Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

lunedì 15 ottobre 2018

La distruzione dei Monasteri femminili

Vedi precedente qui.

La distruzione dei Monasteri femminili è in atto. Fin da quando apparve la costituzione sulla vita contemplativa Vultum Dei quaerere del 29 giugno 2016, Corrispondenza Romana ha denunciato il programma di “sovietizzazione” dei Monasteri.

Ora un ulteriore passo è stato fatto dalla istruzione Cor Orans sulla vita contemplativa femminile, del 1 aprile 2018, che costituisce un’applicazione del precedente documento. Pochi, con l’eccezione del vaticanista Aldo Maria Valli, che ha dedicato tre articoli a questo tema sul suo blog, si sono resti conto della gravità del pericolo.

Va ricordato che la Chiesa ha sempre incoraggiato la vita contemplativa dei religiosi e delle religiose. La separazione dal mondo della vita religiosa costituisce uno stato di vita perfetta ed è necessaria al Corpo Mistico di Cristo come manifestazione della propria santità e come sorgente permanente di grazia.

Una delle caratteristiche principali delle comunità monastiche è stata la loro configurazione giuridica. Secondo la tradizione della Chiesa i monasteri femminili, sono sui juris, cioè case autonome e indipendenti in relazione al loro regime interno.

L’unica forma che esse hanno di dipendenza è quella dal vescovo o, in alcuni casi, dal superiore del ramo maschile del medesimo ordine. Tale configurazione riflette il proprium di ogni monastero, che è la separazione dalla società profana. Monaco vuol dire “solo”: solitudine, e preghiera sono i pilastri su cui vive ogni monastero.

Il regime di clausura significa però una separazione dal mondo, non dalla società che le monache sostengono con la loro preghiera e penitenza. Perciò Pio XII nella enciclica Sacra Virginitas del 25 marzo 1954, spiega che la rinunzia al mondo delle monache, protetta dalla clausura, non equivale ad una diserzione sociale, ma consente anzi un servizio più ampio prestato alla Chiesa e alla società.

Lo stesso Pio XII, con la Costituzione apostolica Sponsa Christi del 21 novembre 1950, previde la nascita di Federazioni di monasteri, come strumento per aiutare la vita di alcune comunità monastiche che, in seguito alla guerra, si erano trovate isolate e in difficoltà materiali. L’esperienza non si rivelò felice e avrebbe suggerito l’abbandono di queste strutture, che invece sotto il pontificato di papa Francesco si sono moltiplicate, assestando un colpo mortale ai monasteri femminili.

La nuova disciplina prevista dalla Cor Orans vuole sopprimere ogni forma di autonomia giuridica, per creare macro-comunità presentate come “strutture di comunione”. Nascono una serie di organismi burocratici e farraginosi, che l’Istruzione pontificia puntigliosamente elenca.

Abbiamo la Federazione di monasteri, perché «nella condivisione del medesimo carisma i monasteri federati superino l’isolamento e promuovano l’osservanza regolare e la vita contemplativa» (n. 7); l’Associazione dei monasteri, perché «nella condivisione del medesimo carisma, i monasteri associati collaborino tra loro» (n. 8); la Conferenza di monasteri, «al fine di promuovere la vita contemplativa e di favorire la collaborazione tra i monasteri in contesti geografici o linguistici particolari» (n. 9): la Confederazione, come una «struttura di collegamento tra Federazioni di monasteri per lo studio di temi relativi alla vita contemplativa in relazione al medesimo carisma, per dare indirizzo unitario ed un certo coordinamento all’attività delle singole Federazioni» (n. 10); la Commissione Internazionale, quale «organo centralizzato di servizio e di studio a beneficio delle monache di un medesimo Istituto, per lo studio di temi relativi alla vita contemplativa in relazione al medesimo carisma» (n. 11). Abbiamo infine la Congregazione monastica, che è una «struttura di governo tra più monasteri autonomi del medesimo Istituto, sotto l’autorità di una Presidente, che è Superiora maggiore e di un capitolo generale che nella Congregazione monastica è la massima autorità» (n. 12). Manca solo l’Assemblea Federale. Recita il n. 133: «La comunione che esiste tra i monasteri si rende visibile nella Assemblea federale, segno di unità nella carità che ha principalmente il compito di tutelare tra i monasteri federati il patrimonio carismatico dell’Istituto e promuovere un adeguato rinnovamento che ad esso si armonizzi, salvo il fatto che nessuna Federazione di monasteri di monache o Confederazione d federazioni rappresenta l’intero Istituto».

L’appartenenza a questi organismi burocratici è obbligatoria. Nelle disposizioni finali della Cor Orans si precisa che «quanto disposto nella Costituzione Apostolica Vultum Dei quaerere per tutti i monasteri circa l’obbligo di entrare in una Federazione di monasteri si applica anche ad altra struttura di comunione come l’Associazione di monasteri o la Conferenza di monasteri».

Con l’obbligo di appartenere a queste strutture i monasteri perdono, de facto anche se non de iure, la loro autonomia per confluire in una massa anonima di macro-comunità al cui interno si organizzano corsi di formazione, dibattiti, riunioni di aggiornamento, momenti di confronto che vedranno le suore entrare ed uscire dai monasteri per vivere in una situazione di perenne instabilità psicologica e materiale.

Ogni comunità è chiamata a elaborare un programma di formazione permanente sistematico ed integrale, che abbracci tutta l’esistenza della persona. Le suore hanno bisogno di questa «formazione permanente» per coltivare «la capacità spirituale, dottrinale e professionale, l’aggiornamento e la maturazione della contemplativa, in modo che possa svolgere in maniera sempre più adeguata il suo servizio al monastero, alla Chiesa e al mondo» (n. 236).

Ogni monaca «è incoraggiata ad assumere la responsabilità della propria crescita umana, cristiana e carismatica, attraverso il progetto di vita personale, il dialogo con le sorelle della comunità monastica e in particolare con la sua Superiora maggiore» (n. 237).

La responsabilità della formazione spetta alla Superiora Maggiore, «che promuove la formazione permanente della comunità mediante il Capitolo conventuale, i giorni di ritiro, gli esercizi spirituali annuali, la condivisione della parola di Dio, periodiche revisioni di vita, ricreazioni in comune, giornate di studio, dialogo personale con le sorelle, incontri fraterni» (n. 238).

Per assicurarle questa formazione, viene di fatto abolita la stessa clausura papale, perché è data licenza di entrare nel monastero anche a coloro le cui competenze sono necessarie per la formazione (n. 203), ovvero per creare il caos all’interno della comunità.

Le parole chiave sono «superare l’isolamento» (n. 7), la «fedeltà dinamica al proprio carisma» (n. 70), il «valore irrinunciabile della comunione» (n. 86). Dove questi elementi mancano, i monasteri possono essere soppressi. In quelli che sopravvivono, deve essere distrutta l’atmosfera di pace, raccoglimento e ordine che fino ad oggi vi ha regnato. Chi vive nei monasteri e chi aspira ad entrarvi è avvertito.

Un tempo le monache anelavano al riconoscimento canonico diocesano e poi a quello pontificio, come suprema garanzia della stabilità della loro vita in comune. Oggi chi aspira alla vita contemplativa e non vuole perdere la propria vocazione sarà meglio che si orienti verso la costituzione di associazioni religiose di fatto, indipendenti dall’autorità ecclesiastica, guardandosi bene dal richiedere quel riconoscimento canonico che segnerebbe la fine della propria vita spirituale.

(articolo di V. Rasponi originariamente pubblicato
il 10-10-2018 su Corrispondenza Romana;
nostre evidenziazioni)

18 commenti:

viandante ha detto...

Un tempo le monache anelavano al riconoscimento canonico diocesano e poi a quello pontificio, come suprema garanzia della stabilità della loro vita in comune. Oggi chi aspira alla vita contemplativa e non vuole perdere la propria vocazione sarà meglio che si orienti verso la costituzione di associazioni religiose di fatto, indipendenti dall’autorità ecclesiastica, guardandosi bene dal richiedere quel riconoscimento canonico che segnerebbe la fine della propria vita spirituale.

Ecco l'essenziale, secondo me.
In pratica l'iniziativa dei fedeli, singoli o associati in comunità, non può più contare su un'autorità cattolica evidentemente latente. Ma questo non vale solo per le suore, ma per tante altre attività o iniziative un tempo favorite o promosse dalla Chiesa.Pur con tutti i rischi che ciò comporta.

Anonimo ha detto...

"Pretendere di entrare nel cielo senza prima entrare in noi stessi per meglio conoscerci e considerare la nostra miseria, per vedere il molto che dobbiamo a Dio e il bisogno che abbiamo della sua misericordia, è una vera follia."
Santa Teresa di Gesù (d'Avila)

Anonimo ha detto...

“Nulla ti turbi, nulla ti spaventi. Tutto passa, solo Dio non cambia. La pazienza ottiene tutto. Chi ha Dio non manca di nulla: solo Dio basta! Il tuo desiderio sia vedere Dio, il tuo timore, perderlo, il tuo dolore, non possederlo, la tua gioia sia ciò che può portarti verso di lui e vivrai in una grande pace”.
(Santa Teresa d’Avila, 15 ottobre)

Anonimo ha detto...

Persécution des Petites Sœurs de Marie, Mère du Rédempteur
27 février 2018

Comme les Franciscaines de l’Immaculée…

Leur maison mère est à Saint-Aignan-sur-Roe, diocèse de Laval. Après avoir lancé le démantèlement de la Congrégation des Franciscaines de l’Immaculée Conception, voici que les autorités ecclésiastiques romaines s’en prennent à cette toute petite Congrégation française d’une quarantaine de religieuses, mais très vivante, les Petites Sœurs de Marie, Mère du Rédempteur. Jugées « trop classiques », pas assez dans le vent réformateur bergoglien, en un mot « rétrogrades » et ceci, grâce à l’initiative très paternelle de Mgr Thierry Scherrer, évêque de Laval.

Fondée dans le diocèse de Toulouse en 1949 par Mère Marie de la Croix (Maria Nault), l’Institut des Petites Sœurs de Marie Mère du Rédempteur a pour vocation de soutenir les prêtres, les paroisses mais aussi les familles. Ses couvents sont des lieux d’accueil spirituel pour de nombreux groupes paroissiaux ou retraitants. Insérées dans la vie des diocèses de Laval et de Toulouse où quatre Communautés sont implantées, cette quarantaine de religieuses contemplatives assurent notamment la vie de quatre Maisons de Retraite en Haute-Garonne et en Mayenne (Saint-Aignan-sur-Roe, Laval, Castelnau-d’Estretefonds, Largardelle-sur-Lèze). Par cet apostolat, l’Institut assure la protection et le respect de la fin de vie, en accompagnant chrétiennement les personnes âgées jusqu’à leur mort naturelle. Elles ont aussi le souci de soutenir et de former les familles à la doctrine catholique et à la vie spirituelle, grâce à une École de Prière regroupant une trentaine de familles avec de jeunes enfants, tout cela pour répondre aux menaces graves qui pèsent sur la famille et la personne en fin de vie.

A Laval, cette petite Congrégation a été érigée en 1989 en Institut de vie consacrée de droit diocésain par Mgr Billé. Elle est particulièrement appréciée, tant par les fidèles laïcs que par le clergé local, pour sa spiritualité traditionnelle, pour le rayonnement de ses œuvres apostoliques comme pour la qualité humaine et spirituelle de son accueil (trois religieuses ont servi à l’évêché durant 15 ans).

Mgr Thierry Scherrer, évêque de Laval depuis 2008, pourtant réputé être un “classique”, semble s’être bergoglianisé. Il supporte mal la présence du séminaire de la Communauté Saint-Martin, sur son diocèse, à Évron, et n’apprécie pas la manière trop traditionnelle des Petites Sœurs de vivre en esprit de réparation et de contemplation et s’est senti appelé à devenir leur “Refondateur”.

Le déclencheur ? L’habit religieux : au cours de son dernier chapitre général en 2012, la Congrégation quoique, ou parce que très insérée, comme on dit, a décidé de reprendre l’intégralité de l’habit avec le port de la guimpe, une pièce de toile amidonnée qui couvre la tête et encadre le visage des religieuses sans laisser voir aucun cheveu, élément très discret mais qui appuie le caractère religieux. Mgr Scherrer doit souffrir les soutanes de la communauté Saint-Martin, l’habit des religieux de Chémeré-le-Roi, et maintenant la guimpe des petite sœurs ! Et tous ces gens-là ont des donateurs, des vocations ! Il est parti en guerre contre elles, afin de les amener à la « raison » et à une « ouverture au monde », considérant leur vie religieuse était par trop sclérosée et éloignée de « l’esprit du Concile ». Il faut dire aussi que Mgr Scherrer est au bord de la banqueroute, comme bien des évêques. Il n’est pas impossible que, s’il met toute son énergie, jusqu’à épuisement, dans cette « crucifiante » cause, le patrimoine immobilier comme financier très consistant de cette Congrégation n’y soit pour quelque chose.

Anonimo ha detto...

Suite à une fusion de leurs Maisons de Retraite avec un autre établissement congréganiste de Mayenne, Mgr Scherrer s’est retrouvé membre de droit du conseil d’administration de l’association civile de gestion de ces EHPAD réunies. Peu connu, c’est le moins, pour ses compétences en la matière, il s’est tout de même imposé dans les décisions de gestion, sans écouter aucun conseil d’experts. Et mécontent qu’on lui résiste, il a diligenté une visite canonique, avec deux émissaire qui lui ont rendu – c’était le mandat – un rapport à charge pour le moins délirant. Bref, on les accuse de la rage, et pour les noyer, Mgr Scherrer a demandé le soutien de la Congrégation romaine pour les Instituts de Vie Consacrée du cardinal Joao Braz de Aviz, pendant que la Congrégation pour le Clergé du cardinal Stella s’occupe de la Communauté Saint-Martin. Ne s’agit-il pas de les sauver tous de dangereuses « dérives sectaires » ?

Aux grands maux, les grands remèdes de la Rome bergoglienne. La Congrégation a suspendu Conseil de la Congrégation et expédié la Supérieure Générale et la Maîtresse des Novices en exil dans de lointains monastères, pour une durée indéterminée, laissant le champ libre à trois commissaires apostoliques (des religieuses d’autres congrégations d’un esprit tout opposé), chargées d’exercer sur l’Institut décapité, « la bienveillance maternelle du dicastère romain », le tout en rappelant constamment les Petites Sœurs à « l’obéissance au Saint Père ».

En outre, la Commissaire principale a su conquérir l’appui de l’archevêque de Toulouse, le distingué Mgr Robert Le Gall, qui semblait jusque-là ignorer qu’il avait une communauté des petites sœurs dans son diocèse (fort apprécié d’un de ses prédécesseurs, Mgr André Collini, qui s’était retiré chez elles jusqu’à sa mort en 2003).

Voilà donc que les griefs des trois commissaires et des deux évêques s’accumulent : les religieuses veulent, coûte que coûte, rester fidèles au charisme de leur fondatrice ; elles mettent en avant une esprit de réparation pour servir l’Église et du sacerdoce ; elles ont gardé les traditions du coutumier légué par Mère Marie de la Croix, s’opposant à l’intrusion massive de la télévision et des moyens de communication dans leur clôture ; elles sont unies entre elles « de manière sectaire » ; elles veulent poursuivre librement la gestion financière de leur Institut et de leurs EHPAD. Et elles ont repris la guimpe ! « Vous rendez-vous compte, Éminence, elles portent la guimpe ! ».

Nul doute que la Congrégation du cardinal Braz de Aviz saura remettre au pas ces petites bonnes femmes. Sauf que ces religieuses ne l’entendent pas de cette oreille. Avec un courage peu commun, elles ont unanimement décidé de ne pas accueillir les commissaires apostoliques dans leurs murs, ont refusé de les laisser entrer, et ont saisi le Tribunal de la Signature Apostolique contre les mesures prises à leur encontre. Lutte du pot de terre contre le pot de fer ? À suivre…

E.P. ha detto...

Una massiccia iniezione di burocrazia: ecco cosa ci voleva per raddrizzare la "vita religiosa" già devastata dal Concilio Vaticano II. Per fortuna abbiamo un Bergoglio che ci capisce, e che ha messo la firma a questa nuova burocratizzazione, di modo che non compaiano più nella Chiesa incresciose donne come santa Teresa di Lisieux, personaggio imbarazzante per le conferenze dei superiori maggiori, per le federazioni di monasteri, per la crescita nel dialogo...

Anonimo ha detto...

"Non date le cose Sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci"

... Signore ho come l'impressione che allora presto potremo ritirarci silenziosi in un eremo... E con ogni probabilità anche in quel caso qualcuno avrà da ridire.

"Un cieco non ti ringrazierà se gli dai un cannocchiale"(Thomas Fuller) per questo i profeti sono sempre finiti in croce... il mondo non è dei furbi, il mondo purtroppo è dei ciechi... e la causa della cecità è l'immaturità di chi non ha mai imparato a ragionare se non per stereotipi, sull'onda delle convenzionali sensazioni emotive ed egoistiche.

Anonimo ha detto...


OT. « Non, Paul VI ne peut pas être saint. »

https://legrandreveil.wordpress.com/2018/10/14/non-paul-vi-ne-peut-pas-etre-saint/

« 3 papes saints de suite, du jamais vu. Ou plutôt, si : les 53 premiers papes furent tous saints, ceux des débuts de l’Eglise. Un peu comme si la nouvelle église issue du concile voulait l’imiter, preuve qu’il s’agit bien d’une rupture, d’un nouveau commencement, méritant d’être souligné par ces canonisations.

« L’Eglise nous dit donc sérieusement que de 1958 à 2005 sans quasiment discontinuer — mis à part les 33 jours de Jean-Paul Ier — soit tout de même 47 ans, nous n’avons eu que de saints papes, si saints qu’ils méritent d’être honorés et portés sur les autels.

« Pourtant, n’importe qui reconnaît, y compris dans l’Eglise issue du concile (que nous appelons conciliaire), que cette même période est caractérisée par une chute vertigineuse du nombre de fidèles pratiquants ainsi que des vocations, et d’une crise de la foi sans précédent.

« Question : comment l’Eglise peut-elle connaître de tels problèmes de fond tout en ayant à sa tête de saints hommes ? N’est-ce pas paradoxal, et même contradictoire ?

« Surtout qu’il s’agit là d’une crise spirituelle et non matérielle ; or justement l’Eglise a charge d’âmes. Reposons donc la question autrement : comment des saints peuvent-ils faire fuir les âmes, alors que la sainteté repose, en principe, sur leur capacité à les attirer auprès d’eux ?

« La réponse est simple, elle brûle les lèvres, et en même temps elle soulève une terrible question : Parce que ces papes ne sont pas saints.»

irina ha detto...

Se e quando Maria ce ne imporrà l'obbedienza, cominciamo una novena, g e n e r i c a, contro il male, rosario e litanie alle 6.30 del mattino. Eh?!

Anonimo ha detto...
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Anonimo ha detto...

Nella confusione del momento storico che stiamo vivendo, una cosa rimane chiara e assodata: il cattolico che si professa tale viene considerato di parte e, quindi, la sua opinione non è giudicata “oggettiva” e non viene “contata” tra le opinioni correnti. E il peggio è che tanti cattolici "svendono" la verità per essere accettati dal mondo.
http://www.lanuovabq.it/it/cattolici-senza-diritto-di-parola

Anonimo ha detto...

Non permettiamo mai che il nostro cuore si faccia schiavo di qualcuno, ma solo di Colui che lo acquistò con il Suo sangue.
S TERESA D'AVILA

https://www.facebook.com/photo.php?fbid=512720432536429&set=gm.1667421443362174&type=3&theater&ifg=1

Anonimo ha detto...

Per Mic
Potrebbe essere interessante tradurre questo
https://www.lifesitenews.com/opinion/youth-synod-bishops-belittle-homeschooling-are-parents-qualified

tralcio ha detto...

Al termine del giorno che il calendario dedica a S.ta Teresa d'Avila, vorrei condividere il consiglio di "entrare in noi, evitando di confrontarci con gli altri, ma imparando a farlo primariamente con noi stessi. La chiesa in uscita anela ad esistere negli altri, cercando di farsi notare e di accreditarsi piacendo o disturbando (facendo "casino"). e' un bisogno estetico, tipico di chi dipende dal giudizio altrui anche dicendo di non giudicare. E' unione economica e funzionale di individualità chiamate ad uniformarsi. La colla è data dal fare.
La Chiesa di chi entra nel proprio cuore, dove Dio attende di parlarci, è unione mistica di originalità che condividono uno stile che non mette uniformi, ma dove ognuno sta al suo posto, davanti a Dio, adorando Lui e con Lui solo al centro. La colla è nello stare e dall'essere.
Santa Teresa portò le sorelle a non preoccuparsi del giudizio e del riconoscimento altrui, ma a sapersi confrontare con quello che Dio sa dire originalmente a ogni cuore che Lo cerca. Che grande bellezza e che mistero nella sacralità di queste vite in cui nessuno sente il bisogno di andare a mettere il naso, a suon di carte bollate.

Marisa ha detto...

E' palese che papa Bergoglio non volesse e non voglia riformare il Vaticano e la Chiesa ma Gesù Cristo stesso in persona.
Quindi perché lui e i suoi seguaci non fondano, alla luce del sole, il movimento Riformatori di Cristo?

Anonimo ha detto...

Fuori tema ma di indubbio interesse e attualità: "Lo scisma d'Oriente", https://traditioliturgica.blogspot.com/2018/10/lo-scisma-doriente.html

Grazie per l'attenzione.

Anonimo ha detto...

16 OTTOBRE.
Rammentatevi, o figliole, che io sono nemico dei desideri inutili, non meno di quello che lo sia dei desideri pericolosi e cattivi, poiché, sebbene ciò che si desidera sia buono, nulladimeno il desiderio è sempre difettoso in riguardo a noi, specie allorquando è misto a soverchia sollecitudine, giacché Dio non esige questo bene, ma un altro nel quale vuole che ci esercitiamo (Padre Pio, Epist. III, p. 579).

irina ha detto...

Riusciranno le miti, umili suore a fare muro di preghiera contro il demonio che si presenta loro untuosamente umile e mite?

In nomine Patris, et Filii et Spiritus Sancti.
Sancte Michaël Archangele,
defende nos in proelio;
contra nequitiam et insidias diaboli esto praesidium.
Imperet illi Deus,
supplices deprecamur: tuque,
Princeps militiae caelestis,
Satanam aliosque spiritus malignos,
qui ad perditionem animarum pervagantur in mundo,
divina virtute in infernum detrude.
Amen.