Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

giovedì 25 dicembre 2025

Santo Natale 2025

I nostri più fervidi auguri di
 
Sereno e Santo Natale 2025

O Emmanuel, Rex et legifer noster,
expectatio gentium, et Salvator earum:
veni ad salvandum nos, Domine, Deus noster.
Christus natus est nobis: Venite adoremus!
«La Chiesa da venti secoli predica la nascita di Gesù Bambino, ch’è il mistero più dolce, l’immagine più pura, il conforto più grande che l’umanità mai abbia avuto: Dio-uomo. Se è già una cosa grandiosa, incomparabile, insondabile, impenetrabile e inesauribile il mistero di Dio e il mistero dell’uomo, cos’è il mistero dell’Uomo-Dio? È certamente ancora più inesauribile e insondabile, ma è insieme la risoluzione della tensione fra Dio e l’uomo, fra l’Infinito e il finito, fra la Purezza e la nostra miseria del peccato, è “Dio con noi”, è la soluzione di questo mistero, è il conforto ineffabile. Ecco la gioia di noi cristiani oggi». P. Cornelio Fabro

mercoledì 24 dicembre 2025

L'evento storico più significativo di sempre: la Natività di Nostro Signore Gesù Cristo

Nella nostra traduzione da Substack.com abbiamo un esempio dei “semi di verità”, che i Padri – come λόγοι σπερματικοί/Semina Verbi – attribuivano alle filosofie, anche se l’espressione risulta coniata da Giustino. Secondo i Padri dei primi secoli, compreso S. Agostino, i semina Verbi non fecondano le religioni pagane, alle quali essi riservano giudizi molto severi, quanto piuttosto la filosofia greca e la sapienza dei poeti e delle Sibille. Rimando alla mia nota in calce. È un po' lunga. Quasi un nuovo articolo. Ma meritava completare con riferimenti anche alla situazione attuale.

L'evento storico più significativo di sempre:
la Natività di Nostro Signore Gesù Cristo

Alcune note sul collegamento tra la caverna di Platone e l'iconografia cristiana

Duccio di Buoninsegna (1299–1319), La Natività, 1308 ( fonte )

Mentre ci prepariamo a celebrare l'evento più importante della storia dell'umanità, credo che nulla sia più appropriato di una riflessione sul significato di alcune delle icone più toccanti della storia dell'arte sacra cristiana. Il dipinto di Duccio di Buoninsegna (1299-1319), La Natività con i profeti Isaia ed Ezechiele (1308), è una vera sintesi visiva di questa venerabile tradizione iconografica, ben rappresentata sia nella tradizione bizantina che in quella del Medioevo occidentale.

Buon Natale a tutti voi!

Nessun evento nella storia dell'umanità può essere compreso senza un'attenta riflessione sulle conseguenze di quell'atto che ebbe luogo agli albori della storia: il peccato originale e la caduta dei nostri progenitori, Adamo ed Eva. Come conseguenza di quell'evento sfortunato, tutte le profezie autentiche – in primis quelle che si trovano nei testi sacri dell'Antico Testamento, e in seguito quelle dei visionari pagani di varie culture e tradizioni – parlano, direttamente o indirettamente, esplicitamente o implicitamente, della venuta del Divino Salvatore. Inquieti e turbati da ansie metafisiche, alcuni degli antichi saggi cercarono soluzioni alla disastrosa condizione dell'umanità. L'ateniese Platone, discepolo di Socrate, ci ha lasciato in eredità una delle descrizioni più profonde dello stato dell'umanità decaduta.

Molti dialoghi di Platone – Fedone, Politeia, Fedro e altri – parlano della condizione umana attraverso metafore entrate a far parte del patrimonio della cultura universale. Chi non ha mai sentito parlare dell'allegoria della caverna? Mi affretto, tuttavia, a sottolineare che non è l'unica descrizione simbolica della condizione umana. Altre parabole platoniche, altrettanto significative sebbene molto meno note, gettano una luce rivelatrice sulla nostra condizione attuale. Scriverò di tutti questi argomenti molto presto. La loro essenza, illuminata da diverse angolazioni dal genio letterario dell'autore, è sempre la stessa.

Avvolti nelle penombre di un mondo crepuscolare, in cui essere e nulla si mescolano misteriosamente, vaghiamo nel labirinto creato dalle nostre illusioni e dai nostri autoinganni, agitati dalle tentazioni di «quel serpente antico, che è chiamato diavolo e Satana, il quale seduce tutta la terra» (Apocalisse 12,9). Invece di prolungare e amplificare un sogno che spesso si trasforma in incubo, Platone propone l'unica soluzione perfettamente logica per chi sa: l'uscita dal labirinto oscuro. In un modo o nell'altro, questo è ciò che tutti gli amanti della Sapienza del passato hanno proposto. Eppure Dio, l'Onnipotente Creatore, ha preparato e realizzato una soluzione che supera tutto ciò che gli antichi saggi avrebbero potuto immaginare.

L'Incarnazione e la Nascita della seconda Persona della Santissima Trinità, Dio Figlio, Gesù Cristo, sfidano la logica umana, così come la Sua morte in Croce e la Sua gloriosa Resurrezione. Veramente divina, la soluzione offertaci dal Logos incarnato porta a perfezione, in modo inimmaginabile, la saggezza di Platone e di tutti i pensatori antichi da lui rappresentati. Quella che segue è una vera storia di Natale. Sebbene in qualche modo filosofica, non è meno drammatica e, allo stesso tempo, permeata dalla luce eterna della Sapienza imperitura.

L'Incarnazione e la Nascita della seconda Persona della Santissima Trinità, Dio Figlio, Gesù Cristo, sfidano la logica umana, così come la Sua morte in Croce e la Sua gloriosa Resurrezione. Veramente divina, la soluzione propostaci dal Logos incarnato porta a perfezione, in modo inimmaginabile, la saggezza di Platone e di tutti i pensatori antichi da lui rappresentati. Quella che segue è una vera storia di Natale. Sebbene in qualche modo filosofica, non è meno drammatica e, al tempo stesso, permeata dalla luce eterna della Sapienza imperitura.

La grotta di Maestro Duccio e la saggezza di Platone
Il dipinto del maestro italiano Duccio di Buoninsegna (1299-1319) rappresenta una vera sintesi di una tradizione iconografica diffusa sia nell'Oriente cristiano che nel mondo occidentale. L'immagine principale che accompagna il mio articolo raffigura la nascita del Salvatore Gesù Cristo, visibile al centro del dipinto, all'interno di una grotta buia. È proprio questa grotta che può fungere da punto focale ricco di significato simbolico, nella direzione aperta dalla celebre parabola di Platone.

Presentato nel Libro VII del dialogo Politeia (di solito tradotto erroneamente come La Repubblica), il testo platonico descrive la condizione umana in modo figurato. Come è prevedibile per un argomento di tale importanza, a guidare la discussione e a rispondere alle domande degli interlocutori è Socrate. Ascoltiamolo:
Immaginate degli uomini che vivono in una specie di caverna sotterranea con un lungo ingresso aperto alla luce per tutta la sua larghezza. Immaginateli con le gambe e il collo incatenati fin dall'infanzia, in modo che rimangano fermi nello stesso posto, capaci solo di guardare avanti e impediti dalle catene di girare la testa. Immaginate inoltre la luce di un fuoco che arde più in alto e a una certa distanza dietro di loro, e tra il fuoco e i prigionieri e sopra di loro una strada lungo la quale è stato costruito un basso muro, come gli espositori di spettacoli di marionette hanno dei tramezzi davanti agli uomini stessi, sopra i quali mostrano le marionette.

"Tutto quello che vedo", disse.

“Guarda anche, dunque, uomini che portano oltre il muro utensili di ogni genere che si elevano al di sopra del muro, e anche immagini umane e forme di animali, lavorate in pietra, legno e ogni materiale, alcuni di questi portatori presumibilmente parlano e altri sono silenziosi.”

«Strana immagine quella di cui parli», disse, «e strani prigionieri».

"Come noi", dissi; "perché, per cominciare, dimmi, pensi che questi uomini avrebbero visto qualcosa di loro stessi o degli altri, se non le ombre proiettate dal fuoco sulla parete della caverna di fronte a loro?"

"Come potrebbero", disse, "se fossero costretti a tenere la testa ferma per tutta la vita?"

"E ancora, non varrebbe lo stesso per gli oggetti trasportati da loro?"

"Certamente."

«Se dunque fossero in grado di parlare tra loro, non credi che supporrebbero che, nominando le cose che vedono, stanno nominando gli oggetti che passano?»

"Necessariamente."

"E se la loro prigione avesse avuto un'eco dal muro di fronte, quando uno dei passanti avesse emesso un suono, pensi che avrebbero supposto che a parlare fosse stato qualcun altro oltre all'ombra che passava?"

«Per Zeus, non lo so», disse.

“Allora, in ogni caso, tali prigionieri riterrebbero che la realtà non sia altro che l'ombra degli oggetti artificiali.”

"Inevitabilmente", ha detto.(1)
Pur appartenendo al mondo pagano precristiano, il dialogo dimostra quanto avessero ragione, tra gli altri, i santi Giustino Martire e Filosofo e Clemente Alessandrino: prima della venuta di Cristo Salvatore, anche i sapienti del mondo pagano, guidati con discrezione dalla Provvidenza, parlavano dei misteri della vita eterna. Questo spiega perché troviamo le loro figure dipinte sulle pareti di numerose chiese sia nel mondo cristiano orientale che in quello occidentale.

Nel testo sopra citato troviamo una straordinaria descrizione dello stato dell'umanità decaduta. Sebbene nei dialoghi platonici non incontriamo nulla di equivalente al "peccato originale", vi troviamo tuttavia una sorprendente comprensione delle sue conseguenze. Ecco come queste vengono presentate attraverso l'allegoria della caverna.

Il primo punto riguarda la nostra condizione, quella dei discendenti di Adamo ed Eva. Le catene che tengono immobili il nostro collo e la nostra testa, incapaci di volgerci verso “il mondo dell’invisibile”, sono simboli di quell’ignoranza derivante dalla mutazione della facoltà cognitiva avvenuta in conseguenza del peccato originale. Siamo stati accecati. Siamo stati accecati perché abbiamo perso le grazie che producevano nell’anima umana la conoscenza infusa all'inizio posseduta da Adamo ed Eva. Sebbene questa non fosse ancora la visione beatifica, ciò che essi furono comunque in grado di conoscere – attraverso una grazia dotata di eccezionali virtù epistemologiche, donata da Dio stesso – supera di gran lunga qualsiasi cosa possiamo immaginare. Dopo la Caduta ci troviamo incatenati nell’oscurità dell’ignoranza che deriva dall’incapacità di contemplare per mezzo di un intelletto illuminato dalla grazia. Dominati dalla conoscenza razionale (cioè discorsiva), in cui il sillogismo corretto è il risultato più alto a cui possiamo aspirare, e allo stesso modo dalla conoscenza empirico-sensoriale, siamo incapaci di vedere direttamente il mondo di Dio, degli angeli e dei suoi santi.

L'ignoranza, tuttavia, non è tutto. Se ogni persona potesse riconoscere all'istante questa miserabile condizione, questo di per sé sarebbe già qualcosa. Perché allora non si sarebbe ingannati dalla conoscenza inferiore che ora possediamo. Il nostro più grave problema attuale è che ci sembra che ciò che conosciamo attraverso i nostri sensi sia tutto – e che tutto ciò che è conosciuto in questo modo sia l'unica realtà – quando in realtà, come dice Platone, è qualcosa di meramente effimero e illusorio. La Rivelazione cristiana ci dice ancora di più: tutto ciò che ora conosciamo è destinato alla distruzione. Il mondo, come lo vediamo ora, avrà una fine – nel fuoco. Solo dopo di ciò i giusti di Dio avranno accesso a un "nuovo cielo e una nuova terra", conoscendo – come dice San Paolo Apostolo – "faccia a faccia". Eppure ora, senza un'attenta riflessione, giungiamo a considerare vero e reale ciò che in realtà è solo un miscuglio di essere e non essere, o, nei termini rivelati della Sacra Scrittura, di bene e male.

Secondo Platone, la funzione eccezionale di "colui che sa", l'amante della saggezza, è quella di aiutare gli altri a emergere da questo stato di ignoranza. Questa, per lui, è la philo-sophia (ovvero "l'amore per la saggezza"). Esponente di antiche tradizioni sapienziali la cui origine va ricercata nella conoscenza adamitica degli inizi, il pensatore ateniese è una guida spirituale affine a Pitagora, Socrate o Patañjali. Ognuno di loro predicava, nel contesto della propria cultura, una fuga dal mondo decaduto attraverso una vita di ascesi e contemplazione, intesa ad aiutare coloro che la seguivano a raggiungere la Saggezza. Ciononostante, il fallimento nel raggiungere l'immortalità era evidente a tutti, poiché tutti i saggi pagani morivano senza risorgere. L'uscita dalla caverna non era altro che un sogno intermittente.

Prigionieri del nulla
Ma cos'è, dopotutto, la caverna dei prigionieri descritta da Platone? È un mondo di ombre oscure, considerato – a causa dell'ignoranza metafisica – l'unica realtà da coloro che vi sono tenuti prigionieri. Non avendo mai avuto la possibilità di vedere il Paradiso, è facile giungere a negarne l'esistenza. Priva di accesso al Regno dei Cieli, l'umanità decaduta è giunta a credere che ciò che ci circonda sia tutto ciò che esiste. Uno dei grandi pensatori che denunciarono questa illusione fu il genio supremo della metafisica cristiana: Sant'Atanasio (c. 296–373).

Il grande Dottore Alessandrino descrisse la discesa dell'umanità decaduta lungo il pendio verso il nulla: creati dal nulla, dopo aver rifiutato – in Adamo ed Eva – il sacro comandamento del Creatore ("dell'albero della conoscenza del bene e del male, non ne mangerai"), rotoliamo indietro verso il nulla da cui siamo stati creati. Corrotta, la natura umana è diventata simile a una terra arida e completamente priva d'acqua. Profonde fenditure la solcano, frammentandola. L'armonia originaria è stata sostituita da uno stato caotico di guerra continua. L'assassinio di Abele da parte del fratello Caino inaugura la lunga catena dell'odio. Al posto della luce benedetta della grazia, che ha trasformato la natura originaria in un giardino fertile, l'oscurità del nulla si rivela attraverso i vuoti spalancati che si aprono nella natura decaduta.

Se adottassimo la metafora preferita di un altro Santo Padre, Gregorio di Nissa, la natura umana – come un vaso creato per accogliere nel suo vuoto il contenuto luminoso della grazia – ricevette, attraverso l'inganno del diavolo, il piombo (o fango) di quella che Sant'Atanasio chiamava "corruzione". In effetti, sia l'umanità che il cosmo entrarono, sotto l'influenza di questa corruzione, in un vero e proprio processo di entropia e dissoluzione, che solo Dio Salvatore può interrompere. Ecco perché nessun saggio prima di Cristo Salvatore fu in grado di risolvere la tragedia della condizione umana. Se Dio non fosse intervenuto, l'umanità si sarebbe autodistrutta attraverso la generalizzazione e l'istituzionalizzazione del peccato.

L'oscurità su cui siamo sospesi, il vuoto in cui siamo rinchiusi, è – per usare le parole di Platone – la “caverna” in cui la nostra stessa disobbedienza ci ha imprigionati. L'amore per Dio, l'Essere supremo e assoluto, è stato sostituito dall'amore per il nulla, consegnatoci sotto forma di illusioni e menzogne in cui viviamo avvolti senza rendercene conto. È come se, invece di amare il suo sposo che le dona l'anello di fidanzamento più bello che si possa immaginare, la sposa amasse l'anello, dimenticando e ignorando completamente colui che glielo ha offerto. L'idolatria non era e non è altro che un'altra forma di questa illusione pseudo-metafisica: invece di adorare il Creatore, gli uomini adorano le creature – o, in versioni più recenti, adorano se stessi in modo egocentrico ed egomaniacale. Solitari e spesso perseguitati, saggi come Socrate si sforzarono di convincere i loro contemporanei che il vero mondo, la vera vita, si trova altrove. Ma il loro fallimento dimostrò che la missione che stavano cercando di compiere li superava.

Lo stupefacente piano divino nascosto
Dio conosceva tutte queste cose perfettamente – e conosceva anche la soluzione, assolutamente inconcepibile per noi: l'incoerenza ontologica del nostro mondo, che era come una striscia di celluloide che si disintegrava sotto il fuoco covante sotto la sua superficie illusoria, può essere superata solo da Colui che conosce il segreto dei segreti: il potere di quella luce che Tolkien chiamava "la Fiamma Imperitura" – la grazia santificante che Adamo ed Eva persero, ingannati dal diavolo, in Paradiso. Questa grazia non può essere ottenuta con alcun meccanismo, con alcun atto o con alcuna forma di violenza fisica; solo Dio può concederla a coloro che diventano Suoi amici.

Questa grazia, quindi, può essere ricevuta solo attraverso un dialogo cuore a cuore tra persone: l'umile essere umano faccia a faccia con le tre Persone della Santissima Trinità. Ahimè! Quale distanza separa la creatura decaduta dal Creatore: non mille, un milione o un miliardo di anni luce, ma una distanza infinita! Proprio per questo, per mostrarci che desidera esserci vicino, Dio ha fatto la cosa più inaspettata: è venuto, come una sfera di fuoco soprannaturale, in mezzo alle nostre tenebre. Lui, il Sole del regno eterno, è disceso nella grotta in cui siamo prigionieri. Questo miracolo divino è esattamente ciò che le icone cristiane tradizionali ci presentano.

Ma cosa vediamo in loro? Un punto incandescente nella profonda oscurità del mondo decaduto. Questo è il Bambino divino stesso, Gesù di Nazareth, nato da Maria, la moglie di Giuseppe. Le gerarchie celesti, rappresentate dagli angeli che guardano con stupore il Bambino appena nato, sono scosse. La Vergine stessa è scossa. In molte icone bizantine, la Regina del Cielo e della Terra, con il volto oscurato da profonda meraviglia, è voltata dall'altra parte rispetto alla mangiatoia dove giace il Bambino. Anche San Giuseppe è sconcertato. Chi può comprendere un simile evento?

Andrej Rublev (?–1430), Natività del Signore

La nascita verginale, come la Resurrezione di nostro Signore Gesù Cristo, è l'articolo più controverso della nostra fede. Oggi, in mezzo alla valanga multimediale, si possono vedere video in cui eruditi rabbini affermano che una cosa del genere è impossibile: il Signore dei Signori e Dio degli Dei, il grande Dio Onnipotente, non può diventare uomo. Privati della luce della grazia soprannaturale della fede, non possono accettare che Dio possa umiliarsi incarnandosi. E non sono i soli. Tutte le religioni monoteiste lo negano. L'Induismo ha inventato sofisticate teorie sugli avatar della Divinità suprema solo per dirci ciò che sostiene l'insegnamento eretico chiamato docetismo (dal greco dókēsis "apparizione, fantasma"): che Dio può assumere solo un aspetto umano. In altre parole, Egli si limita a "fingere" di essere umano attraverso un trucco, attraverso un'illusione.

Fede cristiana eterna e infallibile
Contro tutte queste speculazioni, la fede cristiana confessa tuttavia qualcosa di veramente straordinario: che Dio Figlio, la seconda Persona della Santissima Trinità, si è incarnato. Gesù di Nazareth non è semplicemente un grande saggio, come Buddha, Lao-Tse o Milarepa, né semplicemente un'“apparizione” sotto la quale la divinità si è manifestata giocosamente. No. Gesù di Nazareth è pienamente e veramente Dio e pienamente e veramente uomo: un'unica Persona nella quale, per un atto divino, la natura divina e la natura umana sono unite senza essere confuse, e distinte senza essere divise.

Giunti a questo punto, riconosciamo: non è stata la nostra ragione, né il genio dei filosofi o dei grandi pensatori a offrirci questo insegnamento, ma la Rivelazione della luce eterna, che – superando di gran lunga la nostra capacità di comprensione – sostiene le nostre menti affinché, per comando della nostra volontà messa in moto dalla grazia, possiamo aderire agli insegnamenti eterni di Dio. Per questo san Francesco di Sales sottolineava che, di fronte ai misteri divini, la ragione è impotente. Nemmeno il più grande logico – lo stesso Aristotele – sarebbe capace, con la forza del suo intelletto, di scoprire tali insegnamenti, perché sono accessibili alla nostra mente solo per grazia. Per questo è vitale la nostra preghiera per coloro che non credono, per coloro che dubitano: pregando, chiediamo al Padre delle grazie di illuminare coloro che abitano nelle tenebre, o coloro che, per vari motivi, hanno spento la luce donata nel Battesimo.

Eppure, per pregare, guardiamo attentamente le icone della Natività del Salvatore e lasciamoci permeare dallo stesso sacro stupore provato dalla Santa Vergine Maria davanti al Bambino divino. Se riusciamo a malapena a immaginare cosa significhi toccare Dio, possiamo immaginare cosa significhi portarlo, come una madre, nel proprio corpo e – miracolosamente – darlo alla luce rimanendo perpetuamente vergini? Le mie parole non possono illuminare tali misteri, ma possono invitarvi a meditare per meravigliarvi, e a meravigliarvi per pregare, specialmente per coloro tra noi che si allontanano dal cammino della salvezza ignorando o addirittura negando tali verità eterne.
Robert Lazu Kmita, 23 dicembre
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1. Cito la traduzione di Paul Shorey: Platone in dodici volumi, volumi 5 e 6, Cambridge, MA, Harvard University Press; Londra, William Heinemann Ltd., 1969.

[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]

Nota di Chiesa e post-concilio
Il pensiero post-illuminista, che purtroppo ha avuto la sua influenza anche all’interno della Chiesa per effetto dell’abbandono del principio aristotelico della non contraddizione, ha portato all’affermazione che le diverse religioni sono tra loro complementari: ognuna conterrebbe i “semi di verità”, che invece i Padri – come λόγοι σπερματικοί / Semina Verbi – attribuivano alle filosofie, anche se l’espressione risulta coniata da Giustino.[1]
Secondo i Padri dei primi secoli, compreso S. Agostino, i semina Verbi non fecondano le religioni pagane, alle quali essi riservano giudizi molto severi, quanto piuttosto la filosofia greca e la sapienza dei poeti e delle Sibille.
Invece, a partire dal Vaticano II:
« fuori dei confini della chiesa visibile, e in concreto nelle diverse religioni, si possono trovare “semi del Verbo”; il motivo si combina spesso con quello della luce che illumina ogni uomo e con quello della preparazione evangelica (Ad gentes, nn. 11 e 15; Lumen gentium, nn. 16-17; Nostra aetate, n. 2; Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, n. 56).
La teologia dei semi del Verbo inizia con san Giustino. Di fronte al politeismo del mondo greco, Giustino vede nella filosofia un’alleata del cristianesimo, perché essa ha seguito la ragione; ma ora questa ragione si trova nella sua totalità soltanto in Gesù Cristo, il ‘Logos’ in persona. Solamente i cristiani lo conoscono nella sua integrità. Di questo ‘Logos’ però è partecipe tutto il genere umano; perciò da sempre c’è stato chi è vissuto in conformità con il ‘Logos’, e in questo senso ci sono stati “cristiani”[2], pur avendo essi avuto soltanto una conoscenza parziale del ‘Logos’ seminale. C’è molta differenza tra il seme di una cosa e la cosa stessa; ma in ogni modo la presenza parziale e seminale del ‘Logos’ è dono e grazia di Dio. Il ‘Logos’ è il seminatore di questi “semi di verità” ».
Nella sua ripresa moderna, quindi, la formula è applicata proprio alle religioni non cristiane, secondo due significati. Il primo è anche quello del Concilio Vaticano II, nei cui documenti i ‘semina Verbi’ sono la misteriosa presenza di Cristo salvatore in tutte le religioni, in quanto esse possono avere di “vero e santo” e quindi anche di salvifico, sempre però attraverso Cristo per vie che solo lui conosce. Il secondo compare in alcune correnti teologiche della seconda metà del XX secolo, secondo le quali le religioni non cristiane avrebbero capacità salvifica non mediata ma propria, perché esprimerebbero molteplici esperienze del divino, indipendenti e complementari, e Cristo – piuttosto che l’unica Via necessaria – sarebbe il simbolo di questa molteplicità di esperienze e di percorsi dell’intelletto e dello spirito.
La proposizione di cui al punto 1 della Dichiarazione conciliare sulla libertà religiosa Dignitatis humanae : «...la verità non si impone che per la forza della verità stessa, la quale si diffonde nelle menti soavemente e insieme con vigore» è falsa in relazione alle verità del cattolicesimo. Infatti, le verità contenute nella Rivelazione apostolica, di origine divina, custodite nel Depositum fidei, oltrepassano il nostro intelletto che le accoglie e le comprende solo con l'aiuto della grazia santificante; mentre la Fede, oltre che adesione dell'intelletto e del cuore, è anche misterioso dono di grazia. Tra l'altro, dare per scontata la diffusione della verità "da se stessa", senza un annuncio (εὐαγγέλιον - vangelo) che la veicola da parte di un testimone che l'ha accolta e la vive, significa non tener conto delle conseguenze del peccato originale che ha ferito e indebolito l'intelligenza e la volontà rendendole soggette all'errore. È la grazia, di cui il testimone è portatore intessuto e riverberante dalle sue parole e azioni, che opera. Se perdiamo questa consapevolezza, siamo fuori strada.
Ecco perché anche Leone XIV non parla di evangelizzazione (dov'è più il munus docendi?). E può confermare Fratelli tutti e la Dichiarazione di Abu Dhabi. Per lui l'annuncio efficace deriva dall'aver vissuto l'incontro con Dio, "trasmettendo non dottrina ma la propria amicizia con Cristo attraverso lo stile di vita, non solo ideologia". La prima via di evangelizzazione resta “la testimonianza di una vita autenticamente cristiana, abbandonata in Dio e donata al prossimo”... Poi parla di educazione integrale, e ben venga; ma le verità della fede? Almeno finora è cambiato lo stile, ma non la sostanza. _____
1. «Tutto ciò che rettamente enunciarono e trovarono via via filosofi e legislatori, in loro è frutto di ricerca e speculazione, grazie ad una parte di Logos. Ma poiché non conobbero il Logos nella sua interezza, che è Cristo, spesso si sono anche contraddetti» (Seconda apologia, X, 2-3).
Anche Giustino, più che le altre religioni, valorizza la ricerca filosofica e morale dell’uomo. Egli percepisce che lo sforzo di comprendere il bene e la verità insito nell’uomo ha a che fare con Dio e con il suo Logos, sebbene in forma incompleta ed anche contraddittoria: «Ciascuno infatti, percependo in parte ciò che è congenito al Logos divino sparso nel tutto, formulò teorie corrette; essi però, contraddicendosi su argomenti di maggior importanza, dimostrano di aver posseduto una scienza non sicura ed una conoscenza non inconfutabile. Dunque ciò che di buono è stato espresso da chiunque, appartiene a noi cristiani. Infatti noi adoriamo ed amiamo, dopo Dio, il Logos che è da Dio non generato ed ineffabile, poiché Egli per noi si è fatto uomo affinché, divenuto partecipe delle nostre infermità, le potesse anche guarire. Tutti gli scrittori, attraverso il seme innato del Logos, poterono oscuramente vedere la realtà. Ma una cosa è un seme ed un’imitazione concessa per quanto è possibile, un’altra è la cosa in sé, di cui, per sua grazia, si hanno la partecipazione e l’imitazione» (Seconda apologia, XIII, 3-5). Nella prima apologia, aveva fatto derivare la dipendenza di Platone e Socrate dal Logos anche dal fatto che, a suo dire, essi avrebbero letto il Pentateuco e, quindi, avrebbero imparato da Mosè i buoni insegnamenti che si trovano nei loro scritti: «Quando Platone disse: ‘La colpa è di chi sceglie, Dio non è responsabile’, prese il concetto da Mosè, poiché Mosè è più antico anche di tutti gli scrittori greci. Tutte le teorie formulate da filosofi e poeti sull’immortalità dell’anima, o sulle punizioni dopo morte, o sulla contemplazione delle cose celesti, o su simili dottrine, essi le hanno potute comprendere e le hanno esposte prendendo le mosse dai Profeti. Per questo appaiono esserci semi di verità presso tutti costoro. Li si può però accusare di non aver inteso giustamente, quando si contraddicono tra loro» (Prima apologia, XLIV, 8-9).
2. Commissione Teologica Internazionale, Il cristianesimo e le religioni, 1996, n. 43

Imparare il latino liturgico, lezione 23

Nella nostra traduzione da Via Mediaevalis, approfittiamo del lavoro di uno dei tanti appassionati studiosi d'oltreoceano.
 Per chi è completamente digiuno di latino e ha interesse a colmare questa lacuna, così diffusa nelle ultime generazioni — e purtroppo anche tra i sacerdoti —, può trovare i rudimenti indispensabili per comprendere il latino ecclesiastico e porre le basi di un maggiore approfondimento in genere favorito dalla frequentazione delle liturgia dei secoli. Un piccolo inconveniente è dato dalla taratura per lettori anglofoni; ma penso agevolmente colmabile dall'efficacia del metodo. 
Qui l'indice degli articoli dedicati alla Latina Lingua, per le lezioni precedenti.

Imparare il latino liturgico, lezione 23
Le antifone O

Clicca qui per un elenco di tutte le lezioni precedenti.

Le Antifone O sembrano essere piuttosto note oggigiorno, ma nel caso non le conosceste, sono preghiere che la Chiesa canta come parte dei Vespri durante gli ultimi giorni di Avvento. Ce ne sono sette, una per ogni giorno dal 17 al 23 dicembre. Dato che siamo ormai nel pieno della fase delle Antifone O dell'Avvento, dedicherò questo post alle prime tre di queste sette preghiere. Vi fornirò la versione latina, una traduzione letterale in inglese e alcuni commenti esplicativi per aiutarvi a utilizzare questi testi per lo studio della lingua.

17 dicembre
O Sapientia (O Sapienza), quae ex ore Altissimi (voi che dalla bocca dell'Altissimo siete usciti) prodiisti (siete usciti), attingens a fine usque ad finem (raggiungendo da un capo all'altro), fortiter suaviterque (fortemente e dolcemente) disponens omnia (disporre/ordinare tutte le cose): veni ad docendum nos (vieni ad insegnarci) viam prudentiae (la via della prudenza).

Il suffisso -que (come in fortiter suaviterque ) è un altro modo per dire "e" in latino. Alcuni spartiti di canto (incluso quello sopra) hanno il -que attaccato a disponens. Non so perché. Nota l'uso di forme verbali che terminano in -ens, che modificano il sostantivo Wisdom e corrispondono alle forme "-ing" in inglese. La parola docendum (da docere, "insegnare") è chiamata gerundio. Non abbiamo ancora studiato i gerundi, ma la costruzione ad + gerundio è un modo per esprimere lo scopo di un'azione: veni ad docendum = venire ad insegnare o allo scopo di insegnare.

martedì 23 dicembre 2025

Novena di Natale - VIII Giorno. O Emmánuel

Oggi è l'ottavo giorno della Novena di Natale [vedi]. Oltre che col testo base di cui al link, anche quest'anno la stiamo percorrendo ogni giorno con una delle Antifone "O" nella meditazione di dom Guéranger.

23 dicembre – VII Antifona
O Emmánuel, Rex et légifer noster, exspectátio géntium, et Salvátor eárum: veni ad salvándum nos, Dómine, Deus noster O Emmanuele, nostro Re e nostro Legislatore, attesa delle genti e loro salvatore, vieni a salvarci. Signore Dio nostro!

O Emmanuele, Re della Pace, tu entri oggi in Gerusalemme, la città da te scelta, perché è là che hai il tuo Tempio. Presto vi avrai la tua Croce e il tuo Sepolcro, e verrà il giorno in cui costituirai presso di essa il tuo terribile tribunale. Ora tu penetri senza rumore e senza splendore in questa città di David e di Salomone. Essa non è che il luogo del tuo passaggio, mentre ti rechi a Betlemme. Tuttavia Maria Madre tua e Giuseppe, suo sposo, non l’attraversano senza salire al Tempio per offrire al Signore i loro voti e i loro omaggi; e si compie allora, per la prima volta, l’oracolo del Profeta Aggeo il quale aveva annunciato che la gloria del secondo Tempio sarebbe stata maggiore di quella del primo. Quel Tempio, infatti, si trova in questo momento in possesso d’un’Arca d’Alleanza molto più preziosa di quella di Mosè, e soprattutto non paragonabile a nessun altro santuario e anche al cielo, per la dignità di Colui che essa racchiude. Vi è il Legislatore stesso, e non più soltanto la tavola di pietra su cui è scritta la Legge. Ma presto l’Arca vivente del Signore discende i gradini del Tempio, e si dispone a partire per Betlemme, dove la chiamano altri oracoli. Noi adoriamo, o Emmanuele, tutti i tuoi passi attraverso questo mondo, e ammiriamo con quanta fedeltà osservi quanto è stato scritto di te, affinché nulla manchi ai caratteri di cui devi essere dotato, o Messia, per essere riconosciuto dal tuo popolo. Ma ricordati che sta per suonare l’ora, tutto è pronto per la tua Natività, e vieni a salvarci. Vieni, per essere chiamato non più soltanto Emmanuele, ma Gesù, cioè Salvatore.
(Dom Prosper Gueranger, L’Anno Liturgico. Volume I. Avvento-Natale-Quaresima-Passione, Alba, 1956, pp. 308-312, 314-317)

L’arcivescovo Gänswein esorta Papa Leone a porre fine alle restrizioni sulle messe antiquior e a ripristinare il Summorum Pontificum

Si continua a parlarne. Ora anche l’arcivescovo Gänswein esorta Papa Leone a porre fine alle restrizioni sulla Messa in latino e a ripristinare Summorum Pontificum, affermando che la Messa tradizionale non può essere “valida e preziosa ieri e poi non più valida domani”. L’ex segretario personale di Papa Benedetto XVI ha quindi sottolineato che Summorum Pontificum era la via giusta per favorire la pace liturgica nel rito romano e ha detto di sperare che Papa Leone lo ripristini.

L’arciv. Gänswein esorta Papa Leone a porre fine alle restrizioni sulle messe antiquior e a ripristinare il Summorum Pontificum

Leggo su LifeSiteNews che l’arcivescovo Georg Gänswein, nunzio apostolico in Lituania, Estonia e Lettonia, in un’intervista resa pubblica nei  giorni scorsi, ha detto che Papa Leone XIV dovrebbe porre fine alle restrizioni sulla Messa tradizionale e tornare alle norme del motu proprio di Papa Benedetto XVI Summorum Pontificum, perché, a suo giudizio, esso aveva portato unità nella Chiesa.

Nell’intervista, trasmessa il 7 dicembre dall’emittente cattolica tedesca Katholisches Fernsehen (K-TV), Gänswein osserva che la Messa tridentina, che per secoli ha nutrito la fede della Chiesa, non può diventare all’improvviso invalida o priva di valore oggi. Si è anche chiesto perché Papa Francesco abbia promulgato Traditionis Custodes, dal momento che la maggioranza dei vescovi era soddisfatta del motu proprio del suo predecessore, Summorum Pontificum. L’ex segretario personale di Papa Benedetto XVI ha quindi sottolineato che Summorum Pontificum era la via giusta per favorire la pace liturgica nel rito romano e ha detto di sperare che Papa Leone lo ripristini.

Il vescovo Schneider chiede a Papa Leone di "liberare la messa antiquior"

Una nuova intervista del vescovo Schneider nella nostra traduzione da Lifesitenews 
Il vescovo Schneider chiede a Papa Leone di "liberare la messa antiquior"

Il vescovo Athanasius Schneider ha condannato la soppressione delle Messe latine tradizionali in tutto il mondo come un'“ingiustizia” e ha chiesto a Papa Leone XIV di “liberare” le Messe tradizionali.

In un'intervista con il vescovo Christopher Wendt della Confraternita di Nostra Signora di Fatima ha menzionato la repressione della Messa antiquior provocata dal documento Traditionis Custodes di Papa Francesco, che ha innescato una serie di chiusure delle Messe tradizionali protrattesi anche durante il papato di Leone XIV.

lunedì 22 dicembre 2025

Avviso riguardante la Santa Messa di Natale a Pavia

La Santa Messa nel giorno di Natale sarà alle ore 9,00 e non alle 10,00 come indicato nella mail precedente.
dFB

Novena di Natale - VII Giorno. O Rex géntium

Oggi è il settimo giorno della Novena di Natale [vedi]. Oltre che col testo base di cui al link, anche quest'anno la stiamo percorrendo ogni giorno con una delle Antifone "O" nella meditazione di dom Guéranger.

22 dicembre – VI Antifona
O Rex géntium, et desiderátus eárum, lapísque anguláris, qui facis útraque unum: veni, et salva hóminem, quem de limo formástiO re delle genti, oggetto dei loro desideri! Pietra angolare che riunisci in te i due popoli ! Vieni e salva l’uomo che hai formato dal fango.

O Re delle genti! Tu ti avvicini sempre più a quella Betlemme in cui devi nascere. Il viaggio volge al termine, e la tua augusta Madre, che il dolce peso consola e fortifica, conversa senza posa con te lungo il cammino. Adora la tua divina maestà e ringrazia la tua misericordia; si rallegra d’essere stata scelta per la sublime missione di servire da Madre a un Dio. Brama e teme insieme il momento in cui finalmente i suoi occhi ti contempleranno. Come potrà renderti i servigi degni della tua somma grandezza, quando si ritiene l’ultima delle creature? Come ardirà sollevarti fra le braccia, stringerti al cuore, allattarti al suo seno mortale? Eppure, quando pensa che si avvicina l’ora in cui, senza cessare d’essere suo figlio, uscirai da lei ed esigerai tutte le cure della sua tenerezza, il suo cuore vien meno e mentre l’amore materno si confonde con l’amore che porta verso Dio, è sul punto di spirare in quella lotta troppo impari della fragile natura umana contro i più forti e i più potenti di tutti gli affetti riuniti in uno stesso cuore. Ma tu la sostieni, o Desiderato delle genti, perché vuoi che giunga al felice termine che deve dare alla terra il suo Salvatore, e agli uomini la Pietra angolare che li riunirà in una sola famiglia. Sii benedetto nelle meraviglie della tua potenza e della tua bontà, o divino Re, e vieni presto a salvarci, ricordandoti che l’uomo ti è caro poiché l’hai formato con le tue stesse mani. Oh, vieni, poiché l’opera tua è degenerata, è caduta nella perdizione, e la morte l’ha invasa: riprendila nelle tue potenti mani, rifalla, salvala, perché l’ami sempre, e non arrossisci della tua creazione.
(da: P. Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, Edizioni Paoline, 1959, p. 309.)

L’ultima enciclica antimoderna, che progettava Pio XII

Ringrazio per la segnalazione Res Novae – Perspectives romaines. È bene che si parli del nostro Pastor Angelicus.  Qui l'indice degli articoli dedicati a Pio XII. Troverete sia insegnamenti che notizie sulla sua persona e dul suo pontificato. E, a proposito di un altro schema preparatorio lasciato cadere, in questo caso dell'ultimo concilio, [vedi]. 

L’ultima enciclica antimoderna, che progettava Pio XII

Quattro anni prima del Concilio Vaticano II, nel 1958, un ultimo documento antimoderno, un’enciclica, era in fase di preparazione nei palazzi apostolici. La morte del Papa ne ha interrotto la stesura finale e la pubblicazione. È quanto ha rivelato l’apertura nel 2020 degli archivi del pontificato di Pio XII, da allora consultabili fino al 1958, anno della morte di questo Papa.

Quest’apertura aveva provocato l’arrivo negli archivi vaticani di un nugolo di ricercatori, che pensavano di poter dimostrare le colpevoli debolezze del Pontefice verso il regime hitleriano e che, com’era prevedibile, hanno avuto invece la delusione di trovare tutte prove dell’esatto contrario. Di contro, gli storici seri hanno visto aprirsi vaste prospettive su argomenti di grandissimo interesse.

domenica 21 dicembre 2025

Papa Leone nomina il vescovo che ha celebrato la "Messa LGBT" con una drag queen come speaker

Nella nostra traduzione da LifeSiteNews. Durante la messa dell'orgoglio LGBT di luglio, il vescovo Ramón Bejarano ha permesso a un'attivista drag queen di parlare.

Papa Leone nomina il vescovo che ha celebrato la "Messa LGBT" con una drag queen come speaker

Papa Leone XIV ha nominato un vescovo ausiliare di San Diego che ha celebrato una messa dell'orgoglio LGBT con la scritta "Tutti sono benvenuti" – durante la quale è stato permesso a un'attivista drag queen di parlare – come nuovo vescovo di Monterey, in California.

Il vescovo Ramón Bejarano ha celebrato la messa domenicale del 13 luglio, organizzata dal “Ministero LGBTQ” di St. John e con il pieno appoggio della diocesi di San Diego, guidata dal vescovo Michael Pham, una delle prime nomine episcopali di Papa Leone XIV.

Novena di Natale - VI Giorno. O Óriens

Oggi è il sesto giorno della Novena di Natale [vedi]. Oltre che col testo base di cui al link, anche quest'anno la stiamo percorrendo ogni giorno con una delle Antifone "O" nella meditazione di dom Guéranger.

21 dicembre – V Antifona
O Óriens splendor lucis ætérnæ, et sol iustítiæ: veni, et illúmina sedéntes in ténebris, et umbra mortis O Oriente, splendore della luce eterna! Sole di giustizia! vieni, ed illumina coloro che giacciono nelle tenebre e nell’ombra della morte!

O divin Sole, o Gesù, tu vieni a strapparci alla notte eterna: sii per sempre benedetto! Ma come provi la nostra fede, prima di risplendere ai nostri occhi in tutta la tua magnificenza! Come ti compiaci di velare i tuoi raggi, fino all’istante segnato dal Padre tuo celeste, nel quale devi effondere tutti i tuoi fuochi! Ecco che attraversi la Giudea, ti avvicini a Gerusalemme, e il viaggio di Maria e Giuseppe volge al termine. Sul cammino, incontri una moltitudine di uomini che vanno in tutte le direzioni, e che si recano ciascuno alla sua città d’origine per soddisfare all’Editto del censimento. Di tutti quegli uomini nessuno pensa che tu gli sia vicino, o divino Oriente! Maria, Madre tua, è ritenuta una donna comune; tutt’al più, se notano la maestà e la modestia incomparabile dell’augusta regina, sentiranno vagamente lo stridente contrasto fra la suprema dignità e l’umile condizione; ma hanno presto dimenticato quel felice incontro. Se guardano con tanta indifferenza la madre, rivolgeranno forse un pensiero al figlio ancora racchiuso nel suo seno? Eppure quel figlio sei tu stesso, o Sole di giustizia! Accresci in noi la Fede, ma accresci anche l’amore. Se quegli uomini ti amassero, o liberatore dell’universo, tu ti faresti sentire ad essi; i loro occhi non ti vedrebbero ancora, ma almeno s’accenderebbe loro il cuore nel petto, ti desidererebbero e solleciterebbero il tuo arrivo con i loro voti e i loro sospiri. O Gesù, che attraversi così quel mondo che tu hai fatto, e che non forzi l’omaggio delle tue creature, noi vogliamo accompagnarti per il resto del tuo viaggio; baciamo sulla terra le orme benedette dei passi di colei che ti porta nel seno, e non vogliamo lasciarti fino a quando non siamo arrivati con te alla dolce Betlemme, a quella Casa del Pane in cui finalmente i nostri occhi ti vedranno, o Splendore eterno, nostro Signore e nostro Dio.
(Dom Prosper Gueranger, L’Anno Liturgico. Volume I. Avvento-Natale-Quaresima-Passione, Alba, 1956, pp. 308-312, 314-317)

Dominica Quarta Adventus ("Rorate") - Le sette antifone "O": originale latino e traduzione

Continuiamo a proporre i testi che appartengono alla vena aurea dei tesori che La Catholica ci ha tramandato e che noi disseppelliamo per rimeditarli e perché non siano consegnati all'oblìo e possano nutrire anche questa generazione e quelle che verranno. Di seguito trovate tutte Le Antifone "O" riunificate.
Richiamo:
La 'Storia' e la 'Mistica' dell'Avvento / Le Antifone maggiori [qui] ; 
Dominica secunda Adventus e la Pratica dell'Avvento [qui]
Dominica tertia Adventus (Gaudéte) / Tempore Adventus e la seconda venuta [qui].
Altri precedenti: Tempore Adventus [qui]; Nell'Avvento viviamo l'innocenza e l’eterna infanzia di Dio [qui] ; È di nuovo Avvento [qui] ; La Messa Rorate: un gioiello dell'Avvento dove la Chiesa attende il Messia nell'oscurità [qui].

Intróitus
Is. 45, 8 - Roráte coeli désuper, et nubes plúant iustum: aperiátur terra, et gérminet Salvatórem.
Ps. 18, 2 - Coeli enárrant glóriam Dei: et ópera mánuum eius annúntiat firmaméntum.

Piovete dall’alto o cieli, e madateci il giusto, o nubi: si apra la terra e dia frutti di salvezza. I cieli narrano la gloria di Dio, e il firmamento narra l’opera delle sue mani.

Eccoci entrati nella Settimana che precede immediatamente la Nascita del Messia: fra sette giorni al più tardi, egli verrà; e secondo la lunghezza del tempo dell'Avvento, la quale varia ogni anno, può accadere che la venuta tanto desiderata abbia luogo fra sei giorni, fra tre giorni o anche domani. La Chiesa conta le ore di attesa; veglia giorno e notte, e i suoi Uffici hanno preso una solennità insolita dal 17 dicembre. Alle Laudi, essa varia ogni giorno le Antifone; ai Vespri, esprime con tenerezza e maestà i suoi desideri di Sposa con brucianti esclamazioni verso il Messia, nelle quali gli da per ciascun giorno un titolo magnifico attinto dal linguaggio dei Profeti.

Oggi [1] essa da gli ultimi tocchi per commuovere i suoi figli. Li trasporta nella solitudine e mostra loro Giovanni Battista, sulla cui missione li ha già istruiti nella terza Domenica. La voce di quell'austero Precursore risuona nel deserto e si fa sentire fin nelle città, predicando la penitenza, la necessità di purificarsi nell'attesa di colui che sta per apparire. Ritiriamoci in disparte durante questi giorni; o se non possiamo farlo a causa delle nostre occupazioni esteriori, ritiriamoci nel segreto del nostro cuore e confessiamo la nostra iniquità, come quei veri Israeliti che venivano, pieni di compunzione e di fede nel Messia, a completare ai piedi di Giovanni Battista l'opera di preparazione per riceverlo degnamente quando fosse apparso. Ora, ecco la santa Chiesa che, prima di aprire il libro del Profeta, ci dice all'ordinario, ma con solennità sempre maggiore:

sabato 20 dicembre 2025

Novena di Natale - V Giorno. O clavis David

Oggi è il quinto giorno della Novena di Natale [vedi]. Oltre che col testo base di cui al link, anche quest'anno la stiamo percorrendo ogni giorno con una delle Antifone "O" nella meditazione di dom Guéranger.

20 dicembre – IV Antifona
O clavis David et sceptrum domus Israël; qui áperis, et nemo claudit; claudis, et nemo áperit: veni, et educ vinctum de domo cárceris, sedéntem in ténebris, et umbra mortis O chiave di David e scettro della casa d’Israele, che apri, e nessuno può chiudere; che chiudi, e nessuno può aprire: vieni e trai dalla prigione il misero che giace nelle tenebre e nell’ombra della morte.

O figlio di David, erede del suo trono e della sua potenza, tu percorri, nella tua marcia trionfale, una terra sottomessa un tempo al tuo avo, e oggi asservita dai Gentili. Riconosci da ogni parte, sul tuo cammino, tanti luoghi testimoni delle meraviglie della giustizia e della misericordia di Dio tuo Padre verso il suo popolo, nel tempo di quell’antica Alleanza che volge verso la fine. Presto, tolta la virginea nube che ti ricopre, intraprenderai nuovi viaggi su quella stessa terra, vi passerai beneficando e guarendo ogni languore ed ogni infermità, e tuttavia senza avere dove posare il capo. Oggi almeno il seno materno ti offre ancora un asilo dolce e tranquillo nel quale non ricevi che le testimonianze dell’amore più tenero e più rispettoso. Ma, o Signore, bisogna che tu esca da quel beato ritiro; bisogna che tu, o Luce eterna, risplenda in mezzo alle tenebre, poiché il prigioniero che sei venuto a liberare languisce nella sua prigione. Egli giace nell’ombra della morte, e vi perirà se non vieni prontamente ad aprirne le porte con la tua Chiave onnipotente! Il prigioniero, o Gesù, è il genere umano, schiavo dei suoi errori e dei suoi vizi. Vieni a spezzare il giogo che l’opprime e lo degrada! Il prigioniero è il nostro cuore troppo spesso asservito a tendenze che esso sconfessa. Vieni, o divino Liberatore, a riscattare tutto ciò che ti sei degnato di rendere libero con la tua grazia, e a risollevare in noi la dignità di fratelli tuoi.
(Dom Prosper Gueranger, L’Anno Liturgico. Volume I. Avvento-Natale-Quaresima-Passione, Alba, 1956, pp. 308-312, 314-317)

Vescovo Eleganti: per propria ammissione, l'Islam è una religione anticristiana

Nella nostra traduzione da LifeSite News. I commenti del vescovo Eleganti sono in netto contrasto con le recenti dichiarazioni di Papa Leone XIV [vedi]. Qui l'indice degli articoli sul filoislamismo. Qui - qui - qui alcuni dei precedenti più significativi.
Vescovo Eleganti: per propria ammissione,
l'Islam è una religione anticristiana


Il 25 gennaio 1986, Papa Giovanni Paolo II annunciò la prima Giornata Mondiale di Preghiera per la Pace multireligiosa, che si tenne il 27 ottobre dello stesso anno. Vi parteciparono 150 rappresentanti di vari gruppi religiosi, tra cui il Dalai Lama Tenzin Gyatso, rappresentanti del Buddismo Tibetano, dell'Induismo e del Sikhismo, Inamullah Khan del Congresso Islamico Mondiale e il Rabbino Capo di Roma, Elio Toaff, solo per citarne alcuni.

Seguirono altri incontri con enfasi diverse: nel 1993, 2002, 2011 e 2016.

Per quanto riguarda gli incontri interreligiosi di Assisi, sin dall'inizio i funzionari della Curia e i vescovi nutrirono preoccupazioni. Si chiesero se questo incontro di leader religiosi non cattolici e non cristiani non fosse pericolosamente vicino «all'eresia del sincretismo». [1] Soprattutto, questi incontri non mettevano ipso facto sullo stesso piano tutte le tradizioni religiose? «Come poteva il papa pregare con uomini e donne che adoravano un Dio diverso o molti dei?». [2] In effetti, questo incontro fu un'idea di Giovanni Paolo II.

venerdì 19 dicembre 2025

Svolta Leone: chiede aiuto ai cardinali I temi anticipati da una lettera "natalizia". Al centro anche la liturgia eucaristica

La liturgia sacra avrà un ruolo di primo piano nell’incontro di Papa Leone XIV con i cardinali. Secondo quanto riferito, Papa Leone XIV invierà ai cardinali l’agenda del concistoro anticipandone i temi in una lettera natalizia, con al centro anche la liturgia eucaristica. Lo illustra Il Giornale. Precedente qui.

Via al Concistoro
Svolta Leone: chiede aiuto ai cardinali


In questi scampoli di 2025 l'attesa in Vaticano non terminerà con la fine del periodo d'Avvento. Un'attesa più «profana», infatti, è quella per lo svolgimento del concistoro straordinario del 7 e 8 gennaio voluto da Leone XIV.

I cardinali hanno ricevuto la convocazione lo scorso 7 novembre dal decano Giovanni Battista Re e sono attesi dal Papa nel pomeriggio del primo mercoledì dell'anno e poi la mattina successiva per la concelebrazione presso l'altare della Cattedra a San Pietro.
La convocazione di un concistoro straordinario rientra nelle prerogative del Pontefice e, come stabilisce il Codice di diritto canonico, avviene «quando lo suggeriscono peculiari necessità della Chiesa o la trattazione di questioni particolarmente gravi». Ciò che aveva stupito di questa convocazione era l'assenza di qualsiasi motivazione, un'anomalia rispetto al passato. Possiamo anticipare, però, che nelle prossime ore arriverà nelle cassette postali di tutti i cardinali una lettera «natalizia» del Papa nella quale verrà dettata loro l'agenda dell'atteso Concistoro. Leone XIV, infatti, ha preso carta e penna per scrivere ai suoi confratelli a cui intende restituire quell'originario ruolo di principali collaboratori nel governo della Chiesa universale fortemente ridimensionato negli anni del pontificato bergogliano. Si sa che Francesco non amava consultarsi con tutti i cardinali ma preferiva affidarsi ad un gruppo ristretto di fedelissimi: il cosiddetto C9 divenuto poi nel frattempo C6. Nel 2022 Bergoglio aveva convocato una riunione di tutti i cardinali a Roma sulla Praedicate evangelium senza però concedere troppo spazio alla discussione anche perché la costituzione apostolica con cui riformava la Curia era già entrata in vigore quasi tre mesi prima.

Lo scarso coinvolgimento del sacro collegio è stato uno dei fattori più criticati dell'eredità bergogliana nel corso delle congregazioni pre-conclave. Prevost se n'è dimostrato consapevole e, due giorni dopo l'elezione, durante il primo colloquio con i cardinali aveva espresso l'intenzione di incontrarli periodicamente, chiudendo così una stagione di oggettivo declino del collegio cardinalizio. Ormai superato il giro di boa del primo mezzo anno di pontificato, Leone XIV ha così deciso di dare concretezza a quella promessa e ai cardinali ha chiesto di prepararsi all'appuntamento del 7 e 8 gennaio 2026 rileggendo due testi di Francesco: la Evangelii gaudium e la Praedicate evangelium. Sono «compiti a casa» che, da un lato, invitano a riflettere sulla prospettiva di Chiesa e dall'altro riportano al centro il tema del rapporto tra Curia romana e gestione del potere.

Nella sua lettera, Leone XIV menziona anche la sinodalità che è stata un po' il manifesto del pontificato bergogliano ma che l'attuale Pontefice declina a modo suo. Per Prevost, infatti, lo sbocco della sinodalità è la comunione. In quest'ultima chiave va letto anche l'ultimo dei temi della lettera che delinea l'agenda del prossimo Concistoro: la questione liturgica. Sappiamo come la liturgia sia diventata, specialmente dopo la promulgazione di Traditionis custodes nel 2021, il terreno di battaglia principale tra diverse sensibilità ecclesiali.

Il Concistoro di gennaio potrebbe essere così l'occasione per mettere i cardinali a confronto anche sull'atteggiamento da adottare verso i sempre più numerosi fedeli «tradizionalisti» che riconoscono il Concilio Vaticano II ma vorrebbero continuare a celebrare la cosiddetta messa tridentina.
Nico Spuntoni, 16 dicembre 2025 - Fonte

Novena di Natale - IV giorno. O Radix Jesse

Oggi è il quarto giorno della Novena di Natale [vedi]. Oltre al testo base di cui al link anche quest'anno la stiamo percorrendo ogni giorno con una delle Antifone "O" nella meditazione di dom Guéranger.

19 dicembre – III Antifona
O radix Iesse qui stas in signum populórum, super quem continébunt reges os suum, quem gentes deprecabúntur: veni ad liberándum nos, iam noli tardáre O rampollo di Jesse, che sei come uno stendardo per i popoli; davanti la quale i re ammutoliranno e le genti offriranno le loro preghiere: vieni a liberarci, e non tardare.

Eccoti dunque in cammino, o Figlio di Jesse, verso la città dei tuoi avi. L’Arca del Signore s’è levata ed avanza, con il Signore che è in essa, verso il luogo del suo riposo. «Quanto sono belli i tuoi passi, o Figlia del Re, nello splendore dei tuoi calzari» (Cant. 7, 1), quando vieni a portare la salvezza alle città di Giuda ! Gli Angeli ti scortano, il tuo fedele Sposo ti circonda di tutta la sua tenerezza, il cielo si compiace in te, e la terra trasalisce sotto il dolce peso del suo Creatore e della sua augusta Regina. Avanza, o Madre di Dio e degli uomini, Propiziatorio onnipotente in cui è racchiusa la divina Manna che preserva l’uomo dalla morte! I nostri cuori ti seguono e ti accompagnano, e al seguito del tuo Regale antenato, giuriamo «di non entrare nella nostra casa, di non salire sul nostro letto, di non chiudere le nostre palpebre e di non concederci riposo fino a quando non abbiamo trovato nei nostri cuori una dimora per il Signore che tu porti, una tenda per il Dio di Giacobbe». Vieni dunque, così velato sotto i purissimi fianchi dell’Arca santa, 0 rampollo di Jesse, finché ne uscirai per risplendere agli occhi del popolo, come uno stendardo di vittoria. Allora i re vinti taceranno dinanzi a te, e le genti ti rivolgeranno i loro omaggi. Affrettati, o Messia; vieni a vincere tutti i nostri nemici, e liberaci!
(Dom Prosper Gueranger, L’Anno Liturgico. Volume I. Avvento-Natale-Quaresima-Passione, Alba, 1956, pp. 308-312, 314-317)

È possibile essere mistici nel XXI secolo? Parte seconda

Nella nostra traduzione da Via Mediaevalis la seconda parte di una nutriente riflessione su come essere contemplativi oggi. Prima parte qui .

È possibile essere mistici nel XXI secolo? Parte seconda
uno di loro fu rapito fino al terzo cielo...”

Prima parte qui.

Il misticismo medievale era un insieme eterogeneo di intense esperienze spirituali, ma il prototipo di queste esperienze si trova soprattutto in un episodio che proviene, opportunamente, dalla Sacra Scrittura.

I cristiani medievali erano seriamente intenzionati a comprendere la propria vita attraverso una lente biblica onnicomprensiva. Non voglio dire che leggessero e interpretassero la Bibbia con quel tipo di spietato letteralismo che ha acquisito dimestichezza all'inizio dell'età moderna; si concentravano meno sulla veridicità di ogni singolo versetto biblico in senso letterale e più sulla veridicità dell'intera Bibbia in ogni senso. Per loro, la Bibbia era un mondo coerente di pensieri e storie, di persone ed eventi, di leggi e precetti, di profezie e misteri. E come il mondo materiale, con cui si relazionavano in modo molto più olistico di noi, il mondo biblico possedeva molteplici dimensioni interconnesse di verità e realtà.

giovedì 18 dicembre 2025

Novena di Natale III giorno - O Adonái

Oggi è il terzo giorno della Novena di Natale [vedi]. Oltre che col testo base di cui al link, anche quest'anno la stiamo percorrendo ogni giorno con una delle Antifone "O" nella meditazione di dom Guéranger.

18 dicembre – II Antifona
O Adonái et Dux domus Israël, qui Móysi in igne flammæ rubi apparúisti, et ei in Sina legem dedísti: veni ad rediméndum nos in brácchio exténto O Adonai, Signore, capo della casa d’Israele, che sei apparso a Mosè nella fiamma del roveto ardente e gli hai dato la legge sul Sinai, vieni a riscattarci nella forza del tuo braccio.

O Supremo Signore, Adonai, vieni a riscattarci, non più nella tua potenza, a nella tua umiltà. Una volta ti sei manifestato a Mosè, tuo servo, in mezzo ad una divina fiamma; hai dato la Legge al tuo popolo tra fulmini e lampi. Ora non è più tempo di spaventare, ma di salvare. Per questo la tua purissima Madre Maria, conosciuto, al pari dello sposo Giuseppe, l’editto dell’Imperatore che li obbligherà ad intraprendere il viaggio di Betlemme, si occupa dei preparativi della tua prossima nascita. Dispone per te, o divino Sole, gli umili panni che copriranno la tua nudità, e ti ripareranno dal freddo in questo mondo che tu hai fatto, nell’ora in cui apparirai nel profondo della notte e del silenzio. Così ci libererai dalla servitù del nostro orgoglio, e il tuo braccio si farà sentire più potente quando sembrerà più debole e più immobile agli occhi degli uomini. Tutto è pronto, o Gesù! I tuoi panni ti attendono. Parti dunque presto e vieni a Betlemme, a riscattarci dalle mani del nostro nemico.
(da: P. Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, Edizioni Paoline, 1959, p. 309.)

“Va bene perché c’è il Giubileo, ma finché sarò abate non si ripeterà!”

Mons. Braschi
L’Abate di Sant’Ambrogio Carlo Faccendini striglia i canonici sull’Antico Rito Ambrosiano… ma il regno del Satrapo sta giungendo al termine.

Domenica 14 dicembre 2025 ha avuto luogo la celebrazione di una Messa in Rito Ambrosiano Antico presso l’Altar Maggiore della Basilica di Sant’Ambrogio in Milano. Un simile evento non accadeva dal 1972, rendendo quanto accaduto a tutti gli effetti un momento storico.

La Diocesi di Milano dovrebbe andare fiera del suo Proprio Rito, una caratteristica che la rende unica al mondo. Certo, c’è il Rito Ambrosiano Riformato, ma non è mistero la lunga avversione di gran parte della Curia Ambrosiana all’Antico Rito. Tra essi, un campione inossidabile dell’astio ideologico contro (la Tradizione di) Sant’Ambrogio Vescovo è Carlo Faccendini, Abate Mitrato dell’Insigne Basilica, in altre parole, satrapo plenipotenziario. Ordinato nel 1976, entusiasticamente formatosi nel clima iconoclasta dell’immediato postconcilio - praticamente un “Mario Capanna” ecclesiastico - alle soglie della pensione il Monsignore alimenta il suo mito giovanilistico rimembrando nostalgicamente quanto fossero “formidabili quegli anni” in cui, mentre nelle università si occupavano le aule e si menava la polizia, nella diocesi si bruciavano pianete e manipoli, si distruggevano altari, si inveiva contro la lingua di Cicerone e San Tommaso e si proclamava il Rito Ambrosiano essere un patetico ferrovecchio…

Questa volta, giunta l’autorizzazione dai Sommi Vertici, il Monsignore non ha potuto, come suo solito, respingere sdegnosamente la celebrazione. Ma “il diavolo sta nei dettagli” e di diabolici dettagli il Faccendini è maestro sommo.

L’indomabile prelato ha innanzitutto imposto una celebrazione coram populo. Naturalmente ciò è dovuto a una sincera preoccupazione pastorale, perché i fedeli potrebbero essere perplessi se vedessero una celebrazione coram Deum… Peccato che le stesse preoccupazioni pastorali il Faccendini non le abbia quando ha più e più volte concesso di celebrare coram Deo a Sacerdoti della Chiesa Ortodossa (dunque non in Comunione con la Chiesa Cattolica e tantomeno con l’Arcivescovo Delpini) di celebrare presso l’Altar Maggiore della “sua” Satrapia Basilica. Probabilmente i fedeli di Sant’Ambrogio sono tutti fini conoscitori dell’Antico Slavo o Greco Ecclesiastici, per cui se incappano in una Divina Liturgia Bizantino-Slava non battono ciglio, mentre una Liturgia Ambrosiana Antica potrebbe lasciarli con danni psicologici permanenti.


Ciò sistemato, si sa che la miglior strategia per mostrare lo sgradimento della celebrazione resta sempre una: il silenzio. Sul sito ufficiale della Basilica di Sant’Ambrogio è indicato ogni genere di evento, laddove il Discorso dell’Arcivescovo per il Santo Patrono è sepolto tra mistici annunzii quali “Da Sant’Ambrogio a Walt Disney”, “Incontro con lo psicanalista”, “Libro fotografico ‘I cortili di Milano’ ”. Naturalmente della Celebrazione Giubilare del 14 dicembre neanche l’ombra! Silenzio… Faccendini fa capire che è meglio Walt Disney che una Messa solenne. A lui di certo piace molto di più, ma allora ci sorge una domanda… perché ha fatto il prete?

Nonostante l’impegno profuso dall’Abate per insabbiare la celebrazione, la notizia si diffonde in tanti canali, nazionali e internazionali. Addirittura Avvenire, il quotidiano ufficiale della CEI, dà la notizia, con tanto di intervista al Celebrante (mons.Braschi)! Questo è troppo per l’indomito avversario di Sant’Ambrogio Vescovo! Urge mettere in chiaro le cose! Il novello Teodosio mitrato fa subito sapere ai membri del Capitolo dei Canonici, alcuni dei quali avevano osato esternare simpatia verso la Tradizione Ambrosiana, che la celebrazione di domenica 14 dicembre va bene solo perché c’è il Giubileo: per qualche strano motivo quel sant’uomo dell’Arcivescovo nella sua magnanimità l’ha concessa a quattro nostalgici. Ma che non vengano strane idee! Finché sarà lui al comando, quelli che non riconoscono né Papa né Arcivescovo saranno benvenuti (gli ortodossi), i cattolici che seguono il Rito Ambrosiano Antico ASSOLUTAMENTE NO!

Finché sarà lui abate, certo. Infatti, tra poco Carlo “formidabili-quegli-anni” Faccendini, classe 1952, andrà in pensione. La sua anagrafica lo rende parte di quella generazione di clero più ideologizzata, per gli anni di contestazione in cui si è formata. Una generazione che, grazie a Dio, sta andando in pensione, ma che ha lasciato il deserto dietro di sé, umano, artistico, liturgico. Grazie a Dio, l’Abate mitrato è il passato. La Tradizione è il futuro. E magari tra qualche anno, ormai largamente emerito, lo potremo vedere celebrare in vetus ordo, accolto dai suoi odiati tradizionalisti come i soli che ancora si ricorderanno con rispetto di lui, come già del suo predecessore Monsignor Manganini



Aggiungiamo qualche chiarimento (22 dicembre 2025) in risposta ad alcuni commenti che ci sono pervenuti...

A proposito dell'orientamento ad Deum. Sant’Ambrogio ha un altare basilicale antico. È vero che nel primo millennio c’era l’abitudine di celebrare ad populum, ma questo è dovuto al fatto che alle liturgie presenziava l’imperatore o suo delegato, per cui non si riteneva di voltare le spalle ad esso. Nel millennio seguente in Sant’Ambrogio si è sempre celebrato ad Deum. Nel coetus di Milano la scelta di celebrare ad populum il 14 è stata effettivamente giustificata dai precedenti di Schuster citati. Tali precedenti ci sono effettivamente stati, ma furono delle eccezioni: la prassi in Sant’Ambrogio nel secondo millennio è sempre stata la celebrazione ad Deum. In questo caso la celebrazione ad populum non è stata scelta per il precedente di Schuster, ma è stata giustificata per il precedente di Schuster: all’epoca di Schuster la stragrande maggioranza delle celebrazioni in Sant’Ambrogio sono rimaste ad Deum, e ciò è stato almeno fino al 1965. Nella celebrazione del 14 dicembre 2025 è stata scelta l’orientazione ad populum perché è stato comunicato dai vertici di Sant’Ambrogio che così era gradito e in altro modo sarebbe stato sgradito. A questo punto il coetus ha fatto “buon viso a cattivo gioco” spolverando il precedente di Schuster. Ma tutti sanno che la scelta è stata eminentemente politica e niente affatto liturgica. Infatti, nella maggioranza dei fedeli che abitualmente seguono le celebrazioni in Rito Ambrosiano Antico l’orientazione ad populum ha sollevato parecchi mormorii e parecchi malcontenti...

L’atteggiamento del Faccendini verso il Rito Antico è mostrato dai fatti. Faccendini è abate dal 2017. Prima, dal 2012 al 2017, è stato Vicario Episcopale per la città di Milano. È da decenni che il coetus chiede la possibilità di una celebrazione nella Basilica di Sant’Ambrogio. Essa non è mai stata concessa, mentre più e più volte sono state concesse celebrazioni agli Ortodossi. In 8 anni da Abate, il suddetto non ha mai accettato alcuna celebrazione in Sant’Ambrogio, né in nessuna delle chiese sotto la sua giurisdizione, fuorché la sola chiesa espressamente indicata dalla Curia come sede delle celebrazioni in Rito Antico, Santa Maria della Consolazione. Chi organizza le celebrazioni sa bene che reiterate richieste ci sono state. Altrettanti reiterati rifiuti sono arrivati, in primis dal Faccendini, in secundis da altri prelati. E tutto ciò è noto e stranoto a chi vive tale ambiente. Se l’avversione del Faccendini per il Rito Antico non corrispondesse a verità, perché in 8 anni di governo di Basilica e Parrocchia non c’era mai stata alcuna celebrazione?

È vero che Sant’Ambrogio è chiesa giubilare per tutti, ma l’affermazione che la celebrazione del 14 non sia stata indicata sul sito della Basilica perché era una celebrazione come tante, poi, è veramente capziosa. La Messa del 14 dicembre 2025 non era una celebrazione come tante. Non è stato uno dei tanti pellegrinaggi parrocchiali. Era più di mezzo secolo, 53 anni, che una Messa Antica nel Rito di Sant’Ambrogio non era celebrata nella Basilica che accoglie le spoglie di Sant’Ambrogio! L’avviso della celebrazione non solo non è stato dato sul sito, ma neanche in nessuna delle bacheche di avvisi presenti all’ingresso e all’interno della chiesa (laddove campeggia ogni genere di avviso). Perfino il giorno della celebrazione appesa alla cancellata di ingresso c’era l’indicazione di tutte le Messe del giorno, tutte le Messe di domenica 14 dicembre, quinta domenica dell’Avvento Ambrosiano, ma non della solenne celebrazione giubilare in Rito Antico! Il non indicare sui canali ufficiali della Basilica un avvenimento che è a tutti gli effetti storico per la Diocesi di Milano è evidentemente frutto di una ben precisa decisione, decisione che non può che giungere da chi su tali canali decide. Anche il silenzio è una decisione.

La notizia delle parole del Faccendini ai membri del Capitolo giunge, con evidenza, da uno dei membri del Capitolo stesso, il quale, con altrettanta evidenza, non può esporsi. Ai membri del Capitolo il Faccendini ha chiarito la natura eminentemente straordinaria della Celebrazione, e ha rimarcato che sarà sua cura che non si ripeta fintantoché resterà nella sua posizione. Disgraziatamente delle orecchie hanno sentito e delle lingue hanno riferito la “voce dal sen fuggita”.

Infine, i dati anagrafici del Faccendini e, in particolare, il suo periodo di formazione nel momento di massimo iconoclasmo post-conciliare, sono dati di fatto, che non possono in alcun modo essere smentiti.

Chi si è lamentato di questa pagina voleva forse sollevare solo una questione di opportunità politica? Può segnalare che una critica così dura ed esplicita a un prelato della Curia milanese può sollevare un vespaio e che, pertanto potrebbe essere opportuno ritirare l’articolo pro bono pacis. Può rimarcare che non inimicarsi le alte sfere curiali sia auspicabile per la situazione della Tradizione Ambrosiana, costantemente soggetta alla spada di Damocle di una Curia volubile e tutt’altro che amica. Può rimarcare che un giudizio sferzante come quello dell’articolo potrebbe mettere a repentaglio il paziente lavoro del coetus ambrosiano, quel lungo, paziente, fruttuoso lavoro di 40 anni grazie al quale si è passati dalla concessione di 1 celebrazione festiva in Rito Ambrosiano Antico nella città di Milano, data dal Card. Martini, alla concessione di 1 celebrazione festiva in Rito Ambrosiano Antico nella città di Milano, data dall’Arcivescovo Delpini.

È possibile essere un mistico nel XXI secolo? (parte prima)

Nella nostra traduzione da Via Mediaevalis, una nutriente riflessione su come essere contemplativi oggi.
Qui la seconda parte.

È possibile essere un mistico nel XXI secolo?
l’anima infiammata d’amore...

La risposta dipende, suppongo, da come intendiamo la parola "mistico".

Il misticismo, a quanto pare, è una terminologia moderna. Nel Medioevo, il misticismo era noto come contemplazione (in latino contemplatio), che gli studiosi hanno definito come "la pratica spirituale di trascendere i confini della ragione e del mondo sensibile per sperimentare un incontro consapevole o un'unione con Dio". Perché qualcuno dovrebbe farlo? Beh, in gran parte per la stessa ragione per cui la maggior parte delle persone fa la maggior parte delle cose non strettamente necessarie: perché è un bene; perché dà piacere. Poiché Dio è l'oggetto ultimo del desiderio dell'anima, i cristiani del Medioevo non trovavano poi così strano che alcuni tra loro scegliessero di cercarLo in maniera totale.