diocesi e il Papa e Avvenire e Famiglia Cristiana: tutto bello.
Tutto bello perché tutto nuovo, come i movimenti nel fresco soffio dello Spirito santo!
Perchè? Forse perché ero più stupido di adesso? Mi farei un complimento che non mi merito.
La memoria dell'uomo è uno dei tre tesori del cuore, tanto caro a Dio.
Ecco, ricordo che a un certo punto, morto Giovanni Paolo II, all'annuncio di Benedetto XVI ebbi quasi una sensazione di incertezza. Come se quella chiesa lì, quella tutta piena di se stessa e del proprio agire pastorale nel nome del Concilio, la "mia", l'unica a me nota, mi stesse dando il segnale di qualcosa di differente, che non capivo ancora, ma c'era.
Mi ci sono voluti un po' di anni. Però pian piano ho iniziato a prendere le distanze da un qualcosa che ho percepito sempre più chiaramente: la Chiesa non era una, ma due! C'era una Chiesa che con Benedetto XVI ha iniziato a ri-prendere coscienza del tema della fede, della centralità di Dio e di Gesù, dell'essenzialità della liturgia... Ha rimesso a tema la vita e la famiglia non come portato sociale, ma come volontà di Dio, non negoziabile. Ma c'era una Chiesa che ormai di queste cose non sapeva più che farsene, fino a disfarsene (non senza disfarsi anche del Papa Benedetto). Ho vissuto con crescente amarezza l'arroganza di questa Chiesa intestina e indigesta; ho vissuto con crescente fastidio l'appartenenza alle realtà pastorali nelle quali ero inserito. E mentre mi appoggiavo al Papa per dire che la Chiesa non era quella che gli altri avrebbero voluto nel nome del Concilio, mi sono accorto come quel Concilio fosse un problema e forse "il" problema (dentro la Chiesa).
In quella fase ho potuto vivere la doppia umiliazione di difendere il Papa dai tradizionalisti e anche dai modernisti. Ma c'era ancora uno zoccolo duro, cattolicamente, che qua e là nella Chiesa teneva botta, anche dentro il pastoralismo del fare.
Poi, dopo quel tremendo febbraio 2013, la sera del 13 marzo 2013 il Signore mi ha fatto un dono, una grande grazia: subito, appena visto Bergoglio, ho avvertito un brivido freddo. Vi assicuro che non ero prevenuto. Non è stato un ragionamento. No: me l'ha detto Qualcuno che stava per venire un periodo brutto, ma davvero brutto.
Nel periodo in questione il Signore mi ha donato grandi grazie e l'incontro con persone meravigliose, come in questo blog. E ora, chi l'avrebbe mai detto, solo 12 anni fa, che avrei potuto leggere queste parole di Mons. Viganò che suonano quasi come un miracolo!
Cioè nella Chiesa si inizia a dire apertamente, dopo gli anni della rivoluzione, della censura e del colpo di stato, che bisogna avere l'umiltà di ammettere che c'è stata come minimo un'ubriacatura, se proprio vogliamo dare la colpa all'aver alzato un po' troppo il gomito ed aver troppo spesso rinunciato a a piegare le ginocchia...
Athanasius (Schneider), come Sant'Atanasio per Ario.
Carlo Maria (Viganò) come San Carlo Borromeo e Maria per Lutero.
Niente accade per caso, nemmeno con i nomi. Humilitas: è quello che serve per fare verità.
Letto qualche paragrafo dell'intervento di Don G. Il vero ed unico problema è J.R. Non recede.
Ad Anna. Quel pezzo riportato è illogico prima ancora che antimagisteriale. Non è il linguaggio di mons.Viganò ma quello di mons. Schneider: c'è differenza.
Mons.Viganò lo ha giudicato: non esiste contrapposizione possibile tra magistero dogmatico e Magistero pastorale. E lo scrive infatti anche la FSSPIOX. Significa quindi che non esiste giustificazione ad un'ubbidienza relativa. L'ubbidienza o è totale o è assente in quanto non dovuta.
"Mons. Gherardini (e non è stato certo il solo) non lo considera un Concilio dogmatico, visto che non ha definito dogmi né condannato errori, nemmeno nelle due costituzioni denominate “dogmatiche”, e ha espressamente dichiarato di non esser dogmatico bensì pastorale (vedi la Nota esplicativa previa in appendice alla LG: “Tenuto conto dell’uso conciliare e del fine pastorale del presente Concilio, questo definisce come obbliganti per tutta la Chiesa i soli punti concernenti la fede e i costumi, che esso stesso abbia apertamente dichiarato come tali”. Ma appunto non ci sono in nessun documento conciliare definizioni dogmatiche di “punti concernenti la fede e i costumi”. Tuttavia gli apologeti del Concilio lo vorrebbero portatore di una “infallibilità”di nuovo tipo, per così dire implicita nella natura pastorale dei suoi documenti, cosa impossibile poiché il carattere dogmatico di una pronuncia del Magistero straordinario deve risultare da segni certi e comprensibili e non può essere implicito)."
Nell'interessantissimo (davvero grazie!) scritto di Don Gleize c'è un passaggio cruciale sulla ricezione del Concilio Vaticano II, relativamente alla "continuità" che gli andrebbe riconosciuta a salvaguardia di una possibilità di unità con la tradizione ecclesiale.
Lo spunto viene dalla riflessione sul tema in oggetto, proposta da Benedetto XVI nel 2005.
... bisogna arrendersi all’evidenza e riconoscere che il termine «continuità» non ha affatto questo significato tradizionale negli attuali discorsi degli uomini di Chiesa.
E precisamente si parla di continuità a proposito di un soggetto che evolve nel corso del tempo. Non si tratta della continuità di un oggetto, quella del dogma o della dottrina, che il Magistero della Chiesa esporrebbe oggi, dandogli lo stesso senso di un tempo. Si tratta della continuità dell’unico soggetto Chiesa.
... Benedetto XVI parla esattamente, non di continuità, ma «del rinnovamento nella continuità dell'unico soggetto-Chiesa, che il Signore ci ha donato; è un soggetto che cresce nel tempo e si sviluppa, rimanendo però sempre lo stesso, unico soggetto del Popolo di Dio in cammino».
Al contrario, egli aggiunge subito, «L'ermeneutica della discontinuità rischia di finire in una rottura tra Chiesa preconciliare e Chiesa postconciliare».
Questo significa che la rottura deve situarsi allo stesso livello: una rottura tra due soggetti, nel senso che la Chiesa, l’unico soggetto del Popolo di Dio, non sarebbe più la stessa prima e dopo il Concilio.
Questo nuovo discorso implica una nuova idea dell’unità del magistero.
... segue
...
La continuità di cui si tratta è l’unità nel tempo, cioè attraverso i cambiamenti che misura il tempo, ed è innanzi tutto l’unità del soggetto, non quella dell’oggetto.
Questo soggetto è la Chiesa, unico Popolo di Dio, cioè l’insieme di tutti i battezzati.
Questo soggetto è il punto di riferimento che rende conto dell’unità della Tradizione.
Ora pongo una domanda a chi tra di voi ne sa molto più: se un tonto come me arriva a comprendere, con lentezza, mezz'ora dopo il caffè, di aver ingurgitato voracemente un intero piatto di polpette avvelenate e si preoccupa dei primi mal di pancia, diversa è la posizione di una delle più brillanti menti della storia della Chiesa, eletto Papa, che deve impedire ai commensali, nel suo ruolo di custode dell'unità, di buttare per aria la mensa.
La Mater et Magistra non si è accorta del veleno per i topi aggiunto da qualche manina?
C'è chi si ostina a dire che non era veleno, ma un sapiente vaccino?
Ovvero il mal di pancia è solo l'effetto collaterale di una benefica cura?
O magari è proprio un malanno, grave, ma non si deve dire che tutto l'ospedale è infetto?
Poi sono arrivati quelli che lo vogliono proprio chiudere, facendone ospedale da campo.
Cercare di evitare lo scisma... Un'impresa sulle spalle di un Papa, nell'alveo della Tradizione, ma dentro l'epidemia da coronavirus, non proprio naturale e con sullo sfondo tutti gli interessi della compagnia del vaccino... Segni dei tempi.
Per Dio un giorno sono come mille anni. I sessanta dal concilio sono un'ora e mezza.
Siamo al novantesimo. Tra poco udiremo il triplice fischio di questa partita, tra la Chiesa militante e il principe di questo mondo. Il risultato?
Sarà buono, anche per tre intuizioni, geniali, ispirate dal Divino Allenatore al migliore in campo (un bavarese che ha fatto dal portiere al centravanti): rendersi conto dell'avvelenamento (porre il problema del CVII e denunciare la"sporcizia", alias il vizio serpeggiante nella Chiesa), mettere in atto subito l'antidoto (Summorum Pontificum), cambiare improvvisamente tattica (il passo di lato del 2013). La Chiesa tra poco non sarà più quella deludente del gel lavamani e del guanto monouso che distribuisce il Santissimo... Sarà una Chiesa di gente in convalescenza, dopo fortissimi mal di pancia.
Una Chiesa dimagrita, dopo aver espulso tutto ciò che non profuma certo di Cristo e chiedo scusa per l'immagine forte, ma purtroppo -a mio avviso- calzante.
E il Concilio Vaticano II? Il Magistero è una potenza ordinata al Suo Oggetto.
Se tra gli ingredienti della cucina c'è ancora farina avariata, non la useremo più.
PS: Ratzinger "relativista"? Lo scritto di Don Gleize è del 2011 e non era ancora avvenuto il fatto del 2013. Sono quelle azioni, in zona Cesarini, che cambiano il risultato e danno senso a tutto il campionato. Per i cristiani si chiama conversione. Non è facile, per chi ha vissuto la retorica del Concilio, ammettere la polpetta avvelenata. Ma più importante ancora di ammettere l'avvelenamento è di salvare gli intossicati e presentare la Chiesa viva, unita, al Suo Sposo. Anche smascherando gli avvelenatori dentro casa. Non pochi.
Disse Churchill serviranno "sangue, sudore, lacrime" per resistere e uscirne fuori..
Churchill però lo disse avendo già le spalle protette dall'America di Roosevelt, che gli forniva equipaggiamenti militari, naviglio da guerra, crediti in cambio dell'uso di alcune basi del vasto impero britannico. Inoltre, i britannici sapevano di poter contare sugli arsenali, i bacini, i cantieri americani. L'America entrò in guerra dopo il proditorio attacco giapponese a Pearl Harbour, l'8 dic. 1941, ma di fatto forniva già un notevole appoggio militare ai britannici. Questo famoso appello di Churchill dovrebbe essere ridimensionato.
Continuare a citarlo significa riconoscere a Churchill una statura che in realtà non ha avuto, pur essendo stato indubbiamente un politico di forte personalità (e non meno forte spregiudicatezza).
Noi invece chi abbiamo alle spalle? Noi italiani, noi cattolici italiani, noi cattolici che vogliamo restare fedeli al Deposito ed anzi restaurarlo?
Nessuno, abbiamo, tra le potenze terrene. Anzi, tutte contro.
H.
https://www.sanpiox.it/archivio/articoli/crisi-nella-chiesa/467-una-questione-cruciale-il-valore-magisteriale-del-concilio-vaticano-ii
"...Come prova supplementare possiamo prendere ciò che ha scritto il card. Ratzinger nel suo libro Les principes de la théologie catholique[23], pubblicato in francese nel 1982. L’epilogo di questo libro è intitolato: «La Chiesa e il mondo: a proposito della questione della ricezione del Concilio Vaticano II»[24]. Il Prefetto della fede vi afferma: «Di tutti i testi del Concilio Vaticano II, la costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo (Gaudium et spes) è stata incontestabilmente la più difficile e anche […] la più gravida di conseguenze. Per la sua forma e la direzione delle sue dichiarazioni, essa si allontana in larga misura dalla linea della storia dei concilii e per ciò stesso permette, più di tutti gli altri testi, di cogliere la speciale fisionomia dell’ultimo concilio. È per questo che, dopo il Concilio, è stata considerata sempre di più come il suo vero testamento: dopo un processo di fermentazione di tre anni, sembra che la sua vera volontà sia infine apparsa e abbia trovato la sua forma. L’incertezza che pesa ancora sulla questione del vero significato del Vaticano II è in rapporto con delle diagnosi di questo genere e dunque in rapporto con questo documento»[25]. […] «Ancora una volta, dobbiamo interrogarci su ciò che la costituzione pastorale comporta precisamente di nuovo e di speciale […] un primo punto caratteristico mi sembra consista nel concetto di “mondo” che vi si trova. […] La costituzione intende per “mondo” un dirimpettaio della Chiesa. Il testo deve servire a condurre entrambi ad un rapporto positivo di cooperazione, il cui scopo è la costruzione del “mondo”. La Chiesa coopera col “mondo” per costruire il “mondo” – è così che si potrebbe caratterizzare la visione determinante del testo. […] Sembra che per mondo si intenda l’insieme delle realtà scientifiche e tecniche del tempo presente, e tutti gli uomini che le sostengono o le hanno assimilate nella loro mentalità»[26]. Nessuna sorpresa quindi quando il card. Ratzinger dice ancora: «Il testo di Gaudium et spes svolge il ruolo di un contro-Syllabus nella misura in cui rappresenta un tentativo per una riconciliazione ufficiale della Chiesa col mondo, così com’esso era divenuto dal 1789»[27]. O anche: «Il Vaticano II aveva ragione di auspicare una revisione dei rapporti tra la Chiesa e il mondo. Ci sono dei valori che, anche se nati fuori dalla Chiesa, possono trovare il loro posto – purché vagliati e corretti - nella sua visione»[28]. Fondato sul metodo di ricerca del pensiero moderno, il Concilio dà necessariamente degli insegnamenti che lo rendono dipendente dal mondo moderno..."
Le lacrime mi vengono a vedere lo stato penoso ed i sacrilegi continui della Sposa di Cristo. IL sangue mi si rivoltola a sentire omelie e teologie varie, in attesa di versarlo. I sudori mi vengono a leggere certi documenti del campione eterodosso dell'"ortodossia" pieni di sofismi, tanto è vero che il soggetto diviene la Chiesa con un colpo da maestro diabolico (cito la famosa frase di Lefebvre) in quanto spogliandola di Dio diviene essa unico referente senza Dio passato ad oggetto.
Dato che BXVI si è dimesso, ed approva Bergoglio comunque, potremmo mettere sotto processo almeno il secondo che viene riconosciuto per ciò che non può essere e si scrive che è legato al grosso problema dell'adrenocromo? Il che non viene smentito per cui o si dimostra che quanto si è scritto è falso o va fatto fuori da posti che non gli spettano. Guai a chi scandalizza i piccoli, meglio per lui essere gettato in mare con una pietra al collo.
Lo scritto di Don Gleize dimostra ulteriormente quanto modernista sia Ratzinger: secondo i suoi ragionamenti sarebbe l'unità a fare la verità e viene completamente sovvertito il concetto di Tradizione: essa non viene più intesa come un qualcosa di OGGETTIVO che deriva dai tempi apostolici e da conservare intatto.
Secondo la visione Ratzingeriana la Tradizione sarebbe un qualcosa che può essere inventato o modificato dal papa di turno, in barba a tutto il magistero precedente ed al principio di non contraddizione.
Siamo di fronte ad un modernista sostenitore dell'evoluzione del dogma: la sua "ermeneutica della continuità" è aria fritta: la sua stessa idea di continuità è cattolicamente e filosoficamente inaccettabile.
Sempre meglio Mons. Viganò, sempre più chiaro, deciso e presente, che il Signore lo benedica e protegga dalle belve feroci che lo vorrebbero morto, fisicamente o in altro modo
Ancora non riesco a crederci e ringrazio il Signore di avercelo mandato.
Insieme a Sneidher.
Speriamo che molti altri lo affianchi e sostenga.
Purtroppo l'intero apparato del Vaticano, e non, è dalla parte opposta, ma la preghiera smuove le montagne.
Non rimarchiamo la differenza di soluzioni tra Viganò e Sneidher, ora è importante che si alzi il tiro di questo discorso, che sia stato buttato il tabù e su questo sono concordi.
La soluzione arriverà a suo tempo, la strada è ancora lunga.
Ma i primi passo so sono mossi.
Avanti cosi, Mons. Viganò!
Sarò forse ingenuo e sicuramente sono tonto.
Però gli scritti delle 13:10, delle 13.23 e delle 15:08 ai miei occhi mancano di sapienza.
La sapienza è il gusto delle cose di Dio, al modo di Dio, che non è quello delle sentenze.
Soprattutto di sentenze già scritte, con un condannato a morte, per dire "ho ragione io".
La verità si fa con la carità e nella carità (di Dio) c'è lo spazio per la conversione.
Joseph Ratzinger è un grande convertito, dall'errore che ha riguardato anche lui.
Mons. Viganò sta parlando della necessità di una grande umiltà per ammettere l'abbaglio.
Poi ci sono quelli che come unica soddisfazione vogliono un impiccato sulla forca.
E' chiaro che fanno il gioco del nemico, ora più che mai. Non capiscono "i segni dei tempi".
I novatori sono stati specialisti a volerli vedere nelle più solenni cantonate.
C'è evidentemente qualcun altro che ha l'orologio fermo, il che è sintomo di rottura (guasto).
Tralcio: cerchi di non confondere l'amore per la Verità con la voglia di avere ragione o con il gusto di emettere sentenze!
Chi è lei per giudicare il foro interno delle persone?
Contano solo i fatti: si basi su quelli per le sue conclusioni!
"La VERITÀ si fa con la CARITÀ"?
No: è la CARITÀ che deriva dalla VERITÀ ed in effetti è lo Spirito Santo (CARITÀ) che procede dal Padre e dal Figlio (VERITÀ) e non viceversa.
Il far derivare la verità dalla carità è uno degli errori dei modernisti (ed infatti l'ottimo Prof Radaelli parla di "Chiesa ribaltata").
È anche un grosso errore filosofico degli "ortodossi" secondo i quali lo Spirito Santo procede soltanto dal Padre.
Concludendo si può dire che la verità va detta con carità ma è teologicamente e filosoficamente sbagliato dire "LA VERITÀ SI FA CON LA CARITÀ".
"Carità nella verità" è ben diverso dall'erroneo "verità nella carità".
Cerchi inoltre di ricordare che non è con le menzogne e neppure con i sofismi modernisti che si evitano gli scismi e che evitare gli scismi non è la cosa più importante: il compito primario del Papa è quello di custodire INTATTO il deposito della fede: se il compito primario fosse quello di prevenire gli scismi si sarebbe dovuti cedere ai capricci di Enrico Ottavo.
@ tralcio
28 giugno 2020 17:17
Il brano, mancante di sapienza, del 28 giugno 2020 13:10 è stato copiato ed incollato
dall'articolo https://www.sanpiox.it/archivio/articoli/crisi-nella-chiesa/467-una-questione-cruciale-il-valore-magisteriale-del-concilio-vaticano-ii di Don Jean-Michel Gleize da lei definito interessantissimo il giorno 28 giugno 2020 09:08.
Aprire gli occhi è doloroso, per tutti. Coraggio!
Ci sono 4 livelli di consapevolezza fra coloro che non sono (completamente) modernisti:
1) CAPIRE CHE BERGOGLIO DICE E SCRIVE SPESSO COSE NON CATTOLICHE (e per capire questo è sufficiente un don Minutella).
2) Capire che nei documenti del CVII ci sono alcune cose in contraddizione con la Fede Cattolica).
3) Capire che Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II hanno un'ENORME responsabilità (sia ATTIVA che OMISSIVA) nell'attuale crisi della Chiesa.
4) CAPIRE CHE RATZINGER ERA ED È RIMASTO UN MODERNISTA che critica la Sacra Scrittura, che sovverte i concetti di Tradizione (non più immutabile) e di Magistero (visto come FONTE di verità di fede e non più come CUSTODE delle verità di fede) e che sostiene L'ERESIA che gli ebrei non avrebbero bisogno di convertirsi alla Fede Cattolica per potersi salvare.
Nonostante decine di articoli e di dimostrazioni sembra che molti non riescano (o non vogliano?) capire questo quarto punto.
È vero che a volte la verità fa male ma bisognerebbe essere disposti a rinunciare alle proprie idee (ed ai propri "falsi idoli") quando i fatti dimostrano in modo molto evidente che ci si sta sbagliando!
I ratzingeriani mi rispondano: gli ebrei hanno bisogno di convertirsi alla Fede Cattolica (come insegna il dogma) oppure no (come sostiene Ratzinger)?
Per il genio delle 21:45: non è don Gleize il problema (nel 2011). Sei tu (nel 2020).
Traicio, se in tanti ti criticano sull'argomento forse vorrà pur dire qualcosa. Possibile che manchino tutti di sapienza tranne tu?
Sei l'unico a vedere una piena conversione di Ratzinger dal modernismo.
Livi, Radaelli e tanti altri non la pensano come te!
@ tralcio
legga con calma, più volte, senza pregiudizi. Poi quando il Signore vedrà il suo sincero desiderio di conoscere la verità, lei capirà dove e quali sono i problemi.
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