Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

giovedì 10 settembre 2015

NON CREDIAMO NELLO STESSO DIO DEI MUSSULMANI - I Parte

Seconda parte [qui]. Titolo: Genesi dell’islamismo nello spirito di conquista e nella violenza.

La vulgata corrente parla di ebraismo, cristianesimo e islam (in ordine cronologico) come delle tre religioni monoteiste che, pur nella loro diversità, hanno in comune la figura di Abramo e la città santa di Gerusalemme. Occorre tuttavia essere ben consapevoli della portata delle diversità per non incorrere nel pressappochismo o rimanere invischiati nella diffusa saggistica anticattolica di infimo livello che va per la maggiore.
Il Concilio Vaticano II - con la Dichiarazione Nostra Aetate sulla Chiesa e le religioni non cristiane e conseguenti atteggiamenti ed affermazioni dei papi successivi - ci ha condotto alle derive che oggi hanno raggiunto livelli inauditi, segnando uno spartiacque epocale da cui si diparte una nuova concezione di Chiesa dalle derive mondialiste.
Nella temperie odierna diventa prezioso lo Studio di Paolo Pasqualucci sull'islamismo di cui, data l'urgenza del problema, pubblichiamo intanto la prima delle 5 parti che vengono dall'Autore stesso indicate in apertura, esprimendogli tutta la nostra gratitudine per iniziare a diffonderlo da qui.
Il lettore trova dunque già indicazioni precise, che gli consentono di orientarsi nel modo giusto. Del resto ogni parte viene ad essere come un piccolo saggio completo in se stesso.
Mentre ho già espresso - con essenziali ma chiare note - perché non adoriamo lo stesso Dio [qui] e così anche il lettore Josh [qui], ci sono temi, finora mai affrontati, come le fondamentali divergenze nella comunanza della figura di Abramo che Pasqualucci, proprio in questa prima parte, tratta con nota acribìa. 
Iniziamo dunque il nutriente excursus e buona lettura!

NON CREDIAMO NELLO STESSO DIO DEI MUSSULMANI
Confutazione della falsa immagine dell’islam
diffusa nella Gerarchia cattolica attuale

di Paolo Pasqualucci
Settembre 2015
PROLOGO
“Chi crede nel Figlio, ha la vita eterna,
ma chi rifiuta di credere nel Figlio,
non vedrà la vita, ché anzi sopra di lui
rimane sospesa l’ira di Dio” (Gv 3, 36)

“In verità vi dico: prima che Abramo fosse, Io sono” (Gv 8, 58)

“Io e il Padre siamo uno” (Gv 10, 30)
ἐγὼ καὶ ὁ πατὴρ ἕν ἐσμεν

“Chi ha visto me, ha visto il Padre” (Gv 14, 9)
* * *
Sei secoli dopo circa, una voce dalle Tenebre :
“Dì: egli, Dio, è uno. Dio l’eterno.
Non ha generato, né è stato generato.
E non vi è alcuno uguale a lui” (Cor., sura 104)

“Invero, sono miscredenti quelli che dicono:
‘in verità, Dio è il Messia, ‘figlio di Maria’” (5, 76)

“Miscredenti sono, invero, quelli che dicono:
‘in verità Dio è il terzo di tre’, mentre non vi è
altro Dio se non un Dio unico” ( 5, 77)

“E quando Dio disse: ‘o Gesù, figlio di Maria,
hai mai detto agli uomini: prendete me e mia madre
come due divinità, accanto a Dio?’, ‘per tua gloria, no’,
Rispose Gesù” (5, 116)

“Dì: se il Misericordioso avesse un figlio,
io sarei il primo ad adorarlo” (43, 81)
Introduzione
Il confronto con l’islamismo è diventato per tutto il mondo, e in particolare per noi cristiani, di un’attualità sempre più drammatica. Mentre ondate di cosiddetti “migranti”, quasi tutti mussulmani, solo in piccola parte effettivamente meritevoli di accoglienza perché perseguitati, grazie anche alla pusillanimità di chi ci governa ci invadono con cadenza giornaliera ed immarcescibile arroganza, non passa giorno, si può dire, senza che sia commessa o tentata qualche atrocità da parte del cosiddetto ISIS, l’efferato “Stato mussulmano” terrorista, omicida e persecutore per vocazione, distruttore delle chiese cristiane e dei vestigi delle antiche civiltà sulle quali riesca a mettere le mani. Inoltre, le oligarchie arabe arricchite dal petrolio, usando il loro (nostro) denaro anche come fattore di islamizzazione, investono a tutto spiano nell’Occidente gravato dalla crisi economica e purtuttavia ingessato in uno stile di vita che rimane dispersivo e dispendioso, nel senso peggiore del termine, della cattiva distribuzione delle risorse.
Nonostante tutto ciò, sembra perduri a tutt’oggi nell’Occidente, beotamente immerso nella propria decadenza, una scarsa conoscenza di un tale nemico ossia delle vere caratteristiche dell’islamismo, cosa di per sé grave ed inescusabile, foriera di ulteriori disastri e sventure.

La disinformazione sulla vera natura dell’islam, sulle sue convinzioni profonde, sulle sue aspirazioni, oltre che alla scarsa conoscenza di questa religione, è dovuta anche agli atteggiamenti ambigui e sconcertanti della presente Gerarchia cattolica nei suoi confronti, a partire dal pastorale Concilio Ecumenico Vaticano II. Tali atteggiamenti sembrano voler riportare in auge un’opinione tanto errata quanto tenace in passato, esser cioè la religione fondata da Maometto una sorta di “eresia cristiana” in qualche modo recuperabile alla “causa della pace nel mondo” con “il dialogo interreligioso” incluso nel “dialogo ecumenico”, per giungere “all’unità della famiglia umana” nella tolleranza, nell’uguaglianza, nella democrazia. L’apertura all’islamismo e ai suoi valori (come a quelli di tutte le altre religioni) si inquadra nel perseguimento di questo obiettivo del tutto eterodosso ed estraneante che la Gerarchia cattolica si è data a partire da quel celebre Concilio ecumenico innovatore ma pastorale, sfornito cioè di definizioni dogmatiche a sanzionare le innovazioni introdotte.

Il ritenere erroneamente l’islamismo una sorta di “eresia cristiana” (quando si tratta invece di una religione del tutto indipendente, ferocemente ostile al cristianesimo e a tutto ciò che esso rappresenta) non ha comunque impedito ai Papi di un tempo di promuovere le Crociate per la difesa dei Luoghi Santi, dei cristiani della Palestina e, in generale, della Cristianità tutta contro l’aggressione islamica. Oggi, invece, i Papi, dal Concilio in poi, in nome di un aberrante e non cattolico concetto di “libertà religiosa”, si trovano in prima linea nell’aprire le porte delle nostre nazioni ad una “accoglienza” indiscriminata ovvero ad un’invasione vera e propria, mascherata da “emergenza umanitaria”, contribuendo del resto ampiamente a propagare la falsa immagine del “vero islam religione di pace”, i cui adepti avrebbero “il diritto umano” di risiedere a casa nostra per sfuggire alle miserie (vere e presunte) di casa loro. Certamente, l’islam aspira alla pace ma solo dopo che tutto il mondo sarà diventato mussulmano, con le buone o con le cattive. Un rovesciamento di posizioni, quello della Gerarchia cattolica, che ha veramente dell’incredibile, di fronte al quale possiamo solo dire: misterium iniquitatis!

È dal Concilio che la Gerarchia, tranne rare e timide voci dissenzienti, ha perso il contatto con la realtà, essendosi mentalmente rinchiusa nella sfera dell’utopia non cristiana del “dialogo” volto a realizzare l’unità del genere umano non redento. Così oggi, di fronte al documento dei vescovi africani che per la prima volta esorta giustamente i giovani africani a stare a casa loro perché l’Africa ha bisogno di loro per risolvere i suoi gravi problemi, abbiamo le ultime esternazioni di Papa Bergoglio che, in modo del tutto irrealistico, invita ad accogliere tutti indiscriminatamente, senza preoccuparsi delle effettive capacità di accoglienza, “perché Gesù nel Vangelo chiama buoni e cattivi, tutti, non c’è differenza”; invita ad “accogliere tutti senza giudicare nessuno” (Angelus del 6 settembre 2015). Qui non si tratta di “giudicare”, si tratta di sopravvivenza materiale, fisica innanzitutto. Non c’è materialmente posto per centinaia di migliaia ed anzi per milioni di “migranti”, per di più mussulmani, che, si dice, marciano verso le nostre frontiere. E poi Gesù chiamava tutti, “buoni e cattivi”, ed anzi sopra tutto “i malati” cioè “i cattivi”, i peccatori, alla conversione, per la salvezza della loro anima (Mc 2, 17), non ad invadere senza alcun diritto le terre e le case altrui.

Il presente studio, condotto sui testi originali tradotti in italiano e giovandosi della più accreditata letteratura scientifica sull’argomento, spera di apportare la chiarezza necessaria a combattere e dissolvere la falsa rappresentazione dell’islamismo oggi dominante, con le gravi illusioni ed errori di prospettiva da essa ingenerati. Nel piano dell’autore esso consta di cinque parti, ognuna delle quali sta compiutamente a sé.

La prima ha carattere introduttivo (I: La falsa immagine dell’islam contribuisce a confondere il culto della S.ma Vergine, la venerazione per Abramo, l’adorazione del vero Dio). Muove dall’errata rappresentazione della religione mussulmana contenuta nei testi del Concilio, incentrata sul falso concetto che noi e i mussulmani abbiamo la stessa fede di Abramo e in Abramo, che Abramo sarebbe il padre riconosciuto della fede per loro così come lo è per noi. Ragion per cui adoreremmo entrambi lo stesso Dio, nonostante l’antitrinitarismo manifesto del Corano! L’idea di un comune onore tributato ad Abramo quale “padre della fede” è un concetto chiave del presente “dialogo” con l’islam e l’ebraismo, concetto però del tutto insostenibile per l’islam già per il semplice motivo che l’Abramo del Corano non corrisponde affatto a quello storico della Bibbia. Maometto ne ha rielaborato la figura a suo uso e consumo e proprio in funzione esplicitamente antiebraica e anticristiana, cosa che viene tenuta nascosta. Questa parte dell’indagine contiene una illustrazione articolata delle fonti dell’islamismo, e in particolare del Corano, nonché del suo concetto di Dio e dei concetti essenziali della teologia islamica, incluso quello della “guerra santa”. Da essi si scorge immediatamente la differenza abissale con la nostra, cattolica (quella vera, si intende, non l’attuale, di tinta razionalista e sincretistica, figliata dalla nouvelle théologie di trista memoria, indebita protagonista al Concilio).

La seconda parte (II: Genesi dell’islamismo) esamina per qual motivo l’islamismo, che si professa addirittura “religione d’Abramo”, si consideri, proprio per questo motivo, nemico della nostra, oltre che dell’ebraica. Per comprender ciò è necessario ricostruire la genesi della “rivelazione” professata da Maometto, attraverso un’analisi dei fatti salienti della sua vita, religiosi, politici e militari. La guida principale, in questa fondamentale ricostruzione, è costituita dalle penetranti analisi di Carlo Alfonso Nallino, morto nel 1938, uno dei nostri più grandi arabisti ed islamisti.

Delle altre tre parti lo schema è il seguente:

III: Le confutazioni cristiane dell’islamismo. Impossibilità di considerare l’islamismo una sorta di “eresia cristiana”. Critica delle dichiarazioni del Concilio sull’islam e della pastorale in proposito del Pontefice regnante. Sintesi delle confutazioni dell’islamismo fatte in passato, oggi passate sotto silenzio e dimenticate: da san Giovanni Damasceno a san Tommaso, al Cusano, sino a Pio II, l’umanista Enea Silvio Piccolomini, che in un pubblico discorso, tenuto a Mantova il 26 settembre 1459, in una Dieta intesa a convocare (senza successo) una crociata contro i Turchi, definì Maometto “falso profeta”.
IV: La “mariologia” coranica. Esposizione della Maria del Corano, la “ Maria madre di Gesù, profeta dell’Islam”. Si dimostra, sulla scorta degli studi del grande Roger Arnaldez, che la “Maria del Corano” non ha nulla a che vedere con la S.ma Vergine, non si tratta della stessa persona. Essa è confusa con “Maria, sorella di Aronne”, il fratello di Mosè, vissuta circa dodici secoli prima di Cristo. E se l’Aronne menzionato nel Corano fosse un altro Aronne, come sostengono i commentatori mussulmani, non si saprebbe quale (dimostra Arnaldez), risultando del tutto ingarbugliate e contraddittorie le genealogie costruite al riguardo dai detti commentatori.
V: La “cristologia” coranica. Esposizione del Gesù che viene menzionato nel Corano, sempre in base ai fondamentali studi di Arnaldez, ma non solo, dai quali appare con evidenza che il “Gesù, figlio di Maria” presentato nel Corano quale semplice uomo anche se dotato di poteri straordinari e sopra tutto quale precursore di Maometto – l’avrebbe annunciato nel Vangelo di Giovanni ma i discepoli invidiosi avrebbero nascosto la cosa, falsificando il testo! – non è (ovviamente) Gesù Nostro Signore; non ha nulla a che vedere con il vero Gesù. È invece il Gesù dei Vangeli apocrifi, il Cristo delle eresie nestoriane, ariane, docetiste al tempo diffuse tra i cristiani della penisola arabica. È nato per intervento di un angelo, è taumaturgo, fa miracoli, ma non muore in croce, sostituito da una “sembianza”, o da un sosia il cui nome sarebbe stato “Sergio”, secondo alcuni commentatori mussulmani. Non è Figlio di Dio (grave bestemmia per i mussulmani), si trova presso Allah e nel Giorno del Giudizio tornerà sulla terra a rendere testimonianza a Maometto, diffondendo l’islamismo e condannando all’eterna dannazione (dal minareto della moschea di Damasco) i cristiani, per averlo adorato come figlio di Dio! Come si vede da questi pochi cenni, la “mariologia” e la “cristologia” coraniche sono un guazzabuglio indescrivibile, una diabolica perversione dei dati autentici delle nostre Sacre Scritture. Solo pastori che avevano smarrito il sensus fidei o nulla sapevano di quella religione (voglio pensare sopra tutto all’ignoranza) potevano approvare documenti, elaborati dai soliti noti, che suggerivano ai fedeli il rispetto per il credo islamico con frasi contraddittorie e assurde come queste: “Benché essi non riconoscano Gesù come Dio, lo venerano tuttavia come profeta; onorano la sua Madre Vergine, Maria, e talvolta pure la invocano con devozione” (Dichiarazione conciliare Nostra Aetate, sulla Chiesa e le religioni non cristiane, 3.1).

I.
La falsa immagine dell’islam contribuisce a confondere il culto della S.ma Vergine, la venerazione per Abramo, l’adorazione del vero Dio

SOMMARIO : 1. Gli equivoci sulla S.ma Vergine, dovuti anche al “dialogo” con l’islam. 2. La falsa nozione di islam penetrata nel Concilio Vaticano II. 3. Un utopistico appello “catto-islamico” del 2006. 4. Il “dialogo” con l’islam nello “schema ecumenico” del cardinale Agostino Bea SI. 5. L’Abramo del Corano non è quello vero, della Bibbia: 5.1 Il Corano “archetipo celeste” che tuttavia contiene contraddizioni (ed errori in materia biblica). 5.2 L’abrogante e l’abrogato, esempi di contraddizione nel Corano. 5.3 Il volontarismo maomettano esclude l’Alleanza tra Dio e l’uomo, stipulata con Abramo, testimoniata nella Bibbia. 5.4 L’incitamento alla guerra santa. 5.5 L’islamismo “religione di Abramo”, nemica giurata della nostra.

* * *
1. Gli equivoci sulla S.ma Vergine dovuti anche al “dialogo” con l’islam.
Nell’attuale clima torbido prospera una saggistica anticattolica di basso livello tesa a screditare i dogmi della nostra fede. Essa si nutre anche degli errori diffusi dall’esegesi cattolica ufficiale, aperta a tutte le novità, scaduta da tempo a pedissequa imitatrice dell’esegesi razionalista protestante, notoriamente avversa al Sovrannaturale, il cui scopo è dimostrare che il Nuovo Testamento è in gran parte frutto di tardive rielaborazioni semimitiche ad opera della cosiddetta “comunità cristiana primitiva”, e quindi posteriori alla distruzione del Tempio di Gerusalemme dell’AD 70, profetizzata da Nostro Signore nei Vangeli. Quest’esegesi è pseudo-scientifica almeno per quattro motivi:
  1. rifiuta a priori i dati della tradizione cristiana sulla storicità dei Vangeli;
  2. rifiuta a priori i risultati forniti dalle moderne tecniche di ricerca, i quali hanno dimostrato (se mai ce ne fosse stato bisogno) l’anteriorità inequivocabile del Vangelo di S. Marco all’anno 70;
  3. pur mostrando grande erudizione linguistica e filologica, mette in opera una vera e propria decostruzione dei testi, i criteri della quale in realtà sfuggono, pervasa, come sembra, da una insistita “creatività ermeneutica”;
  4. è mossa dal desiderio di voler adattare i fatti della Rivelazione alla mentalità scettica e miscredente dell’uomo contemporaneo, il quale non crede ai miracoli né all’esistenza di Dio e professa nello stesso tempo un culto superstizioso, quasi magico, nei confronti della scienza, il che è come dire: nei confronti di se stesso[1].
Sono pertanto tornati in auge, nella saggistica di taglio popolare, tradizionali cavalli di battaglia della più vieta polemica anticristiana, che ripete più o meno sempre le stesse cose, dai tempi del neoplatonico Celso a quelli più vicini a noi di liberi pensatori, illuministi, massoni, teosofi, materialisti di ogni scuola, esistenzialisti, freudiani. Tra questi, la straordinaria affermazione secondo la quale la verità di fede attestante che “Maria” è la “Madre di Dio” altro non sarebbe stata che l’adattamento cristiano di antichi culti pagani, quali la Magna Mater, Iside, Demetra etc. Questa assurdità viene riproposta oggi anche nella variante per così dire “femminista”, come se tale immagine della Madonna fosse stata inventata per equilibrare l’immagine altrimenti troppo “maschilista” della Chiesa[2].
2. La falsa nozione di islam penetrata nel Concilio Vaticano II.
Accanto a simili amenità, contribuisce ad accrescere la confusione attorno alla figura della Madre di Dio anche il “dialogo ecumenico” con le altre religioni, in particolare quello con l’islam. Perché con l’islam? Perché il Concilio Vaticano II ha avuto il coraggio di presentare come accettabile anche per i cattolici il culto che i mussulmani manifestano nei confronti di “Maria madre di Gesù” e la “venerazione” che essi mostrano per Gesù, “come profeta”, pur negandone la divinità.
Scrive infatti la costituzione dogmatica (ma senza dogmi) Lumen Gentium sulla Chiesa, all’art. 16, sui “non cristiani e la Chiesa”, che: “il disegno di salvezza abbraccia anche coloro che riconoscono il Creatore, e tra questi in particolare i musulmani, i quali, professando di avere la fede in Abramo, adorano con noi un Dio unico [nobiscum Deum adorant unicum], misericordioso, che giudicherà gli uomini nel giorno finale”.

Di rincalzo, la Dichiarazione conciliare Nostra Aetate, al par. 3.1 dedicato alla religione mussulmana:
“La Chiesa guarda anche con stima i musulmani che adorano l’unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra, che ha parlato agli uomini. Essi cercano di sottomettersi con tutto il cuore ai decreti di Dio anche nascosti, come vi si è sottomesso anche Abramo, a cui la fede islamica volentieri si riferisce. Benché essi non riconoscano Gesù come Dio, lo venerano tuttavia come profeta; onorano sua Madre Vergine, Maria, e talvolta pure la invocano con devozione. Inoltre, attendono il giorno del giudizio, quando Dio retribuirà tutti gli uomini risuscitati. Così pure hanno in stima la vita morale, e rendono culto a Dio, soprattuto con la preghiera, le elemosine e il digiuno”[3].
Il par. 3.2 chiude quest’incredibile elogio dell’Islam con il sentimentalismo superficiale, caramelloso, inneggiante alla “mutua comprensione”, al “dialogo”, al progresso, alla pace nel mondo e in sostanza alla democrazia, che caratterizza svariati testi del Vaticano II:
“Se, nel corso dei secoli, non pochi dissensi e inimicizie sono sorte tra cristiani e musulmani, il sacro Concilio esorta tutti a dimenticare il passato e a esercitare sinceramente la mutua comprensione, nonché a difendere e promuovere insieme per tutti gli uomini la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà”[4].

Lo sgomento provocato da queste dichiarazioni risulta dai seguenti loro caratteri:
  1. sembrano riconoscere come autentica la “rivelazione” del Corano : “adorano con noi un Dio unico”, il quale “ha parlato agli uomini”;
  2. utilizzano una terminologia coranica e comunque mussulmana nel descrivere attributi di Dio: “l’unico Dio, il vivente, il sussistente” (Cor., sura 3, 1) e il modo di credere: “sottomettersi ai decreti di Dio anche nascosti”;
  3. sembrano riconoscere come valido il culto di Abramo del Corano, quasi fosse simile al nostro, concepito invece da Maometto in funzione anticristiana oltre che antigiudaica;
  4. giustificano i riconoscimenti concessi rinviando in nota (nota n. 5 della Nostra Aetate) ad un lettera di san Gregorio VII all’ emiro della Mauritania, nella quale si afferma che noi e i mussulmani crediamo “nello stesso Dio, sia pure in modo diverso”, creando così la falsa impressione che quanto affermato dal Concilio sull’islam sia in armonia con il modo di pensare della Chiesa del passato. Al tempo di Gregorio VII il Corano non era stato ancora tradotto in latino. L’affermazione contenuta nella lettera si spiega con l’ignoranza al tempo corrente nella Chiesa latina sulle dottrine dell’islam, ancora ritenuto una sorta di eresia cristiana. Di un eretico, infatti, si può dire – volendo – che crede “nello stesso [nostro] Dio, sia pure in modo diverso”. Del resto, fu proprio Gregorio VII che cominciò a preparare il terreno alla prima Crociata.
3. Un generoso ma utopistico appello “catto-islamico” del 2006.
Sulla base delle dichiarazioni conciliari citate, il noto giornalista egiziano Magdi Allam, convertitosi al cattolicesimo ma al tempo ancora formalmente mussulmano, nell’estate del 2006 si appellò al culto di Maria dei mussulmani al fine di stabilire un “dialogo” saldo con i cattolici. Il suo appello fu ripreso da Vittorio Messori, il celebre giornalista e saggista cattolico, in questo modo, sul Corriere della Sera del 15 giugno del 2006.
“L’egiziano [Magdi Allam] che, per rifarsi al titolo del suo libro, “ama l’Italia” forse più di molti italiani, ha addirittura lanciato un appello scandaloso o, almeno, incomprensibile per una certa intellighenzia: ‘Musulmani italiani, fratelli miei, facciamo del culto di Maria un momento unificante con i cristiani e del pellegrinaggio a Loreto [occasione dell’appello] e in ogni altro santuario dedicato a Lei un momento di condivisione e di fratellanza tra le persone di buona volontà’. Allam – prosegue l’articolo – ha ricordato ciò che molti cristiani hanno ormai dimenticato e che, in ogni caso, lascia indifferente la loro cecità a ciò che muove davvero le masse. Il Corano dedica alla Madre di Gesù un’intera Sura, ne fa il nome venerato per quaranta volte, l’innalza sino al fianco di Fatima, la figlia prediletta del Profeta, le affida un ruolo di maternità misericordiosa, ne difende l’onore contro gli ebrei che la diffamano [...] Tutta la Tradizione islamica successiva non ha fatto che esaltare la “Signora Maria”, come la chiamano. Chi, in ambiente cristiano, la bestemmi è considerato, al massimo, un maleducato. Chi osasse farlo tra i musulmani, chi ne mettesse in dubbio la purezza perpetua rischierebbe il linciaggio sul posto da parte della folla inferocita. Magdi Allam ha ricordato ciò che tanti nostri “esperti” ignorano o non sanno valutare: proprio i santuari mariani sono, in terra d’Islam, i luoghi d’incontro tra cristiani e musulmani. Gesù è venerato ma solo come penultimo dei profeti, come annunciatore di quello definitivo, Muhammad [= il lodato, lat. mediev.: Machometus, ital. mediev.: Maometto, poi rimasto nell’uso]. Al rispetto per il Nazareno si accompagna non solo la venerazione ma anche l’amore appassionato per la Madre”.
A proposito di questo “amore appassionato”, Messori ricordava le ripetute “apparizioni” della Madonna sulla cupola della chiesa copta di Zeitoun, sobborgo del Cairo, nel 1968; apparizioni cui concorsero grandi folle musulmane. Queste “apparizioni” furono giudicate autentiche dal patriarca copto e da quello cattolico dell’Egitto. (Non mi risulta, tuttavia, che siano state riconosciute autentiche dalla Chiesa e l’articolo non ci illuminava in proposito: che siano da ritenersi autentiche, date le modalità e il contesto, è alquanto dubbio). L’articolo si concludeva con un vero e proprio appello: per cercare di evitare il disastroso “scontro di civiltà” che si profilava in modo sempre più radicale tra noi e l’islam, bisognava riscoprire “questo luogo d’incontro che è la persona della Vergine”.

Non so se oggi sia Allam che Messori riscriverebbero un appello del genere. L’ho riportato qui non per criticarne gli autori, la cui sincerità e buona fede devono considerarsi fuori discussione, ma solamente per far vedere a quale confusione di idee possa portare la mancata comprensione del vero significato dell’onore tributato nel Corano a “Maria, madre di Gesù”, presentato dal Concilio simile a quello nostro verso la Madre di Dio, salvo il piccolo particolare che i musulmani non credono affatto nella divinità di Cristo, per loro spaventosa bestemmia, che merita a chi la pronuncia la morte immediata, sul posto. E allora, si chiederà smarrito l’ignaro fedele, in che senso onorano la “Madre di Gesù”? Se non la considerano “Madre di Dio” (un abominio per loro) è evidente che non possono onorarla come l’onoriamo noi. E come, allora? È proprio quello che bisognerebbe una buona volta spiegare al popolo dei fedeli, al fine di chiarire i gravi equivoci disseminati tra i cattolici, a partire dal “pastorale e non dogmatico” Vaticano II, a proposito del “Gesù, figlio di Maria” del Corano, che non è affatto quello dei Vangeli, così come la “Maria” del Corano non è affatto la S.ma Vergine dei Vangeli. Le cose sono presentate, oggi, come se la Maria e il Gesù del Corano e della tradizione mussulmana, fossero più o meno gli stessi dei nostri Testi sacri, tranne che per la divinità di Gesù, Nostro Signore! È ovvio anche al semplice senso comune che la negazione coranica della divinità di Gesù implica che sia il “Gesù” che sua “Madre” ivi menzionati non possano essere gli stessi delle nostre fonti. E se non sono gli stessi, parlare di “dialogo” non è assurdo?
4. Il “dialogo” con l’islam nello “schema ecumenico” del cardinale Agostino Bea SI.
Subito dopo il Concilio, il cardinale Agostino Bea SI, uomo di fiducia di Giovanni XXIII, eminenza grigia del Concilio e tra i suoi principali protagonisti in senso neomodernista, non ha esitato a scrivere, commentando positivamente il citato par. 3 della Nostra Aetate: “ A proposito dell’Islam, la dichiarazione mette innanzitutto in rilievo i numerosi punti di contatto [les nombreux points de contact] che esso presenta con il Cristianesimo”[5]. Numerosi “punti di contatto” tra la nostra fede e quella predicata dal Profeta dell’islam? E quali sarebbero, quelli elencati nella Nostra Aetate? Ma il cardinale l’aveva mai letto il Corano? Chiunque abbia una conoscenza anche minima della teologia, della dottrina morale, della prassi delle due religioni, sa che i “numerosi punti di contatto” dati per sicuri dal testo conciliare e da Bea non esistono affatto. Dove sembrano esserci, come nel caso della coranica “Signora Maria” e di “Gesù, figlio di Maria”, della fede nel Giudizio finale o del modo di pregare e di soccorrere il prossimo, sono del tutto apparenti ed ingannevoli. In realtà non c’è nessun “punto di contatto” tra cristianesimo ed islam, né potrebbe esserci. C’è anzi una radicale opposizione.

In italiano questo libro fu pubblicato da Morcelliana con il titolo: Il cammino all’unione dopo il Concilio. In esso il cardinale Bea teorizzava apertamente la prospettiva ecumenica che ci è diventata familiare in questi ultimi cinquant’anni, sostenendo che essa corrispondeva pienamente alle esigenze poste dal Concilio, del cui spirito era considerato autorevole e qualificato interprete: dall’unità nella “libertà religiosa” con i “fratelli separati”, all’auspicata “unità della famiglia umana”, grazie al dialogo ecumenico esteso all’umanità come tale, senza che si ponesse mai l’esigenza della conversione a Cristo della stessa, né come condizione dell’unità né quale conseguenza della stessa[6]. Quest’opera, come in genere altri interventi simili del suddetto cardinale, non rivelava profondità di pensiero né di cultura. È importante come documento, perché fa vedere quale fosse (e sia ancora) l’interpretazione autentica fornita dai protagonisti del Vaticano II e dai loro continuatori per ciò che riguarda gli scopi ultimi dell’ecumenismo e del dialogo:
  1. unione con “i fratelli separati”(mediante “il dialogo” interconfessionale, con le sue molteplici iniziative, comprese le liturgie interconfessionali);
  2. unione “con tutta la famiglia umana” (mediante “il dialogo” interreligioso e le relative liturgie, oggi sempre più corrotte in senso profano, new-age, in un crescendo che sembra inarrestabile)[7].
Le due fasi si sono da tempo fuse in un unico, assordante, tanto intimidatorio quanto teologicamente assurdo discorso “inclusivo”, “irenico”, “umanitario”, “popolare” ed “ecumenico”, che mira all’instaurazione di un’era di pace globale nel mondo, con il Papa quale possibile guida morale (e magari anche politica, come si intuisce dalle Encicliche e dai discorsi di Bergoglio) dell’intera umanità (già salvata in blocco dalla dannazione poiché con l’Incarnazione Cristo si sarebbe unito ad ogni uomo – Cost. conc. Gaudium et Spes, 22.2) [qui - qui]. Tutto ciò, per chiunque abbia cognizione della storia della Chiesa ed anzi delle eresie, configura una riedizione dell’errore millenarista di un tempo, con l’aggravante dell’errore cristologico concernente l’Incarnazione (che avrebbe in quanto tale inspiegabilmente già salvato tutti) e la conseguente inversione della Missione della Chiesa, ora esclusivamente intramondana e in sostanza antropocentrica. Un vero e proprio traviamento della Missione assegnata da Nostro Signore Risorto alla Chiesa da Lui fondata: “Andate dunque e fate [miei] discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutte le cose che io ho comandato a voi (Mt 28, 19-20)”.

In antitesi, almeno parziale, alla Nostra Aetate, Benedetto XVI, nel famoso discorso di Ratisbona del 2006 [qui], rammentò il carattere intrinsecamente irrazionale della concezione maomettana di Dio e la conseguente vocazione alla violenza di quella religione. Attaccato da tutte le parti, non ebbe purtroppo la forza di mantenere la critica e di approfondirla, facendola fruttare anche sul piano pratico. Ciò, del resto, avrebbe significato entrare in conflitto con l’indirizzo “ecumenico” imposto alla Chiesa dal Concilio, il che sarebbe stato certamente un andare al di là delle sue convinzioni. Così anch’egli finì con l’avallare di fatto l’idea del tutto assurda delle “tre grandi religioni monoteistiche che adorano l’unico Dio”, da considerarsi pertanto tutte e tre allo stesso modo vere, e si recò a pregare nella moschea di Istanbul, partecipando poi sino alla fine improvvisa ed inaspettata del suo Pontificato ai riti obbligati dell’ecumenismo, oggettivamente apostatici, bisogna dire. Certo, Papa Ratzinger non è arrivato al punto di baciare pubblicamente un Corano che gli veniva donato, in senso di rispetto ed omaggio, come ha incredibilmente fatto Giovanni Paolo II. Del quale va anche ricordata la dichiarazione pro-islam durante una celebre visita in Marocco, nel 1985 [vedi], applaudito in uno stadio da migliaia di giovani maomettani, precettati per l’occasione dal re di quel Paese ed opportunamente istruiti sull’accoglienza da tributare al “Papa di Roma”, come lo chiamano i mussulmani. “Abramo è per noi lo stesso modello di fede in Dio, modello di sottomissione [islam] alla Sua volontà e di fiducia nella Sua generosità. Crediamo nello stesso Dio, l’unico Dio, il Dio vivente, il Dio che crea il mondo e porta a perfezione le sue creature”[8].
5. L’Abramo del Corano non è quello vero, della Bibbia.
Non sappiamo quanto Papa Woytila effettivamente conoscesse dell’islamismo. In ogni caso, Abramo non può essere per noi cristiani “lo stesso modello di fede in Dio”, così come lo è per i mussulmani. L’Abramo dei mussulmani (Ibrahim) non ha nulla a che vedere con quello autentico della Bibbia. Come ha ricordato più volte, e non è stato certamente il solo, l’insigne arabista ed islamista Padre Antoine Moussali, lazzarista libanese (1921-2003), perfetto conoscitore del Corano stesso, il vero Abramo, nell’Antico Testamento, è il protagonista dell’Alleanza con Dio, dal quale riceve la Promessa di salvezza per il genere umano. Abramo, nostro padre nella fede (Eb 11, 8) è dunque l’uomo dell’Alleanza con Dio Padre e della Promessa di salvezza da Lui ricevuta. Egli intercedette anche per i Sodomiti, già condannati alla distruzione per l’ostinato perdurare nel loro abominevole peccato e l’assenza di ogni bontà (Gn 18, 22 ss.; Ez 16, 49)[9]. La Promessa fatta ad Abramo è giunta a compimento con la Nuova Alleanza, firmata con il suo sangue innocente dall’Agnello di Dio, grazie alla quale l’uomo può esser considerato “figlio adottivo di Dio”. “Figlio”, aggiungo, che presta la dovuta obbedienza alla verità rivelata da Dio, ai suoi comandamenti, ma sempre come “ossequio razionale”, come diceva san Paolo, ossia esercitando nel modo giusto il suo libero arbitrio, nonostante gli impedimenti provocati a tale esercizio dalle conseguenze del peccato originale.

Nella sura 23 o dei credenti, ai vv. 12-16, si narra in questo modo la creazione dell’uomo. “ 12. In verità, noi creammo l’uomo di argilla fina. 13. Poi lo ponemmo come in una goccia di sperma in un ricettacolo sicuro [l’utero materno]. 14. Poi trasformammo la goccia di sperma in sangue coagulato, poi il sangue coagulato in un pezzo di carne, il pezzo di carne in ossa, e le ossa noi rivestimmo di carne, quindi portammo esso alla luce, come un’altra creazione; benedetto sia quindi Dio, il migliore dei creatori! 15. Poi, certamente, voi, dopo di ciò, morrete. 16. E in seguito, voi verrete risuscitati il giorno della risurrezione”[10]. L’uomo appare qui come un semplice oggetto nelle mani di Allah che lo plasma dall’argilla, senza fornire spiegazioni e senza benedirlo, assieme alla donna, della cui creazione si accenna altrove. Gli annuncia morte e resurrezione, che restano inspiegabili. È il decreto di Allah, e tanto basta.

Un essere umano che viene ad esistere ad opera della volontà inspiegata di Dio, è sempre e solo “sottomesso a Dio”, in modo assoluto, totalmente passivo, senza che si richieda l’adesione del suo intelletto ai Decreti di Allah. Deve obbedire, e basta. In cambio, Allah lo ricompenserà materialmente in questo mondo, spiritualmente e materialmente nell’altra vita, mentre l’Inferno, se ci andrà, non sarà mai eterno per lui. Poche sure sembrano ammettere l’esistenza del libero arbitrio nell’uomo, all’opposto di altre più numerose che affermano il contrario e che costituiscono il dogma ufficiale dell’islam, mentre i sostenitori dell’esistenza di un libero arbitrio nell’uomo (detti “razionalisti” o mutaziliti) sono considerati eretici. Il dualismo di determinismo e libero arbitrio rappresenta uno dei casi più noti di contraddizione nel Corano, anche se l’esistenza di tale dualismo è negata dall’interpretazione ortodossa (sunnita).

5.1 Il Corano “archetipo celeste” che contiene tuttavia contraddizioni (ed errori in materia biblica).

Prendendo spunto dal problema rappresentato dalla presenza di errori in materia biblica e contraddizioni evidenti, illustrerò adesso al lettore la natura specifica del Corano, sostanzialmente sconosciuta ai più: essi sanno solo che si tratta del “libro sacro” dei mussulmani, che contiene la “rivelazione” del loro profeta, ritenuta di origine divina. In realtà, per i mussulmani, il Corano non è un semplice libro. È anche un libro, ma soprattutto è un archetipo celeste, esistente da sempre presso Dio, Allâh in arabo. Pertanto, più che contenere la rivelazione, è la rivelazione, esistente da sempre.
“È il libro che contiene l’insieme dei messaggi celesti o rivelazioni che Maometto ritenne d’aver ricevuto testualmente in arabo da Dio, attraverso un messaggero sovrumano ch’egli, nella seconda fase (la medinese) del suo apostolato, identificò con l’angelo Gabriele. In arabo il nome è Qu’rān, che significherebbe recitazione o lettura ad alta voce: ma da Maometto ebbe un senso religioso particolare, modellato verisimilmente su quello d’un vocabolo affine della lingua ecclesiastica aramaica dei cristiani limitrofi all’Arabia, ossia:
  1. la recitazione salmodiata di brani delle rivelazioni suddette;
  2. il testo stesso di tali brani;
  3. il complesso di tutte le rivelazioni ricevute.
In base a quest’ultimo senso fu chiamato Corano il libro sacro dell’islamismo”[11].

Da cosa risulterebbe “il senso religioso” particolare attribuito da Maometto all’originale cristiano? Il termine originale indicava solo la recitazione ad alta voce e salmodiata di testi liturgici o di brani della Scrittura che conservavano il loro nome, quale che fosse. Qui invece il nome della recitazione viene attribuito anche al testo stesso, al contenuto, e in modo da includere la totalità del testo.
Prosegue Nallino: “Suo sinonimo nella letteratura teologica e giuridica è al-Kitāb “la Scrittura” o “il Libro”, benché nel Corano questo vocabolo sia usato anche per i libri sacri anteriormente rivelati agli ebrei ed ai cristiani, onde l’espressione ahl al-kitāb “la gente della Scrittura”, che rimase poi anche nel linguaggio per designare l’insieme degli ebrei e dei cristiani, e l’epiteto kitābī “scritturario” frequentissimo nella letteratura giuridica per indicare chi professi una delle due religioni rivelate prima dell’islamismo”[12].

Che tuttavia i mussulmani ci considerino “gente della Scrittura” allo stesso titolo loro, come cercano di far intendere i propugnatori del c.d. “dialogo” con loro, non è vero, come spiegherò in seguito, dal momento che essi ritengono i nostri testi sacri falsificati da noi e comunque destinati ad esser abrogati dal Corano, vero e proprio sigillo della Rivelazione del Dio unico, grazie a Maometto, autoproclamatosi “sigillo dei profeti”! Ma procediamo con ordine.

“Per la dogmatica musulmana il Corano è la parola testuale di Dio; quindi, citandone dei passi, sarebbe cosa blasfema preporre la formula “Maometto dice” in luogo di “Dio altissimo dice”, come sarebbe blasfemo collocare il Corano sotto Maometto nei cataloghi di biblioteche. La dottrina ortodossa (sunnita) insegna che il Corano in quanto parola divina, è uno degli attributi eterni di Dio, distinti dalla sostanza divina ma, al pari di questa, non aventi avuto origine nel tempo nè per atto creativo; onde la formula “il Corano è increato”[13]. Se la parola divina deve considerarsi attributo eterno di Dio, dovrà avere gli stessi caratteri della sostanza divina cui inerisce, essere eterna e quindi ritenersi increata. Ne consegue che il Corano dice sempre il vero, in ogni sua parte, ed è immodificabile. La prova della sua autenticità è data per i mussulmani dalla sua “inimitabilità”, in pratica dalla sua stessa esistenza. Questa “parola di Dio” discesa dal cielo su Maometto è il miracolo (l’unico) di Maometto. Sarebbe come se un cattolico affermasse che i Vangeli sono la copia di un archetipo celeste, eterno ed increato, e che la loro semplice esistenza dimostra la loro origine divina e quindi la loro autenticità, ragion per cui non potrebbero nemmeno esser tradotti.

“Dogmatica musulmana e storia sono d’accordo nel riconoscere che il Corano fu rivelato a Maometto a brani isolati, spesso brevissimi, durante il periodo della sua predicazione religiosa, che abbraccia circa venticinque anni, dei quali gli ultimi dieci (622-632) a Medina. Brani che da età immemorabili si trovavano scritti in un archetipo celeste, detto nel Corano “l’originale della Scrittura” o “la Tabella custodita”, [o “la madre del libro”], e che Maometto, quando ne riceveva la comunicazione, affidava dapprima alla memoria, ma più tardi dettava ai suoi segretari, che li scrivevano sul materiale più svariato: cortecce di rami di palma, brani di pelle conciata, ossa larghe, cocci etc.”. Le “rivelazioni” – ricordo al lettore – avvenivano in genere di notte, verso l’alba, a Maometto avvolto per terra nel suo mantello, in preda ad una forte e prolungata agitazione dello spirito.

“Ad un ordinamento di tutto questo materiale inorganico Maometto non pensò, se non forse in modo occasionale e rudimentale, tanto più che la chiusura delle rivelazioni non sarebbe avvenuta se non con la sua morte [improvvisa]. La raccolta dei brani in libro fu opera dapprima personale di alcuni suoi compagni; la redazione definitiva ufficiale, quella che costituisce il Corano attuale accolto da tutti i mussulmani ortodossi ed eterodossi, fu fatta fare dal terzo califfo ‘Uthman (644-656 AD)”.

L’esposizione contenuta nel Corano non segue un ordine logico rigoroso. I redattori hanno messo i capitoli “in ordine quasi degradante di lunghezza, sicché gli ultimi sono brevissimi; senza contare che i capitoli lunghi, salvo la massima parte del XII, sono in realtà conglomerati di rivelazioni venute in tempi diversi e senza rapporto d’argomento fra loro. Cosicché il Corano risulta nella sua parte maggiore un libro nel quale si salta di palo in frasca, senza transazione da un argomento all’altro, senza concatenazione logica di pensiero: solo i capitoli più brevi, quelli del periodo più antico (il meccano) della missione religiosa di Maometto, rappresentano, ma non sempre, qualche cosa di organico”[14]. I capitoli si chiamano sure (sūrah, pl. suwar), vocabolo di origine incerta introdotto da Maometto. Sono 114 di lunghezza varia, suddivisi in versetti, da un minimo di tre (sura 108) a un massimo di 286 (sura 2). Il testo è in prosa ritmata, con assonanze verso la fine del versetto, non mantenuta nelle sure più lunghe. Per i mussulmani esso è “modello inarrivabile di lingua e di stile”. Ad ogni sura, tranne che alla nona, è premessa la formula detta básmalah, ossia “in nome di Dio clemente e misericordioso”. Si indica se la sura sia meccana o medinense, cosa questa non sempre facile da determinare, opera dei commentatori dopo la redazione ufficiale fatta fare dal Califfo Othman. Ogni sura porta un nome o più, “desunti, non si sa con qual criterio, da analogo vocabolo ricorrente nella sūrah stessa; e con questi nomi i musulmani sogliono citare, anziché col numero come facciamo noi”[15].

Il Corano è, tranne la prima sura, “tutto in forma di discorso rivolto a Maometto da Dio [“Dì:”; “O voi che credete:” “O tu, l’avvolto nel mantello”]. Il contenuto è assai vario. Nei brani rivelati alla Mecca [fase iniziale della “missione” di Maometto] l’argomento è tutto religioso e morale […] Invece nei brani rivelati a Medina, quando Maometto era divenuto anche capo assoluto e teocratico d’uno Stato da lui medesimo fondato, lo stile poetico si attenua o scompare addirittura, la predicazione morale e religiosa passa in seconda linea, si accende la polemica acre contro la “gente del Libro” [ebrei e cristiani] che non vogliono riconoscere la missione divina di Maometto; e d’altro canto il Corano si trasforma in alcune parti, pur figurando sempre Dio come narratore, in una specie di diario delle azioni politico-militari del profeta e dei suoi. Nella fase medinese la rivelazione entra in argomenti che ad un occidentale parrebbero del tutto profani, come norme legislative su materie per noi completamente estranee al campo religioso, e perfino rimproveri alle donne di Maometto per pettegolezzi sorti fra esse”[16].

5.2 L’abrogante e l’abrogato, esempi di contraddizione nel Corano

Su 6200 versetti, 500 sarebbero norme giuridiche, che comprendono anche il culto. La tematica giuridica è esposta in modo frammentario nelle sure medinensi, “cosicché sarebbe impossibile ricostruire il sistema sulla base dei versetti coranici. La cosa è aggravata dal fatto che si incontrano talvolta norme fra loro contraddittorie, perché rivelate in epoche alquanto diverse e sotto l’influsso di circostanze speciali; contraddizioni che il Corano stesso giustifica, asserendo che Dio può abrogare sue precedenti disposizioni e sostituirle con nuove. Onde la necessità, affermata dagli stessi musulmani, di conoscere, in tali casi, quale sia il versetto cronologicamente anteriore e quale il posteriore abrogante, qualunque sia la loro rispettiva posizione nel libro”[17].

Esiste dunque nell’islamismo un’esegesi dell’abrogante (nâsikh) e dell’abrogato (mansûkh): il versetto che contraddica un altro, si ritene abrogato da quest’ultimo, considerato evidentemente posteriore. Allah è onnipotente, come crea tutto continuamente così può ricrearlo continuamente e abrogare ciò che ha appena decretato. Il fondamento di tale singolare concezione si ritrova nel Corano stesso, ci ricorda Nallino. Si tratta della sura 13 o del tuono: “39. Dio cancella ciò che vuole o lo conferma, e presso di lui è la madre del Libro”; e della sura 2 o della vacca: “100. Per qualsiasi brano che abrogheremo o ti faremo dimenticare, ne accorderemo uno migliore o eguale ad esso; non sai che Dio è onnipotente?” . Tuttavia, precisa sempre l’illustre studioso, “questa dottrina dell’abrogante e dell’abrogato non ha riflessi sulla costruzione dogmatica, poiché le abrogazioni riguardano solo norme del fiqh [ossia del diritto]”[18]. Vediamo alcuni esempi di contraddizioni presenti nel Corano.
  1. Un determinismo assoluto domina nelle azioni umane: sura 54 o della luna: “50. E il nostro comando non è se non una parola sola, a guisa di un batter d’occhio. 51. Già abbiamo sterminato nazioni, simili a voi [miscredenti]; però, havvi forse chi accetti l’avvertimento? 52. Ma ogni cosa che essi hanno fatto è registrata nei libri. 53. E ogni azione, piccola o grande che sia, è ivi vergata”; sura 7 o dell’A’râf : “177. Coloro che Dio dirige, quegli è ben diretto; coloro, invece, che egli travia, quelli sono i perditori. 178. Abbiamo, inoltre, creato per la gehenna un gran numero di ginn e di uomini, i quali hanno cuori con cui non comprendono, hanno occhi con cui non vedono, hanno orecchi con cui non odono…”[19].
    Accenni all’esistenza del libero arbitrio: sura 4 o delle donne: “81. Qualsiasi fortuna ti tocchi, essa viene da Dio e qualsiasi sfortuna ti incolga, essa viene da te stesso”. Sura 18 o della caverna: “28. Di’: la verità viene dal vostro Signore, e chi vuole, creda, e chi vuole, non creda. Noi, certo, abbiamo preparato, per gli iniqui, un fuoco, il cui turbine di fumo li avvolgerà…”.
  2. Tra i passi coranici che invitano alla pace, famoso è il seguente: sura 5 o della tavola imbandita: dopo aver descritto a modo suo l’episodio di Caino e Abele, la voce che parla nel Corano dice: “35. A causa di ciò prescrivemmo ai figli di Israele che chi uccida un uomo, senza che questi abbia ucciso un altro uomo, o abbia portato la corruzione nel paese, sarà come abbia ucciso tutto il genere umano, e chi ne abbia salvato uno, sarà come abbia salvato tutto il genere umano”.
    Ma nella stessa sura si incita allo sterminio dei miscredenti, poco dopo, al versetto 37 : “La retribuzione di coloro che fanno la guerra a Dio e al suo apostolo [Maometto] e si adoperano a portare la corruzione sulla terra, sarà unicamente che essi vengano messi a morte o crocefissi, o vengano loro tagliate le mani e i piedi, in modo alternato, o vengano esiliati dal loro paese. Ciò sarà per essi un’ignominia in questo mondo, e nell’altro ad essi toccherà grave castigo”. Si potrebbe tuttavia affermare che la contraddizione è apparente perché i “miscredenti”, nell’ottica crudele del Corano, sono di per se stessi colpevoli; individui che, a causa della loro “miscredenza” nella missione di Maometto, portano “la corruzione” sulla terra e meritano pertanto di essere torturati e messi a morte! Non si tratterebbe più della morte dell’innocente, come nel caso di Abele, assassinato da Caino per invidia.
  3. Sempre nella stessa sura, si ordina ai mussulmani di non avere rapporti con ebrei e cristiani : “56. O voi che credete, non prendete per amici gli ebrei e i cristiani; essi sono amici gli uni degli altri; chi di voi li prenderà per amici, egli certamente diverrà uno di essi; Dio, in verità, non guida gli uomini iniqui”. Nella stessa sura, al versetto 85, questi stessi cristiani, inclusi poco prima tra gli “iniqui”, vengono considerati i migliori amici dei mussulmani: “Tu, per certo, troverai che i pi­ù violenti nell’inimicizia contro coloro che credono, sono i giudei e i politeisti e troverai, d’altra parte, che quelli che sono più vicini per affetto a quelli che credono sono coloro che dicono: ‘noi siamo cristiani’; ciò avviene perché di essi alcuni sono preti e monaci, ed essi non sono orgogliosi”[20].
Certo, queste “contraddizioni” si possono spiegare perché contenute in “rivelazioni” avvenute in epoche diverse e quindi rispondenti a bisogni diversi, dipendenti dalle esigenze del momento (Nallino). Tuttavia, osservo, resta il fatto che il Corano, presentato addirittura come “archetipo celeste”, viene inteso in ogni sua parte come verità atemporale ed eterna, staccata quindi da ogni contesto storico particolare, che possa giustificare il divergere contraddittorio di certi versetti. I significati contrapposti che si ricavano da massime supposte eterne e quindi vere in assoluto si possono allora comporre solo ricorrendo ad una soluzione che appare artificiosa: il volontarismo assoluto, applicato all’idea di Dio. Che tale “volontarismo” possa armonizzare l’ermeneutica dell’abrogante e dell’abrogato con l’idea della natura eterna ed increata del Corano, è assai dubbio. Si tratterebbe di una vera e propria quadratura del cerchio.

Il decreto che abroga il precedente “fatto scendere” su Maometto viene per forza di cose dopo nel tempo, rispetto all’abrogato. Si ha quindi un’azione di Dio successiva nel tempo, di segno opposto a quella precedente, quanto al suo contenuto. Ma ciò significa che il contenuto della precedente non può considerarsi “increato”, se poi viene appunto soppresso dall’azione del decreto successivo. Deve considerarsi finito e quindi creato. Hanno ragione gli Sciiti. Il Corano non può essere “increato”, se vi sono versetti che sono stati aboliti da chi li aveva creati. “Creati”, appunto, altrimenti non avrebbero potuto essere aboliti. Aboliti da una successiva creazione. Increata e quindi eterna è solo la volontà di Colui che crea, non la cosa da Lui creata. Se questa cosa, questa realtà è riformabile continuamente con una nuova creazione, perché l’onnipotenza di Dio non conosce limiti, allora nessuna parte del Corano può considerarsi eterna ed increata.

5.3 L’alterità assoluta del Dio del Corano esclude l’Alleanza tra Dio e l’uomo, stipulata con Abramo, testimoniata nella Bibbia.

Il ricorso al volontarismo più radicale tipico della concezione di Dio di questa religione, volontarismo che rende in sostanza aleatorio il rapporto tra la creatura e il Creatore, mostra per l’appunto la sostanziale irrazionalità del concetto coranico di Dio, come è proprio di ogni volontarismo, la cui massima è sempre di fatto: stat pro ratione voluntas. In effetti, se Allah ha abrogato diverse volte il suo decreto (e parla sempre per “decreti” nel Corano, per ingiunzioni), può anche abrogare tutto e capovolgere l’ordine che ha creato, rovesciandolo o distruggendolo, senza motivo. Qualcuno glielo può impedire? Ma il volontarismo applicato in tutta la sua assolutezza al concetto di Dio mette anche Dio in contraddizione con se stesso. Nel Corano si attribuisce ad Allah quest’affermazione: “Ad ogni uomo attaccammo al collo il suo destino” (sura 7 o dell’A’râf, 14). Se Allah può però sempre “staccarlo” ad ogni momento, allora non era “attaccato”: voglio dire, per l’appunto, che il rapporto dell’uomo con un Dio concepito in questo modo resta sempre erratico e al fondo dominato dal terrore. Invece, nell’unica vera religione rivelata, quella cristiana, Dio non può entrare in contraddizione con se stesso: ciò che Egli ha una volta stabilito e rivelato a noi come verità immutabile, resta in eterno immutabile. Pertanto, ciò che ha stabilito per sempre come bene resta in eterno come tale. Dio può servirsi del male, dovuto al cattivo uso del nostro libero arbitrio quando è succube delle passioni, per ottenere il bene o qualche forma di bene, ma non può mutare il bene in male, capovolgere la tavola dei valori da Lui stesso stabilita per sempre con i Dieci comandamenti e i comportamenti da essi doverosamente dipendenti (per esempio, l’indissolubilità del matrimonio – “una sola carne”, Gn 2, 24), solo perché nessuno può opporsi alla sua volontà e onnipotenza.

“Il concetto di Dio nel Corano e nella teologia posteriore è rigidamente monoteistico nel senso giudaico; non v’ha posto per la Trinità cristiana, che il Corano stesso qualifica politeismo, tanto più che sembra averla intesa come composta da Dio, Gesù e Maria [sic]. Onnipotenza, onniscienza, illimitata libertà di volere, l’essere unico creatore dal nulla, l’agire costantemente su tutte le cose grandi e piccole dell’universo, il non esservi nulla di simile a lui, sono gli elementi fondamentali della teodicea coranica e quindi musulmana. Egli è il giudice supremo, che retribuirà gli uomini col paradiso o con l’inferno nella vita futura; i suoi rapporti con le sue creature sono quelli di un padrone verso i suoi schiavi, anche quando si parla di clemenza e perdono [non è Dio Padre, come nel Vecchio e nel Nuovo Testamento, il Padre severo ma misericordioso di tutti gli uomini ]. Invisibile agli uomini in questo mondo, egli sarà visibile ai beati nel paradiso, secondo la dottrina ortodossa, che si fonda sopra un fugacissimo passo coranico e che ad ogni modo non lo sviluppa fino a farne l’elemento precipuo della beatitudine celeste e quindi un parallelo alla visio beatifica del cattolicesimo”[21].

Il concetto musulmano di Dio mostra dunque quel volontarismo che provoca poi nella prassi di vita il fatalismo più radicale, anche se la nozione di un destino personale affidato al cieco Caso è ovviamente sconosciuta all’islam. “Volontà, onniscienza ed onnipotenza eterne significano che Dio ha conosciuto e voluto sin dall’eternità tutto ciò che è accaduto e accadrà nell’universo. Questa conoscenza, oltre che eterna, è attuale; Dio quindi conosce “i particolari” anche come e quando sono; perciò la provvidenza divina non abbandona mai il creato. Ma parecchi testi coranici implicano non soltanto un’assistenza generica, ma anche un continuo intervento diretto nel “creare le azioni umane”. Perciò la teologia ortodossa è concorde nell’affermare la creazione degli atti dell’uomo, salvo a proporre soluzioni alquanto divergenti per i problemi che ne derivano: la libertà o la predeterminazione delle azioni umane, l’esistenza o non esistenza del principio di causalità nell’universo”[22].

In conseguenza di questa impostazione, la teologia mussulmana speculativa (kalām), “preoccupata delle conseguenze eterodosse che potevano derivare alla teodicea dalla causalità aristotelica, volle eliminare quelle che la teologia cristiana chiama cause seconde, distinte dalla causa prima (Dio); affermò che il rapporto di causa ed effetto non ha nulla di necessario, poiché non è se non una sequenza di fatti la cui correlazione è voluta abitualmente da Dio, il quale potrebbe tuttavia sopprimerla in qualsiasi momento; e a meglio rappresentare la reale indipendenza reciproca di ciò che chiamiamo effetto e causa, combinò la distinzione aristotelica di sostanza ed accidente con una modificazione dell’atomistica greca prearistotelica, estendendo questa anche al tempo : la sostanza è l’atomo [che per gli antichi atomisti non può certo concepirsi come effettiva sostanza di qualcosa, nascendo secondo loro ogni cosa dall’incontro casuale degli atomi, vorticanti in un eterno clinamen o deviazione prodotta dai loro urti reciproci]; gli atomi associandosi o dissociandosi secondo il volere di Dio, formano o fanno cessare i corpi e durano quanto Dio vuole; invece gli accidenti durano soltanto un atomo di tempo, dopo il quale, per esistere, devono essere creati di nuovo da Dio. Il fuoco brucia non per una virtù sua propria, ma perché Dio abitualmente crea l’accidente della bruciatura, in ogni atomo di tempo, in corrispondenza con la sostanza atomica del fuoco. Quelle che noi diremmo leggi fisiche sono null’altro che una consuetudine di Dio, al quale soltanto spetta il nome di agente, di esercitante influenza”.

Dalle cose dette – prosegue Nallino – appare il motivo per cui la teologia musulmana tratta la teodicea in modo diverso da quello della teologia cristiana. Essa divide la “teodicea” in tre sezioni, riguardanti rispettivamente : l’essenza di Dio; i suoi attributi, “intesi nel modo che fu sopra esposto, e quindi includendo in questa parte la trattazione di quasi tutte quelle operazioni che la teologia cristiana chiama ad extra”; ed infine “azioni od operazioni di Dio, la quale sezione riguarda la predetta creazione degli atti umani, il problema se questi ultimi, considerati in astratto, siano classificabili in buoni o cattivi in base al nostro raziocinio (tesi mutazilita, eterodossa) o soltanto perché così Dio ha voluto (tesi ortodossa), e questioni accessorie”[23].

Già dai concetti fondamentali della teologia mussulmana, delineati con mano maestra da Nallino, si capisce immediatamente che l’idea di Dio che si ricava dal Corano, nonostante certe assonanze esteriori con il Dio del Vecchio e del Nuovo Testamento, è in realtà notevolmente diversa. E non solo perché essa rigetta come blasfemo il dogma della Santissima Trinità - rappresentato del resto in modo completamente distorto - negando quindi la natura del vero Dio che è quella di essere Uno e Trino, come ci ha dimostrato l’autentica Rivelazione. Non solo per questo, che è di fondamentale importanza, ma anche perché l’essere di Dio è concepito in modo tale, in relazione al creato e all’uomo, da non potersi applicare ad esso la categoria della razionalità, come si è detto. Se tutto ha la sua causa unicamente e continuamente nella volontà insondabile e onnipotente di Dio, la creazione viene ad esser sottoposta ad un libito divino indeterminato, perché potrebbe sempre rivolgersi contro se stesso, rovesciando senza motivo nel suo opposto l’ordine da esso stesso costituito. Quanti versetti coranici non si concludono con una frase del genere : “invero, il tuo Signore, mette in opera ciò che vuole” ossia fa ciò che vuole, e quindi anche il contrario di ciò che ha appena fatto?

Questa teologia, inoltre, non concepisce Dio come effettivo “Padre” di tutti gli uomini, che pur ha creato, ai quali non viene riconosciuto nessun libero arbitrio, quasi le loro azioni fossero regolate dallo stesso determinismo operante nella materia, dalla stessa assenza di cause seconde. Se non è “padre”, come fa ad essere veramente “clemente” e “misericordioso”? Un Dio che, in aggiunta, presenta aspetti contraddittori, perché è sì giusto e severissimo Giudice ma in modo unilaterale, dal momento che condanna alla dannazione eterna solo coloro che non appartengono alla comunità musulmana: per il musulmano che muoia senza essersi pentito dei suoi peccati ci sono sì le pene dell’inferno, ma solo per un certo tempo, che solo Allah conosce : comunque non sono eterne. Alla fine di esse, anche l’assassino morto senza pentirsi potrà godersi le sue huri, per l’eternità, se è di sesso maschile. Ma il vero Dio, come ci insegna san Paolo, non mostra “preferenze di persone”[24]. Quando deve condannare, giudica allo stesso modo il “giudeo” e il “greco”, poiché giudica secondo le vere intenzioni di ciascuno, non secondo l’appartenenza religiosa: “Tribolazione e angoscia sull’anima di ogni uomo che fa il male, prima sul giudeo e poi sul greco; gloria, onore e pace per chiunque fa il bene, prima sul giudeo e poi per il greco, poiché davanti a Dio non vi è preferenza di persone”.

Tornando ad Abramo, si capisce, alla luce di quanto visto, perché il concetto stesso di una Alleanza tra Dio e l’uomo sia del tutto impensabile e persino blasfemo per i mussulmani. Sarebbe, infatti, in contraddizione con l’assoluta alterità di Dio rispetto all’uomo, assolutezza che non può ammettere nemmeno una promessa fatta unilateralmente da Dio, per bontà verso la creatura. Allah non ci richiede la partecipazione nostra, con il nostro libero arbitrio, al suo disegno di salvezza. Non c’e’ in realtà nemmeno il concetto di un disegno o economia della salvezza, tutto appare predeterminato dall’eternità nel decreto imperscrutabile di Allah, dipendente esclusivamente dalla sua volontà, che crea la realtà in continuazione, in tutti i suoi aspetti. Gli appellativi di “clemente, misericordioso” dati ad Allah, non devono dunque trarre in inganno. “Misericordioso”, riferito alla divinità, è del resto pre-islamico, lo si è trovato scolpito sulle lapidi delle tombe[25]. Si tratta, comunque, di una “misericordia”, nota il P. Moussali, che è piuttosto benevolenza di un padrone assoluto nei confronti del suo servo. Essa non include il concetto di “amore per il prossimo” (e “per amor di Dio”), nozione del tutto sconosciuta all’islam, per il quale “il prossimo”(prochain) è in realtà “il vicino”(proche), determinato inizialmente dalla solidarietà tribale e poi dall’appartenenza alla comunità mussulmana, alla Ummah o comunità dei credenti in Allah, che avanza come una compatta falange contro tutto il resto del mondo, per conquistarlo.

Ben diverso è dunque lo Ibrahim coranico da quello autentico. Egli è presentato come il tipo del sottomesso a Dio (muslim) perché avrebbe professato un monoteismo puro o sincero (hanif), assoluto, rappresentato da una incondizionata sottomissione ad un Dio unico come quello che compare nel Corano: “Io, in verità, volgo il viso verso colui che ha creato i cieli e la terra, da hanif, e non sono politeista” (sura 6 o del gregge, 79).

Un Dio, quello del Corano, che si presenta in modo singolare anche perché loda continuamente se stesso. Dal Corano si ricavano i 99 nomi di Dio, diversi dei quali derivanti dai monoteismi ebraico e cristiano. Chi legge potrebbe credere che sia Maometto a lodare Dio. Ma non è così. Chi parla è sempre Dio. Molti versetti si concludono con le frasi: “in verità, Dio è onnipotente”; “Egli è saggio e potente”; “È immenso” etc. Queste illustrazioni sono di Dio a se stesso. Ma forse che Dio aveva bisogno di lodare se stesso nella Bibbia, per far impressione sull’uomo o convincerlo dei suoi insegnamenti? Perché tutto questo sfoggio di potenza ed onnipotenza, forse per terrorizzare l’uomo? O forse perché chi parlava così non poteva essere il vero Dio?

Questo Dio che si presenta in tal modo, non fa dunque patti con l’uomo. Egli è soprattutto “l’Eccelso”, “il Padrone”, “il Dominatore” (sura 49 o delle stanze interne, 23), del quale l’uomo è il servo, lo schiavo (abd). “Questa è la direzione di Dio, il quale guida così chi egli vuole fra i suoi servi; se però quelli gli associeranno altri dei, le loro opere saranno vane” (sura 6, cit., 88). E nella sura 53 o della stella: “56. Quale dunque dei benefizi del tuo Signore, o uomo, metterai in dubbio? 57. Questi [Maometto] è un ammonitore del genere degli ammonitori che lo precedettero. 58. Si approssima l’ o r a approssimantesi [Giudizio e resurrezione dei morti], né alcuno potrebbe rivelarla all’infuori di Dio. 59. Vi meraviglierete voi dunque di questa comunicazione? 60. E riderete voi, invece di piangere? 61. E vivrete voi oziosamente? 62. Adorate, invece, Dio e servitelo”.

Adorare, servire, esser sottomessi. Anche Nostro Signore ha detto che dobbiamo “servare mandata”, obbedire ai suoi comandamenti, ma con ben altro spirito, in un ben altro contesto, per chi ha orecchie per intendere, con una finalità che è quella della Redenzione nostra individuale, di noi uomini peccatori, concetto del tutto sconosciuto all’islamismo. Nel Corano, appare mai la compassione che la divina Misericordia prova per l’umana nostra fragilità, come p.e. in Mt 14, 14? Il fatto è che dal Corano si evince che Dio non ha creato l’uomo a sua “immagine e somiglianza” ma semplicemente come ha voluto, senza spiegare perché lo creava (al contrario del vero Dio che disse: “facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza”, Gn 1, 26 ss., svelando la ragion d’essere dell’uomo, e poi benedicendo l’uomo e la donna che aveva creato). Proprio perché non è concepito come “Padre”, il Dio del Corano può esser rappresentato come volontà assoluta ed imperscrutabile che può fare e disfare tutto a suo piacere, rovesciando l’ordine da lui stesso stabilito, basta lo voglia.

“Il concetto cristiano della posizione paterna di Dio, condivisa in parte dal Giudaismo, è percepito dai musulmani come un assurdo blasfemo, e tale rifiuto sembra essersi esteso all’immagine del sovrano visto come padre”[26]. Pensare Dio come “Padre” significherebbe per i maomettani incrinarne l’unicità assoluta. E pensare (aggiungo) che l’uomo possa esser stato creato a sua “immagine e somiglianza” significherebbe evidentemente offendere anche da questo lato l’unicità di Allah e divinizzare l’uomo.

L’Abramo coranico avrebbe creduto per primo, nella storia dell’umanità, ad una divinità di questo tipo, che, se si guarda attentamente, non corrisponde affatto al Dio dell’Antico Testamento, a Colui che ha chiamato Abramo alla vera fede, volendo stringere con lui il Patto dell’Antica Alleanza. Il fatto è che Maometto costruisce la figura di Abramo quale prototipo del “mussulmano” in modo da escludere Antico e Nuovo Testamento dalla vera Rivelazione. Dice infatti il Corano: “ O gente del Libro [ebrei e cristiani], perché disputate riguardo ad Abramo, mentre il Pentateuco e il Vangelo non sono stati fatti scendere se non dopo di lui? Non comprenderete dunque mai la verità? Abramo non era giudeo né cristiano: era bensì hanif e muslim e non era politeista” (3, 60-61). Abramo non era “giudeo”? No, non lo è mai stato! Non è stato il progenitore della fede degli ebrei e considerato “padre nella fede” anche dai cristiani? Quando mai. È stato invece il progenitore della fede dei mussulmani; di quelli che, come lui Maometto, professavano un culto “puro o sincero” (hanif) di perfetta e totale “sottomissione” (islam) al Dio unico. E questo perché il monoteismo “puro” (“monolatrico”, ha detto qualcuno) che egli attribuisce ad Abramo, uguale al suo, ebrei e cristiani l’avrebbero corrotto, divinizzando Esdra [sic] e “Gesù figlio di Maria”[sic] e occultando i preannunci della venuta di Maometto contenuti nei due Testamenti [sic]. Della colpa di aver ritenuto Gesù figlio di Dio i cristiani saranno giudicati nel Giudizio finale, e proprio da Gesù, uomo dotato di poteri straordinari, non morto in croce ma elevato presso Allah, da dove riapparirà per questa bisogna “su un minareto della grande moschea di Damasco: ucciderà l’Anticristo, darà pace al mondo, lo convertirà tutto all’islamismo e infine morirà”[27]. Inoltre, i cristiani venererebbero addirittura “Maria” quale terza persona della loro aborrita Trinità (che Maometto, il quale sembra aver avuto conoscenza di forme sempre eretiche di giudaismo e cristianesimo, confuse evidentemente con l’eresia del triteismo, praticata da qualche setta cristiana gnostica e nestoriana)[28]. In tal modo “la gente del libro” veniva, alla fine, messa artificiosamente sullo stesso piano dei pagani politeisti, pur concedendo ad essa di scegliere tra sottomissione (semischiavitù dei “protetti” o dhimmi, unico modo di conservare la propria religione) ed uccisione.

L’incitamento alla “guerra santa” (“sforzo sulla via di Allah”) contro gli infedeli, è la logica conseguenza dell’essersi l’islamismo concepito come quella religione che si dava il compito di restaurare il supposto vero monoteismo di quel perfetto “mussulmano” che sarebbe stato Abramo, facendo quindi valere “i diritti di Allah” contro il resto del mondo, miscredente e condannato per ciò stesso all’eterna dannazione. All’alba, dopo la sanguinosa battaglia notturna di Qadasiya (primavera AD 637), decisiva per il crollo dell’impero persiano, le donne e i bambini dei guerrieri beduini si disseminarono sul campo di battaglia, portando acqua ai loro uomini e uccidendo a bastonate e pugnalate o con altri metodi tutti i persiani ancora vivi, moribondi o feriti che fossero, tanto erano già stati destinati all’inferno da Allah[29].

Sappiamo che esiste anche un “sforzo sulla via di Allah” del tutto interiore, da intendersi come perfezionamento spirituale del mussulmano. Non è però enunciato nel Corano, deriva da un detto di Maometto. Reduce da una delle sue spedizioni militari, costui avrebbe detto un giorno: “E ora dal jihad minore torniamo al maggiore, dalla guerra contro i nemici esterni a quella contro il nemico che è in noi, le nostre stesse passioni”[30]. Tuttavia, questo “combattimento interiore” non si sostituisce affatto a quello esteriore contro gli infedeli né deve esser inteso come il vero concetto di “guerra santa”, che sarebbe allora puramente spirituale, contro se stessi. Lo si trova praticato sopra tutto dai mistici. Del pari, vanno respinti i tentativi di presentare la “guerra santa” come guerra puramente difensiva, poiché l’islamismo sarebbe al fondo una “religione di pace”, falsità ampiamente diffusa da tutta la propaganda mussulmana odierna rivolta agli Occidentali. Cito da un qualsiasi opuscolo illustrativo di circa trent’anni fa, ma potrebbe essere anche di oggi: “Jihad vuol dire sforzo al massimo delle proprie capacità. Una persona che si sforzi fisicamente o mentalmente o spenda il suo patrimonio sulla via di Allah è effettivamente impegnata nella Jihad. Nella terminologia della Shari’ah questa parola è usata sopra tutto per quella Guerra che è iniziata unicamente nel nome di Allah per autodifesa o contro coloro che perpetuano l’oppressione contro i seguaci dell’Islam. A tutti i mussulmani incombe il dovere dell’estremo sacrificio della vita in difesa della loro fede”[31].

5.4 L’incitamento alla “guerra santa”.

Ecco i famosi passi in proposito della sura 9 o del pentimento, medinense, a conclusione dei quali Allah incita alla “guerra santa” come dovere di tutti i mussulmani, da espletarsi in modo diretto o indiretto:
“ 28. O voi che credete, in verità, i politeisti sono una lordura; non si accostino quindi al sacro tempio, dopo questa loro annata [di carestia]; se temete l’indigenza Dio, se vorrà, vi arricchirà della sua grazia, poiché Dio è sapiente e saggio. 29. Combattete contro quelli che non credono in Dio, né nel giorno estremo [nel Giudizio], e non considerano proibito quel che proibisce Dio e il suo apostolo, e che non professano la religione della verità, ossia coloro ai quali è stato dato il Libro [ebrei e cristiani], finché non paghino la gizya [il tributo, diventando dhimmi o “protetti”] alla mano con umiliazione. 30. I giudei dicono: ‘Uzair [Esdra] è figlio di Dio’, e i cristiani dicono: ‘il Messia è figlio di Dio’; questo è ciò che essi dicono colle loro bocche, imitando i detti di coloro che prima di loro, non credettero; Dio li combatta, quanto vanno errati! 31. Essi hanno preso i loro dottori, loro monaci e il Messia, figlio di Maria, per loro signori, all’infuori di Dio, mentre non era stato ordinato loro se non di adorare un solo dio, oltre il quale non vi è altro dio; gloria a lui! egli è ben superiore a ciò che gli associano. 32. Essi vogliono estinguere la luce di Dio colle loro bocche, ma Dio non vuole se non rendere perfetta la sua luce, ancorché ciò dispiaccia ai miscredenti. 33. È lui che ha mandato il suo apostolo [Maometto] colla direzione e la religione della verità, per farla trionfare su ogni altra religione, anche dovesse ciò dispiacere ai politeisti. 34. O voi che credete, molti dottori e monaci consumano i beni altrui in cose vane e allontanano altri dalla via di Dio; quanto a coloro che tesoreggiano oro e argento e non lo spendono per la causa di Dio, annuncia ad essi un castigo doloroso. 35. Per il giorno, in cui quei loro tesori verranno arroventati nel fuoco della gehenna e verrà, con essi, impresso un marchio sulle loro fronti, sui loro fianchi e sui loro dorsi, e verrà detto loro: ‘ecco ciò che avete tesoreggiato per voi, guardate ciò che avete tesoreggiato!’”[…] 38. O voi che credete, che avete dunque che, allorquando vi fu detto: ‘uscite in campo, nella via di Dio!’, vi teneste pesantemente alla terra? Avete preferito la vita di questo mondo a quella futura; ma l’usufrutto della vita terrena non è se non una piccola cosa rispetto alla vita futura. 39. Se non uscirete in campo, Dio vi punirà con un castigo doloroso e vi sostituirà con un altro popolo; né voi potrete nuocergli minimamente, poiché Dio è onnipotente […] 41. Uscite in campo, armati leggermente e pesantemente, e combattete, colle vostre sostanze e con le vostre persone, nella via di Dio; ciò è meglio per voi, se lo sapeste!”
Molti versetti, nei 130 di questa lunga sura, sono dedicati ad incitare i riottosi (ce n’erano alquanti, sopra tutto fra i beduini), poco inclini a partecipare alle spedizioni del Profeta. Allora esse vengono giustificate, con le opportune “rivelazioni”, come “scendere in campo o sforzo sulla via di Dio” e corredate dell’articolata minaccia delle pene infernali per chi si fosse sottratto. Il linguaggio è quello tipico del Corano: cupo, tutto ordini, incitamenti, invettive e maledizioni, raramente attenuato da qualche immagine poetica, da esaltazioni e lodi di Allah e delle sue opere (la creazione) che però (cosa singolare) provengono sempre da Allah; linguaggio su cui incombe tremendo quasi in ogni sura il Giorno del Giudizio; in cui balena il sinistro clangore delle armi impugnate per uccidere gli infedeli o per mutilarli (“il Paradiso è all’ombra delle spade”, recita il celebre detto di Maometto); esaltante gli ultraterreni “castighi dolorosi” che la voce notturna preannuncia senza posa, indulgendo anche nelle loro descrizioni, quasi compiaciute[32]. Nelle sure che incitano alla guerra santa minacciando castighi ai recalcitranti e anche in quelle che promettono il paradiso a chi muore combattendo “sulla via di Dio” (per esempio, 47, 5-9), si sente sempre fiammeggiare l’avversione spinta sino all ’o d i o implacabile per chi non fa parte della “comunità dei credenti”: il non-mussulmano è come tale un nemico che deve esser umiliato e sottomesso o annientato fisicamente.

Qui la guerra santa (jihād) viene chiaramente posta come un obbligo collettivo di tutti i mussulmani. Questa parola, precisa Bausani, “significa letteralmente “sforzarsi” e si aggiunge, in genere, fī sabīlī ‘llāh, “sulla via di Dio” [come risulta dai testi sopra citati]. È un fatto che nel Corano le prescrizioni sul jihad mostrano una evoluzione cronologica da un’ampia tolleranza non violenta (50, 45; 109, 1-6) a una guerra puramente difensiva (22, 39-40), fino a prescrizioni molto più generali quali Cor. 9, 29”[33]. Le “prescrizioni” definite pudicamente “molto più generali” da Bausani (1921-1988), grande erudito, seguace della religione Bahai, un sincretismo nato in Persia nel XIX secolo, professante un monoteismo senza rivelazione che accetta la concezione maomettana del profetismo (un profeta per ogni nazione, per predicare un Dio unico) e mira (con mezzi pacifici) all’unità del genere umano, sono in realtà quelle feroci e violente da me appena richiamate. L’evoluzione nel modo di concepire la violenza da parte di Maometto, da un iniziale atteggiamento di tolleranza dell’esistenza delle altre religioni alla giustificazione del suo uso difensivo ed infine offensivo estremamente aggressivo, si spiegano, secondo gli studiosi occidentali, con l’evoluzione della sua personale concezione di profeta nazionale arabo, che, da semplice riformatore delle credenze e dei costumi della sua città natale, si era voluto trasformare in una sorta di messia arabo dominatore e conquistatore, giustificandosi, sul piano “teologico”, proprio con la sua personale reinterpretazione della figura dell’Abramo biblico.

5.5 L’islamismo “religione di Abramo”, nemica giurata della nostra.

Il Corano mette dunque Abramo in opposizione all’Antico e al Nuovo Testamento, affermando che non era “né giudeo né cristiano” e lo congiunge direttamente al Corano, il quale, contro i due Testamenti, testimonierebbe il vero monoteismo abramico, sì da permettere all’islam di autodefinirsi “religione di Abramo” (millat Ibrahim)! Come si fa allora a dire, oggi, che Abramo costituisce il modello della nostra fede come per i mussulmani, quando proprio i mussulmani negano nel modo più reciso che il monoteismo di Abramo sia a fondamento di quello ebraico e cristiano, e quindi della nostra fede? Come si fa a dirlo, per voler “dialogare” con i mussulmani, quando proprio i mussulmani lo negano? Non manca il fondamento stesso del dialogo? Ma perché l’Abramo del Corano è presentato in questo modo, ovviamente non corrispondente all’Abramo storico, che è quello della Bibbia? Perché la missione che Maometto si era attribuito (in modo evidente nella seconda fase della sua “predicazione”, quella medinense), consisteva, come si è detto, proprio nella restaurazione di un supposto puro monoteismo mussulmano attribuito ad Abramo, missione nazionale di un profeta arabo in lingua araba, che diventava in questo modo universale. La “rivelazione coranica”, così intesa, si poneva, infatti, come l’ultima, restauratrice e definitiva: essa abrogava tutte quelle precedenti, peraltro “falsificate”, e doveva esser accettata da tutta l’umanità, con le buone o le cattive.

L’interpretazione coranica della figura di Abramo costituisce un punto chiave dell’intero islamismo e permette di capire il rapporto di supremazia assoluta che esso ha preteso instaurare con le altre religioni rivelate. E poiché proprio sul monoteismo di Abramo si sono costruite da parte cattolica le idee sbagliate del “dialogo” con islam ed ebraismo, credo sia opportuno approfondire adeguatamente il punto, vale a dire illustrare in dettaglio la genesi dell’islamismo in modo da riuscire a comprendere come e perché Maometto sia arrivato a vedere proprio in Abramo il fondamento della sua “rivelazione”, antigiudaica e anticristiana, nella seconda e definitiva fase della sua “predicazione” o meglio della “missione” autoattribuitasi di “profeta” fondatore di uno Stato teocratico, inizialmente arabo.

In questa ricostruzione seguirò in particolare la sinossi della vita di Maometto elaborata in un testo rimasto inedito del già citato Carlo Alfonso Nallino (1872-1938), forse il più grande dei nostri arabisti ed islamologi, testo a mio avviso esemplare per chiarezza, lucidità, ampiezza di sintesi[34]. Senza conoscere la genesi dell’islamismo, è impossibile comprendere il vero spirito di quella religione e il significato messianico conquistatore che essa si attribuisce, in quanto unica vera erede del “monoteismo puro” di Abramo. Nallino si ispira espressamente all’interpretazione dell’olandese Hurgronje che nel 1880 scrisse in olandese un saggio fondamentale sul pellegrinaggio alla Mecca, nel quale modificò sensibilmente l’interpretazione dominante, opera peraltro di valentissimi studiosi, secondo la quale la svolta maomettana di Medina (il richiamarsi ad Abramo) fu dovuta sopra tutto al desiderio di raggiungere un compromesso con le influenti comunità ebraiche della città. Al contrario, Hurgronje dimostrò, scavando nelle sure medinesi e approfondendo il significato del pellegrinaggio alla Kaaba, che a Medina il Profeta, ora capo politico e militare, rielaborò quanto da lui proprio lì appreso su Abramo dagli ebrei locali, in modo da fare dell’islam l’unica e vera “religione di Abramo”, il monoteismo puro e assoluto, antagonista radicale degli altri due, ebraico e cristiano, che si poneva addirittura come rivelazione finale per tutta l’umanità. Nallino approfondisce sensibilmente la tesi dello studioso olandese grazie alle sue vastissime conoscenze in materia e alla sua raffinata sensibilità di interprete, capace, tra l’altro, di cogliere in modo impareggiabile il nesso tra diritto e religione, il cui fondamento è costituito sempre da ciò che ha fatto o ha detto Maometto[35].
Paolo Pasqualucci
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1. Per l’appunto in b., mi riferisco alla scoperta del frammento di Mc 6, 52-53 (7Q5) nelle Grotte di Qumran, non lontano da Gerusalemme, tra le pergamene e i papiri (quasi tutti in ebraico) ivi nascosti nel 68 AD dalla comunità ebraica (non cristiana) degli Esseni, in fuga di fronte ai Romani, che si stavano dispiegando per assediare Gerusalemme. Si tratta ovviamente di una copia, il che presuppone un’anteriorità di parecchi anni da parte dell’originale. Vedi: C. P. Thiede, Il più antico manoscritto dei Vangeli? Il frammento di Marco di Qumran e gli inizi della tradizione scritta del Nuovo Testamento, Rome, Biblical Institute Press, 1987, tr. it. dal tedesco di C. Carniti, pp. 62.
2. Mi riferisco alle fonti indicate in proposito sul blog “Chiesa e Postconcilio”, curato da Maria Guarini, durante un’ampia discussione sul tema: “Alcune idee per guardare oltre la crisi”, 23 luglio 2015. La tesi riportata è del teologo laico Vito Mancuso, secondo il quale il culto cattolico della Madonna sarebbe una “magnifica trovata d’immagine”.
3. Dichiarazione “Nostra Aetate” sulle relazione della Chiesa con le religioni non-cristiane, del 28 ottobre 1965, in I Documenti del Concilio Vaticano II. Costituzioni-Decreti-Dichiarazioni, Edizioni Paoline, 1980, pp. 573-578; p. 575. Per Lumen Gentium 16, op. cit., p. 80.
4. “Nostra Aetate”, cit., 3.2., ivi. Da notare che le feroci e sanguinosissime, plurisecolari guerre che abbiamo dovuto sostenere prima contro gli arabi e poi contro i turchi, per respingere i loro ripetuti assalti, vengono svilite a semplici “dissensi e inimicizie”.
5. Cardinal Bea, Le chemin de l’unité, Desclée, 1967, pp. 271-272.
6. Si veda l’ultimo capitolo del libro: L’oecuménisme et l’édification de l’unité de la famille humaine, op. cit., pp. 304-316. A p. 310 auspica “l’édification d’une humanité unie dans la liberté”, non l’edificazione di un’ umanità “unita in Cristo”. Per “libertà” intende, poco sopra, la reciproca “libertà religiosa”, naturalmente come intesa dal Concilio, che arieggia (osservo) l’astratto ideale laico-massonico della “tolleranza” fra tutte le religioni.
7. Tra gli ultimi episodi, la blasfema “danza cerimoniale” tenutasi nella Cattedrale di S. Lorenzo a Perugia, il 2 agosto 2015 (vedi: “Chiesa e Postconcilio” dell’8 agosto 2015).
8. Giovanni Paolo II parlò in francese. La frase riportata in italiano è traduzione letterale del testo originale. Vedi: AAS 78 (1985) pp. 95-105; p. 96. Sono pagine che si leggono con autentico dolore, come, del resto, tutta la “pastorale” ecumenica della Gerarchia attuale. A conclusione del suo discorso in Marocco, il Papa invocò Dio in rima, arrivando addirittura ad esclamare: “O Dieu, Tu es l’Unique. A Toi va notre adoration...” (op. cit., p. 104), invocandolo cioè in una maniera sostanzialmente identica a quella (notoriamente antitrinitaria) dei mussulmani. Giovanni Paolo II si recò anche a pregare nel 2001 nella Grande Moschea di Damasco, nella quale si troverebbe la tomba di san Giovanni Battista, preesistente (secondo la tradizione) in una chiesa cattolica ivi distrutta dal Califfo Al-Walid per costruire la moschea. Nella sua visita in Germania nel 1980 Woityla disse ai maomettani in Magonza: “Vivete secondo la vostra fede anche all’estero!”. Nella sua visita in Giordania, nel 2001, gridò alla folla: “Che S. Giovanni Battista protegga l’Islam!”. Il Battista (Yahyá) è onorato nel Corano, ma sempre nell’ambito della “cristologia” aprocrifa e corrotta di Maometto. (Sulle “aperture” di Woytila, vedi le critiche di: Heinz-Lothar Barth, Katholische Kirche und Islam, in ID., “Die Liebe Christi drängt uns”, Kirchliche Umschau ed., Ruppichteroth, 2005, 2a ed. rived. e corretta, pp. 262-269. Si tratta di una raccolta di articoli e brevi saggi “sulla crisi della Chiesa e sul suo superamento”).
9. Vedi la voce Abramo in Dizionario biblico, diretto da mons. Francesco Spadafora, Studium, Roma, 1963, 3a ed. rived. e ampliata.
10. Il Corano, nuova versione letterale italiana, con prefaz. e note critico-illustrative di Luigi Bonelli, 3a ediz. rived. aggiuntovi indice analitico, 1929, rist. anast. Hoepli, 1983. Nei versetti citati le parole in corsivo sono del traduttore. La migliore versione è oggi considerata quella del grande Bausani, dominatore di trenta lingue, fornita anche di un ricco e assai erudito apparato di note: Il Corano, introduzione, traduz. e commento di Alessandro Bausani, Sansoni, Firenze, 1978 (1a ediz., 1955). L’ho ovviamente tenuta presente anche se, a mio avviso, quella del Bonelli si fa preferire per la sua letteralità. Ho consultato anche: Il Corano, a cura di Martino Mario Moreno, UTET, Torino, 1967, fornita di una breve Introduzione e di utili note. Scrivo mussulmano con due esse, in modo aderente alla pronuncia effettiva in italiano. Nella translitterazione delle parole arabe ho seguito in prevalenza la versione approssimativa corrente negli organi d’informazione (p.e.: sura invece di sûrah, termine che indica ogni sezione o capitoletto dei 114 del Corano).
11. Carlo Alfonso Nallino, voce Corano, in Nuovo Digesto Italiano, IV, 1938, pp. 242-244, ora in: ID., Raccolta di scritti editi e inediti, vol. II: L’Islām. Dogmatica-Sufismo-Confraternite, Istituto per l’Oriente, 1940, pp. 75-81; p. 75.
12. Op. cit., ivi. Ricordo che in arabo al è l’articolo il, ahl significa gente, popolo, kitāb vuol dire libro. L’espressione nel testo suona letteralmente: “la gente il-libro” o “la gente la-scrittura”. Il P. Moussali (vedi infra) ha comunque fatto rilevare con forza quanto sia scorretta l’attribuzione a noi cristiani l’etichetta di “popolo del libro”, del testo scritto: noi adoriamo il Cristo, siamo “il popolo di Cristo” non del Nuovo Testamento, cioè di un testo scritto, da intendersi alla maniera dei maomettani. Lo adoriamo mediante la Tradizione e la Scrittura mantenute dall’insegnamento costante della Chiesa cattolica, tramite la mediazione degli Apostoli prima, della Chiesa poi, “mediazione” sconosciuta ai mussulmani, che non hanno clero e sacramenti, né un’autorità religiosa centrale, ma solo dottori della loro legge (esegeti, commentatori) e capi spirituali.
13. Op. cit., pp. 75-76. Nallino ricorda che per sètte eterodosse come quella degli sciiti il Corano è invece creato (ivi, p. 76). Per le sètte mussulmane sempre valido, per un inquadramento generale, mi sembra il cap. VII: Le sètte dell’Isl­àm nell’opera del P. Henri Lammens, L’Islàm. Credenze e istituzioni, 1926, tr. it. di Francesco Gabrieli, Laterza, Bari, 1948, pp. 121-152. “Consideriamo come sètte distinte i gruppi che nelle questioni stimate fondamentali dalla Sunna [consuetudine o tradizione comune] e dall’accordo dell’Igmà [opinione dei dotti, intesa come opinione della Comunità dei Credenti], si son separate dall’Islàm storico, quale si è costituito a partire dal IV secolo dell’ègira [X sec. d. C.]. Come per meglio affermare la loro autonomia, tutti questi gruppi si son data un’organizzazione indipendente dall’ortodossia sunnita. Non discussioni dottrinali come nel Cristianesimo, ma dissensi politici han dato origine agli scismi e alle eresie dell’Islàm” (op. cit., pp. 121-122). Gli Sciiti derivano il loro nome dalla parola shia, “partito”, che designava i partigiani di Alì, cugino del Profeta, (shiat Ali) nelle sanguinose lotte per la successione alla carica elettiva di Califfo (khalīfa: “vicario”, “successore”) o capo (politico) della Comunit­à dei Credenti, dopo la morte improvvisa di Maometto. In seguito apparvero le divergenze dottrinali, anche profonde (ivi, pp. 123-124).
14, Nallino, op. cit., pp. 76-77. Il padre Marracci, che nel 1698 ne fece finalmente una traduzione latina critica completa diceva: “est enim miscella et farrago innumerarum rerum” (citato da Alessandro Bausani, L’Islam, Garzanti, Milano, 1980, p. 163).
15. Nallino, op. cit., pp. 77.
16. Ivi, p. 78.
17. Ivi, pp. 78-79. Ricordo che le altre fonti islamiche sono: la sunnah, o consuetudine, consuetudine di Maometto dedotta dai hadith, detti e fatti del Profeta come risultano dalle tradizioni canoniche (escludendo le apocrife); il consenso o opinione concorde della comunità maomettana (iğmā῾) espresso in particolare da dottori e giurisperiti, intesi come suoi rappresentanti, in base al principio risultante da un detto di Maometto: “la mia comunità non si accorderà mai su un errore”; il ragionamento sui dati della tradizione, che nel caso della teologia si denomina “discorso” (kalām). Da tutto quest’insieme si ricava la l e g g e che regola il modo di vivere dei mussulmani, la sharia (“la via diritta”, “la via battuta”). Essa disciplina tutta l’attività umana (vedi: Nallino, voce Islamismo, in Enciclopedia Italiana, vol. XIX, 1933, pp. 603-614; ora in : ID., Raccolta di scritti editi e inediti, vol. II, cit., pp. 1-44, passim e Bausani, op. cit., p. 13 ss.; p. 37 ss.).
18. Sure citate in Carlo Alfonso Nallino, voce Islamismo, cit., p. 13. Sul punto vedi anche la nota n. 2 a p. 15 della traduzione di Bonelli. I versetti ritenuti abrogati dalla dottrina sarebbero 225.
19. I ginn erano spiritelli sul tipo dei folletti, abitatori dei luoghi deserti, maschi e femmine che si accoppiavano tra di loro e con gli uomini. Si tratta di un imprestito dal paganesimo arabo.
20. I cristiani “amici”, hanno rilevato i commentatori, dovevano essere “preti” e “monaci” della piccola comunità cristiana di Medina, nella fase iniziale dell’insediamento di Maometto. Anche se non li cito ad ogni passaggio, per non appesantire il già denso testo, mi sono ampiamente servito di questi lavori del citato Padre Antoine Moussali, tutti reperibili in rete: Ce qu’un chrétien doit savoir sur l’Islam [vedi], pp. 6 ; Le christianisme face à l’Islam; L’Islam et nous – Unité-Unicité; La langue arabe-Israël & Ismaël, in: ‘Contrelittérature’, pp. 9; Le Dieu des fils d’Abraham, in : [vedi] pp. 7. Ho ugualmente utilizzato: Roger Arnaldez, Lettre de Roger Arnaldez, islamologue, au terme d’une vie d’étude de l’islam, in: [vedi], 5 pp.; e l’importante conferenza: L’Islam, une religion conquérante? del 31.1.1994, in: [vedi], pp. 11. Di questo fondamentale autore (1911-2006), citato da Benedetto XVI nel suo famoso discorso di Ratisbona, ho poi ampiamente utilizzato le sue due essenziali monografie: Jésus fils de Marie prophète de l’Islam, Desclée, Paris, 1980, pp. 254 e Gesù nel pensiero musulmano (1988), tr. it. di F. Caponi, Edizioni Paoline, Milano, 1990, pp. 211. Arnaldez mostra una completa padronanza non solo delle fonti coraniche ma anche dei commentatori mussulmani.
21. Carlo Alfonso Nallino, Voce Islamismo, cit., p. 15. Qui, come altrove in questo articolo, le parole che nelle citazioni appaiono in parentesi quadre sono mie, non appartengono al testo citato. Non esiste un’autentica Visione Beatifica nel paradiso musulmano, vi abbondano invece, come è noto, raffinate delizie intellettuali e sensuali, anche del tipo più carnale, quest’ultime riservate ai maschi. Sul tema, si veda l’eccellente studio del professore mussulmano libanese Soubhi El-Saleh, La vie future selon le Coran, Vrin, Paris, 1986, 2a ediz. A pag. 39 egli sottolinea come l’interpretazione puramente simbolica e allegorica di queste “delizie” sia (purtroppo) nettamente minoritaria nell’islamismo e considerata in sostanza eretica. I fedeli “si chiedono piuttosto quante huri ogni credente potrà onorare dei suoi favori ogni notte [della vita eterna]; quale gioia proverà nell’abbracciarsi alla sua huri su letti sopraelevati et similia”(vedi anche alla p. 131 della stessa opera). Il Corano abbonda di dettagli sulle “delizie” del Paradiso (arriva a dire che le huri avranno “grandi occhi” e “seni pieni” (sura 78 o della novella, 33 - op. cit., p. 17) ma della Visione Beatifica dice solamente: “Dio ha promesso ai credenti e alle credenti giardini, sotto i quali scorrono i fiumi e in cui rimarranno in eterno e abitazioni buone, nei giardini dell’Eden; però la soddisfazione di Dio è la maggior ricompensa; quella è la grande felicità” (sura 9 o del pentimento, 73), “Saranvi, in quel giorno, volti splendenti, Guardanti verso il loro Signore” (75 o della resurrezione, 22-23). Secondo l’esegesi tradizionalista, che integra il Corano con i detti di Maometto (hadith), Allah apparirà agli Eletti riuniti come in banchetto davanti a lui “come la luna piena” (op. cit., p. 43; p. 78). Per noi cattolici, è l’immagine di una visione singolarmente tenebrosa, soprattutto se riferita a Dio: la luce della luna piena è notturna luce riflessa che risplende nelle tenebre, senza però vincerle. L’edonistica raffinatezza e la ripugnante carnalità coniugate nelle supposte visioni del “paradiso” mussulmano, hanno sempre rappresentato per noi cattolici uno degli indizi più sicuri della natura diabolica dello “spirito” dal quale Maometto afferma di aver ricevuto la sua “rivelazione”.
22. Nallino, voce Islamismo, cit., p. 17.
23. Op. cit., pp. 17-18.
24. Nallino, op. cit., p. 25 : “secondo la dottrina ortodossa [...] i peccatori musulmani, invece, avranno un giorno perdonata da Dio la loro pena e saranno ammessi al paradiso”, cosa che non è prevista per gli infedeli. Una dottrina come quella cattolica del battesimo di desiderio implicito, che contempla la possibilità della salvezza individuale per l’uomo buono e pio credente che non appartenga formalmente alla Chiesa cattolica, della quale ignora senza sua colpa la vera dottrina, e non muoia in peccato mortale, è del tutto inconcepibile per l’islamismo. La citazione di san Paolo viene da La Sacra Bibbia curata dalla CEI, Edizioni Paoline, 1963.
25. Sergio Noja, Maometto profeta dell’Islam, Oscar Mondadori, 1974, p. 122.
26. Bernard Lewis, Il linguaggio politico dell’Islam, tr. it. B. Amoretti Scarcia, Laterza, Bari, 1991, p. 21.
27. Nallino, voce Islamismo, cit., in ID., Raccolta di scritti editi e inediti, vol. II, cit., p. 24.
28. In Arabia, a quel tempo, c’era una setta cristiana eretica “che professava una forma di triteismo. Tale era la dottrina di Giovanni Asquthnages di Apamea, che faceva capo alla scuola teologica di Edessa [di tendenza nestoriana], la quale sosteneva che vi sono tre nature divine, tre sostanze divine, tre divinità. Anche la sconcertante dottrina secondo cui Maria sarebbe una delle persone della Trinità (o, se si preferisce, di una Triade divina) aveva trovato aderenti in certe sette cristiane [gnostiche e quindi cristiane per modo di dire]. Sin dal II secolo gli Ofiti identificavano lo Spirito Santo con la Donna primordiale, la Madre dei viventi, che avrebbe generato il Messia; il cosiddetto Vangelo degli Ebioniti, noto negli ambienti degli Ebioniti – cristiani giudaizzanti influenzati dallo gnosticismo – vedeva nella madre di Gesù lo Spirito Santo” (Italo Sordi, Che cosa ha veramente detto Maometto, Ubaldini, Roma, 1970, p. 133).
29. Sir John Bagot Glubb, Le grandi conquiste arabe, tr. it. di R. Lotteri, Aldo Martello, Milano, 1963, p. 270. Il tenente generale Sir J. B. Glubb, meglio noto come Glubb pascià, fu il fondatore della celebre “Legione Araba”, composta da beduini della monarchia hascemita di Giordania, e si convertì all’islam. Il suo testo è un classico in materia.
30. Citato in Noja, op. cit., p. 227. Risulta dalle fonti che Maometto fosse personalmente onesto (da giovane era soprannominato amīn, il fidato), indifferente al denaro e generoso con i poveri. Condannò duramente l’usura, assai diffusa nel suo ambiente. Sul piano della sensualità e della lussuria (ammise lui stesso la sua grande passione per “donne e profumi”) ebbe tuttavia pochi freni: si concesse dieci mogli, ventritre concubine, un numero imprecisato di schiave. Non riuscì mai ad avere eredi maschi, solo femmine. Le tradizioni popolari mussulmane favoleggiano oltre ogni dire sulla sua potenza sessuale (cfr. Noja, op. cit., p. 98; p. 259).
31. Islam. An Introduction, Educational Press, Karachi, s.d. (ma 1989), p. 18. Ossia il dovere della jihad.
32. P.e. la sura 14 o di Abramo, su cui sia la pace!: “43. Non pensare che Dio sia noncurante di ciò che fanno gli iniqui; egli accorda loro, solo, una dilazione fino a un giorno stabilito, in cui gli sguardi rimarranno immobili per il terrore; 44. Essi accorreranno in fretta, con la testa alzata, con lo sguardo che non ritornerà ad essi [fisso per il terrore] e col cuore vuoto [insensibile per il terrore]; avverti dunque gli uomini del giorno in cui sopravverrà ad essi il castigo […] 49. Un giorno la terra verrà cambiata con altra terra e i cieli pure; e gli uomini compariranno davanti a Dio, l’unico, il vittorioso. 50. E tu vedrai, in quel giorno, i malvagi stretti assieme nei ceppi; 51. Le loro tuniche saranno di catrame ed il fuoco avvolgerà i loro volti, affinché Dio retribuisca ogni anima, secondo quanto essa avrà fatto; certamente Dio è sollecito nel computo”. Ricordo che nei passi coranici le parentesi quadre sono del traduttore.
33. Alessandro Bausani, L’Islam, cit., p. 62. Per la colpa di aver divinizzato Esdra e Gesù ebrei e cristiani sono equiparati ai “politeisti” e quindi anche contro di loro è legittima la “guerra santa”. È quasi superfluo rilevare che nessuna fonte ebraica ortodossa o talmudica menziona una “divinizzazione” di Esdra.
34. Carlo Alfonso Nallino, Vita di Maometto. Edizione postuma di due letture preparate per la stampa nel 1916, Istituto per l’Oriente, Roma, 1946, pp. 38. Lettura I: Maometto alla Mecca e gl’inizi della sua missione religiosa, pp. 1-18; Lettura II: Maometto a Medina: l’evoluzione del suo pensiero religioso e gl’inizi dell’Islām come organismo politico. Per non appesantire troppo il testo, citerò senza fare ogni volta una nota di richiamo. Un’ampia ed approfondita ricostruzione dell’ambiente e della vita di Maometto si trova in Noja, Maometto profeta dell’Islam, cit. Il libro del prof. Noja, nonostante a volte cerchi di smussare certi angoli (come del resto fa Bausani), è tuttavia importante anche per l’ampia messe di documenti che traduce, sopra tutto testi poetici, svolgendo i poeti all’epoca anche la funzione di banditori e cantori di fatti ed eventi. Gli antichi arabi avevano grande passione per la poesia, che manifestavano anche in pubbliche recitazioni, in gare poetiche.
35, La tesi inaugurata da Christiaan Snouck Hurgronje, Il pellegrinaggio alla Mecca, tr. it. di G. Scattone, Einaudi, Torino, 1989, spec. pp. 22-35, è oggi comunemente accettata dagli studiosi occidentali. Vedi p.e. Marshall G.G. Hodgson, The Venture of Islam. Vol. 1: The Classical Age of Islam, The University of Chicago Press, Chicago and London, 1974, pp. 176-180; Noja, Maometto profeta dell’Islam, cit., capp. X-XII, p. 146 ss. In questi autori, pur ragguardevoli,

23 commenti:

hr ha detto...

http://www.lastampa.it/2015/09/10/blogs/san-pietro-e-dintorni/s-arabia-censura-il-papa-VXfYDzKuB7Z2V2BzLPP8HP/pagina.html

Luís Luiz ha detto...

Il Vaticano è oggi ancora migliore di Las Vegas per chi vuole finire col proprio matrimonio. A Vegas si arriva sposato e si esce divorziato. In Vaticano, si arriva sposato e si esce celibe.

Caterina63 ha detto...

Mi riferisco al link portato hr sopra sulla censura in Arabia Saudita:
confesso che del National Geographic leggo molto criticamente dal momento che essi stessi sono anticristiani, anticattolici, e fino a Benedetto XVI pure antipapisti ^__^ perciò, questo loro amore per Papa Francesco è alquanto sospetto o con sospetto va letto....
Infatti ho letto il famoso articolo di cui si parla ed è chiaro l'intento di CONFONDERE i lettori sul reale ruolo del Pontefice separandolo nettamente dalla figura (nell'articolo osannata e quasi divinizzata) dell'uomo Bergoglio....
Si potrebbe così fare la battuta che i Musulmani dell'Arabia Saudita forse sono stati più scaltri di noi nel vietare, in fin dei conti, una lettura distorta della figura del Papa ^___^ ma ahimè, le loro intenzioni non sono così buone....

Ringrazio per l'articolo di Pasqualucci che raccoglie un insieme di chiarimenti volutamente oggi ignorati, io penso, a causa dell'aumentare della violenza in certe frange musulmane.... Ratzinger stesso chiariva nel 2000 che non è possibile associare il dialogo che abbiamo con gli Ebrei con il dialogo che si dovrebbe fare con i Musulmani e spiegava come l'interpretazione della Bibbia non avesse molto a che fare con il Corano e che di questo bisognava tenerne conto. Infatti da Pontefice Benedetto XVI hja usato con il mondo arabo il dialogo della ragione e non altro....

Stefano ha detto...

Grazie a Paolo Pasqualucci e a Mic per questa preziosa analisi. In attesa del promettente seguito.

Josh ha detto...

Ottimo e dettagliato prof. Pasqualucci!

In attesa delle prossime "puntate".....

Josh ha detto...

p.s. ogni tanto risegnalo il mio, molto più spicciolo, e per nulla sistematico, piccolo contributo

http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2014/12/la-questione-dell-unico-dio-delle.html

mic ha detto...

Grazie di averlo ricordato, Josh. Ho aggiunto il link nell'introduzione, è importante.

Josh ha detto...

Maria, troppo gentile.
Non penso d'aver scritto lì mica una gran cosa, solo ci sono alcuni punti a sottolineare l'alterità tra 2 diversissime concezioni di Dio: una è testata dalla storia, dal soprannaturale nella Risurrezione e anche sperimentabile nella vita trasformata del cristiano che vive in Grazia; davanti all'opera divino-umana in Cristo, l' "altra concezione" religiosa risulta del tutto arbitraria.

Juan Carlos S C ha detto...

vi ringrazio per tutte le pubblicazioni che contribuiscono ad ampliare lo sguardo. Un fraterno saluto dal Cile :)

Josh ha detto...

_The Effects of Recent Immigration in Germany

https://www.youtube.com/watch?v=anYi5cvsq9U




_Belgium to become an Islamic country by 2030 ?

https://www.youtube.com/watch?v=UQjL31sdtzo




T. ha detto...

Altro piccolo contributo in tema all'argomento trattato .
Una riflessione del Prof.Gianpaolo Barra gia' Direttore de Il Timone , noto periodico di apologetica cattolica .
https://vimeo.com/124901084

ettore ha detto...

Messaggio pontificio per il convegno ecumenico della comunità di Bose. Quella luce che porta il perdono
http://ilsismografo.blogspot.it/2015/09/italia-messaggio-pontificio-per-il.html
c'è anche il testo dell'intervento di Kasper: Il farmaco dell’unità

Questa è l'intervista di Bianchi a Repubblica:
http://www.monasterodibose.it/priore/articoli/articoli-su-quotidiani/9801-la-chiesa-del-futuro
segnalo questa passaggio:
D. I popoli sono in marcia e un’ibridazione, che la si voglia o no, dovrà avvenire, perché questa è la storia. Il che pone anche specifici problemi sociali come quello del ruolo della donna: l’islam impone il velo, ma non trovi che anche nella chiesa cristiana ci sia un ritardo?

R. «Si dice sbrigativamente che certi musulmani siano ancora nel medioevo. Ma il velo completo per le suore di clausura è stato abolito solo nel 1982. È molto recente la presa di coscienza della pari dignità della donna e dell’uomo nel cristianesimo, che non ha ancora nemmeno il linguaggio per esprimerla. La soggezione delle donne agli uomini è un retaggio scritturale nell’islam, ma è presente anche nelle nostre scritture: san Paolo afferma che le donne non devono assolutamente parlare nell’assemblea della chiesa e devono stare a capo coperto. Di nuovo, serve una rilettura storico-critica di tutti i libri sacri, per scorgerne l’intenzione e non le forme. Nella chiesa c’è buona volontà ma poi della donna si hanno immagini irreali: il modello di Maria, vergine e madre, che non può essere il riferimento per una promozione della donna nella chiesa; l’idea, insinuata per moda, che la Madonna sia più importante di San Pietro, idea insipiente come dire che la ruota in un carro è più importante del volano... Non siamo ancora capaci di prendere sul serio l’uguaglianza indubbia tra uomini e donne. Il cammino per la chiesa è ancora lunghissimo perché ovunque ci sia un esercizio di comando restano gli uomini, mentre le donne sono confinate al servizio umile».
Quanti chierici la pensano come questo "falso maestro"?

Anonimo ha detto...


L’Europa non è la terra di Belfagor è la civiltà che onora la donna: dea, madre o guerriera che sia.

Rr ha detto...

Giustamente il massone Bianchi da' interviste a Repubblica.
Cio che non e' giusto, ne' sano, è che il massone, pseudoteologo, pseudofilosofo, pseudoeticista, ma sicuro furbone di tre cotte, probabilmente ricco sfondato ( a quando una bell' ispezione a Bose della GdF?) sia invitato a parlare in seminari e parrocchie a propalare le sue enormi cazzate... Che è una parolaccia, ma è l' unico termine con cui definire ciò che dice.
E che Nostra Signora e S.Pietro lo illuminino, magari con uno Zot che ce ne liberi per sempre.
Rr

T. ha detto...

" Nella chiesa c’è buona volontà ma poi della donna si hanno immagini irreali: il modello di Maria, vergine e madre, che non può essere il riferimento per una promozione della donna nella chiesa; l’idea, insinuata per moda, che la Madonna sia più importante di San Pietro, idea insipiente come dire che la ruota in un carro è più importante del volano... Non siamo ancora capaci di prendere sul serio l’uguaglianza indubbia tra uomini e donne. Il cammino per la chiesa è ancora lunghissimo perché ovunque ci sia un esercizio di comando restano gli uomini, mentre le donne sono confinate al servizio umile»."

Ma Bianchi chi lo ha fatto entrare in Vaticano ? Kasper ? Perche' dall'apparente sodalizio e' da tanto che portano avanti questa deriva ! Anzi , addirittura sembra che sia lui quello che traina . Ahi capito ? La Madonna chi crede di essere ?Stolti , sciocchi , ignoranti , Ella non e' piu' di Pietro ! Data la parita' dei generi apertura a papesse e vescovesse !!
Mi piacerebbe assoldare un detective privato per un dettagliato curriculum vitae di ciascheduno di questi sentenziatori.

T. ha detto...



Tanto per ribadire : Questa e' la ennesima offesa alla Madre di Dio !

https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10207331908166372&set=gm.743539565750371&type=1&theater

PREGHIERA A S:GIUSEPPE di P.Leone XIII
A te o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione, ricorriamo e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.

Josh ha detto...

@ T,

non so se è proprio il detective che cercavi, comunque su Bianchi ci sono articoli e analisi affilate qui:

http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2014/11/chi-e-che-non-la-conta-giusta.html

http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2012/03/falsi-profeti-antonio-livi-su-enzo.html

http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2011/04/una-chiesa-affaticata-o-disorientata.html

e cfr. anche l'infinita diatriba:

http://blog.messainlatino.it/2012/04/speciale-falsi-profeti-mons-livi.html


l'impostazione di Livi nella "logica aletica" in teologia fa sì che tante immaginazioni ed evanescenze moderniste si sciolgano come neve al sole: ma per questo è stato immeritatamente contestato anche lui, pure su cose che sono le basi della fede e del catechismo da sempre. Così per dare l'idea del caos che impera oggi.

Josh ha detto...

@T

su kasper e dintorni:

http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2015/08/antonio-livi-il-fondo-inquietante-della.html

http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2014/09/pserafino-m-lanzetta-la-misericordia.html

http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2015/02/cardinali-che-invitano-leggere-lutero-e.html

http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2015/06/io-divorziato-contro-kasper-da-il.html

http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2015/07/testo-integrale-della-denuncia-di-mons.html

http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2014/10/sconfessione-teorema-kasper-ma.html

T. ha detto...

Tornando a Bianchi :
http://www.tempi.it/perdoni-il-disturbo-santita-ma-enzo-bianchi-e-cattolico#.VfWy-Z3tlHw

Egregio Direttore di Tempi , da quanto scrive , mi stupisce constatare che non conosce appieno il nominato in oggetto ne' le sue gesta . Qui sopra, per me e per lei c'e' un bell'aggiornamento !
Grazie Josh , mi scusi per il ritardo .

Egregio Direttore di tempi , per me e per lei , a Modena c'e' un Sacerdote Cattolico che e' informato dei fatti .

https://www.facebook.com/AmiciDellaTradizioneCattolicaForli/photos/a.554452004582275.87433956.544137242280418/1102893616404775/?type=1&theater

T. ha detto...


http://www.lanuovabq.it/it/articoli-enzo-bianchilumanista-ateo-getta-la-maschera-13816.htm
Signore , confondi i tuoi nemici .

Anonimo ha detto...

L’intervista apparsa su la Repubblica il 9 settembre scorso sarebbe ripetitiva e insignificante se non fosse anche il riassunto del vasto progetto politico-religioso di Enzo Bianchi ("La Chiesa del futuro", a cura di Silvia Ronchey, il cui testo è stato tolto dal sito del Monastero di Bose e di Repubblica, ndr). Il “piccolo riformatore” piemontese ha affisso le sue “tesi” alla porta, non di una chiesetta della Germania cinquecentesca ma di un quotidiano romano la cui sede è a pochi passi dalla basilica di San Pietro.

Tutto è chiaramente simbolico: il giornale che lo intervista proprio perché parli male del cristianesimo e bene dell’islam (le domande sembrano proprio redatte da chi deve rispondere) è lo stesso giornale dove il suo fondatore, Eugenio Scalfari, ha lodato papa Francesco per avergli dato ragione in tutto, e in particolare sul rifiuto di Dio come creatore del mondo e come autore della legge morale naturale. Erano altri tempi quando La Repubblica usciva con un articolo in prima pagina intitolato «Il Papa contro le donne» (si trattava di una delle reiterate condanne dell’aborto da parte di san Giovanni Paolo II). Quel papa era da criticare ferocemente, e con lui tutta la tradizione dogmatica e morale della Chiesa cattolica. Il papa attuale invece va elogiato perché – dice esplicitamente Scalfari e dice implicitamente anche Bianchi – ha iniziato un’opera di demolizione della Chiesa come depositaria della verità rivelata da Cristo, per trasformarla in uno dei tanti movimenti “spirituali” che contribuiscono al “nuovo ordine mondiale”, che mira all’annullamento delle differenze tra le religioni e ultimamente all’annullamento della religione stessa.

Perché questo progetto mondialista si presenta talvolta come espressione del più genuino senso religioso, ma i suoi presupposti sono sempre quelli dell’umanesimo ateo. Lo scrissi nel 2012 a proposito della riduzione che Bianchi fa di Cristo a semplice modello di umanità, e lo ho ripetuto a proposito della riduzione che il cardinale Kasper fa dell’Eucaristia a mero strumento rituale dell’identificazione dei fedeli nella comunità. Ora, nel cosiddetto monastero di Bose, Bianchi ha chiamato proprio il suo maestro Kasper a parlare dell’ecumenismo, inteso logicamente come attività politico-culturale con la quale la Chiesa cattolica dovrebbe dissolversi in un’indifferenziata religiosità umanistica. E alla vigilia del convegno, Bianchi illustra alla compiacente e compiaciuta giornalista di Repubblica i criteri fondamentali del suo progetto etico-politico, che passa dalla critica di ogni dottrina e di ogni prassi della Chiesa cattolica che non siano omologabili all’ecumenismo inteso come indifferentismo religioso.
....

T. ha detto...


Domanda : chi e' a capo della lobbY umanistico-atea ?
Sarebbe interessante scoprirlo . Comunque se Bianchi ora parla a briglie sciolte , si vede che si sente le spalle coperte !
E questo e' uno dei refoli del " fumo di satana "..

T. ha detto...

Chi paga ? Gli italiani sciampagnoni !
Aggiungi un posto a tavola , avanti , avanti c'e' posto...risorse illimitate !
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/immigrati-devastano-scuola-e-minacciano-genitori-bimbi-costr-1172143.html