che resiste alla dissoluzione della verità
Nel crepuscolo dell’Europa ottocentesca, segnata dall’ubriacatura prometeica della modernità e dalla sistematica erosione dell’ordine oggettivo del reale, l’elezione al pontificato del Patriarca di Venezia, Giuseppe Sarto, il 4 agosto 1903, rappresenta non un semplice passaggio di testimone nella successione apostolica, ma una cesura teologica e profetica, un atto di resistenza ordinata alla dissoluzione della verità.
San Pio X non fu un Papa tra gli altri, né un mero conservatore dei costumi; fu il custode inflessibile della forma cattolica integrale, che non si accontenta di sopravvivere alla storia, ma pretende di trasfigurarla a partire dal Principio. La sua intera azione magisteriale, disciplinare, liturgica e pastorale si radica in una visione metafisica del mondo, in cui la verità non si riduce a funzione del tempo, ma è luce immutabile che giudica ogni epoca.
L’epoca in cui egli fu chiamato a reggere la barca di Pietro era intrisa di insidie ben più profonde delle persecuzioni palesi: il nemico aveva assunto le sembianze dell’amico, e le strutture portanti del pensiero cattolico erano minate dall’interno da una teologia che aveva smarrito la sua fondazione ontologica e soprannaturale. In tale contesto, il modernismo, che Pio X definì con precisione come «sintesi di tutte le eresie», non era solo un errore speculativo, bensì un cedimento spirituale, una resa epistemologica alla mentalità mondana.