Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

sabato 6 giugno 2020

Il vescovo Schneider, confutando l'assunto vaticansecondista, afferma che non esiste nessuna volontà divina certa e nessun diritto naturale che giustifichi il diritto alla diversità delle religioni

Nella nostra traduzione da LifeSiteNews un importante saggio in cui mons. Athanasius Schneider riconosce l’origine vaticansecondista dell’apostasia di Abu Dhabi [approfondimenti qui]; vale a dire la presenza di chiari errori nei “documenti conciliari”. Oltre a Mons. Viganò è l'unico, tra i nostri solidi punti di riferimento, a chiamare in causa il Vaticano II quando si analizzano le radici della crisi oggi giunta al suo culmine, rompendo finalmente l'argine fino ad ora mai oltrepassato dai prelati di rango a causa del rifiuto totale di ogni discussione sul concilio in ambito ecclesiale. Giova ricordare la sua posizione sul Concilio, già assunta pubblicamente nel 2010, tra le proposte [qui] per una corretta lettura del Vaticano II: Il primato del culto di Dio come fondamento di ogni vera teologia pastorale [qui]. Ed anche la sua posizione sulla collegialità in risposta a miei interrogativi [qui].
Mons. Schneider analizza ora con puntuale efficacia il problema della libertà religiosa, citando Dignitatis Humanae (che già il giovane Ratzinger definì l'antisillabo). Resta tuttavia il neo del substistit in... nella citazione: "La Dignitatis Humanae riafferma la dottrina tradizionale della Chiesa: “Questa unica vera religione crediamo che sussista nella Chiesa cattolica e apostolica”.
La versione modernista è che la sostituzione del “subsistit in” con l’“est” adoperato dall’Enciclica Mystici Corporis di Pio XII, intende affrontare il problema ecumenico in modo più diretto ed esplicito di quanto si era fatto in passato. Ammette che la Chiesa sia soltanto una e si trovi in un unico soggetto; ma che, al di fuori di questo soggetto, esistono elementi ecclesiali veri e reali che, tuttavia, essendo propri della Chiesa cattolica, spingono all’unità cattolica.
Nella realtà, però, in questo modo non viene più previsto il reditus dei separati; ma un falso ecumenismo rappresentato da un cammino comune verso la verità che non è più appannaggio esclusivo de La Catholica... Secondo Romano Amerio uno dei punti in cui c’è stata "un'abissale rottura di continuità" tra il Vaticano II e il precedente magistero è proprio là dove il Concilio afferma che la Chiesa di Cristo "sussiste nella" Chiesa cattolica invece di dire che "è" la Chiesa cattolica. Non è altro che una nozione spuria di chiesa allargata. Sarebbe dunque necessario abbandonare anche quelle residue ambiguità di discorso che sono la cifra espressiva caratteristica degli ultimi 60 anni.  (M.G.)

Il Vescovo Schneider afferma che non esiste nessuna volontà divina certa e nessun diritto naturale che giustifichi il diritto alla diversità delle religioni
“Altri concili ecumenici hanno formulato dichiarazioni che sono diventate obsolete e sono state dimenticate o sono state addirittura corrette dal Magistero successivo”
Vi sono sufficienti ragioni per dedurre che esiste una relazione di causa ed effetto tra la Dichiarazione sulla Libertà Religiosa del Concilio Vaticano Secondo — la Dignitatis Humanae — e il Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune [qui - qui] firmato il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi da Papa Francesco e dallo sceicco Ahmed el-Tayeb. Durante il suo volo di ritorno a Roma dagli Emirati Arabi Uniti, lo stesso Papa Francesco ha dichiarato ai giornalisti: “C’è una cosa [...] che vorrei dire. Affermo di nuovo apertamente che dal punto di vista cattolico il Documento non si spinge nemmeno un millimetro al di là del Concilio Vaticano II, che viene citato molte volte. Il Documento è stato concepito nello spirito del Concilio Vaticano II”.

La Dignitatis Humanae riafferma la dottrina tradizionale della Chiesa: “Questa unica vera religione crediamo che sussista nella Chiesa cattolica e apostolica” e nel “dovere morale dei singoli e delle società verso la vera religione e l’unica Chiesa di Cristo” (n. 1). Purtroppo, solo poche linee più in basso, il Concilio mina questa verità introducendo una teoria mai insegnata precedentemente dal Magistero costante della Chiesa, vale a dire che l’uomo avrebbe il diritto — basato sulla sua stessa natura — “[di non essere] forzato ad agire contro la sua coscienza [e di non essere] impedito, entro debiti limiti, di agire in conformità ad essa: privatamente o pubblicamente, in forma individuale o associata” (ut in re religiosa neque impediatur, quominus iuxta suam conscientiam agat privatim et publice, vel solus vel aliis consociatus, intra debitos limites, n. 2). Secondo questa dichiarazione, l’uomo avrebbe il diritto — basato sulla natura stessa (e quindi voluto in modo certo da Dio) — di non essere impedito di scegliere, praticare e diffondere — in modo individuale o collettivo — il culto di un idolo o persino di Satana, dato che esistono realmente religioni che venerano il diavolo, per esempio la “Chiesa di Satana”, a cui in alcuni Stati viene riconosciuto lo stesso statuto legale di tutte le altre religioni.

L’unica condizione posta dalla Dignitatis Humanae alla libertà religiosa è il rispetto dell’“ordine pubblico” (n. 2). Per cui una religione che si chiama “Chiesa di Satana” avrebbe il diritto di venerare il Padre della Menzogna purché rispetti l’“ordine pubblico”. Dunque la libertà di non essere impedito di scegliere, praticare e diffondere il culto di Satana — in modo individuale o collettivo — sarebbe un diritto basato sulla natura umana e sarebbe pertanto voluto in modo certo da Dio.

La pericolosa ambiguità di questa dichiarazione è celata dal fatto che fa parte di una sola frase la cui prima parte è ovviamente conforme alla dottrina tradizionale e costante della Chiesa. La prima parte infatti afferma: “in materia religiosa nessuno [può essere] forzato ad agire contro la sua coscienza” (ut in re religiosa neque aliquis cogatur ad agendum contra suam conscientiam, n. 2), ossia, nessuno può essere costretto contro la propria volontà a credere in Dio e ad accettare una religione — nemmeno l’unica vera religione, quella cristiana.

Nella stessa frase — si potrebbe dire, di un solo fiato — vengono asseriti la verità e l’errore. L’esistenza e l’esercizio della libera volontà e quindi la libertà da coercizioni esterne si fondano sulla natura umana stessa, e pertanto sono voluti da Dio. La facoltà di scegliere tra il bene e il male, tra la verità e l’errore, tra l’unica vera religione e le altre false religioni si basa sulla natura umana. Ma non è legittimo dedurre che l’esistenza della facoltà di scegliere tra il bene e il male, tra la verità e l’errore implichi quella del diritto naturale a scegliere, praticare e diffondere l’errore, vale a dire una falsa religione.

L’immunità da coercizioni esterne ad accettare l’unica vera fede è un diritto naturale. Ed è un diritto naturale anche quello di non essere forzato a praticare il male (peccato) o l’errore (falsa religione). Ma da ciò non segue che Dio voglia in modo certo (diritto naturale) che all’uomo non sia impedito di scegliere, praticare e diffondere il male (peccato) o l’errore (falsa religione). È importante tenere ben presente la distinzione fondamentale tra la facoltà di scegliere e di fare il male e il diritto di scegliere e di fare il male. Dio tollera il male, l’errore e le false religioni; Egli tollera persino il culto della cosiddetta “Chiesa di Satana”. Tuttavia, la tolleranza o l’indulgenza (volontà permissiva) di Dio nei confronti del male e dell’errore non creano nell’uomo il diritto naturale di sceglierli, praticarli e diffonderli, ossia tale diritto non è ammesso dalla volontà certa di Dio. Gli apologeti cristiani dei primi secoli rispondevano alle accuse delle autorità civili pagane che se i cristiani avessero praticato una falsa religione, lo Stato avrebbe avuto il diritto di proibirla. Il punto chiave dell’apologetica cristiana del primo secolo fu proprio questo: per provare la verità della religione cristiana e la falsità delle religioni pagane, Tertulliano affermò che tutti i pagani — ossia tutte le religioni non cristiane — “venerano una menzogna e commettono il crimine di praticare un culto irreligioso e contro la verità” (Apologeticum, 24). Come è mai concepibile che l’immunità dalla coercizione nello scegliere e nel commettere un crimine contro la verità sia un diritto basato sulla natura stessa dell’uomo e che pertanto sia voluto da Dio in modo certo? San Melitone di Sardi, un santo vescovo e apologeta del secondo secolo, ha dichiarato: “L’errore più grande di tutti è il seguente: il fatto che l’uomo non conosca Dio e veneri al Suo posto ciò che non è Dio” (Eusebio, Historia Ecclesiastica, 4, 26).

Esistono due realtà ben distinte. Una cosa è forzare qualcuno ad accettare una religione e a praticare atti religiosi contro la propria coscienza; un’altra cosa è proclamare come diritto naturale voluto da Dio in modo certo la scelta, la pratica e la diffusione dell’errore e delle false religioni, come sarebbe in tal caso, per esempio, quello di scegliere, praticare e diffondere la religione della “Chiesa di Satana”.

A qualsiasi persona intellettualmente onesta che non cerchi di trovare la quadratura del cerchio risulta evidente che l’affermazione della Dignitatis Humanae secondo la quale ogni uomo avrebbe il diritto — basato sulla sua stessa natura e quindi voluto da Dio in modo certo — di praticare e diffondere una religione in conformità con la propria coscienza non differisce sostanzialmente dall’affermazione presente nella Dichiarazione di Abu Dhabi, che sostiene: “Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani. Questa Sapienza divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi”.

Come si può spiegare il fatto che la summenzionata affermazione problematica presente all’interno della Dignitatis Humanae sia stata fatta da un concilio ecumenico? Il primo elemento fondamentale da prendere in considerazione è il fatto che entrambi i papi del Concilio — Giovanni XXIII e Paolo VI — e lo stesso Vaticano II hanno affermato chiaramente che quest’ultimo — contrariamente a tutti i concili precedenti — non aveva né lo scopo né l’intenzione di proporre la propria dottrina in modo definitivo e infallibile. Così, nel suo discorso in occasione della solenne apertura del Concilio, Papa Giovanni XXIII ha affermato: “Il proposito principale di questo concilio non è pertanto quello di dibattere su temi della dottrina fondamentale della Chiesa”, e ha poi aggiunto che il carattere del magistero conciliare sarebbe stato “prevalentemente pastorale” (11 ottobre 1962). Da parte sua, nel suo discorso in occasione dell’ultima sessione pubblica del Concilio, Papa Paolo VI ha dichiarato che il Vaticano II “formula il suo programma” a partire dal suo “carattere pastorale” (7 dicembre 1965). Inoltre, in una nota redatta dal Segretario Generale del Concilio il 16 novembre del 1964 si legge: “Considerando la prassi dei concili e anche il proposito particolare di quello presente, il sacro Concilio definisce vincolanti per la Chiesa solamente quegli elementi che esso dichiari apertamente essere vincolanti in materia di fede e morale”.

Altri concili ecumenici hanno formulato dichiarazioni che sono diventate obsolete e sono state dimenticate o sono state addirittura corrette dal Magistero successivo.

Esaminiamo alcune delle dichiarazioni obsolete ed erronee espresse dai precedenti concili ecumenici, in modo da non sentirci scandalizzati dal fatto che un’affermazione non infallibile contenuta da una Dichiarazione conciliare (che non è dunque nemmeno una Costituzione o un Decreto) come la Dignitatis Humanae possa essere corretta in futuro dal Magistero.

Il Quarto Concilio Ecumenico di Costantinopoli (870), nel Canone 4, condannò in termini molto aspri il Patriarca di Costantinopoli Fozio, dichiarando che egli era un “lupo pericoloso all’interno del gregge di Cristo”, che riempiva “il mondo intero con migliaia di rivolte e sedizioni”, che non era “mai stato un vescovo” e che “tutte le chiese e gli altari consacrati da lui” avrebbero dovuto “essere riconsacrati”. Eppure la Chiesa Ortodossa Bizantina venera lo stesso Fozio col titolo di “San Fozio, Gran Patriarca Ecumenico di Costantinopoli” e celebra la sua festa liturgica il 6 febbraio. Una futura unione tra la Chiesa Ortodossa Bizantina e la Santa Sede provocherebbe sicuramente l’abolizione del Canone 4 del Quarto Concilio di Costantinopoli.

Il Terzo Concilio Ecumenico Laterano (1179) ha stipulato nel suo Canone 26 che né gli ebrei né i musulmani possono impiegare cristiani come lavoratori nelle loro case, ed ha affermato anche che i cristiani che osino vivere nelle case di ebrei o di musulmani sono passibili di scomunica. La Chiesa Cattolica attuale può sostenere ancora un’affermazione del genere emanata da un concilio ecumenico?

Il Quarto Concilio Laterano (1215) ha intitolato un’intera costituzione (la quarta): “Sulla superbia dei greci contro i latini” (De superbia Graecorum contra Latinos). Un’affermazione del genere è sicuramente offensiva per i nostri fratelli separati.

Lo stesso concilio ha intitolato un’altra costituzione (la ventiseiesima): “Gli ebrei devono poter essere distinti dai cristiani in base al loro vestuario”. E la Costituzione 27 afferma che gli ebrei non devono esercitare uffici pubblici.

Il Concilio Ecumenico di Costanza (1415), nella sua tredicesima sessione, scomunica i sacerdoti che amministrano la Santa Comunione sotto le due specie.

Prendiamo in esame un altro esempio. Il Concilio Ecumenico di Firenze (1439) ha affermato che l’elemento materiale (materia) che interviene nell’ordinazione sacerdotale è la consegna del calice, omettendo completamente ogni menzione dell’imposizione delle mani da parte del vescovo. Esso dichiara: “Il sesto sacramento è quello dell’Ordine. L’elemento materiale di questo sacramento è ciò che conferisce l’ordine stesso. Dunque, il presbiterato viene conferito con la consegna del calice contenente il vino e della patena su cui vi è il pane” (Bolla dell’unione con gli armeni Exultate Deo, 22 novembre 1439).

Nel 1947, Papa Pio XII ha corretto questo errore riaffermando la dottrina perenne cattolica, che corrispondeva già anche alla pratica liturgica della Chiesa universale tanto in Oriente come in Occidente. Egli ha proposto un insegnamento definitivo usando le seguenti espressioni: “Dopo aver invocato la divina luce, Noi, per mezzo della Nostra Autorità Apostolica e di una certa conoscenza dichiariamo”, e: “Al fine di rimuovere ogni controversia e di evitare ogni dubbio di coscienza”. Questa è la dichiarazione decisiva: “Lo dichiariamo per mezzo della Nostra Autorità Apostolica, e se mai alcuna disposizione legittima avesse affermato il contrario, Noi dichiariamo ora che almeno in futuro la traditio instrumentorum non è necessaria per la validità dei Sacri Ordini del Diaconato, del Sacerdozio e del Vescovato” (Costituzione Apostolica Sacramentum Ordinis, 30 novembre 1947).

Si può legittimamente sperare e credere che un futuro papa o concilio ecumenico corregga le affermazioni erronee pronunciate dalla Dichiarazione del Concilio Vaticano II Dignitatis Humanae, che hanno generato una serie di dottrine e di pratiche disastrose, come l’incontro di preghiera interreligiosa svoltosi ad Assisi nel 1986 e come il Documento di Abu Dhabi del 2019. Tali pratiche e dottrine hanno contribuito in modo molto grave alla relativizzazione teoretica e pratica della verità rivelata da Dio secondo la quale la religione che nasce dalla fede in Gesù Cristo, Figlio Incarnato di Dio e unico Salvatore dell’umanità, è l’unica religione certamente voluta da Dio.

In conformità col Magistero perenne, Papa Paolo VI ha insegnato che “la religione cristiana stabilisce realmente una relazione autentica e viva con Dio che le altre religioni non sono in grado di realizzare, pur avendo le braccia tese verso il cielo” (Paolo VI, Esortazione Apostolica Evangelii nuntiandi, 53).
Si deve evitare ogni affermazione che possa anche solo remotamente indebolire od offuscare la verità rivelata da Dio secondo la quale la religione che nasce dalla fede in Gesù Cristo, Figlio Incarnato di Dio e unico Salvatore dell’umanità, è l’unica religione certamente voluta da Dio. Un giorno, l’asserzione della Dignitatis Humanae secondo la quale l’uomo avrebbe il diritto naturale (voluto da Dio in modo certo) di non essere impedito di scegliere, praticare e diffondere, anche pubblicamente, qualsiasi forma di religione che si addica alla sua coscienza, e l’asserzione del Documento di Abu Dhabi secondo la quale Dio vorrebbe la diversità delle religioni allo stesso modo che Egli vuole la diversità dei sessi (basata sulla natura umana), saranno sicuramente corrette dal Magistero Pontificio della Cattedra di San Pietro — la cathedra veritatis. Davvero la Chiesa cattolica è e rimarrà nel tempo (semper), nello spazio (ubique) e nel consenso perenne (ab omnibus) “il pilastro e il baluardo della verità” (1 Tim 3, 15).
31 maggio 2020, Festa di Pentecoste
[Traduzione per Chiesa e post-concilio di Antonio Marcantonio]

15 commenti:

Marianus ha detto...

Primo sabato, in onore del Cuore Immacolato di Maria!
COR MARIAE IMMACOLATUM - INTERCEDE PRO NOBIS!

Anonimo ha detto...

Di cosa parliamo

Ho fatto talmente l'abitudine alla chiesa postconciliare, che ormai non crea in me più nessun sentimento particolare.
La guardo infastidito come guarderei un insetto morto sul davanzale, ma niente di più, non è degna neanche della rabbia.
Negli ultimi anni mi sono messo a studiare le "cause della crisi" ed è stato importante, ma ciò era necessario fino a quando anche loro facevano finta di essere almeno un po' cattolici, ma ormai a che serve?
Negli ultimi sessant'anni hanno utilizzato paroloni di tutti i tipi per giustificare la loro ribellione travestita da obbedienza:
volevano essere "vicini alla gente" e oggi non li sfiora nessuna preoccupazione reale del popolo; volevano custodire la cultura dei popoli ed eccoli lavorare per il sovvertimento di ogni cosa.
Insomma non gliene è andata bene una.
Volevano fare i profeti e sono diventati i clown della religione, volevano essere il lievito nascosto della società e ne sono diventati il tumore visibile.
E oggi, mi domando, a cosa servono più le conferenze, gli studi, le ricerche sui loro complotti, se ormai come ubriachi nella taverna rovesciano i bicchieri e vomitano sui tavoli?
Finché si doveva combattere l'ecumenismo, o "l'ermeneutica della continuità" di Ratzinger era necessaria la battaglia culturale, ma oggi su cosa dovremmo confutarli? Quali sono i loro argomenti?
Se la comunione si può dare con i guanti di lattice?
Se i battesimi con le pistole ad acqua sono validi?
Se le benedizioni con lo spazzolone del cesso sono lecite?
Per rispondere alle loro questioni non servono più i grandi controrivoluzionari del secolo scorso, o grandi filosofi o teologi, è sufficiente scendere un attimo al loro livello, solo un attimo; non per dialogare con loro, perché è come voler spiegare ad un ubriaco la differenza tra un palo e un albero, no! Solo per mettere un punto finale alla questione.
Di fronte all'uso dei guanti in lattice, della pistola ad acqua e soprattutto dello spazzolone del water, è sufficiente citare un famoso comico italiano, con il quale possiamo dire davanti a tutti quelli che già lo sanno, ma si vergognano un po' a dirlo, ciò che veramente pensiamo.
Dire cioè con compostezza e sincerità, che la controchiesa post-conciliare che fu modernista, soggettivista e panteista, oggi è più che altro una pagliacciata, una carnevalata, una cafonata o, come una nuova corazzata Potëmkin,
una "cosa" pazzesca.

Stephen Neville ha detto...

Parafrasando lo stesso comico e lo stesso film, “novantadue minuti di applausi”.

Anonimo ha detto...

Ho letto con interesse l'articolo, e con piacere soprattutto la seconda parte sulla possibilita'di correzioni successive.
Per la verita'pero'leggendo DH 2 alla luce di DH 3 ("Veritas autem inquirenda...", "Dictamina vero legis divinae..." et. al.) l'ambiguita'si riduce notevolmente.

Anonimo ha detto...

Vado controcorrente, l'articolo non mi ha entusiasmato, per diversi motivi.
In primis sembra voler sollevare Giovanni XXIII e Paolo VI dalle loro responsabilità, come al solito.
Dimentica, poi, i loro successori che quegli "insegnamenti" hanno preso come infallibili. Inutile ricordare le malefatte di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, in nome del Concilio.
Secondo punto, da quanto affermato da Schneider, sembrerebbe che l'unico tema non ortodosso sia quello sulla libertà religiosa. Come la mettiamo con l'antropicentrismo della Gaudium et Spes,il rapporto con le altre religioni oppure la nuova ecclesiologia?
Il terzo punto riguarda le cose che, secondo lui, oggi andrebbero cassate dai precedenti concili.
A mò di esempio ricordo che Fozio ha dato il via al primo grande scisma, dobbiamo chiedere scusa anche a lui, dopo Lutero?
Di cosa stiamo parlando?
Mi sa che vi entusiasmiate troppo facilmente.
Antonio

Anonimo ha detto...

Concordo in pieno con il commento delle 21:52.

Pietro (NON del Cammino) ha detto...

Se Dio volesse tutte le religioni e non solo quella vera, non sarebbe verità.
Se la ragione ammettesse come vere altre religioni oltre quella vera, cadrebbe nell'assurdo.
Si possono ammettere delle verità naturali parziali nelle religioni non cristiane, eco di quella religiosità naturale a cui l'uomo senza peccato sarebbe arrivato se, però, non fosse stato elevato dalla grazia, che invece gli è stata donata fin dal principio.
Se ad Abu Dabi si voleva dire che Dio permette tutte le religioni, è un conto, ma sarebbe dovuto essere chiaro almeno nelle premesse.
Al contrario: parlare SEMPRE di uguaglianza delle religioni potrebbe rappresentare una chiave interpretativa per interpretare le parole di Abu Dabi in senso stretto, che è sbagliato.
Un po' come quando si dice che Dio non si offende per il peccato dell'uomo: in senso letterale è una eresia, perché la Chiesa ha sempre affermato il contrario.
Se però con tali parole si vuole dire che Dio non porta rancore e offre sempre il perdono, e che il peccato dell'uomo non fa male a Dio, ma all'uomo stesso, possono essere ammesse, ma solo come una licenza che, però, deve essere CHIARO che è una licenza. Perché dire che Dio non rimane offeso dal nostro peccato è una vera bestemmia contro l'amore divino.
Se Dio ci ama più di noi stessi e ci ama infinitamente, come può il nostro peccato non colpirlo e offenderlo, in modo misterioso, ma reale? In realtà se il peccato non offende Dio si può peccare.
Purtroppo la totale mancanza di attenzione in certe espressioni da parte dei Pastori (di certi Pastori), che sono i "banchieri" a cui è affidata la Rivelazione, toglie ogni punto di riferimento a espressioni che di per se potrebbero essere solo un po' provocatorie ma senza distaccarsi dalla verità.
E un "contrappeso" autorevole, certe espressioni generalmente sono interpretate come sono sentite, cioè come ognuno "si sente" di fare. Cioè come ognuno vuole.
I danni per la fede e per le anime sono enormi.

Anonimo ha detto...

Fozio lo santifichiamo dunque oggi come pure Lutero. Oh come è santa la nuova chiesa che santifica tutti. Peccato che Gesù non la pensa allo stesso modo.

Anonimo ha detto...

Mic, mi sarebbe piaciuto un tuo parere sull'articolo, alla luce dei nostri interventi.
Antonio

Catacumbulus ha detto...

Citazione dall'articolo:
"Esistono due realtà ben distinte. Una cosa è forzare qualcuno ad accettare una religione e a praticare atti religiosi contro la propria coscienza; un'altra cosa è proclamare come diritto naturale voluto da Dio in modo certo la scelta, la pratica e la diffusione dell'errore e delle false religioni [...]".

Mi pare sarebbe ancora più chiarificante spiegare questa differenza nei termini della distinzione classica tra "foro interno" e "foro esterno".

Come in positivo insegna l'esempio di Socrate, si può persino mettere a morte qualcuno, senza riuscire per questo a incidere minimamente sul suo "foro interno". E, infatti, i processi dell'inquisizione, anche quando in ultimo esitavano, come ad es. nel caso di Giordano Bruno, nella consegna dell'eretico pertinace alla giustizia civile (sapendo che le leggi civili lo avrebbero condannato a morte), erano sempre tesi al doppio scopo di salvare, da un lato, l'anima dell'eretico stesso (CONVINCENDOLO dei propri errori, azione che quando aveva successo comportava anche l'avere salva la vita) e, dall'altro, di salvaguardare dall'eventuale plagio le coscienze dei cristiani. La pena di morte era ritenuta la extrema ratio, espressione di una legittima difesa esercitata dalla società cristiana, onde evitare che un membro corrotto potesse infettarne il corpo intero.

Dunque, mentre esiste un'impossibilità ontologico-metafisica a esercitare coercizione in foro interno (e, dunque, non ha senso nemmeno provarci), al contrario, esiste persino un dovere delle autorità civili ad impedire l'esercizio e la propaganda pubblica dell'errore, proprio in ragione del diritto che l'uomo stesso ha, questo sì per natura, di non essere impedito in alcuno modo, neanche a causa di un plagio ideologico, nel proprio accesso alla verità.

Da notarsi che la coercizione in foro esterno viene regolarmente esercitata anche oggigiorno, ma molto raramente in nome della verità (si invoca la difesa della verità ormai forse solo nel caso della giusta repressione esercitata verso la propaganda del nazismo: ma perché non anche rispetto a quella del comunismo?), mentre quasi sempre in nome di un'errata interpretazione relativistica del diritto a non essere plagiati.

mic ha detto...

Antonio sollecita il mio punto di vista.

Inizio col dire che mons. Schneider è sempre stato il primo a prendere posizione e riaffermare le verità cattoliche in ogni occasione, e sono molte, in cui si sia reso necessario.
In questo caso è tanto più significativo in quanto contribuisce a infrangere il tabù dell'indiscutibile concilio quo maius cogitari non potest. Almeno fino ad oggi. Inoltre dalla relazione del 2010 di cui ho messo il link, si deduce la sua chiara consapevolezza sulla necessità di una corretta ermeneutica dei documrnti conciliari, resa necessaria dalla dichiarata pastoralità che rifugge da definizioni dogmatiche... anche se di fatto è l'intero concilio - o meglio quello che mons. Gherardini chiama il suo gegen-geist (contro-spirito) - ad esser divenuto un nuovo superdogma intoccabile.
Tornando a mons. Schneider penso che dobbiamo apprezzare il suo coraggio e appoggiarlo sia con la preghiera che interloquendo con lui per tener vivo il dibattito, a cui non si è mai sottratto. Ricordate anche la sua posizione sulla collegialità?

http://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2017/03/athanasius-schneider-la-dottrina-sulla.html

Anonimo ha detto...

"L'idea che tutte le verità sono uguali, tutte le religioni sono uguali, di conseguenza tutte le morali hanno pari dignità, che ogni coscienza è a modo suo valida, che ognuno può giudicare teologicamente quello che può fare, tutte queste sono idee umaniste di lassismo totale senza alcuna disciplina di pensiero, che conducono alla posizione che ognuno può fare come vuole. Tutto ciò è assolutamente contrario alla nostra Fede Cattolica".
Marcel Lefebvre

Anonimo ha detto...

Mic, anche io apprezzo i passi in avanti di Schneider sul Concilio, oltre tante prese di posizione ugualmente apprezzabili e, per questo,lo ringrazio.
Rimangono, in ogni caso, certe reticenze su punti importanti e credo che vadano sottolineate.
Se oggi diversi pastori cominciano a parlare chiaro é anche merito del parlare chiaro e forte di molti fedeli.
Per questo, pur apprezzando codesti Pastori,Schneider, Burke ecc. non mancherò di evidenziarne i loro limiti.
Al momento quello che vedo più coerente ed esplicito é mons. Viganò.
Comunque ti ringrazio per l'attenzione.
Antonio

Anonimo ha detto...

A mio parere la sua è una schietta intelligenza Italiana, Romana. Dove sono evidenti radici potenti, quelle che la ue nel pensier s'è finta di tagliare ignorandole.

Anonimo ha detto...


Circa il subsistit in e dintorni - Giusta la notazione critica di Mic

Ulteriori osservazioni.
Il testo conciliare, perché non ha usato un avverbio come "solo", "unicamente", riferito al " sussistere"?
La frase conc. citata da Mons. Schneider : "Questa unica vera religione crediamo che sussista nella Chiesa Cattolica e Apostolica". Perché il testo non dice " ..crediamo che sussista s o l o nella Chiesa catt. e apost."? Con questo avverbio non si sarebbe riaffermata l'unicità della Chiesa per la salvezza? Non l'hanno messo l'avverbio a ragion veduta, perché volevano introdurre una nozione "allargata" di Chiesa cattolica, aperta al dialogo ecumenico e quindi spuria. Se avessero messo "solo" avrebbero reso vana la specificazione di LG 8, dove appunto si dice che al di fuori della Chiesa catt. si trovano "parecchi elementi di santificazione e di verità, che, appartenendo propriamente per dono di Dio alla Chiesa di Cristo, spingono verso l'unità cattolica".
Questi "elementi" capaci di santificazione e verità supposti appartenenti alla Chiesa di Cristo non possono essere altro che gli scismatici ed eretici che ben conosciamo. Ciò risulta con chiarezza dal lungo par. 3 del Decreto Unitatis Redintegratio sull'ecumenismo, dove si dice apertamente che "Chiese e comunità separate", nonostante le loro carenze, concorrono anch'esse, in quanto tali, alla salvezza (un'eresia bella e buona): "Lo Spirito di Cristo infatti non ricusa di servirsi di esse come di strumenti di salvezza la cui forza deriva dalla stessa pienezza della grazia e della verità che è stata affidata alla Chiesa cattolica". Invece, si è sempre correttamente insegnato (dottrina del battesimo di desiderio espl. e implic.) che i membri di queste "chiese e comunità" che si salvano, lo fanno nonostante la loro appartenenza a queste sette.
Non disse lo stesso Paolo VI che LG 8, articolo del subsistit in, trovava la sua ermeneutica in UR, 3? E in quest'ultimo si dice anche che solo la Chiesa cattolica ha "tutta la pienezza dei mezzi della salvezza"(UR 3.4). Ma anche così non va bene: significa che esistono anche mezzi meno pieni per ottenere la salvezza, quelli dei c.d. "fratelli separati" appunto. E difatti il Concilio ha introdotto anche questo concetto spurio della "comunione imperfetta" tra noi e i non cattolici, all'insegna della "pienezza" ora piena ora meno piena - un abominio teologico allucinante, che ora finalmente autorevoli e coraggiosi prelati prendono di petto (certo in ritardo, ma meglio tardi che mai, come si suol dire).
PP