Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

venerdì 31 marzo 2023

L’Associazione Modena Musica Sacra in concerto pasquale con il Requiem di W.A. Mozart

Pubblico uno scritto del carissimo amico Cristiano Lugli, con annessa locandina, a segnalazione di due bei concerti organizzati da un’associazione di musica sacra modenese. La loro storia è degna di nota e vanno certamente aiutati perché sono stati letteralmente sbattuti in strada da un giorno all’altro dalla diocesi, con licenziamento del direttore della cappella musicale del Duomo (padre di famiglia peraltro).

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Il prossimo fine settimana l’Associazione Modena Musica Sacra APS terrà due importanti concerti sul territorio emiliano con l’opera di W.A. Mozart Requiem KV 626, per soli, coro e orchestra, entrambi ad ingresso gratuito.
Si parte sabato 1º aprile alle ore 21:00, presso la Chiesa del Voto di Modena; il secondo concerto si terrà invece domenica 2 aprile, alle ore 16:00, presso la Chiesa di San Francesco del Prato a Parma.

Il soprano Maria Francesca Rossi, il contralto Sayumi Kaneko, il tenore Gianluca Moro, il basso Andrea Pellegrini, con i Pueri e Juvenes Cantores, la Schola Polifonica e l’Orchestra I Musici di Parma, diretti dal maestro Daniele Bononcini daranno vita a questa meravigliosa opera musicale in due appuntamenti diversi, proprio a ridosso dell’inizio della Settimana Santa.

Il coraggio di Modena Musica Sacra è davvero notevole, perché si dà il caso che la prestigiosa istituzione della Cappella Musicale nata nel 1400 e da sempre unita alla cattedrale cittadina di Modena, qualche mese fa abbia subito lo sfratto dal Duomo.

Il Capitolo Metropolitano del Duomo ha revocato infatti, dopo appena nove anni, la convenzione trentennale che garantiva una sede ai cori della Cappella musicale e, non contento, quattro giorni dopo ha licenziato il maestro organista Daniele Bononcini. Alla base della decisione, la Diocesi di Modena avrebbe sentenziato esserci motivi economici.

Il maestro Bononcini aveva fatto sapere che solo nel 2021 «i concerti sono stati seguiti da oltre 100.000 persone, significando un’autentica attestazione di stima»

Che le diocesi in generale siano ormai in rosso non è un mistero, come del resto non è un mistero una delle motivazioni di questo “rosso”, ovvero il crollo verticale dell’8x1000 che una “chiesa in uscita” non ha saputo gestire, dal momento che i non cattolici sono rimasti tali, e i cattolici si sono stancati di destinare l’8x1000 ad una “chiesa in uscita” solo verso ciò che di meno cattolico esista. Per buona pace dei vescovi, che sono corresponsabili di tutto questo sfacelo.

Detto ciò, però, è curioso notare come le spending review episcopali taglino solo laddove vi sia qualcosa di legato alla tradizione, come la Cappella Musicale diretta dal maestro Bononcini sapeva custodire: sacralità, canto gregoriano, arte sacra.

Tutte cose da accantonare in soffitta o, addirittura, in questo caso, da buttare in mezzo alla strada.

Nessuno è profeta in casa propria, questo sì. Ma meno che mai in casa di chi non ha più alcun tipo di interesse per tutto ciò che riguarda la cultura — quella vera — e l’Arte — quella vera —, quella che nasce per elevare la mente, il cuore e l’anima verso Dio. Per queste cose non c’è più spazio, soprattutto quando esse dovrebbero essere applicate nella liturgia.

Cosa importa, infatti, del canto gregoriano, della sacralità liturgica, a chi della liturgia ne ha fatto un polpettone ecumenico per non dispiacere ai luterani, ma anzi per sentirsi più vicini a loro?

La liturgia è la Fede pregata. Il fatto è che qui, ormai da diverso tempo, si pensa di parlare la stessa lingua con chi di fatto appartiene ad un’altra “fede”, ad un’altra religione.

Il riferimento è ovviamente generale, tuttavia comprendendo purtroppo gran parte delle diocesi e dei vescovi.

Se ci fosse la Fede, mai e poi mai si andrebbe a togliere qualcosa che rende lode e gloria a Dio. Ma la Fede non c’è, e quindi si toglie ciò che, per chi non ha la Fede, risulta tutto sommato superfluo o peggio obsoleto.

Pazienza. Si deve andare avanti cercando di salvare ciò che può essere salvato e ciò che, soprattutto, è a maggior Sua gloria.

Così come ha cercato di fare l’Associazione Modena Musica Sacra, che attraverso la perseveranza dei suoi membri e con l’umiltà del proprio direttore, il maestro Daniele Bononcini, superato lo sconforto e lo shock iniziale si è rimboccata le maniche e si è rimessa in gioco attraverso dei concerti.

In una maniera del tutto nuova se vogliamo, ma con coraggio ed in attesa — speriamo — di poter ritrovare un proprio posto nella liturgia (e chissà che esso non sia nella Santa Messa di sempre, rito in cui il senso del sacro, grazie a Dio, è custodito da duemila anni).

Gli ambienti che cercano di custodire la tradizione, attraverso la dottrina, la liturgia, la morale, hanno un famelico bisogno di persone e di artisti che abbiano a cuore la tradizione stessa. Speriamo che Modena Musica Sacra possa presto trovare un posto proprio all’interno degli ambienti che la tradizione la difendono: ve ne sarebbe tanto bisogno! Non ci saranno sicuramente le belle chiese, ma come diceva un saggio vescovo, «loro avranno pure le chiese, ma noi abbiamo la Fede si sempre».
E questo, d’altronde, è tutto ciò che conta davvero.
Nel frattempo, paradosso dei paradossi (ma forse in effetti nemmeno troppo), il Comune di Modena ha approvato in giunta l’affidamento della chiesa del Voto, uno dei più importanti edifici religiosi del centro storico di Modena sia per la sua vicinanza al Duomo sia per il suo profilo devozionale, storico e artistico, all’associazione Modena Musica Sacra: l’obiettivo del comune modenese è quello di valorizzare maggiormente questo piccolo gioiello storico, religioso ed artistico quale è la chiesa del Voto, affidando all’associazione le attività musicali e garantendo il libero accesso ai fedeli e al pubblico in orari prestabiliti.

La struttura sarà concessa gratuitamente, e il Comune di Modena si farà carico del pagamento delle utenze e della manutenzione ordinaria e straordinaria.
L’accordo avrà una durata di dieci anni, con la possibilità di essere prorogato — previo accordo tra le parti.

Ancora una volta l’autorità civile riesce a fare meglio dell’autorità (?) religiosa.

Quanto al resto, non possiamo che augurare a questi ai professionisti di Modena Musica Sacra ogni benedizione, affinché, attraverso l’arte sacra, rimangano saldi nella Fede e fermi nella Speranza.

Chi volesse aiutarli intanto, in qualsiasi maniera, oltre a non mancare ad almeno uno dei due appuntamenti per il prossimo fine settimana, può certamente prendere contatti con la direzione dell’associazione medesima attraverso i canali social e attraverso gli indirizzi facilmente rintracciabili.
Cristiano Lugli

7 commenti:

Come prima, più di prima ti amerò ha detto...

La Finlandia entra nella NATO, grazie ad Ergodan. Niente paura: le telefonate e le strette di mano con Putin continueranno come prima, più di prima!

Anonimo ha detto...

I GIUDEI TEMEVANO DI PERDERE LE COSE TEMPORALI E NON SI PREOCCUPAVAO DELLA VITA ETERNA, E COSI' PERDETTERO L'UNA E L'ALTRA (S.AGOSTINO)

I gran sacerdoti e i farisei radunarono allora un consiglio e dicevano: Che facciamo? (Gv 11, 47). Non dicevano mica: Crediamo! Quegli uomini perversi infatti erano più impegnati a infierire su di lui fino a eliminarlo che non a cercare la loro salvezza. E tuttavia erano perplessi e si consultavano. Infatti dicevano: Che facciamo? perché quest'uomo fa molti prodigi! Se lo lasciamo continuare, tutti crederanno in lui e verranno i Romani e ci distruggeranno città e nazione (Gv 11, 47-48). Temevano di perdere le cose temporali e non si preoccupavano della vita eterna, e così perdettero l'una e l'altra.

I Romani infatti, dopo la passione e la glorificazione del Signore, distrussero la loro città e la loro nazione, espugnando la città e deportando la popolazione. Si realizzò così la profezia: I figli del regno saranno cacciati fuori nelle tenebre (Mt 8, 12). Temevano che se tutti avessero creduto in Cristo, non sarebbe rimasto nessuno a difendere la città e il tempio di Dio contro i Romani. Erano infatti convinti che la dottrina di Cristo fosse contraria al tempio e alle leggi dei loro padri.

Uno di essi, però, Caifa, che era sommo sacerdote di quell'anno, disse loro: Voi non ci capite nulla, né riflettete che è nel vostro interesse che un uomo solo muoia e non perisca la nazione intera. Ora, questo non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote di quell'anno, profetò (Gv 11, 49-51). Apprendiamo qui che lo spirito di profezia può annunciare il futuro anche per bocca di un uomo indegno; la qual cosa l'evangelista l'attribuisce a un'occulta disposizione di Dio, per il fatto che Caifa era pontefice, cioè sommo sacerdote. [Può sembrare strano che l'evangelista dica di Caifa che era sommo sacerdote per quell'anno, dato che Dio aveva stabilito che un sommo sacerdote dovesse restare in carica fino alla sua morte. Ma è risaputo che in seguito, per soddisfare ambizioni ed evitare contese, si stabilì che fossero più di uno fra i Giudei, e che ciascuno a turno esercitasse la carica per un anno. Anche di Zaccaria si dice che mentre prestava servizio sacerdotale nel turno della sua classe, innanzi a Dio, secondo l'uso del sacro ministero, gli toccò in sorte di entrare nel santuario del Signore per bruciare l'incenso (Lc 1, 8-9). Questo dimostra che vi era più di un sommo sacerdote, e che prestavano il loro servizio a turno, poiché solo al sommo sacerdote spettava bruciare l'incenso (cf. Es 30, 7). E probabilmente anche durante il medesimo anno prestavano servizio in diversi, ai quali si avvicendavano altri nell'anno successivo, e tra questi veniva sorteggiato chi doveva bruciare l'incenso. E cosa profetò Caifa? Profetò che Gesù sarebbe morto per la nazione, e non per quella nazione soltanto, ma anche per radunare insieme i figli di Dio dispersi (Gv 11, 51-52). Questo lo ha aggiunto l'evangelista, in quanto la profezia di Caifa si limitava alla nazione dei Giudei, nella quale si trovavano quelle pecore di cui il Signore aveva detto: Sono stato mandato soltanto alle pecore perdute della casa d'lsraele (Mt 15, 24). Ma l'evangelista sapeva che esistevano altre pecore che non erano di quell'ovile, e che dovevano essere radunate, in modo che vi fosse un solo ovile, e un solo pastore (cf. Gv 10, 16). Tutto questo, però, l'evangelista lo dice tenendo conto della predestinazione, in quanto quelli che non credevano in lui, non erano ancora né sue pecore né figli di Dio.]

Venerdì di Passione

Gv.11,47-54

S.AGOSTINO
Tractatus 49 in Joannem, sub finem

Breviario Romano, Letture del Mattutino

Anonimo ha detto...

...segue
Letture della Messa

Lezione (Ger. 17,13-18) Decidersi per Dio

Per bocca di Geremia siamo invitati a riflettere sulla necessità della scelta tra Gesù Cristo e il mondo, sulle responsabilità che essa impone in ordine alla vita pratica e alle conseguenze ultime di un rifiuto. Condanniamo in noi ciò che non vorremmo che Egli condanni all’ultimo giorno. In questo sta l’essenza della nostra partecipazione alla condanna e alla Morte del Signore: che il nostro vecchio uomo sia crocifisso con Lui.

Vangelo (Gv. 11,47-54) Il Sinedrio delibera la morte di Gesù

Odio religioso e timori politici agitano gli animi dei sinedriti. La verità è che Gesù li ha delusi nelle loro aspirazioni terrene e li ha irritati nel loro orgoglio che non sente il bisogno di una salvezza spirituale. Con l’iniqua sentenza essi si schierano direttamente contro Dio e i suoi disegni di salvezza e suggellano con un atto solenne l’incomprensione maturata per secoli. Per ispirazione divina Caifa profeta che Gesù deve morire non soltanto per la nazione ma affinché raccogliesse in unità i figli di Dio dispersi. Il conciliabolo dei capi di Israele si rinnova nella storia delle nazioni e si ripete la medesima condanna. Ma su Cristo la morte non ha più alcun potere e ogni condanna si risolve contro coloro che la pronunciano. Per noi la Risurrezione di Cristo è diventata una meta, in essa rifulge per noi la certezza della vittoria.

Anonimo ha detto...

Venerdì dopo la I Domenica di Passione = Festa dei Sette Dolori della Beata Vergine Maria

Sancta Mater, istud agas
Crucifixi fige plagas
Cordi meo valide.

Anonimo ha detto...

Oggi feria VI della settimana di Passione secondo il vecchio e sempre attuale rito si faceva memoria dei dolori di Maria Ss.ma. Rivolgiamo almeno a Lei nostra Corredentrice un breve pensiero, una preghiera, un sia pur piccolo sacrificio.

Dalla liturgia: Deus, in cuius passióne, secúndum Simeónis prophetíam, dulcíssimam ánimam gloriósæ Vírginis et Matris María dolóris gladius pertransívit: concéde propitius; ut, qui transfixiónem eius et passiónem venerándo recólimus, gloriósis méritis et précibus ómnium Sanctórum Cruci fidéliter astántium intercedéntibus, passiónis tuæ efféctum felícem consequámur.

Aloisius ha detto...

Bellissima realtà e bellissimo articolo.
Assistiamo alla Chiesa che rinnega sé stessa, si vergogna di sé stessa
La musica cattolica sacra, per la gerarchia attuale, è solo "chincaglieria" da svendere o rottamare.
Convinzione disastrosa e barbarica, che si basa sul falso presupposto che alla gente del terzo millennio, cattolica e non, non piaccia più perché non va di moda.
E ciò perché, come scritto bene nell'articolo, manca la fede.
È lampante.
Apostasia che fa perdere persino l'amore che hanno dimostrato di avere i non credenti della rossa Emilia Romagna per le tante cose belle della nostra Italia e del proprio "campanile"
Peccato che sia lontano da Roma, aiuteremo a distanza.
Aloisius

Anonimo ha detto...

NON PER POTERE MA PER MISERICORDIA HA VOLUTO ESSERE CHIAMATO IN TERRA RE DEI GIUDEI COLUI CHE IN CIELO E' IL SIGNORE DEGLI ANGELI (S.AGOSTINO)

Di fronte alla risurrezione di Lazzaro, siccome il miracolo si era così rapidamente divulgato suscitando tanto scalpore che era impossibile occultare o negare in alcun modo il fatto, sentite cosa escogitarono. Decisero, i gran sacerdoti, di far morire anche Lazzaro, perché molti Giudei li abbandonavano a causa di lui e credevano in Gesù (Gv 12, 10-11). O stolta deliberazione e cieca crudeltà! Cristo Signore che aveva risuscitato un morto, non avrebbe potuto risuscitare un ucciso? Pensavate forse, col dare la morte a Lazzaro di poter togliere la potenza al Signore? E se per voi c'è differenza tra risuscitare un morto e risuscitare un ucciso, ecco che il Signore ha compiuto l'una e l'altra cosa: ha risuscitato Lazzaro morto e ha risuscitato se stesso ucciso.

L'indomani, la gran folla venuta per la festa, sentendo che Gesù si recava a Gerusalemme, prese i rami delle palme e gli andò incontro gridando: Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d'Israele (Gv 12, 12-13). Le palme sono un omaggio e un simbolo di vittoria; perché, morendo, il Signore avrebbe vinto la morte, e, mediante il trofeo della croce, avrebbe riportato vittoria sul diavolo principe della morte. Il grido "Osanna" poi, secondo alcuni che conoscono l'ebraico, più che altro esprime affetto; un po' come le interiezioni in latino: diciamo "ahi!" per esprimere dolore, "ah!" per esprimere gioia, "oh, che gran cosa!" per esprimere meraviglia. Al più "oh!" esprime un sentimento di ammirazione affettuosa

La folla gli tributava questo omaggio di lode: Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d'Israele. Quale atroce tormento doveva soffrire l'animo invidioso dei capi dei Giudei, nel sentire una così grande moltitudine acclamare Cristo come proprio re! Ma che cos'era mai per il Signore essere re d'Israele? Era forse una gran cosa per il re dei secoli diventare re degli uomini? Cristo non era re d'Israele per imporre tributi, per armare eserciti, per debellare clamorosamente dei nemici: egli era re d'Israele per guidare le anime, per provvedere la vita eterna, per condurre al regno dei cieli coloro che credono, che sperano, che amano. [Che il Figlio di Dio quindi, uguale al Padre, il Verbo per mezzo del quale sono state create tutte le cose, abbia voluto essere re d'Israele, non fu una elevazione per lui ma un atto di condiscendenza verso di noi: fu un atto di misericordia non un accrescimento di potere. Colui infatti che in terra fu chiamato re dei Giudei, è in cielo il Signore degli angeli.]

SABATO DI PASSIONE

Gv.12,10-36 [ L'ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme]

S.AGOSTINO,
Tractatus 50 in Joannem, in finem