I recenti sorprendenti articoli de La Nuova Bussola Quotidiana contro la FSSPX stanno producendo due evidenti effetti: innanzitutto una straordinaria ondata di simpatia e di riconoscenza per Mons. Lefebvre; in secondo luogo uno straordinario susseguirsi di dissociazioni e critiche rispetto alla Bussola. Quanto a noi ne abbiamo già parlato a iosa; ma per essere in tema estraggo da una discussione la risposta di T. al commento di un lettore e, a seguire, riprendo un esaustivo articolo sulla questione pubblicato anni fa.
Un lettore scrive : "L'articolo della Bussola che sputa veleno sulla FSSPX non lo leggo.."
Risponde T:
La FSSPX non è mai stata fuori della Chiesa e non può considerarsi “scismatica”.
Risponde T:
A quest'articolo ne è già seguito un altro. Non leggere, credo sia sbagliato. Bisogna documentarsi sulle arti del Nemico per potersi difendere e poter eventualmente replicare. Lo scopo di questi articoli sembra essere quello di mettere in crisi i fedeli che assistono alle Messe celebrate dai preti della FSSPX o comunque frequentano la suddetta Fraternità: un'impresa a dir poco subdola.
In questi due articoli si notano a occhio nudo alcune lacune sul piano informativo e concettuale. L'articolista sostiene che la remissione della scomunica non fa venir meno il carattere (supposto) scismatico della FSSPX. Dimentica che a suo tempo il cardinale Hojos affermò non potersi tale Fraternità considerare scismatica in senso proprio, non avendo mons. Lefebvre mai dimostrato l'animus del vero scismatico, che è di chi vuol creare una Chiesa parallela. Ha dato ai 4 vescovi solo la potestà d'ordine giustificandosi con lo stato di necessità, proprio per non creare uno scisma. Difficile credere, come afferma l'articolista, che Ben. XVI abbia rimesso le scomuniche per buon cuore pur considerando ancora "scismatici" i "lefebvriani". La remissione dimostra che non credeva nel loro "scisma". Risulta anche che all'epoca i 4 vescovi della Fraternità rinnovarono tutti assieme in udienza la loro fedeltà al Papa regnante e alla Cattedra - il Papa regnante viene sempre invocato nelle preghiere in ogni Messa della Fraternità.
Dimentica l'articolista anche l'esistenza di una tesina di laurea tenutasi in un'Università pontificia da parte di un sacerdote nordamericano, il quale sosteneva che, grazie al CIC del 1984, la scomunica non poteva esser in quel caso applicata, in quanto risultante l'ordinazione senza mandato da un errore di valutazione sullo stato di necessità fatto in buona fede dal colpevole. Si doveva applicare altra sanzione. La tesina fu approvata dalla Commissione di Laurea.
Non sappiamo quale rito segua l'articolista. Se assiste all'Ordo Vetus, dovrebbe sapere che tale rito sarebbe da tempo scomparso senza la felix culpa della "disobbedienza" di mons. Lefebvre e mons. Castro Mayer, brasiliano.
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Ed ecco il testo di Paolo Pasqualucci chiarificatore della vulgata ostile alla Fraternità Sacerdotale San Pio X. E all'epoca non c'era ancora la Misericordia et misera (2016) dove una sorta di giurisdizione è formulata, peraltro totalmente ignorata dall'articolista de La Bussola...
La FSSPX non è mai stata fuori della Chiesa e non può considerarsi “scismatica”.
La natura perfettamente ortodossa della “Fraternità degli Apostoli di Gesù e Maria”, meglio nota secondo il titolo pubblico di “Fraternità Sacerdotale San Pio X”, viene ancora oggi ostinatamente negata da coloro che continuano del tutto erroneamente a dipingerla come “eretica”, “scismatica”, “illecita”, “illegittima”, “invalida”, “fuori della Chiesa”, “sedevacantista”, e chi più ne ha, più ne metta. Un’ostilità dovuta in gran parte, io credo, alla scarsa conoscenza dei fatti o del loro autentico significato.
In precedenti interventi [qui - qui - qui] credo di aver efficacemente dimostrato quanto sia falsa l’accusa di eresia nei suoi confronti; accusa – teniamolo bene a mente – mai formulata da nessun organo della Santa Sede, a cominciare dal Sommo Pontefice. Vorrei ora completare quell’intervento con alcune notazioni sull’assenza totale di un qualsiasi “scisma” da parte della Fraternità: su come, pertanto, essa non possa assolutamente considerarsi “fuori della Chiesa”. Il recente riconoscimento alla Fraternità della personalità giuridica da parte dello Stato argentino, quale “associazione di diritto diocesano”, in séguito a un’inaspettata istanza dell’Arcivescovo di Buenos Aires, S. Em. Mario Aurelio Poli, che per l’appunto chiedeva allo Stato di “considerarla, fino al momento in cui troverà il suo definitivo inquadramento giuridico all’interno della Chiesa Universale, un’Associazione di diritto diocesano, secondo quanto stabilito dal canone 298 del Codice di Diritto Canonico, sul punto di diventare una Società di Vita Apostolica” - pur concedendo alla suddetta un inquadramento produttivo di effetti giuridici solo dal punto di vista del diritto positivo argentino, conferma tuttavia che, per le autorità ecclesiastiche, la Fraternità è cattolica, anche se non ancora inquadrata nella disciplina prevista dal Codice di diritto canonico vigente, promulgato nel 1983. Essendo cattolica, non è fuori della Chiesa. Non essendo fuori della Chiesa, non può evidentemente esser ritenuta “scismatica”[1].
1. La FSSPX non può considerarsi “scismatica” in senso proprio o formale
L’ha detto nel 2005 il cardinale Castrillón Hoyos, al tempo Prefetto della Sacra Congregazione per il Clero e presidente della Pontificia Commissione ‘Ecclesia Dei’. Ecco le sue dichiarazioni:
- “purtroppo mons. Lefebvre procedette con le consacrazioni e pertanto si è creata una situazione di separazione, anche se non si è trattato di uno scisma in senso formale”;
- “la FSSPX è un’istituzione ecclesiastica composta di sacerdoti validamente ordinati anche se in modo illegittimo”;
- “l’esistenza di gruppi di tradizionalisti che non riconoscono gli ultimi Papi, i cosiddetti “sedevacantisti”, è un’altra faccenda, che non riguarda la Fraternità”[2].
Tre mesi dopo, sempre rispondendo a domande, il porporato ribadì che:
- “la Fraternità non è eretica”;
- “nel senso stretto del termine, non si può dire che la Fraternità sia scismatica”.[3]
Nove anni prima, il cardinale Edward Cassidy, all’epoca Presidente del Consiglio Pontificio per l’Unità dei Cristiani, al fine di chiarire ricorrenti e malevoli equivoci, aveva dichiarato pubblicamente che: “la Messa e i Sacramenti amministrati dai sacerdoti della Fraternità S. Pio X sono validi”.[4]
Che la FSSPX non possa considerarsi “scismatica” in senso “proprio o formale”, ciò è stato sostenuto in primo luogo dalla dottrina. Poco prima delle celebri Consacrazioni del 29 giugno 1988, il prof. Rudolf Kaschewski, autorevole canonista tedesco, del tutto indipendente dall’ambiente “lefebvriano”, aveva dimostrato in un breve e magistrale articolo che, in base al Codice del 1983, una consacrazione episcopale senza mandato pontificio non poteva essere punita con la scomunica[5]. Nel 1995, i giuristi della Pontificia Università Urbaniana approvarono una “tesina di licenza” in diritto canonico del Padre statunitense Gerald Murray, tutt’altro che “lefebvriano”, nella quale si sosteneva che la scomunica dichiarata a mons. Lefebvre e agli altri vescovi non poteva ritenersi valida in punto di stretto diritto canonico né lo poteva la connessa imputazione di scisma in senso formale[6].
Maggior autorità presso i fedeli possiede tuttavia il dictum di un cardinale. C’è dunque stata una “separazione”, sottolinea il card.Castrillón Hoyos, ma non uno “scisma in senso proprio”. Cerchiamo di capire la differenza. Una situazione di “separazione” costituisce di per sé uno scisma? No, evidentemente. La “separazione” derivante da una disubbidienza sanzionata non è a ben vedere una “separazione” dalla Chiesa militante poiché la disubbidienza non configura una situazione che possa considerarsi come tale scismatica, altrimenti bisognerebbe affermare che ogni disubbidienza costituisce scisma, il che ovviamente non è. Perché si abbia uno scisma non basta una disubbidienza, occorrono altri elementi e ben più incisivi, che nel nostro caso non ci sono mai stati e non ci sono.
1.1 La normativa vigente. La disubbidienza rappresentata da una consacrazione episcopale senza mandato del Papa, cioè senza la sua autorizzazione, veniva punita dal Codex Iuris Canonici del 1917 con la suspensio a divinis ipso iure, cioè per il solo fatto di aver perpetrato la violazione (c. 2370). Si trattava di una pena meno grave della scomunica e tuttavia grave. Esistevano nove tipi di “sospensioni”. Quella “a divinis” vietava al sacerdote: “ogni atto della potestà d’ordine, ricevuta che l’avesse [la potestà] dalla sacra ordinazione o per privilegio” (c. 2279, § 2.2). Dopo consacrazioni di vescovi senza mandato avvenute nel 1951 nella Cina comunista, sotto il controllo del Partito, con Decreto del S. Uffizio del 9 agosto di quell’anno la sospensione a divinis fu sostituita dalla pena della excommunicatio latae sententiae, riservata alla Santa Sede quanto alla sua remissione. Ciò significa che solo il Papa può revocarla (“rimetterla”). Anche qui la pena (la “censura”) si applica automaticamente al verificarsi del fatto stesso, che porta in sé la sua sanzione. Senza bisogno di istruire un processo, l’autorità competente si limita a dichiararla, con efficacia ex tunc, ossia dal momento del verificarsi della violazione. (Se si istruisce un processo, l’eventuale scomunica si denomina: excommunicatio ferendae sententiae).
L’attuale Codice di diritto canonico, del 1983, ha accolto la normativa introdotta nel 1951. Al c. 1382 esso prevede pertanto la scomunica latae sententiae per i colpevoli (consacrante e consacrato). Sono però applicabili le circostanze attenuanti ed esimenti elencate ai cc. 1323 e 1324. Tra di esse si annovera anche l’esistenza e persino la semplice convinzione (ancorché errata) dell’esistenza dello stato di necessità. Il Legislatore stabilisce che, per ciò che riguarda lo stato di necessità, quando la violazione della norma è avvenuta con un’azione intrinsecamente cattiva o dannosa per le anime, si ha una circostanza solo attenuante, sufficiente però ad escludere l’applicazione della scomunica, che deve esser sostituita da un’altra pena o da una penitenza. Se la violazione, invece, è avvenuta con un atto né intrinsecamente cattivo né dannoso per le anime (e una consacrazione senza mandato ma fatta senza animus scismaticus non è certamente cosa cattiva o dannosa per le anime), allora l’imputabilità addirittura non sussiste e non si può irrogare né pena né altra forma di sanzione. Se però il soggetto, per errore colpevole (per errorem, ex sua tamen culpa) ha ritenuto di essere costretto ad agire in stato di necessità, senza che la sua azione costituisse qualcosa di malvagio in sé o di dannoso per la salute delle anime, allora ha diritto alle sole attenuanti. Ma anche in questo caso, se merita la scomunica, quest’ultima non può esser dichiarata: deve esser sostituita da un’altra pena o penitenza. Va poi ricordato che quando l’errore di valutazione di cui sopra ha luogo senza colpa da parte del soggetto agente, allora, invece dell’attenuante, il medesimo ha diritto all’esimente, non è cioè “passibile di alcuna pena”[7].
1.2 I fatti provano che non c’è mai stata volontà di scisma. A norma di legge, la disobbedienza del cosiddetto “vescovo ribelle” non avrebbe dovuto esser punita con la scomunica. Per questo mons. Lefebvre e la Fraternità, forti della loro buona fede e della convinzione che lo stato di necessità esistesse oggettivamente, hanno sempre sostenuto che la scomunica doveva considerarsi invalida e lo scisma inesistente. Ma lo scisma non c’è mai stato non solo a causa dell’invalidità della scomunica ma anche perché né mons. Lefebvre né i quattro vescovi da lui consacrati hanno mai avuto né dimostrato di avere alcuna volontà scismatica. Tant’è vero che mons. Lefebvre (e ciò prova a mio avviso la sua buona fede) non ha conferito a questi ultimi il potere di giurisdizione, che implica una base territoriale, organizzata in vere e proprie diocesi.
Perché mons. Lefebvre voleva consacrare dei vescovi? Sin dal 1983, a 78 anni, egli si era dovuto porre il problema di avere dei successori che garantissero alla “Fraternità Sacerdotale” la sua impostazione, volta specificamente alla formazione di sacerdoti secondo il Seminario “tridentino” e alla conservazione della Messa VO. Ma il Papa avrebbe concesso l’autorizzazione, il “mandato”? Se avesse dovuto procedere senza di esso, disse pubblicamente mons. Lefebvre nel 1986, egli sarebbe stato comunque ben attento a non provocare alcuno scisma. I vescovi da lui eventualmente consacrati, precisò, “sarebbero stati miei ausiliari, senza alcuna giurisdizione e solamente per cresimare fedeli, ordinare sacerdoti…sarebbero stati al servizio della Fraternità, che viene dalla Chiesa, che è stata approvata dalla Chiesa. Non se ne parla di fare una “Chiesa parallela”, nel modo più assoluto. Lo scopo è semplicemente quello di continuare la Fraternità…La Fraternità è opera di Dio, voluta da Dio”.
Alle tradizionali ordinazioni sacerdotali del 29 giugno di ogni anno a Écône, sede del seminario originario della Fraternità, nel 1987 egli annunciò che avrebbe consacrato dei vescovi. Cominciarono allora trattative complesse e difficili con Roma, non prive di colpi di scena, che si trascinarono per un anno, condotte per ragione d’ufficio dall’allora cardinale Ratzinger. La trattativa ad un certo punto si arenò: dopo lungo battagliare, Roma concedeva sì un vescovo “tradizionalista”, ma non era soddisfatta della rosa di candidati inviata da mons. Lefebvre e non si decideva ad accettare una data, tra quelle proposte dall’anziano presule, che aveva ormai 83 anni e cominciava a sentire il peso della lunga battaglia per salvare la “Tradizione della Chiesa” dalla scomparsa nei gorghi delle “riforme” scaturite dal Vaticano II. Sarebbe morto il 25 marzo 1991, meno di tre anni dopo queste agitate vicende. Così, alla fine, nonostante le ripetute esortazioni ad aspettare ancora e gli ammonimenti provenienti da Roma, egli ruppe gli indugi e procedette alla consacrazione di ben quattro vescovi, con la presenza dell’anziano vescovo brasiliano mons. de Castro Mayer, compagno di tante battaglie, venuto a testimoniare il suo appoggio morale.
La vera volontà scismatica risulta, in genere, da espresse dichiarazioni di coloro che si separano (come nel caso di Lutero o di Enrico VIII re d’Inghilterra, che dissero apertamente di non riconoscere più l’autorità del Papa come capo della Chiesa universale, considerandolo nell’ipotesi più benigna un semplice “vescovo di Roma”) e comunque da un comportamento che mostra la creazione effettiva di una nuova chiesa, una “chiesa parallela”, come si suol dire. Un’organizzazione ecclesiasistica nuova, autocefala, che non riconosce l’autorità del Papa ed anzi le è ostile. Così hanno fatto Lutero e tutti i Protestanti, e prima di loro i cristiani di rito greco denominati “ortodossi”, dal momento che la cosiddetta “Chiesa ortodossa” o “greca”, piaccia o meno, è in realtà oggettivamente una setta scismatica. Viene chiamata “chiesa” solo in omaggio a un uso antico.
Al contrario, la Fraternità ha sempre riconosciuto e riconosce l’autorità del Papa e dei vescovi. Durante la celebrazione della S. Messa prega sempre per il Papa regnante e per l’Ordinario locale. Non si è mai organizzata in parrocchie e diocesi, parallele a quelle ufficiali della Santa Chiesa, ma solo in “distretti”, che sono delle realtà geografiche e non amministrative, dato che combaciano con le nazioni o addirittura con i continenti (distretto di Francia, d’Italia, d’Asia etc.). Costituiscono spazi nell’ambito dei quali i vescovi esercitano una “giurisdizione supplita” su base personale e non territoriale, cioè il solo potere d’ordine (impartire ed amministrare i Sacramenti), potere che si applica a seconda delle necessità prodotte dalle circostanze, rappresentate dalle richieste concrete delle anime, in modo simile a quanto fanno i vescovi in terra di missione. E difatti il cardinale Castrillón Hoyos, sempre nella citata intervista a 30giorni, poté affermare che la Fraternità è una “associazione non riconosciuta i cui vescovi si dichiarano ausiliari”. Si intende, “non riconosciuta” a causa della scomunica gravante sui vescovi, al tempo non ancora rimessa, che impediva l’inquadramento della Fraternità nelle nuove figure previste dal CIC del 1983 per le congregazioni di vita in comune senza voti, quale era (ed è) la Fraternità. Il “non riconosciuta” non va, tuttavia, inteso come se si riferisse a un ente esistente solo di fatto perché non regolarmente eretto: la Fraternità era stata costituita in modo perfettamente regolare dall’Ordinario locale, mons. François Charrière, “vescovo di Losanna, Ginevra e Friburgo”, secondo tutti i crismi del diritto canonico, il 1° novembre 1970. Né nel senso che la scomunica avesse colpito la Fraternità in quanto tale, collettivamente, come persona giuridica e in tutti i suoi membri, come alcuni sembrano credere ancor oggi. Le sospensioni a divinis e le scomuniche colpiscono soltanto le persone singole. Non si applicano agli enti collettivi. Questo è sempre stato un principio fondamentale del diritto penale della Chiesa, puntualmente recepito sia nel Codice del 1917 che in quello del 1983 e ribadito da Benedetto XVI (vedi infra).
Ausiliari, dunque, i vescovi della Fraternità. Non avendo diocesi alcuna, non esercitando pertanto il potere di giurisdizione, non governando insomma un’organizzazione parallela a quella della Chiesa ufficiale, essi esercitano il potere d’ordine nella forma della “giurisdizione supplita” di cui sopra, vale a dire applicandolo unicamente secondo il caso concreto che via via si presenti, ad personam, per il bene delle anime. Giusta appare, pertanto, l’osservazione del cardinale Castrillón Hoyos, secondo la quale abbiamo qui una “separazione” ma non uno scisma in senso proprio. Del resto, se non c’è vero e autentico scisma, come fa ad esserci autentica separazione dalla comunione con la Chiesa? Esisteva una separazione di fatto, provocata dalla scomunica subíta dai vescovi della Fraternità, che impediva l’inquadramento della stessa nelle nuove figure del Codice di diritto canonico. Ma a questa separazione di fatto non corrispondeva una separazione reale, sostanziale, dal momento che la cosiddetta, scismatica “nuova chiesa lefebvriana” non è mai esistita, né nei fatti né nelle intenzioni.
2. I vescovi e i sacerdoti della Fraternità sono tutti validamente ordinati, anche se “illegittimamente” ossia in violazione di una norma di carattere disciplinare, che non coinvolge in alcun modo i fedeli.
L’altro punto importante da ribadire concerne la validità delle consacrazioni dei vescovi e delle ordinazioni sacerdotali della Fraternità, cosa che comporta la validità dei Sacramenti da loro amministrati, nonostante l’illiceità delle consacrazioni e ordinazioni. A prima vista, sembrerebbe di trovarsi di fronte ad una contraddizione insanabile: se le ordinazioni sono state “illecite” come possono esser nello stesso tempo “valide”? Ed esser “validi” i Sacramenti amministrati dai “lefebvriani”?
In realtà non v’è alcuna contraddizione. Possiamo spiegare la cosa nel modo che segue. La legittimità riguarda una qualità esterna dell’atto, quando è prevista dalla legge: l’esser cioè stato autorizzato o meno da un’autorità competente, di grado superiore (qui, il Papa) al soggetto che pone in essere l’atto stesso (qui, il vescovo consacrante). La validità è invece la qualità interna dell’atto, vale a dire, l’esser stato posto in essere da un soggetto competente (qui, il vescovo) rispettando le forme e procedure, stabilite dal diritto, indispensabili per la sua stessa esistenza di atto. Una consacrazione legittima perché debitamente autorizzata dal Papa, può risultare invalida se fatta senza rispettare gli indispensabili requisiti di materia e forma. Si comprende, quindi, come una consacrazione episcopale attuata senza l’autorizzazione del Papa risulti “illegittima” sul piano disciplinare, di per sé estraneo all’atto della consacrazione, e di contro perfettamente “valida” in quanto tale, se posta in essere secondo i requisiti prescritti.
Pertanto, nel caso della Fraternità san Pio X ci troviamo di fronte a consacrazioni episcopali perfettamente valide nonostante siano avvenute illegittimamente a causa del divieto pontificio di effettuarle, manifestato all’epoca dall’autorità competente. Lo stesso deve dirsi per le ordinazioni sacerdotali effettuate da mons. Lefebvre, a cominciare da quelle del 1975, immediatamente successive all’ingiunzione di chiudere il Seminario di Écône, e dai quattro vescovi “ausiliari” da lui ordinati. “Illegittime” le prime perché effettuate da un vescovo diffidato dal farle in mancanza del permesso dell’Ordinario locale (le cosiddette lettere dimissoriali) che non l’avrebbe ovviamente concesso, essendo stata appena soppressa la Fraternità stessa, e tuttavia perfettamente valide. Mons. Lefebvre si rifiutò coraggiosamente di chiudere il Seminario e smobilitare la Fraternità illegittimamente soppressa dall’Ordinario locale nel 1975. Illegittimamente, perché l’Ordinario territorialmente competente, mons. Pierre Mamie, non aveva di per sé il potere (che appartiene esclusivamente al Papa) di sopprimere una congregazione di vita in comune senza voti, quale era la Fraternità. Occorreva un’espressa e documentata autorizzazione pontificia ad hoc (detta in forma specifica) che non è mai stata prodotta. Qui il carattere illegittimo del provvedimento, motivato tra l’altro con l’avversione di mons. Lefebvre alle “riforme” del Vaticano II, cosa che riguardava comunque la sua persona e non l’istituzione da lui creata, è tale da renderlo invalido in modo insanabile ovvero nullo in radice e a tutti gli effetti. Mons. Lefebvre si appellò immediatamente al Tribunale della Segnatura Apostolica contro l’iniqua misura ma il suo ricorso non fu accettato con la motivazione che la procedura era stata approvata dal Papa “in forma specifica”, cosa che la rendeva inattaccabile. Ma di questa famosa “approvazione in forma specifica” non è mai stata fornita la prova, come richiesto dal diritto.
All’atto pratico, cosa implica l’illegittimità tuttora attribuita alle consacrazioni e alle ordinazioni effettuatesi nella Fraternità? Che il soggetto ecclesiale che ha posto in essere l’atto e quello che ne ha beneficiato (il sacerdote ordinato) sono passibili di una sanzione (di tipo disciplinare, come le penitenze) da parte dell’autorità legittima, avendo quest’ultima a suo tempo proibito di compiere l’atto stesso, attuatosi perciò senza il suo consenso. Si tratta quindi di un risvolto meramente disciplinare tra i vescovi ed i sacerdoti della Fraternità da un lato e la Prima Sedes dall’altro; una questione interna alla Gerarchia ecclesiastica, che non riguarda per niente i fedeli, dal momento che non incide affatto né sulla validità di quelle ordinazioni né sulla validità degli atti successivamente posti in essere da quelle persone ordinate, nell’esercizio legittimo dei poteri (non di giurisdizione) derivanti dall’ordinazione stessa (celebrare la S. Messa, battezzare, cresimare, confessare etc.).
Se poi si riconosce l’esistenza obiettiva dello stato di necessità, sempre invocata da mons. Lefebvre e dai suoi successori, allora quelle ordinazioni non sono nemmeno punibili, dal momento che lo stato di necessità, come si è visto, fa venir meno l’imputabilità. Cadrebbe, quindi, la nota dell’illegittimità ancora attribuita alle ordinazioni stesse. A riconoscere pienamente lo stato di necessità invocato a suo tempo da mons. Lefebvre, la Santa Sede, a quanto sembra, non è tuttavia ancora preparata.
3. Le dichiarazioni del 2009 di Benedetto XVI confermano l’inesistenza di uno scisma
Anche dopo la remissione della scomunica ai quattro vescovi della Fraternità (oggi ridotti a tre) ad opera di Benedetto XVI, si continua tuttavia a dire che la suddetta sarebbe comunque rimasta in qualche modo “scismatica”, e quindi “fuori della Chiesa”, sinché non venga inquadrata nel nuovo Codice di diritto canonico. Ma valga il vero: Benedetto XVI, nella Lettera Apostolica del 10 marzo 2009 ai vescovi, nella quale illustrava i motivi della remissione della scomunica, mai aveva parlato dell’esistenza di un effettivo scisma[9]. Il Papa non diceva che “i ministri della Fraternità” erano esclusi dalla comunione con la Chiesa. Diceva una cosa del tutto diversa: semplicemente, che il loro stato canonico ancora non c’era. E sappiamo perché: perché non si era trovato l’accordo sulle questioni dottrinali, preliminare al loro inquadramento in una società di vita apostolica, discendente diretta delle congregazioni di vita in comune senza voti.
Ma ciò non significava che essi fossero esclusi dalla comunione con la Chiesa: significava, invece, che essi erano da ritenere “non in piena comunione” con la Chiesa (cardinale Castrillón Hoyos) e comunque in nessun caso da ritenersi un’altra chiesa, una setta, una “comunità ecclesiale” del tutto separata. L’atto scismatico delle consacrazioni episcopali di Écône del giugno 1998 (giusta la definizione che ne diede Giovanni Paolo II), restò un atto solo potenzialmente scismatico, dal momento che non diede vita ad alcun vero scisma. Mons. Lefebvre tenne fede a quanto aveva detto, paventando consacrazioni senza mandato, col non conferire alcun potere di giurisdizione ai consacrati, concepiti come vescovi “ausiliari”. E la Fraternità è stata sempre fedele all’impostazione del fondatore, essendosi data un’organizzazione e avendo tenuto un atteggiamento verso le autorità romane, che mostravano e mostrano chiaramente l’assenza dell’animus dello scismatico.
In ogni caso, dopo la remissione delle scomuniche, non si può continuare a dire che i “lefebvriani” siano in qualche modo ancora degli “scismatici” perché non hanno ancora un inquadramento nel diritto canonico attuale.
Infatti, se le Consacrazioni del 1988 erano un “atto scismatico” punito con la scomunica latae sententiae, la revoca della scomunica, cancellando la punizione, rappresentata dall’esclusione dalla Chiesa militante, non ha fatto venir meno l’esclusione stessa, onde i “lefebvriani” perdonati devono considerarsi riammessi ipso facto nella Chiesa? E se sono stati riammessi nella Chiesa, come fanno essi a trovarsi ancora fuori di essa, come è proprio degli scismatici? Lo scismatico, infatti, è colui che si è separato, si è “scisso” dalla comunità e quindi ne sta fuori. Oppure è stato “scisso” dall’autorità. La scomunica, possiamo equipararla ad una sanzione che si attua nella forma di un decreto con il quale l’autorità legittima caccia un credente, sacerdote o laico, dalla comunità costituita dalla Chiesa. Una volta revocato questo decreto dall’autorità che l’ha promulgato, la vittima del provvedimento è riammessa per ciò stesso nella comunità. Non si capisce come la si possa considerare ancora fuori. Il 21 gennaio 2009, il Decreto di remissione della “censura di scomunica”, dichiarava “privo di effetti giuridici il Decreto a quel tempo emanato”, cioè la scomunica del 1° luglio 1988[10]. E lo “star fuori della Chiesa” non era forse l’effetto giuridico specifico di quel Decreto?
Che “l’atto scismatico” delle Consacrazioni del 1988 non abbia mai dato luogo ad un vero scisma, lo fa nettamente capire, come si è detto, anche la ricordata Lettera Apostolica del 10 marzo 2009. Dopo aver rammentato che i vescovi della Fraternità “sono ordinati validamente ma illegittimamente”, sono cioè vescovi a tutti gli effetti nonostante l’illegittimità (sul piano disciplinare) della loro ordinazione, Benedetto XVI aggiunse: “la scomunica colpisce persone, non istituzioni. Un’Ordinazione episcopale senza il mandato pontificio significa il pericolo di uno scisma, perché mette in questione l’unità del collegio episcopale con il Papa. Perciò la Chiesa deve reagire con la punizione più dura, la scomunica, al fine di richiamare le persone punite in questo modo al pentimento e al ritorno all’unità”[11]. Si noti che il Papa parlava di “pericolo di uno scisma” per le Consacrazioni del 1988, non di uno scisma effettivamente consumato. Il Papa non accusava mons. Lefebvre di aver dato vita ad uno scisma bensì di aver compiuto un atto (di disubbidienza) che avrebbe potuto farlo nascere. Lo scisma “dei lefebvriani” restava quindi del tutto potenziale. Nei fatti non era mai avvenuto, come aveva fatto notare il cardinale Castrillón Hoyos.
Il solo pericolo era tuttavia sufficiente, secondo il Papa, per dichiarare la scomunica latae sententiae, prevista dalla legge. Scomunica che non colpiva certamente “le istituzioni”, e quindi la Fraternità in quanto tale, ma unicamente le persone. Ma perché la remissione? Perché, continuava la Lettera Apostolica, con la remissione si invitavano “ancora una volta” i quattro vescovi della Fraternità al ritorno. E su che base? “Questo gesto era possibile dopo che gli interessati avevano espresso il loro riconoscimento in linea di principio del Papa e della sua potestà di Pastore, anche se con delle riserve in materia di obbedienza alla sua autorità dottrinale e a quella del Concilio”[12].
I quattro vescovi, com’è noto, avevano collegialmente rinnovato al Papa la loro fedeltà alla Cattedra di Pietro. Ma questa professione di fedeltà conteneva forse delle “riserve” per quanto riguardava “l’autorità dottrinale” del Papa? Sembrerebbe di sì, da come si esprime qui Benedetto XVI. Non risulta, però, che mons. Lefebvre o i vescovi “ausiliari” da lui consacrati abbiano mai fatto in linea di principio delle “riserve” sull’autorità dottrinale del Papa in quanto tale. Ritengo che qui Benedetto XVI volesse riferirsi a riserve dei quattro vescovi nei confronti dell’accettazione del Concilio, nel senso che l’autorità dottrinale del Papa non poteva esser tale da imporre l’obbedienza a un Concilio solo pastorale quale il Vaticano II, come se si trattasse di un Concilio dogmatico. La manifestazione di queste “riserve” non ha impedito a Benedetto XVI di accettare la loro rinnovata manifestazione di fedeltà: ciò dimostra che le “riserve” dovevano concernere solo l’obbedienza al Concilio (e in più dimostra, a mio avviso, che nemmeno il Papa riteneva dogmatico il Vaticano II, altrimenti non avrebbe lasciato passare le “riserve” menzionate).
Ma restava il problema dell’inquadramento della Fraternità nelle nuove figure create dal Codice del 1983. E qui si passava dall’ambito disciplinare della scomunica a quello dottrinale, precisò il Pontefice. “Il fatto che la Fraternità S. Pio X non possieda una posizione canonica nella Chiesa, non si basa in fin dei conti su ragioni disciplinari ma dottrinali. Finché la Fraternità non ha una posizione canonica nella Chiesa, anche i suoi ministri non esercitano ministeri legittimi nella Chiesa”[13].
Cosa dunque comporta il mancato risolvimento delle questioni dottrinali, forse l’esclusione dei vescovi della Fraternità dalla Chiesa, il loro trovarsi ancora in una situazione di cosiddetto “scisma”? Si noti che il Papa si preoccupava di precisare che la scomunica colpisce le persone non le istituzioni. La scomunica dichiarata a suo tempo non ha pertanto “scomunicato” tutti gli altri appartenenti alla Fraternità, e ancor meno (ovviamente) coloro che ne frequentano le funzioni ed attività religiose, ma unicamente i cinque ecclesiastici contro i quali era stata dichiarata. Quale, allora, la situazione di questi ultimi? Questa: che il loro ministero si svolge nella Chiesa ma in modo illegittimo. Illegittimo anche se sempre valido. Non illegittimo perché i ministri della Fraternità si trovino fuori della Chiesa, cosa impossibile dopo la remissione delle scomuniche. (E, a ben vedere, impossibile anche prima, visto che la scomunica non si sarebbe dovuta dichiarare, a causa dello stato di necessità in cui aveva agito e ritenuto di agire mons. Lefebvre).
Dunque “illegittimo” perché, a causa delle questioni dottrinali pendenti, tali ministri non sono stati ancora inquadrati canonicamente ovvero secondo le norme del Codice del 1983. Ne consegue che “i ministri della Fraternità” si troverebbero fuori del Codice del 1983, non della Chiesa. Fuori del Codice del 1983 e ancora dentro quello del 1917, vigente al tempo della fondazione della Fraternità. Anzi, per esser più precisi, fuori della parte III del Libro II, dedicato al “Popolo di Dio”, del Codice del 1983; parte III la cui titolazione recita: “Gli Istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica”. Infatti, il Codice del 1917 è stato abrogato dal vigente al c. 6 § 1, 1°. Tuttavia, vale sempre il c. 102 § 1 del Codice del 1917, secondo il quale la “persona giuridica”(persona moralis) regolarmente istituita “per sua natura è perpetua”. Vale perché espressamente mantenuto dal Codice del 1983, al c. 120 § 1: “La persona giuridica per sua natura è perpetua; si estingue tuttavia se viene legittimamente soppressa dalla competente autorità o se ha cessato di agire per lo spazio di cent’anni”. Poiché la soppressione della Fraternità nel 1975 è stata del tutto illegittima e la Fraternità non ha mai cessato di esistere ed operare in conformità ai propri statuti, essa deve considerarsi tuttora regolarmente istituita secondo il Codice del 1917 e quindi dotata “in perpetuo” di quella “personalità morale “ o “giuridica” che è riconosciuta “in perpetuo” anche dal nuovo Codice di diritto canonico. Ciò le consente non solo una vita autonoma a fianco delle nuove figure create dal Codice vigente ma anche di esistere in conformità a tale codice.
“Illegittima” questa vita (dal punto di vista disciplinare) ma perfettamente valida quanto agli atti dei suoi ministri. “Illegittima”, è ovvio, per chi ritiene legittima la soppressione illegale di Écône, l’abuso di potere perpetrato dall’Ordinario del tempo.
____________________________
1. Per il riconoscimento argentino, vedi l’ampia documentazione pubblicata in: Chiesa e postconcilio.blog, in data 15 aprile 2015 [qui].
2. Intervista al cardinale apparsa sul n. 9/2005 della rivista 30giorni.3. Intervista a Canale 5, trasmessa domenica 13 novembre 2005, alle 9 del mattino.
4. Dichiarazione riportata da: D.I.C.I., 11.1.2014, p. 2 di 6. È l’Agenzia ufficiale della FSSPX.
5. Vedi: Una Voce – Korrespondenz 18/2, marzo-aprile 1988. È interamente riportato in italiano da ‘sì sì no no’ dell’agosto 1988 (XIV) 14, pp. 4-6, unitamente alla definizione dello “stato di necessità” di un altro eminente canonista tedesco, il prof. Georg May.
6. Questa “tesina” non è mai stata pubblicata e il P. Murray un anno dopo ne fece una ritrattazione parziale. Ne apparve un riassunto abbastanza chiaro, con larga citazione di passi, nella rivista americana The Latin Mass, numero di autunno del 1995.
7. Sugli aspetti teologici e canonistici delle Consacrazioni effettuate da mons. Marcel Lefebvre nel 1988, vedi i due dettagliati studi a suo tempo apparsi in ‘sì sì no no’, dal n. 1 al n. 9 dell’anno 1999 (XXV). Il periodico è reperibile in rete.
8. B. Tissier de Mallerais, Marcel Lefebvre. Une vie, Clovis, Paris, 2002, p. 573. I particolari della vicenda delle consacrazioni del 1988 si trovano nel cap. XIX dell’opera: pp. 557-595.
9. D.I.C.I., 11 gennaio 2014, p. 2/6.
10. Congregazione per i vescovi. Decreto di Remissione della scomunica latae sententiae ai vescovi della FSSPX, del 21 gennaio 2009 – www.vatican.va/roman-curia etc. [Documentazione anche qui]
11. S. S. Benedetto XVI, Ad Episcopos Ecclesiae Catholicae, AAS 2009 (CI) 4, pp. 270-276; p. 272.13. Op. cit., ivi.
30 commenti:
Andrea Sandri
Un confronto che non regge, ancora "Misericordia et misera"
Il confronto con la concessione a singoli cattolici di prendere i sacramenti dagli orientali in situazioni di necessità (mancanza di una chiesa cattolica in un ampio spazio) e di urgenza (punto di morte) non regge perché "Misericordia et misera", pur indicando un processo in corso, investe un intero corpo ecclesiastico (come se il Papa dicesse che, nonostante l'imperfetta comunione con Roma, il Patriarcato di Costantinopoli è autorizzato a confessare e comunicare qualsiasi cattolico in qualsiasi situazione e luogo. Sarebbe una scandalosa ingerenza...). E poi c'è la lettera a Fellay (2017) con cui il Santo Padre Francesco autorizza la FSSPX di «ordinare liberamente i nostri sacerdoti senza il permesso del vescovo diocesano locale» (immaginarsi ancora che avvenga lo stesso con gli Ortodossi...). Non si può fare i normativisti ecclesiastici solo a metà strada.
L’articolo di Luisella Scrosati sulla FSSPX per la Bussola Quotidiana è un tema mal eseguito che corrisponde alla politica ecclesiastica di cortile di uno tra i sedicenti "giganti" del tradizionalismo italiano - proprio mentre p. Charles Murr, un amico e collaboratore del Cardinal Gagnon, sta spiegando come andarono le cose prima e dopo il 1988.
L'articolo non regge, se soltanto si considera che:
1) le scomuniche sono state tolte.
2) che nella prassi la FSSPX non è trattata come un corpo scismatico.
3) che la questione della FSSPX è affidata alla CDF e non al Dicastero per l'Unità dei Cristiani.
4) che la FSSPX ha ricevuto una "missio" da Francesco. Una missio atipica e anomala, che non garantisce alcuna stabilità alla FSSPX, ma pur sempre una missio.
E dire che il committente sembrava una persona seria.
Andrea Sandri
Gagnon
In passato la FSSPX si dimostrò ingiustamente diffidente nei confronti del Cardinal Gagnon che visitò Êcone nel 1987, inviato dal santo Papa Giovanni Paolo II. Com'è tipico degli assediati. La testimonianza di Fr. Charles Murr, che di Gagnon fu collaboratore e amico, dimostra, invece, che il Cardinale canadese fu profondamente impressionato dal Seminario fondato da Monsignor Lefebvre fino a ritenerlo esemplare per tutta la Chiesa. Perfino sulle ordinazioni episcopali del 1988 manifestò un atteggiamento di comprensione anche se non di aperta approvazione. Gagnon aveva svolto per conto del Papa Paolo VI un'indagine sulla massoneria nella Chiesa (anche di ciò parla don Murr nel suo libro "Massoneria vaticana", Fede & Cultura, 2023) e conosceva bene certi difficili rapporti romani. Naturalmente Luisella Scrosati non ha trovato tempo per un approfondimento.
Luisella da Vanzaghello
«Nata nel 1977 a Vanzaghello (MI), mi sono laureata in Filosofia presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Collaboro con la Bussola dal 2014, occupandomi in particolare dell'Ora di Dottrina. Scrivo per il mensile Il Timone e curo la trasmissione "Alla scuola di San Benedetto" per Radio Maria» (Luisella Scrosati, Presentazione ne La Bussola Quotidiana).
Un tipico caso italiano. Laureata in filosofia, ha avuto una prima vita come "esperta di liturgia" della FSSPX (me la presentò don Emmanuel du Chalard: «Lei è brava»). Per la casa editrice della FSSPX Ichthys pubblicò nel 2007 le celebri "Conferenze sulla Santa Messa" nella cui introduzione si legge una dichiarazione pienamente in linea con l'ortodossia lefebvriana, anzi anche oltre: «Le conferenze che seguono mostreranno che l'opera di "riforma" del Novus Ordo è ben distante dallo sviluppo liturgico dei secoli precedenti che ha condotto al cd. Messale tridentino; anzi essa non trova precedenti se non nei movimenti ereticali». Dunque, per la Scrosati del 2007, Paolo VI è pure eretico. Che cosa non si fa per piacere al maestro di turno!
Non si sa su quale strada per Damasco nel frattanto si sia convertita. Alla Bussola Quotidiana e alla medjugorjana Radio Maria. Oggi troviamo la licenziata in filosofia all'Unicatt nei panni della teologa, canonista e storica della Chiesa che spalma a puntate la sua ricerchina parziale, costruita ad hoc (e male) sulla FSSPX. Negli ultimi cinque minuti la Scrosati diventa magistero-vacantista (e forse anche un po' sedevacantista) pur di evitare la fatica di considerare e citare la Lettera apostolica del Santo Padre Francesco "Misericordia et misera" data a Roma nell’Anno del Signore 2016, quarto di pontificato, che basterebbe a mandare in corto circuito i pensierini di un'Autrice così puntigliosamente ligia al Magistero e obliosa del necessario equilibrio tra tradizione e autorità. Naturalmente non una parola sulle voci degli ultimi quarant'anni o soltanto degli ultimi tre anni: oltre a ignorare le disposizioni del Papa regnante che bene o male cambiano il quadro canonico, la Scrosati non cita le importanti interviste di Monsignor Veit Huonder, le dichiarazioni di Mons. Athanasius Schneider, l'interessante ricostruzione dei fatti prima e dopo il 1988 di Fr. Charles Murr, collaboratore del Cardinal Gagnon, il giudizio di Robert Spaemann sulla FSSPX e le perizie autorevoli del Professor Georg May, canonista e teologo di rango (dirà che non legge il tedesco) e molte altre posizioni autorevoli che si sono accumulate.
Soprattutto, lo ripeto, si sfracella, dati i suoi presupposti, su "Miseria et misera" dove una missio è formulata anche se in maniera confusa e pericolosa (e qui ha ragione il Cardinal Burke). Qui ciò che conta, è il dato formale. Provi la filosofa a dimostrare che Francesco non ha, a modo suo, dato una missio alla FSSPX. La discussione sugli scopi del Papa è vana e, se ipostatizzata porta, alla negazione della sua giurisdizione e a un passo da un sedevacantismo senza coraggio. Cose che non piacciono al dottor Cascioli.
(Andrea Sandri)
Dal 17 al 21 agosto, pubblicati ben tre articoli alla voce “La Chiesa in crisi”. Assistiamo a: preti dj, influencers e ballerini o che sostengono diaboliche pastorali per lgbti o che continuano a rifiutare di distribuire la comunione sulla lingua ecc. Eppure per la signora Scrosati (di cui si aspetta la quarta puntata) la crisi della chiesa è tutta lì nella Fraternità e assesta colpi che inevitabilmente gettano ombre su tutti coloro che partecipano alla messa antica.
Non ce la farete a farla sparire. Rassegnatevi.
Giovanna Arminio
Leggo dei punti di vista 'conservatori'. Mons. M. Lefebvre disse - GIUSTAMENTE - in varie occasioni, che sarebbe stato un onore essere sanzionati dalle autorità romane; ci sono i video. Siamo dunque giunti al punto in cui, della autorità palesemente eretiche e scismatiche - meglio: apostatiche - giudicano chi è fedele alla Dottrina Cattolica e chi combatte per essa e per il S. Sacrificio della Messa, che ne è l'esplicitazione? Si rammenti poi l'adagio che ispira il diritto canonico: 'salus animarum, suprema lex'. Coloro che vogliono arrecare danno a quanti combattono per la salvezza delle anime non sono al servizio di Cristo Re, bensì di Satana e dei suoi suppositi. La chiesa conciliare ha osteggiata ferocemente e odiosamente l'opera di Mons. Lefebvre fin dall'inizio, e tutte le iniziative intraprese dalla chiesa conciliare sono state trappole per cercare di ammorbidire l'opera di Mons. Lefebvre. Il quale comprese sempre benissimo questa tattica delle autorità romane, per esempio, al tempo delle consacrazioni episcopali.
E' bruttissimo assistere a tanta animosita' senza contare i vari mantra dispregiativi: "vedove ratzingeriane ecc.rcc.
Ma.. guardiamoci allo specchio!
Tra cristiani ci si aspetterebbe una discussione robusta ma pacata, come ci fu tra Duns Scoto e i Domenicani, ad esempio.Non credo affatto che Luisella Scrosati non accetterebbe un confronto apportandole nuovi elementi.
In questa discussione (si fa per dire, perche' al momento sono due soliloqui con rispettivi plauditori), per favore, si faccia attenzione prima di tutto a non disgustare ulteriormente Nostro Signore Redentore con livorosi pensieri, sentimenti, parole, azioni. Lo scopo di queste discussioni "dei colti" dovrebbe essere a beneficio dei cristiani "piccoli", impreparati,ignoranti, affinche' non corrano a rifugiarsi ora di qua e ora di la' ma permangano fermi e risoluti e fedeli e certi nella Chiesa di Cristo: l'UNICA Chiesa. Tutti insieme verso l'unico obiettivo, aiutandosi gli uni e gli altri. Proprio ieri si parlava del Buon Samaritano che e' figura di Cristo Gesu' che si piega sull'umanita' ferita dal peccato...
Gliene vogliamo aggiungere ?
Che la Sede della Sapienza assista gli uni e gli altri, sempre piu' divisi e divisivi. Amen!
Per amore di verità devo osservare che hli interventi di T. sono sempre pacati e ben documentati.
Se si riuscisse a uscir fuori da quel "vedove ratzingeriane" certo non fi buon gusto, si potrebbe meglio valutare il resto, che non disprezza, ma distingue...
E quale sarebbe "l'unica Chiesa di Cristo"? Quella di Bergoglio? Quella di qualche conservatorone, che non rischia nulla, ma passa per cattolico tradizionale soltanto perché ogni tanto, citando sempre il CVII, pronuncia qualche frase in difesa del Cattolicesimo? Il termine 'vedove ratzingeriane' è spassosissimo, degno di un Rivarol, di un Chamfort.
Il Rev. Padre Gérald Murray, appartenente alla diocesi di New York, nei primi del 1995 ha conseguito il dottorato in Diritto Canonico presso l'Università Gregoriana di Roma, discutendo una tesi dal titolo: "Lo status canonico dei fedeli del defunto Arcivescovo Marcel Lefèbvre e della Fraternità San Pio X: sono scomunicati in quanto scismatici?" La tesi è stata licenziata summa cum laude e bacio accademico. Nell'agosto dello stesso anno egli ha concesso un'intervista a Roger Mac Caffrey della rivista The Latin Mass, pubblicata nel suo fascicolo dell'ottobre 1995, pp. 50-61.
Tratto dal sito www.unavox.it
«La FSSPX aveva riscosso un successo clamoroso ed inatteso nei Paesi dell'Est Europeo. Non ultimo dei motivi di tale successo era considerata la grandissima diffusione che preti e fedeli della FSSPX avevano fatto dello studio di Padre Murray. Si giunse così al punto che la Conferenza Episcopale Polacca, dovette sfornare un documento ad hoc, in cui, riferendosi direttamente alla FSSPX, affermava, più o meno così: "Non credete che la scomunica pontificia sia valida? Non entriamo nel merito. Ammettendo che abbiate ragione, provvediamo a scomunicarvi noi, per conto nostro". Infatti, sono proprio gli ambienti più conservatori dell'Episcopato polacco, che, in una curiosa alleanza con i più progressisti di quello francese, cercano non solo di sabotare ogni eventuale accordo della FSSPX con il Vaticano, ma, anzi, premono per nuove, più dure e, soprattutto più esplicite condanne...»
Un peu rances ces accusations contre la FSSPX, vous ne trouvez pas ?
Et que dire du fait qu'elles proviennent de gens qui se croient et se disent "traditionalistes " ?
Au secours !
Non dico più nulla, sull'argomento, visto che mi ero già espresso in un altro post non pubblicato dove, in maniera assolutamente educata, sottolineavo come anche don Elia, che pur stimo, pigiasse sempre il tasto dello scisma, a proposito della FSSPX.
Purtroppo è un pensiero diffuso ed io non lo condivido, anche se non ho mai partecipato ad una celebrazione della suddetta comunità. Considero,anzi, Mons. Lefebvre un grande e santo Vescovo.
Secondo la Scrosati rifugiarsi nella FSSPX non è la soluzione.
Dunque: attendiamo con ansia che ci dica la sua soluzione.
Dobbiamo manifestare massicciamente davanti al Vaticano?
Oppure bisogna nascondersi, aspettando che passi la buriana, oppure ancora fare lo sciopero della fame per impietosire qualche Eminenza sonnolenta, sperando che quello che vive il cattolicesimo contemporaneo sia solo un temporale e non un terremoto devastante.
Nel frattempo sarebbe opportuno, anziché occuparsi della pagliuzza che sta nell'arcipelago lefebvriano, guardare alla trave che sta maramaldeggiando a Roma.
Gz
Trovo strano che un papa(?) dia una missio e non perseguiti i lefevbriani mentre perseguita carmelitane e sacerdoti come i francescani dell'Immacolata, perchè amano la dottrina e la liturgia tradizionale. O é schizofrenia pura o oculato giudizio di pericolosità o non pericolosità. Quindi un " dubbio cattolico" approva e condanna con un discernimento oculato o schizofrenico?
Leggendo gli articoli e i vari commenti nel web, ultimi su Duc in Altum che ospita un articolo di Radio Spada e uno di un sacerdote della FSSPX, chiariscono definitivamente che la FSSPX non è scismatica e tutto grazie alla Bussola che ha riproposto l' argomento, è l' unico suo merito.
Chi è il vero scismatico?
Il sacerdote che si è separato dal vero insegnamento della Chiesa, che insegna non solo false verità ma anche contro la verità, p.e. negando che le inversioni sessuali siano peccato e pretendendo che la Chiesa addirittura modifichi il suo insegnamento su questo punto fondamentale.
Costoro, il cui numero oggi abbonda nella Gerarchia, sono i Nicolaiti redivivi, "falsi fratelli" non solo eretici ma anche scismatici poiché di fatto insegnando l'opposto della Rivelazione si sono posti fuori della Chiesa fondata da Nostro Signore.
Scismatici per ora virtuali perché non dichiarati formalmente.
Il prete apostatante è "in scisma" con la parola di Dio professata dalla Chiesa di sempre.
La dr.ssa Scrosati non si ricorda bene
L'articolessa della dr.ssa Scrosati dà sempre più l'impressione di mirare a spaventare il più possibile i fedeli che frequentano le Messe della FSSPX.
Nella terza puntata del suo articolo, sembra accusare di falso P. Franz Schmidberger, che partecipò alla famosa consacrazione dei 4 vescovi effettuata da mons. Lefebve, nel giugno del 1988.
Scrive infatti: "Giovanni Paolo II aveva esplicitamente rifiutato di conferire il mandatum [il cadinale Ratzinger che lo rappresentava stava tirando in lungo sulla scelta del successore di mons. Lefebvre] e spiace davvero che, all'inizio del rito consacratorio, l'allora Superiore della FSSPX, l'abbé F.Schmidberger, avesse invece confermato di avere il mandatum apostolicum".
Se controlliamo l'andamento della cerimonia nella Vita di mons. Lefebvre scritta da mons. Tissier de Mallerais, a p. 593 troviamo che fu detto sì che il mandato c'era ma si precisò che chi l'aveva conferito non era il papa regnante bensì la Roma di sempre, quella fedele alle tradizioni degli Apostoli. Traduco:
"- Avete voi il mandato apostolico?
- L'abbiamo
- Che sia letto!
- Noi l'abbiamo dalla Chiesa romana sempre fedele alle sante tradizioni ricevute dagli Apostoli...".
Dobbiamo dire che qui si fingeva di avere un mandato che tutti sapevano non esser mai stato concesso? Suvvia...
Era chiaro che "il mandato" si riteneva di averlo moralmente dagli Apostoli stessi, da tutti i papi anteriori al Concilio.
Nell'omelia connessa, mons. Lefebvre disse che gli sembrava di sentire la voce di tutti i Papi da Gregorio XVI in poi, Pio IX, Leone XIII, san Pio X, Benedetto XV, Pio XI, Pio XII, che lo incitavano nella sua azione di difesa della Fede (op.cit., ivi).
Ecco da chi affermava di aver ricevuto "il mandato". E non era chiaro il riferimento?
Mons. Lefebvre disse sempre giustamente che la difesa della Fede [minacciata ed anzi pervertita dagli stessi Pastori] era cosa ben più importante dell'accordo con le autorità romane.
T.
Riporto da Radio Spada
👀 Cari Lettori,
1. È uscito il terzo articolo de La Bussola contro i "lefebvriani", ovviamente è ricco di taglia e cuci, slalom tra i fatti e confusione di piani. Ci torneremo.
2. Riflessione. Questa serie-boomerang oltre a far crescere verticalmente le dimostrazioni di affetto per Mons. Lefebvre e a determinare un uragano di contestazioni contro La Bussola, è riuscita a compiere qualcosa di miracoloso, ovvero mettere d'accordo e compattare a falange il 99% del mondo "tradizionalista". Il fatto, vista la storica litigiosità dell'ambiente, è al limite del non scientificamente spiegabile. Erano decenni che non si vedevano un'armonia e un'unità così chiare. Più forte, ragazzi.
3. Si pubblicherà una confutazione. Gli "argomenti" de La Bussola sono ritriti e fuori contesto, ma meglio cancellare ogni vago dubbio che il lettore, soprattutto "neofita", potrebbe avere.
Ma chi è che legge ancora questa Bussola? Si rischia di perderla per davvero, la bussola ( cioè il sano discernimento, la capacità di discernere tra verità e menzogna, tra bello e brutto, tra buono e cattivo) andando dietro a loro, alla loro subdola linea editoriale; anche se dicessero 99 cose vere e 1 falsa non meriterebbero ascolto, ricordate cosa diceva San Pio X a proposito del clero modernista, che usava nascondere le eresie in mezzo a velate verità.
Buongiorno carissimi!! Vi chiederei preghiere per don Martino, parroco di Castiglione Torinese, San Raffaele Cimena e Castagneto Po; gli hanno scoperto un tumore maligno al rene destro di ben 9 cm che domani gli verrà esportato interamente alle Molinette. Ha 42 anni e tre parrocchie . Grazie se fate pregare i vostri gruppi per la guarigione di questo prezioso giovane sacerdote.
https://gloria.tv/post/GHMMeCPqTiq94yWXwbbaRbukt
La Fraternità è una risorsa per la Chiesa. Però non dobbiamo credere che sia un'isola felice dove rifugiarci per scappare dalla neochiesa modernista. Il nostro spazio sono le diocesi, le parrochie ad oggi occupate dai modernisti. Accettare il "dolce ghetto" della Fraternità significa rinunciare a lottare per ciò che è nostro. È giusto rinfrancarsi lo spirito in luoghi cattolici ma la nostra croce è presenziare in parrocchia perché ci sono milioni di fedeli ostaggio dei modernisti e non possiamo lasciare nessuno indietro, esattamente come fa il buon pastore. Ok la Fsspx ma come sanatorio, il VO deve tornare ad essere l'unica liturgia nelle parrocchie.
# "Ma chi è che legge ancora La Bussola?"
Non sarei così drastico. Vi si trovano anche buoni articoli di critica di costume, sulla politica internazionale, sulla crisi della Chiesa.
Però il direttore alla fine paga l'ambiguità di fondo: voler combattere la crisi della Chiesa restando fedele al Concilio Vaticano II, schierandosi tra coloro che considerano Giovanni Paolo II e Benedetto XVI autentici difensori della fede sul piano dottrinale. Senza ovviamente mai approfondire sugli errori del presente pontefice.
È il difetto d'impostazione dei "conservatori moderati" attuali, peraltro anch'essi posseduti da una devozione che rasenta l'irrazionale nei confronti del papato. Forse è a causa di questo "papismo" che avversano la FSSPX.
Andrea Sandri
Il quarto sfracellamento
Per la quarta volta la Luisella si sfracella sulla pietra di Pietro, ignorando o quasi il dato positivo ultimo che una positivista come lei dovrebbe considerare attentamente.
«Nell’Anno del Giubileo avevo concesso ai fedeli che per diversi motivi frequentano le chiese officiate dai sacerdoti della Fraternità San Pio X di ricevere validamente e lecitamente l’assoluzione sacramentale dei loro peccati. Per il bene pastorale di questi fedeli, e confidando nella buona volontà dei loro sacerdoti perché si possa recuperare, con l’aiuto di Dio, la piena comunione nella Chiesa Cattolica, stabilisco per mia propria decisione di estendere questa facoltà oltre il periodo giubilare, fino a nuove disposizioni in proposito, perché a nessuno venga mai a mancare il segno sacramentale della riconciliazione attraverso il perdono della Chiesa» (Misericordi et misera, nr. 12 b).
Qui il Papa conferisce a un intero corpo ecclesiastico (e non a singoli in casi di necessità e urgenza) la facoltà di confessarsi e di confessare validamente, ai fedeli (direttamente) la facoltà di confessarsi e ai sacerdoti (indirettamente) la facoltà di confessare. I due aspetti non sono scindibili (non c'è confessione valida senza giurisdizione), e dunque una "missio" è innegabile, al di là delle circostanze. Il Papa ha esercitato la sua giurisdizione.
La Filosofa licenziata positivista (che procede implacabilmente più con Kelsen che con San Tommaso, con una Grundnorm che sta più nel suo cervello che nella Chiesa), se continua a non essere coerente con le proprie premesse, deve ammettere il proprio recondito sedevacantismo, già trapelante in alcuni passi del suo dossier. Si attende la quinta puntata.
C'è su La Nuova Bussola Q. un articolo del dr. Cascioli, direttore,
che vuole giustificare i quattro articoli contro la FSSPX.
L'articolo appare molto debole, sul piano delle argomentazioni.
Dice questo, in sostanza: c'è una grave crisi della Chiesa,certamente; si può capire che molti abbiano trovato un sollievo nell'andare alle Messe della FSSPX. Però attenti, ragazzi: non crederete mica con questo di essere diventati voi la vera Chiesa, di essere nel giusto mentre tutti gli altri sarebbero nell'errore, eh?
Guardate che la FSSPX è scismatica e le funzioni che celebra sono illegittime. Non può dire "invalide", ovvio. Però batte ossessivamente, come la dr.ssa Scrosati, sul tasto della illegittimità.
Evidente l'intento di far fuggire i fedeli dalla FSSPX, spaventandoli con le supposte conseguenze del loro frequentare Messe che sarebbe illegittimamente celebrate.
A chi scrive, tutto ciò appare triste e penoso, vorrei dire. Sono andato per tanti anni, finché la salute ha retto, alle Messe della FSSPX ma non ho mai pensato di appartenere per ciò stesso alla vera Chiesa, separata da quella fasulla del Vaticano II. Ero solo un cattolico che riusciva ad andare, facendo tanti km, ad una Messa sicuramente cattolica, sottraendosi perciò alla Messa pseudo-cattolica pericolosissima per la fede imposta da Montini. Evitando così di frequentare un clero dove ci sono prelati che benedicono coppie di invertiti ambosessi e vogliono le donne-prete, per citare solo le ultime aberrazioni.
L'illiceità delle celebrazioni liturgiche della FSSPX è solo disciplinare, un fatto interno tra questi sacerdoti e il Papa, punibile un domani con una penitenza, al massimo.
I fedeli non c'entrano.
Alla sua base c'è un fatto dottrinale, il rifiuto di accettare in blocco il Concilio. Ma, trattandosi di un Conciliio pastorale, senza dogmi, non accettarlo dove appare contro la tradizione della Chiesa (p.e. nell'introdurre il principio della sperimentazione e della creatività nella liturgia, una cosa allucinante) non costituisce reato, tant'è vero che il Vaticano non ha mai potuto accusare la FSSPX di eresia.
Né scismatici, né eretici, solo disobbedienti al Concilio per necessità impellente e agli ordini illegittimi dell'Autorità, come quello di chiudere il seminario di Econe, dato in spregio al diritto della Chiesa. Questo sono i "lefebvriani".
Forse il dr. Cascioli farebbe meglio a dedicare i suoi Dossiers alle ambiguità e agli errori penetrati nel Concilio, quelli sono i veri rsponsabili della crisi della Chiesa. La NBQ apra un discorso serio sul Concilio, questo esige la situazione, invece di attaccare veri Difensori della fede come i "lefebvriani", non per i difetti che anche loro umanamente avranno, ma in radice, cercando di infligger loro un colpo mortale, con lo spauracchio inane della "illegittimità".
T.
Scrive Cascioli: “l nemico comune del Papa e della FSSPX è la visione di Benedetto XVI che vedeva Vetus e Novus Ordo come due forme dello stesso rito, e che vedeva la continuità della Chiesa tra prima e dopo Concilio Vaticano II”. Perché, si è mai visto uno stesso rito con due forme? C’è continutita tra il Sillabo e ASSSI ’86?
Il dr. Cascioli sembra condividere l'impostazione di Benedetto XVI, che vedeva nei due Ordines della Messa "due forme dello stesso rito".
Si tratta di una linea ufficiale che papa Francesco ha infranto, con le dichiarazioni del card. Roche: il rito della Nuova Messa è effettivamente un nuovo rito, l'Assemblea dei fedeli "consacra con il sacerdote", concetto respinto e condannato da tutti i Papi precedenti.
Il card. Roche ha ragione, si tratta di due riti diversi, nonostante abbiano alcune cose in comune. Ossia: il Novus Ordo ha alterato profondamente la vera natura della Messa cattolica di sempre, pur usandone alcune forme.
Ha messo la Resurrezione celebrata dall'Assemblea al posto della rinnovazione del Sacrificio della Croce, celebrato dal solo sacerdote, l'unico che ha il potere ci compiere la Consacrazione.
Nella Messa Nuova si è voluto far entrare, alterando anche le parole del Canone, lo spirito di agape gioiosa collettiva che i Protestanti vogliono vedere nella Cena del Signore (quando l'Ultima Cena fu dominata dalla paura e dallo smarrimento per il tradimento e la morte incombente del Signore, un'atmosfera tragica).
La tesi di Ratzinger delle "due forme dello stesso rito" fa acqua da tutte le parti, tanto sono diverse le due "forme", che finiscono anzi col contrapporsi. Una lenta e spontanea evoluzione organica della Messa è stata sempre ammessa, la spiega bene anche Pio XII nella Mediator Dei. Ma sulla base dei propri presupposti, che devono rimanere inalterati, quali l'essere la Messa soprattutto rinnovazione del Sacrificio di Cristo per chiedere espiazione e misericordia per i nostri peccati, celebrato dal solo sacerdote mentre il popolo dei fedeli "concelebra" ma solo in voto, spiritualmente (Mediator Dei).
E sempre nel mantenimento del Latino, lingua da tanti secoli liturgica.
Invece, la Messa NO, non per nulla in volgare, non ha rappresentato un'evoluzione ma una rivoluzione, fatta a tavolino applicando le concezioni liturgiche della Nouvelle théologie, una più ereticale dell'altra: un prodotto bastardo, una mostruosità che deve essere eliminata, se la Chiesa vuole rinascere.
Il dr. Cascioli resta invece prigioniero dell'errore diffuso da Ratzinger con la sua falsa concezione dello "stesso rito nelle due forme".
Questo può contribuire a spiegare la sua avversione per la FSSPX.
T.
In quale documento, Roma, afferma che la FSSPX è scismatica? Può la Roma conciliare che ha abbandonato il Sì Sì No No, e che ha impiantato il sistema della piena e non piena comunione, emettere un giudizio di questo tipo? La buona logica ci dice che nel caso di scisma prima se deve risolvere lo scisma per dopo ritirare le scomuniche...
Guarda come sono trattati l'ortodossi per la la Scrosati nell'articolo:
Ortodossi e Comunione, la fede che è mancata alla Cei - https://lanuovabq.it/it/ortodossi-e-comunione-la-fede-che-e-mancata-alla-cei
Il tratto è completamente diverso, in un caso gli scismatici sono esempi per la CEI, nell'altro se parla in nome, meglio, se fa e se trasmette un giudizio che Roma non ha fatto e con la mens conciliare, non farà mai. Gli altri altri articoli del sitio sugli ortodossi, sono tanto dolce (come un tiramisù). Tutti nello spirito dell'eterno dialogo in ricerca della piena comunione. Se tutti gli obiettivi del Concilio fossero raggiunti, il giardino dell'Eden, sarebbe restaurato! Sarebbe il paradiso in terra.
Quando se condanna qualcuno per una colpa che non c'è, e se dialogo e se è dolce con l'altro che possiede questa colpa, se cade nel ridicolo.
Roma, non afferma il scisma, né afferma né smentisce, affinché la Fraternità possa essere giudicata dal tribunale dell'opinione pubblica, mediante liberi esami, come fa il NBQ. Se tratta del metodo Bergogliano di lasciare agli giornalisti dire ciò che vogliono, come nel Concilio che è stato fatto in modo che "avesse le premesse per i giornalisti tirare le conclusione". La FSSPX è stata la prima vittima della cultura del cancellamento. È questo che pratica la NBQ con questo articoli. È no mínimo curioso è che nel caso della FSSPX quella scismatica è la FSSPX dei propri mass media cattolici.
Per loro, la crise della Chiesa comincia con Bergoglio, fino a Benedetto XVI se viveva in paradiso. Qualcuno a letto qualche parola nella NBQ, sul diritto divino quando fino a poco, quando avevamo due papi? Cosa hanno detto sugli incontro d'Assisi?
https://lanuovabq.it/it/ortodossi-e-comunione-la-fede-che-e-mancata-alla-cei
"Ci si attendeva, insomma, qualcosa di simile a quanto fatto dai loro fratelli ortodossi."
FRATELLI ORTODOSSI !!!
Chi ha visto l'espressione "fratelli lefebvriani" nel sequel dei 6 articoli della Bussola riguardo a coloro che non sono in perfetta comunione in quanto non godono di giurisdizione nella Chiesa?
Ai "fratelli" "ortodossi" (virgolette d'obbligo) si danno le chiese cattoliche, mentre ai nemici lefebvriani (che invece sono effettivamente fratelli ed effettivamente ortodossi), le chiese vengono sistematicamente negate, non solo in uso, ma perfino per un regolare acquisto.
Altro aspetto negativo della formula ratzingeriana dell'unico rito in due forme diverse.
Consiste quest'aspetto nell'aver etichettato il Vetus Ordo come "rito straordinario" mentre il N0 sarebbe ovviamente l'ordinario. Ma come?
Il bimillenario rito romano antico, il cui canone per costante tradizione dei papi, risalirebbe addirittura ai tempi apostolici e quindi allo stesso S. PIetro, diventa "rito straordinario" in posizione subordinata al rito "ordinario", che sarebbe quello nuovo, costruito a tavolino, dopo aver anche ascoltato gli esperti dei Protestanti eretici, da sempre nemici dichiarati della vera Messa cattolica? In posizione subordinata perché considerato capace di contribuire al miglioramento e all'integrazione del nuovo rito, come se potesse effettuarsi una sintesi di questo genere.
In una concezione del genere si vedono tutte le lacune filosofiche di Ratzinger, che, per sua stessa ammissione, non aveva mai amato san Tommaso (e quindi Aristotele), subendo invece l'influenza del pensiero contemporaneo, dell'esistenzialismo e di pensatori minori di taglio eterodosso anche nell'ebraismo come Martin Buber. Il pensiero contemporaneo poi nemmeno attinto direttamente alle sue fonti, per quanto inquinate, ma attraveerso la mediazione dei Nuovi Teologi come de Lubac (per Blondel, p.e.) e di Rahner (per Heidegger, del quale egli fu ripetitore nella sua pseudo-teologia).
La formula ratzingeriana dunque sdoganava sì l'Antico Rito ma da un lato lo snaturava, subordinandolo al Nuovo, che restava la regola.
Nessuno può accusare Ratzinger di malafede, egli la vedeva così, questa era la sua concezione, vagamente "storicistica": riprendere dal passato ciò che sembrava storicamente attuale e utile, conservarlo, ma per integrarlo nel Nuovo Corso. Pensava in tal modo, credo, di combattere le deviazioni liturgiche dilaganti nel NO, senza accorgersi che la loro origine era nel Concilio, nella Costituz. "Sacrosanctum Concilium sulla sacra liturgia", che introduce, fra altre cose inaccettabili, il principio della semplificazione e sperimentazione liturgica, fatalmente e presto sfuggiti ad ogni controllo da parte della S. Sede.
Al di là dell'esser pro o contro Ratzinger o mons. Lefebvre, ciò che conta veramente è rendersi conto che questo biritualismo è una cosa assurda, infausta e deleteria e non può durare. La soluzione di questa antitesi può essere una sola: la riaffermazione del Vetus Ordo quale unico vero rito della S. Messa di sempre, la cancellazione dell'inaccettabile rito riformato.
Una voce che grida nel deserto? Certamente. Che tuttavia dica il vero non lo dimostra il fatto che la crisi della Chiesa, a tutti i livelli, non fa che approfondirsi e ha raggiunto livelli addirittura mostruosi?
T.
T.
Oggi, credo, sia necessario distinguere tra riforma e transformazione, perchè il Concilio non ha riformato la liturgia, la disciplina e la teologia della Chiesa, l'ha transformata. Se il nuovo rito è un'altra forma del rito romano, lui è una forma Il nuovo rito di Paolo VI può essere inteso solo come forma transgenica del vero rito romano.
Il semplice fatto di parlare del nuovo rito è un riconoscimento di che questo rito non è stata una ri-forma del rito romano. Per essere questa riforma se doveva arrivare alla sintesi dei due riti, la chiamata riforma della riforma. Questo tipo di cosa mai è accaduta nella storia della Chiesa.
Ancora su riforma e transforma:
Oggi abbiamo dei preti, vescovi, cardinali... atei, agnostici, comunisti, liberali, omosessuale, ecc che ancora se dicono cattolici ma sono infatti dei veri transcattolici.
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