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domenica 28 ottobre 2018

Card. Joseph Zen Ze-Kiun. Il papa non capisce la Cina. L'accordo (tuttora segreto) rappresenta un passo verso l'annientamento della vera Chiesa in Cina

Abbiamo parlato qui della distruzione da parte del governo cinese di due santuari dedicati alla Madonna, a poche settimane dalla conclusione dell’accordo (segreto) tra Cina e Vaticano sulla nomina dei vescovi. Il New York Times, il 24 ottobre, pubblica uno scritto del cardinale Joseph Zen Ze-kiun, vescovo emerito di Hong Kong, che riportiamo di seguito nella nostra traduzione.
Qui trovate l'indice degli articoli pubblicati sulla questione cinese.

Il mese scorso il Vaticano ha annunciato un accordo provvisorio con il governo cinese sulla nomina dei vescovi cattolici. I sostenitori dell’accordo affermano che, dopo una lunga divisione – tra una Chiesa clandestina fedele al papa e una chiesa ufficiale approvata dalle autorità cinesi –, finalmente esso promuove l'unità e che con esso il governo cinese ha riconosciuto per la prima volta l’autorità del papa. Di fatto, l’accordo è una tappa importante verso l’annientamento della Chiesa reale in Cina.
Conosco la Chiesa in Cina, conosco i comunisti e conosco la Santa Sede. Sono un cinese di Shanghai. Ho vissuto molti anni nella terraferma e molti anni a Hong Kong. Ho insegnato nei seminari di tutta la Cina – a Shanghai, Xian, Pechino, Wuhan, Shenyang – tra il 1989 e il 1996.

Papa Francesco, argentino, sembra non capire i comunisti. Ha un pontificato molto pastorale, e viene dal Sud America, dove storicamente i governi militari e i ricchi si sono riuniti per opprimere i poveri. E chi verrebbe allo scoperto per difendere i poveri? I comunisti. Forse anche alcuni gesuiti, e il governo li chiamerebbe comunisti gesuiti. Ѐ naturale che abbia simpatia per i comunisti perché per lui, sono i perseguitati. Non li conosce come persecutori una volta che siano al potere come i comunisti in Cina.

I rapporti tra la Santa Sede e Pechino sono stati interrotti negli anni Cinquanta. I cattolici e altri credenti furono arrestati e mandati nei campi di lavoro. Sono tornato in Cina nel 1974 durante la Rivoluzione culturale; la situazione era terribile oltre ogni immaginazione. Un’intera nazione sotto la schiavitù. Troppo facilmente si dimenticano queste cose. Dimentichiamo anche che non può mai esserci un accordo realmente buono con un regime totalitario.

La Cina si è aperta, sì, dagli anni ’80, ma ancor oggi tutto è sotto il controllo del partito comunista cinese. La chiesa ufficiale in Cina è controllata dalla cosiddetta associazione patriottica e dalla conferenza episcopale, entrambe sotto il dominio del partito.

Dal 1985 al 2002, il cardinale Jozef Tomko è stato prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, che sovrintende al lavoro missionario della Chiesa. Era uno slovacco, che comprendeva il comunismo, ed era saggio. La posizione del cardinale Tomko era che la Chiesa clandestina era l’unica Chiesa legittima in Cina, e che la Chiesa ufficiale era illegale. Ma capì anche che c’erano molte brave persone nella chiesa ufficiale. Come il vescovo di Xian, che per un certo periodo è stato vicepresidente della Conferenza episcopale. O il vescovo di Shanghai, Jin Luxian, gesuita e brillante linguista, internato negli anni Cinquanta.

All’epoca, la Santa Sede aveva una politica prudente attuata generosamente. Accettava un compromesso ragionevole, ma aveva un obiettivo finale.

Le cose sono cambiate nel 2002, col pensionamento del cardinale Tomko e la sua sotituzione da parte di un giovane italiano senza esperienza straniera che cominciò a legittimare i vescovi ufficiali cinesi troppo velocemente, troppo facilmente, creando l’impressione che da quel momento il Vaticano avrebbe automaticamente assecondato la selezione dei vescovi da parte di Pechino.

La speranza è tornata quando Joseph Ratzinger, un tedesco che aveva vissuto sia il nazismo che il comunismo, divenne papa Benedetto XVI. Egli nominò prefetto della congregazione per l’evangelizzazione il cardinale Ivan Dias, un indiano che ha trascorso del tempo in Africa occidentale e Corea del Sud, e che ha internazionalizzato il Vaticano. Istituì anche una commissione speciale per la Chiesa in Cina, della quale sono stato nominato membro.

Purtroppo, il cardinale Dias credeva nell’Ostpolitik e negli insegnamenti di un segretario di Stato degli anni Ottanta che era stato un sostenitore della distensione con i governi controllati dall’Unione Sovietica. E questa politica l'ha applicata  alla Cina.

Quando Benedetto ha inviato la sua famosa lettera alla Chiesa cinese nel 2007 [qui], che chiedeva la riconciliazione tra tutti i cattolici, è successo qualcosa di incredibile. La traduzione cinese è stata pubblicata con errori, di cui uno troppo importante per non essere voluto.  In un delicato passaggio su come i sacerdoti della clandestinità potessero accettare il riconoscimento da parte delle autorità cinesi senza necessariamente tradire la fede, è stato lasciato fuori un avvertimento critico su come “quasi sempre” le autorità cinesi abbiano imposto requisiti “contrari ai dettami” della coscienza dei cattolici.
Alcuni di noi hanno sollevato la questione e il testo è stato infine corretto sul sito web del Vaticano. Ma a quel punto, l’originale sbagliato aveva già avuto ampia diffusione in Cina, e alcuni vescovi presenti sul territorio cinese avevano compreso la lettera storica di Benedetto come un incoraggiamento ad unirsi alla chiesa autorizzata dallo Stato.

Oggi abbiamo Papa Francesco. Naturalmente ottimista riguardo al comunismo, dai cinici che lo circondano e che lo conoscono meglio, viene incoraggiato ad essere ottimista sui comunisti in Cina. 

La commissione per la Chiesa in Cina non si riunisce più, anche se non è stata sciolta. Quelli di noi che vengono dalla periferia, dalle prime linee, vengono emarginati.

Sono stato tra coloro che hanno applaudito la decisione, nel 1013, di Francesco di nominare segretario di Stato Pietro Parolin. Ma ora penso che il cardinale Parolin si preoccupa meno della Chiesa che del successo diplomatico. Il suo obiettivo finale è il ripristino delle relazioni formali tra il Vaticano e Pechino.

Francesco vuole andare in Cina – tutti i papi hanno voluto andare in Cina, a cominciare da Giovanni Paolo II. Ma cosa ha portato la visita di Francesco a Cuba nel 2015 alla Chiesa? Al popolo cubano? Quasi niente. E ha forse convertito i fratelli Castro?

I fedeli in Cina sono in sofferenza e ora sono sempre più sotto pressione. All’inizio di quest’anno, il governo ha inasprito le norme sulla pratica religiosa. I sacerdoti della Chiesa sotterranea sulla terraferma mi dicono che scoraggiano i parrocchiani dal venire a messa per evitare l’arresto.

Lo stesso Francesco ha detto che anche se il recente accordo – le cui condizioni sono tuttora segrete – prevede “un dialogo su eventuali candidati”, è il papa che “nomina” i vescovi. Ma a che cosa serve avere l’ultima parola quando la Cina avrà tutte le parole a sua disposizione? In teoria il papa potrebbe porre il veto alla nomina di qualsiasi vescovo che sembri indegno. Ma quante volte può farlo, davvero?

Poco dopo l’annuncio dell’accordo, due vescovi cinesi della Chiesa ufficiale sono stati inviati nella Città del Vaticano per il Sinodo, una riunione regolare di vescovi di tutto il mondo. Chi li ha selezionati? Entrambi sono noti per essere vicini al governo cinese.  Come ho già detto, la loro presenza all’assise è un insulto ai buoni vescovi cinesi.

La loro presenza solleva anche la dolorosa questione se il Vaticano ora legittimerà i sette vescovi ufficiali che restano illegittimi. Il Papa ha già revocato la scomunica, aprendo la strada alla concessione formale delle diocesi.

La Chiesa ufficiale ha circa 70 vescovi; la Chiesa clandestina ne ha solo 30. Dicono le autorità cinesi: Lei riconosca i nostri sette e noi riconosceremo i suoi 30.  Sembra un buon compromesso. Ma i 30 allora potranno ancora funzionare come vescovi clandestini? Certo che no.
Verranno costretti a unirsi alla cosiddetta Conferenza episcopale. Saranno costretti a unirsi agli altri in quella gabbia per uccelli, e diventeranno una minoranza. L’accordo del Vaticano, siglato in nome dell’unificazione della Chiesa in Cina, significa l’annientamento della vera Chiesa in Cina.

Se fossi un disegnatore disegnerei il Santo Padre in ginocchio mentre offre le chiavi del Regno dei cieli al presidente Xi Jinping, dicendogli: “Riconoscimi come Papa“.

Eppure, ai vescovi e ai sacerdoti clandestini della Cina, posso solo dire questo: Per favore, non iniziate una rivoluzione. Vi portano via le vostre chiese? Non potete più officiare? Andate a casa, e pregate con la vostra famiglia. Arate la terra. Aspettate tempi migliori. Tornate alle catacombe. Il comunismo non è eterno.
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Non c'e' nessuno in grado di scoprire in che consista 'sto accordo ?

irina ha detto...

Distrugge unendo, perché non tiene conto delle realtà spirituali, non conoscendo lo spirituale, cioè le diverse realtà spirituali, quelle buone e quelle cattive, quelle angeliche e quelle demoniache.

Lui ha una visione grossolana dello spirito, che è molto più complesso del mondo materiale, ma anche per quel che riguarda il mondo materiale è grossolano.

Mi dispiace per la Cina e mi confermo che bisogna pregare seriamente per lei. Da questa gerarchia mi aspetto solo caos. Disordine. Follia.

Vorrei non sentir più parlare di questa banda criminale rintanata in vaticano, nelle canoniche, nei conventi. Ringrazino il buon Dio di essere ovunque mischiati a santi uomini.

Anonimo ha detto...

Mi sembrano le prove generali di ciò che avverrà in Europa se Dio, nella Sua infinita pietà delle miserie umane e per il grido di pochi, non interverrà.
La chiesa è sotto scacco, circondata se non occupata.

Giuseppe ha detto...

Povero cardinale Joseph Zen Ze-Kiun, quanto sei ingenuo, e quasi ottimista: il papa non capisce la Cina… Il biancovestito australe sarà anche becero e volgare, ma non stupido. La capisce eccome la Cina, e gli va giusto bene così. Siete voi che non gli andate bene, purtroppo.

Aloisius ha detto...

Un papa che non capisce il comunismo, nemico e antitesi del cristianesimo, non può fare il papa, non è un vero papa.
Il card. Zen, riferendosi a Bergoglio, spiega che il papa viene dalle ingiustizie dei dittatori militari sudamericani, per cui
".... Ѐ naturale che abbia simpatia per i comunisti perché per lui, sono i perseguitati. Non li conosce come persecutori una volta che siano al potere come i comunisti in Cina".

Una pezza che non copre, ma aumenta le gravi responsabilità di Bergoglio.
Riprendo il solito esempio:e' necessario che mi butti dal balcone del quinto piano per sapere che muoio?
E' necessario vivere nella Cina comunista per sapere cosa sono i regimi comunisti?
O per sapere che già a livello teorico il comunismo stesso, come ideologia, e' incompatibile e nemico giurato (come l'islam) del cristianesimo?

Come fa un papa cattolico, pur non essendo cinese, a vedere favorevolmente il comunismo e a fidarsi dei regimi totalitari comunisti, per il solo fatto di essere stati perseguitati dai crudeli regimi militari sudamericani?

Ovvio che chi vive sulla sua pelle l'oppressione ha una conoscenza diversa dalla nostra, ma a noi bastano le loro innumerevoli testimonianze e i fatti storici.
Dice bene Silente, nel suo intervento dell'altro articolo simile: c'è premeditazione in questa distruzione annunciata della vera Chiesa in Cina.

Anonimo ha detto...

Mentre in Vaticano si è celebrato, nei giorni scorsi, il vergognoso accordo (tuttora segreto) con i persecutori cinesi dei cristiani, il cardinale Zen, testimone e martire della vera Chiesa di Cristo scrive la verità.