Il cuore a Gesù solo
Quando il bimbo non conta che due anni, i Savio tornano a Murialdo, continuando il loro lavoro. Domenico è un marmocchio di pochi anni e quando il papà ritorna stanco alla sera, Domenico l’attende per dirgli: “Sei stanco papà? Io sono buono a poco, ma prego il buon Dio per te”. La mamma lo porta alla Messa tutte le domeniche. Gli altri bambini, mentre aspettano il prete, fanno schiamazzi. Lui si inginocchia per terra e prega. Quando a casa viene un tale che si mette a mangiare senza neppure fare il segno di Croce, Domenico si rifiuta di venire a tavola, perché “non posso mangiare con uno che divora tutto come le bestie”. A sette anni è ammesso alla prima Comunione, cosa rarissima ai suoi tempi. Con il cuore in festa fissa quattro propositi come quattro rampe da atleta
per salire alle vette di Dio, da rocciatore di sesto grado:
“Mi confesserò e comunicherò sovente;
voglio santificare le feste;
i miei amici saranno Gesù e Maria;
la morte ma non peccati”.
Gesù dunque è per lui l’amico, l’Amico per eccellenza, l’Amico che gli riscalda il cuore, lo innamora, lo spinge al sacrificio, fino alla morte se Lui lo vuole. È come dire: “Quanto ho di più caro al mondo è Gesù Cristo”. Il suo cuore e la sua vita, Domenico li dona a Gesù solo. Va a scuola a costo di fatica: una quindicina di chilometri ogni giorno, a piedi, per strade insicure. Gli domandano se non ha paura. Risponde: “Macché paura! Io non sono solo. Ho l’Angelo custode che mi accompagna”. Una mattina d’inverno a scuola, mentre si attende il maestro (un buon prete di nome Don Cugliero), i compagni riempiono la stufa di sassi e di neve. Al maestro irato, i ragazzini dicono: “È stato Domenico”. Lui non si scolpa e il maestro lo punisce severamente, mentre gli altri sghignazzano. All’indomani però, la verità si viene a sapere e l’insegnante gli domanda: “Perché non mi hai detto che eri innocente?”.
Risponde Domenico: “Quel tale, già colpevole di altre mancanze, sarebbe stato cacciato da scuola. Io pensavo di essere perdonato. E poi pensavo a Gesù... anche Lui è stato castigato ingiustamente...”.
Alla scuola di Don Bosco
Don Cugliero presenta questo ragazzo al suo amico, Don Bosco. Il 12 ottobre 1854, papà Carlo accompagna Domenico nell’aia della casa dei Becchi, dove Don Bosco è venuto con i suoi ragazzi. Il santo educatore lo trova intelligente, carico di doti, e se lo porta a Torino, all’oratorio di Valdocco. Nell’ufficio di Don Bosco c’è una scritta in latino che dice: “Dammi le anime, Signore, e prenditi il resto”. Domenico legge, comprende e commenta: “Qui si fa commercio non di denaro, ma di anime”. Qualche giorno dopo, Don Bosco durante una buona notte dice ai suoi ragazzi: “È volontà di Dio che ci facciamo santi. Dio ci prepara un grande premio in cielo se ci facciamo santi”. Domenico avvicina Don Bosco a quattr’occhi e gli domanda: “Come devo fare?”. Don Bosco gli risponde: “Servi il Signore nella gioia”.
Da quel giorno, Domenico diventa l’intimo amico di Gesù. Ogni otto giorni la Confessione, tutti i giorni la Messa con la Comunione. Con la gioia nel cuore, mosso dallo spirito di sacrificio che il Crocifisso gli ispira, si butta nei comuni doveri della vita, compiendoli con perfezione e amore di Dio per conquistare i suoi compagni a Gesù, tanto nella scuola, come nel gioco.
Anche se ancora ragazzo, sente il bisogno di fare apostolato, di annunciare Gesù in mezzo ai compagni e le occasioni non gli mancano. Tra i ragazzi di Valdocco c’è uno che ha portato giornali osceni: Domenico glieli fa a pezzi, anche se rischia di prendersele. Alla porta dell’Oratorio, c’è un protestante che viene a fare propaganda: lui lo manda via e allontana i compagni che lo ascoltano. Sulla strada c’è un carrettiere che bestemmia: lui lo richiama dolcemente a cambiar modo di parlare. Passa un sacerdote che porta l’Eucaristia a un moribondo: Domenico si inginocchia nel fango della strada e fa inginocchiare anche un ufficiale impettito nella sua divisa, stendendogli il suo fazzoletto per terra. Due compagni fanno a sassate fino a spaccarsi la testa: lui, in nome del Crocifisso, fa da paciere, rischiando di avere la testa rotta al loro posto.
Nelle vacanze a Mondonio, il paese dove i suoi si sono sistemati, anima i giochi degli amici e insegna il Catechismo. Autorevole per bontà e letizia, tutti lo ascoltano e ne sono interiormente cambiati. All’Oratorio di Don Bosco, brucia di passione per essere simile a Gesù Crocifisso: tra le lenzuola nasconde alcuni sassolini per fare penitenza per la conversione dei ragazzi lontani da Dio. Una mattina di gennaio, Don Bosco lo trova tutto intirizzito con una sola coperta. “Perché – spiega Domenico – Gesù sulla Croce era più povero di me”.
Dopo che Pio IX ha proclamato il dogma dell’Immacolata Concezione di Maria (8 dicembre 1854), Domenico Savio vuole fare qualcosa di grande per la Madonna. Raduna i suoi amici migliori e dice: “Uniamoci, fondiamo una compagnia per aiutare Don Bosco a salvare molte anime”. La Confessione e la Comunione frequenti, la preghiera e l’istruzione religiosa, l’impegno tenace per portare a Dio i compagni più difficili, sono i cardini della ormai nata Compagnia dell’Immacolata. Don Bosco è la sua guida in tutto, ma qualche volta è Domenico che guida Don Bosco in opere straordinarie di bene.
Promosso sul campo
All’inizio del 1857, Domenico è diventato assai fragile. Rientra nella sua casetta a Mondonio e sa che Gesù lo chiama all’incontro definitivo con Lui. Si prepara festante. Saluta il papà e la mamma. La sera del 9 marzo, mentre il papà gli legge la preghiera della buona morte, Domenico si colora in volto e con voce vivace dice: “Addio, caro papà... Oh che bella cosa io vedo mai...”. È la Madonna che viene a prenderlo per introdurlo nella vita che non muore. Lo dirà lui stesso in sogno a Don Bosco: “È stata Maria Santissima la mia più grande consolazione in vita e in morte. Lo dica ai suoi figli che non dimentichino mai di pregarla”.
La fama di santità di Domenico dilagò in tutta la Chiesa e nel mondo intero. Vennero i miracoli a confermare la sua santità. E il 12 giugno 1954, nella Basilica di San Pietro a Roma, il papa Pio XII lo proclamò santo davanti a migliaia di giovani. Poi il grande Pontefice si inginocchiò davanti a quel ragazzo, per rendergli venerazione e invocarne l’intercessione per tutta la Chiesa.
Come aveva già iniziato nella sua breve esistenza, San Domenico Savio sarà un trascinatore di altri ragazzi a Gesù su tutte le vie della terra. Un capitano di 15 anni, promosso sul campo di battaglia più sublime, quello della santità. Tutt’altro che un santino latte e miele, ma un vero atleta, un principe di Dio. (Paolo Risso - Fonte)
11 commenti:
San Domenico Savio:
"Mamma, andiamo in Chiesa a trovare Gesù! Ascoltiamo la Messa!
- Figlio mio, oggi non posso lasciare la casa.
- Ed allora ci vado da solo. Ho cinque anni, ma conosco la strada.
Intanto la Chiesa era chiusa. Domenico non perdette il tempo. S'inginocchiò dietro la porta, congiunse le mani e pregò, in attesa che il sacrista aprisse.
Giunsero altri ragazzi e cominciò lo schiamazzo sul piazzale della Chiesa. Uno di loro si avvicinò a Domenico - Che cosa stai a fare in ginocchio? - Prego! - E non vedi che è piovuto e sporchi i calzoni? - Non importa! Dentro la Chiesa c'è Gesù! - Vieni a giocare con noi! - No, non posso! -
Frattanto arrivò il Cappellano. Davanti a questa scena il pio Sacerdote si commosse e domandò: Chi è questo bambino? - E' il figliuolo di Carlo Savio, il fabbro ferraio! - Fortunato genitore!"
San Domenico Savio intercedi per noi
9 marzo Santa Caterina da Bologna
Figlia di uno stimato giurista bolognese, sui 9 anni deve trasferirsi con la famiglia a Ferrara: suo padre va al servizio di Niccolò III d’Este, che sta costruendo il ducato di Ferrara, Modena e Reggio. E lei è nominata damina d’onore di Margherita, figlia di Niccolò. La città di Ferrara sta diventando una meraviglia, chiama artisti da ogni parte, vengono illustri pittori e architetti italiani (e uno addirittura vi è nato: Cosmé Tura), e letterati francesi, e artisti fiamminghi dell’arazzo...
Caterina va agli studi, si appassiona di musica e pittura, di poesia (anche latina, presto). Ma d’un colpo tutto finisce, sui suoi 14 anni: le muore il padre, la madre si risposa, e riecco lei a Bologna, sola, abbattuta, in cerca di pace nella comunità fondata dalla gentildonna Lucia Mascheroni. Ma presto il rifugio diventa luogo di sofferenza e travaglio, per una sua gravissima crisi interiore: una “notte dello spirito” che dura cinque anni.
E allora torna a Ferrara, ma non più a corte: nel monastero detto del Corpus Domini. Qui la damina si fa lavandaia, cucitrice, fornaia. Preghiera e lavoro, mai perdere tempo, dice la Regola delle Clarisse che qui si osserva. E a lei va bene: lava i piatti, dipinge, fa le pulizie, scrive versi in italiano e in latino, insegna preghiere nuove, canti nuovi.
Con lei il monastero è un mondo di preghiera e gioia, silenzio e gioia, fatica e gioia. Diventa famoso, tanto che ne vogliono uno così anche a Bologna, dove va a fondarlo appunto Caterina, come badessa.
Porta con sé la madre, rimasta ancora vedova. Siamo nel 1456: anche questo monastero s’intitola al Corpus Domini. Caterina compone testi di formazione e di devozione, e poi un racconto in latino della Passione (cinquemila versi), un breviario bilingue. Si dice che abbia apparizioni e rivelazioni, e intorno a lei comincia a formarsi un clima di continuo miracolo. Ma anche restando con i piedi per terra, è straordinario quel suo dono di trasformare la penitenza in gioia, l’obbedienza in scelta. C’è in lei una capacità di convincimento enorme. Garantisce lei che la perfezione è per tutti: alla portata di chiunque la voglia davvero.
Già in vita l’hanno chiamata santa. E questa voce si diffonde sempre più dopo la sua morte, tra moltissimi che non l’hanno mai vista, e la conoscono solo dai racconti di prodigi suoi in vita e in morte. A quattro mesi dal decesso, dice una relazione dell’epoca, durante un’esumazione, sul suo viso riapparvero per un po’ i colori naturali. Santa da subito per tutti, dunque, anche se la canonizzazione avverrà solo nel 1712, con Clemente XI. Il suo corpo non è sepolto. Si trova collocato tuttora sopra un seggio, come quello di persona viva, in una cella accanto alla chiesa che a Bologna è chiamata ancora oggi “della santa”.
Autore: Domenico Agasso
SAN PIO DA PIETRELCINA (LA CUI MESSA DURAVA OLTRE 2 ORE ), RAPPRESENTA UNA TESTIMONIANZA VIVENTE DELLA DOTTRINA CATTOLICA SULLA SANTA MESSA: EGLI INFATTI RIVIVEVA DURANTE LA MESSA L’INTERA PASSIONE DI CRISTO (CHE IN ESSA SI RINNOVA). ECCO LA SUA TESTIMONIANZA RACCOLTA DALLA SUA FIGLIA SPIRITUALE CLEONICE MORCALDI E PUBBLICATA NEL LIBRO “LA MIA VITA VICINO A PADRE PIO".
Diario intimo spirituale”. “Padre, ditemi, per amore di Dio, se la corona di spine l’avete per tutto il tempo della Messa” – “Sì, e anche prima e dopo”. “Quanti peccati espiò Gesù con la corona di spine?” – “Tutti, in particolare i peccati di pensiero”. “A Gesù durante la Passione strapparono i capelli. Soffrite pure questo, voi?” – “Mi scerpano pure le ossa”. “Anche la flagellazione soffrite durante la santa Messa?” – “Sì, in modo crescente dalla consacrazione alla comunione”. “Quando subite la morte?” – “Nella santa comunione”. “L’Addolorata vi assiste? È sempre presente durante il divino Sacrificio?” – “Può una Madre disinteressarsi del Figlio? C’è Lei e c’è tutto il Paradiso”. “Perché avete pianto durante le tre Messe di Natale?” – “E me lo domandi pure? Non pensi al tremendo mistero della Messa? Un Dio vittima per la salvezza degli uomini che L’offendono. Non pensi che tutto il Paradiso si riversa sull’Altare? E noi sacerdoti siamo i macellai dell’Agnello di Dio”. “Ditemi come devo assistere alla vostra Messa” – “Compatendo e amando. Assisti come assistettero la Vergine e le pie donne”. “Quanta gloria dà a Dio la santa Messa?” – “Infinita gloria!”. Come infiniti sono i benefici che ciascuno di noi può trarne…"
https://www.lanuovabq.it/it/danni-neurologici-irreversibili-con-la-didattica-a-distanza
L'INTERVISTA
«Danni neurologici irreversibili con la didattica a distanza»
ATTUALITÀ10-03-2021 Luisella Scrosati
«Con i lockdown e la didattica a distanza abbiamo forzato i ragazzi alla dipendenza on-line». Parola della neurologa Rosanna Chifari Negri che alla Bussola lancia l'allarme: «E' il fenomeno dell’on-line brain che colpisce il lobo frontale, sede della decisione, della strategia, che diventa atrofico e perde neuroni in modo irreversibile. L’assottigliamento della corteccia vuol dire perdita neuronale. Non si riesce a fissare il ricordo. Tutti i ragazzi che vengono testati manifestano perdita di memoria e di attenzione e hanno anche psicopatologie sociali»...
https://www.provitaefamiglia.it/petizione/non-in-mio-nome-e-non-con-i-miei-soldi-firma-perche-la-rai-non-trasmetta-piu-spettacoli-blasfemi-come-a-sanremo
Copioincollo un commento :
Giangian
Le parole non bastano a descrivere l'orrore e lo sdegno per questa inciviltà. E' ora di alzarsi in piedi e dare testimonianza davanti a tutti della nostra fede, e fare atti di riparazione.
https://gloria.tv/post/FFXcbfAVuZ1p2eNWvgJDpu3JZ
LAVAGGIO DEL CERVELLO.
Per difendere l'indifendibile, per giustificare cioè la prosecuzione di una dittatura politica mascherata da emergenza sanitaria, i giornali più venduti (nel senso che vendono più copie) oggi danno il meglio.
https://gloria.tv/post/vVGb7QfnutFZ3eU3zbncVs4D4
Ah se ogni Paese ritornasse alla sua storia ed ai suoi proprii problemi..!!
Succubi dell'onu , dell'oms , di varii ed eventuali..vi auguro un bel risciacquo dei neuroni di dendriti e sinapsi e doppia dose di cura iperbarica !
E queste elencate sono, per ogni fedele, basi sicure su cui insistere per cooperare al trionfo del Cuore Immacolato di Maria.
https://lanuovabq.it/it/andrea-dascanio-il-sacerdote-che-faceva-pregare-i-bambini
Bellissimo !
Ai miei tempi i bambini venivano raccolti casa per casa da ogni catechista che aveva assegnata una sua classe , condotti i Chiesa , divisi in banchi distinti e tutti i ginocchio mezz'ora prima della Messa pregavano il Santo Rosario condotto dalle catechiste.
Don Luca Paitoni
https://www.youtube.com/watch?v=KHwGn2qQdJU
I 10 Comandamenti
4° Comandamento: Onora il padre e la madre
20.30: S. Rosario
21.00: Catechesi
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