Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

lunedì 5 dicembre 2011

"Magistero autentico": ossequio della volontà e dell'intelletto non adesione di fede


Il nostro Dante Pastorelli ha ripreso e commentato con le sue abituali chiarezza e competenza il seguente brano del "Giuramento di fedeltà" richiesto a norma di diritto canonico a coloro che assumono responsabilità nella Chiesa. Lo estraggo per dargli la visibilità che merita e condividere con chi si affaccia su queste pagine il miglior completamento della precedente riflessione. (L'immagine a lato ci mostra il rapporto speciale tra Maestro e allievo prediletto...)

Approfitto per inserire, in nota, il punto n.9 - sulla famosa "Nota praevia" citata da Dante - tratto dalla recente Supplica al Santo Padre Benedetto XVI, Sommo Pontefice, felicemente regnante, affinché voglia promuovere un approfondito esame del pastorale Concilio Ecumenico Vaticano II, che fa seguito a quella a suo tempo unita da Mons. Brunero Gherardini, al suo Libro Il Concilio Vaticano II. Un discorso da fare. Anche questo ci aiuta a completare e ad approfondire.


"Aderisco inoltre con religioso ossequio della volontà e dell'intelletto agli insegnamenti che il Romano Pontefice o il Collegio Episcopale propongono quando esercitano il loro magistero autentico, sebbene non intendano proclamarli con atto definitivo".
I documenti romani da un bel pezzo non brillan per chiarezza e precisione.

Qui i redattori pongon sullo stesso piano Papa e Collegio episcopale, senza darsi cura di specificare che il collegio episcopale in tanto può insegnare in quanto è riunito sotto Pietro, per cui il potere nella Chiesa è unico, quello di Pietro che può esercitarlo anche insieme ai vescovi. La "nota praevia", sia pure con cautela curiale, ha chiarito il vero significato di collegialità.

Quanto al Magistero "autentico", esso non richiede adesione di fede, ma ossequio della volontà e dell'intelletto. Quest'adesione è da parametrare sul contenuo di questo insegnamento e sulla sua corrispondenza al precedente Magistero infallibile.

Non si è fuori della Chiesa per l'esercizio legittimo della critica o espressione di perplessità nei riguardi di certe dottrine, specie se in materia puramente pastorale o su questo livello collocate. L'ossequio non è adesione totale e imprescindibile. E' doveroso per i cattolici avanzar richieste di chiarimenti che fughin le ombre, In mancanza, la coscienza guidata dalla retta ragione e la formazione ricevuta dal Magistero infallibile saranno il criterio per le nostre scelte.

La storia ci presenta pontefici e vescovi che erran nel loro magistero: come dottori privati, o con comportamenti, anche di resistenza alla Verità nella loro funzione pontificia e di omissione nel combatter l'eresia, ad es. Lo stesso può dirsi per il presente.

La Chiesa tuttavia resta "santa" perché il suo Capo è Cristo che ha promesso d'esser con noi sino alla fine dei secoli, è fondata sul sangue dei Martiri; ed è "santificatrice" perché sola essa può dare i mezzi di salvezza. E se a volte ci pare - a ragione - avvolta dal fumo di Satana, e se talvolta ci sembra allontanarsi dalla Tradizione, spesso più per equivocità di linguaggio che per sostanziale cambiamento di dottrina nella sua essenza, e per errori degli uomini di Chiesa, dubitare che in essa ci si possa salvare è negare la stessa possibilità di salvezza. Di Chiesa ce n'è una, e una sola.

Io in questa Chiesa, che pur nella sua gerarchia mi fa soffrire e mi pone laceranti domande, credo e resto. Certi guasti che lamentiamo se non oggi domani saran sanati.

Non esiste altra Chiesa senza Pietro, per quanto peccatore possa essere e per quanto ondivagante sia il suo Magistero. Io non lascio mai correre, se li noto, questi limiti. Sino ad ora non mi sembra che si sia stati costretti ad accettar come Magistero infallibile dottrine incerte, discutibili od anche senza riscontro nella Rivelazione e nella Tradizione.

Chi pensa che fuori "Roma" ci sia una vera Chiesa, sia coerente, specie se prete.
I cattolici non possono non sforzarsi nell'ambito del loro impegno e preparazione di far sentire la loro voce. Se non l'ascoltano i vertici umani, l'ascolta Nostro Signore. Senza dubbio alcuno.
Dante Pastorelli

Supplica al Santo Padre per il riesame del Vaticano II, n.9
[...]
9. Qual è il significato esatto del nuovo modo di intendere la collegialità? L’interpretazione che ne dà la Nota esplicativa previa posta in calce alla Lumen gentium (al fine di dirimere la controversia divampante in materia presso i Padri conciliari) come dobbiamo considerarla alla luce dell’insegnamento perenne della Chiesa? Ci riferiamo ai dubbi lucidamente esposti a suo tempo da Romano Amerio:
“La Nota praevia respinge della collegialità l’interpretazione classica, secondo la quale il soggetto della suprema potestà nella Chiesa è solo il Papa che la condivide, quando voglia, con l’universalità dei vescovi da lui chiamati a Concilio. La potestà somma è collegiale solo per comunicazione ad nutum [ad un cenno] del Papa. La Nota praevia respinge parimenti la dottrina neoterica [dei Novatori presenti in Concilio] secondo la quale il soggetto della suprema potestà nella Chiesa è il collegio unito col Papa e non senza il Papa che ne è il capo, ma in guisa tale che quando il Papa esercita, anche solo, la suprema potestà, la esercita in quanto capo appunto del collegio e quindi come rappresentante del collegio che egli ha l’obbligazione di consultare per esprimerne il senso. È la teorica improntata a quella dell’origine moltitudinaria [democratica] dell’autorità, difficilmente compatibile con la costituzione della Chiesa [che è gerarchica e di origine divina, non popolare]. Rifiutando l’una e l’altra di queste due teorie la Nota praevia tiene fermo che la potestà suprema è sì nel collegio dei vescovi unito al loro Capo [e questa è la gran novità], ma che il Capo può esercitarla indipendentemente dal Collegio, mentre il Collegio non può indipendentemente dal Capo [e questa sarebbe la concessione alla Tradizione]”.
Ed è esatto sostenere che l’attribuzione di poteri giuridici, quelli di un vero e proprio collegio, all’istituto della Conferenza Episcopale ha di fatto svilito e deformato la figura del vescovo? In effetti oggi i vescovi, uti singuli, non sembrano in pratica contare più niente, nella Chiesa (Vostra Santità ci perdoni la franchezza). Sul punto, ancora Amerio:
“La novità di maggior rilievo nella Chiesa postconciliare è di aver dato alla partecipazione di tutti i ceti della Chiesa organi giuridicamente definiti, quali il Sinodo permanente dei vescovi, le Conferenze episcopali, i Sinodi diocesani e nazionali, i Consigli pastorali e presbiterali e via dicendo [...] La costituzione delle Conferenze episcopali ha prodotto due effetti: ha difformato la struttura organica della Chiesa e ha generato l’esautorazione dei vescovi. I vescovi, secondo il diritto preconciliare, sono successori degli Apostoli e reggono ciascuno la propria diocesi con potestà ordinaria, nello spirituale e nel temporale, esercitandovi potestà legislativa, giudiziaria e coattiva (can. 329 e 335 CIC 1917). L’autorità era precisa, individuale e, tranne che nell’istituto del vicario generale, indelegabile (il vicario generale era d’altronde ad nutum del vescovo) [...] Il decreto Christus Dominus sull’ufficio pastorale dei vescovi attribuisce al corpo episcopale la collegialità, cioè “suprema e piena potestà sulla Chiesa universale” che sarebbe in tutto pari a quella del Pontefice Romano se potesse esercitarsi senza il consenso del Pontefice Romano. Questa suprema potestà fu sempre riconosciuta [solamente] all’assemblea dei vescovi adunati dal Papa in Concilio ecumenico. Ma si pone la questione se un’autorità che è messa in atto soltanto da un’istanza ad essa superiore si possa riguardare ancora come suprema e se non ricada in una mera virtualità e quasi in un ens rationis. Ma secondo la mente del Vaticano II l’esercizio della potestà vescovile in cui si concreta la collegialità è quello delle Conferenze episcopali.

Qui è singolare come il decreto Christus Dominus (al n. 37) trovi la ragione di questo nuovo istituto nella necessità per i vescovi di un medesimo paese di operare di conserva, e come non veda che questo vincolo di cooperazione ormai giuridicamente configurato altera l’ordinamento della Chiesa sostituendo al vescovo un corpo di vescovi e alla responsabilità personale una responsabilità collettiva, cioè una frazione di responsabilità […] Con l’istituzione delle Conferenze episcopali la Chiesa è ora un corpo policentrico […] La prima conseguenza del nuovo organamento è dunque un allentamento del vincolo di unità [con il Papa] che si è manifestato con ingenti dissensioni su punti gravissimi [ad esempio sulla dottrina dell’enciclica Humanae vitae, del 25.7.1968, che proibiva l’uso degli anticoncezionali]. La seconda conseguenza è l’esautorazione dei singoli vescovi come tali; essi non rispondono più né ai propri popoli né alla Santa Sede: alla responsabilità individua subentra infatti una responsabilità collegiale che, trovandosi nell’intero corpo, non si può collocare nei singoli componenti del corpo” (R. AMERIO, Iota Unum. Studio delle variazioni della Chiesa cattolica nel secolo XX, Ricciardi, Milano-Napoli, 1986, pp. 79-80 (§ 44). e - Ivi, pp. 441-444 (§ 232 e 233).

35 commenti:

don Camillo ha detto...

Bisogna innanzitutto capire cosa si intende per ossequio. Termine che è suscettibile, a mio avviso, a due tipi di interpretazioni (come al solito).

In senso più propriamente etimologico (obsequium) andare a seconda, compiacere, composto da
OB: innanzi, verso e
SEQUI: seguire, (propr.) compiacimento, condìscendenza.

In pratica sarebbe da intendersi come: Officio morale, col qual facciamo del nostro meglio, per rendere grati o piacere agli altri.

Ma in senso prettamente giuridico (il nostro ambito) la traduzione è unica: OBBEDIENZA!

DANTE PASTORELLI ha detto...

MIC, non mi far questi scherzi! Il mio è un commento tirato giù alla svelta e senza rilettura!
Certo esprimo il mio pensiero, ma un post dev'esser più curato.
Comunque grazie per la stima.

DANTE PASTORELLI ha detto...

Come i livelli di Magistero son diversi, così diversi sono i livelli di obbedienza.
E se la coscienza guidata dalla retta ragione, dalla Tradizione e dal Magistero straordinario e ordinario ininterrotto, in certe richieste di obbedienza a documenti non infallibili ci fa intravveder un pericolo, ognuno deve assumersi le sue responsabilità.
La mia coscienza mi fa intravveder equivoci, ambiguità, posizioni "inaudite" nella Nostra Aetate. Mi si dica, con Magistero vincolante, che senza la piena adesione a quel documento io sono fuori della Chiesa, perché si tratta di Verità di Fede.
Nessuno l'ha fatto e nessuno lo farà, perché non si poteva e non si può fare. Lo Spirito Santo per qualcosa ci sarà pure!

Anonimo ha detto...

grazie a tutti per aver riproposto il problema (tutto ancora da capire e spiegare ai piccoli fedeli) e grazie a don Camillo per aver precisato, al di là dei soliti equilibrismi verbali, il significato concreto delle parole.
Infatti stavo proprio per porre il solito quesito irrisolto: a che cosa , a quali e quante enunciazioni dovremo obbedire ?
chi spiegherà ai poveri fedeli delle parrocchie 8sempre più sbalorditi) questa distinzione, in TUTTI i singoli casi concreti in cui si esprime il Magistero, sia con discorsi che con iniziative del tipo Assisi ?
cioè: se uno vuol essere sempre cum Petro, come lo manifesterà questo essere CUM, nei vari eventi-Assisi-Erfurt-sinagoghe et similia ?
essere CUM, con ossequio di volontà ed intelletto senza fede, che vuol dire ?significaforse:
"Non ci credo, ma mi adeguo e faccio finta di credere che sia vero e giusto ciò che è stato detto o fatto; e di consseguenza mi adopero per DIRE a tutti che quella cosa che (dentro di me) non ritengo giusta la si debba ritenere tale" ?
cioè dovrò dare un giudizio di approvazione ESTERNO, pubblico, mentre interiormente dissento da quei singoli atti o discorsi ?
Ester

Anonimo ha detto...

(scusate i refusi, chiedo a Mic di cancellare il doppio post....)

grazie anche a D. Pastorelli per l'esempio chiarificatore.
Però....
vorrei esporre alcune forti perplessità.

Ester

DANTE PASTORELLI ha detto...

Comunismo ateo è la formula generalmente utilizzata per indicare la filosofia materialista e anticristiana e la conseguente concezione della società del marxismo. La scomunica investiva coloro che coscientemente aderivano ai partiti marxisti e ne propagandavano gli errori. La Chiesa mise in guardia i semplici aderenti o votanti il PCI, ad es., che nella loro ignoranza credevano nelle promesse di uguaglianza e pane e lavoro. I manifesti del decreto del S. Uffizio ben lo ricordo affisso in tutte le chiese e da tutti i preti sempre letto e ribadito.

DANTE PASTORELLI ha detto...

Per quanto riguarda Assisi mi son espresso già su questo blog: ho affermato che a mio avviso Assisi 3è l'Assisi più pericoloso e ne ho spiegato i motivi.

DANTE PASTORELLI ha detto...

Però certi atti non son da considerarsi magisteriali. Chi ci ha obbligato ad accettare, pena l'esclusione dalla comunione, gli eventi di Assisi? Ed anche i discorsi occasionali non son magistero, amenoché non ribadiscano un Magistero ordinario ininterrotto o pronunciamenti segnati dalla nota dell'infallibilità.
Capisco le tue perplessità, Ester, dinnanzi a tanti pericoli per la Fede: ne ho tante anch'io; ma facciamo le debite distinzioni e teniamoci stretti alle Verità definite.
Prima o poi la tenebra svanirà.

Anonimo ha detto...

Capisco le tue perplessità, Ester, dinnanzi a tanti pericoli per la Fede: ne ho tante anch'io; ma facciamo le debite distinzioni e teniamoci stretti alle Verità definite.

E, soprattutto, Cara Ester, come vedi continuiamo a parlarne per il bene di tutti, senza lasciarci tacitare da una malintesa obbedienza, così come l'abbiamo individuata nelle ultime riflessioni.

DANTE PASTORELLI ha detto...

Mi accorgo che ho postato qui un commnento sul comunismo ateo che avrei dovuto inserire nel post precedente.

Anonimo ha detto...

E' lo stesso, Dante, chi segue se ne rende conto... e comunque repetita iuvant!

Anonimo ha detto...

Che ne dite della "Supplica al Santo Padre" per un esame del Vaticano II, di cui ho messo il link nell'articolo?

Sono convinta che, come Gherardini ha constatato ne Il discorso mancato, non avrà seguito; tuttavia, è sempre una prova di come il coro di voci di consapevolezza si arricchisca sempre più.

DANTE PASTORELLI ha detto...

Nessun seguito. Neppure se fosse una tredicina. In caso contrario qualche avvisaglia di risposta alla supplica di don Brunero ci sarebbe stata. Invece s'è letto un banale e velenoso articolo di Inos Biffi sull'Osservatore Romano.
La risposta sarà implicita nella conclusione delle trattative con la S.PIO X.

Catholicus ha detto...

La risposta sarà implicita nella conclusione delle trattative con la S.PIO X.
-------------

ottima osservazione!

Anonimo ha detto...

Invece s'è letto un banale e velenoso articolo di Inos Biffi sull'Osservatore Romano.

Caro Dante,
mi aveva colpita come un pugno nello stomaco e ne avevo dibattuto qui.

Ogni tanto c'è il rinfocolarsi di tentativi di 'silenziamento' alla Tradizione perenne!

DANTE PASTORELLI ha detto...

I silenziatori prima o poi si scaricano.

Torno ora da S.Francesco Poverino dove ho organizzato due incontri spirituali per l'Avvento proponendo ai sacerdoti che si son resi disponibili gli argomenti degl'incontri sul tema: "Avvento, percorso di pentimento e speranza nell'attesa del Redentore".
Stasera mons. Paolo Ristori, arciprete del Duomo di Firenze, ha trattato: "Sullo scenario apocalittico del Vangelo della prima domenica d'Avvento rifulge la Vergine Immacolata".
Dopo la meditazione, preghiere, adorazione e benedizione Eucaristica.
Un pensiero sincero per tutti voi.

stefano ha detto...

@Dante & mic

E' vero, chi segue se ne rende conto. :)

Ho un dubbio: la scomunica in questione è - in teoria - ancora in essere oppure è stata, come dire..., 'ritrattata'?

DANTE PASTORELLI ha detto...

La scomunica ai vescovi consacrati da mons. Lefebvre è stata rimessa prima dell'inizio dei colloqui dottrinali.
Per quel che riguarda mons. Lefebvre, allora già defunto, è un mistero, che prima o poi dovrà pur esser chiarito.
I sacerdoti della S. Pio X - se non animati da spirito scismatico -erano e sono solo sospesi a divinis. I fedeli, se non apertamente scismatici, non sono oggetto di alcuna sanzione.

Si potrebbe discuter a lungo se la scomunica a Lefebvre sia valida o meno. Né è dato saper se, nella remissione della scomunica ai suoi successori, sia compreso anche lui, come, per mons. de Castro Mayer: ciò fu verbalmente assicurato dal card. Re a mons. Rifan, benché nel decreto di remissione non figuri il suo nome.
Brutti pasticciacci. Per es., agli scomunicati non dovrebbero esser dati conforti religiosi, ma la salma di mons. Lefebvre fu benedetta dal vescovo di Sion e dal nunzio a Berna.
Anche Savonarola fu scomunicato ed ora in San Marco c'è un suo monumento ed è aperta la causa di beatificazione. I domenicani, con il loro teologo di punta, ora defunto, P. Tito Centi, forse il maggior tomista del secolo scorso,
giudican nullo quel provvedimento pontificio.
Dinnanzi agli occhi di Dio tante cose umane son ben diverse.
E la storia, la storia della Chiesa, darà un giudizio più sereno e definitivo.

Anonimo ha detto...

cari amici, ecco ancora un esempio di quelle novità che pongono seri dilemmi circa l'essere o non essere cum Petro...
ho appena letto una notizia sconcertante, che mi amareggia non poco....perchè va nel senso di un lassismo pastorale che procede ormai senza freni, proprio quando invece sarebbe opportuno tornare a un po' di rigore, sia dottrinale che morale...
sul divieto della Comunione ai cattolici divorziati e risposati il Papa apre la possibilità di due eccezioni.
( "L'Osservatore Romano" del 30.11.2011)

pare che il papa intenda "aprire un varco al generale divieto della comunione ai divorziati risposati"?
ma sarà buona cosa aprire questo varco ? non siamo sempre al solito rischio che allargando una rete della maglia si finisca per sfilacciare tutto il tessuto, (e si tratta della Fede nella sacralità del Matrimonio e dell'Eucaristia, e anche della morale della coppia, del matrimonio e dell'educazione dei figli, anche) e che dilaghi il permissivismo, come fu per la concessione della Comunione sulla mano ?
vi consiglio di leggere su MIL il commento amareggiato di don Camillo.
(ma forse io sono pessimista, ditemi se è una novità da lodare e a approvare....dare o non dare il cosiddetto OSSEQUIO della volontà, anche se non è questione di Magistero?)
Ester

DANTE PASTORELLI ha detto...

Si tratta di un articolo del card. Ratzinger e soltanto di costui esprime le opinioni. L'OR pubblica anche documenti del Magistero al riguardo.
Ratzinger pone domande, il Papa dovrà dare, se lo riterrà opportuno, risposte. Mi sembran casi difficili da giudicar specie in astratto, trattandosi per di più di problemi di foro interno.
Ci sono state varie esortazioni alla Sacra Rota a stringer i freni delle dichiarazioni di nullità.
Infine ribadisco quel che ho spesso detto: l'ossequio dipende dal contenuto da ossequiare. Se il contenuto è chiaramente in contrasto col precedente magistero infallibile nessuno è tenuto al'ossequio dell'intelletto e della volontà se non per respingere una falsa ubbidienza.

don Camillo ha detto...

Ratzinger, ha cambiato l'atteggiamento della Chiesa sulle questioni morali, è un fatto! non ha il coraggio di farlo in modo ufficiale diremo "magisteriale" ma lascerà ai suoi posteri di ratificare la "prassi" da lui inaugurata. Così come fu per la riforma liturgica, si accusa G23 e soprattutto P6 dei cambiamenti quando in realtà tutto è incominciato con Pio XII.

Ciò che escogitò da giovane teologo introdurrà nella Chiesa da Papa romano e la prossima tappa sarà l'ordinazione presbiterale dei diaconi uxorati, questo era l'intenzione di P6 e lui fedele al suo predecessore sdoganerà con la scusa della scarsità di vocazioni e per uno stato di "necessità" non certo paragonabile allo "stato di necessità" che denunciato dalla FSSPX.

Anonimo ha detto...

Egregio Dante,
immaginate se Davide, al posto della fionda, avesse avuto uno stuzzicadenti, e il gigante Golia, al contrario, fosse stato alla guida di un autoblindo.
Ecco, quella e' la condizione di coloro, come me e Lei, che sono in grado di fare un DISTINGUO come quello del titolo, rispetto alla corrente.

Anonimo ha detto...

Fidarsi degli uomini di Chiesa?
Un vecchio prete povero,cieco, solo e malato, che, per mantenersi fedele alla Messa di SEMPRE ha subito da preti, vescovi, monaci, suore, bigotti e topi di sacrestia vari le persecuzioni più ignobili, (ma censure ecclesiastiche MAI. Quelle no. EMaRGINATO Sì, MA CENSURATO, DEO GRATIAS, ALMENO QUELLO NO) usa insegnare questa glossa al Credo:
CRedo in Dio, Padre Onnipotente,
negli uomini poco,
nelle donne ancor meno.
Nei preti
QUASI PER NIENTE!
Per la cronaca, aggiungo che, al prete di cui sopra, con il Motu Proprio, le cose hanno corso il rischio di andare ancora peggio. Il suo vescovo aveva dato del Motu Proprio un'interpretazione che non sta nè in cielo nè in terra. Ovvero aveva pensato che le Messa era in funzione del gruppo stabile. Intendendo per gruppo stabile, anche composto da persone che non diano segni di instabilità nervosa. I tipi collerici non sono soggetti adatti. Dato che il vecchio è seguito da poca gente, e non sempre la stessa (se poi iniziamo il capitolo stabllità nervosa esce fuori che ci sono anche dei collerici), gli era stato intimato di SMETTERE DI CELEBRARE ANCHE A CASA PROPRIA.

DANTE PASTORELLI ha detto...

Beato chi ha la sfera di cristallo o la prescienza divina.

Anonimo ha detto...

Beato chi ha la sfera di cristallo o la prescienza divina.
Amen.
Anche se non vedo un nesso chiaro con ciò che sta scritto negli interventi precedenti.

Anonimo ha detto...

La prima è il possibile ampliamento dei riconoscimenti canonici di nullità dei matrimoni celebrati "senza fede" da almeno uno dei coniugi, pur battezzato.
confutato alcuni anni fa, su "Sì, sì, no, no".

La seconda è il possibile ricorso a una decisione "in foro interno" di accedere alla comunione, da parte di un cattolico divorziato e risposato, qualora il mancato riconoscimento di nullità del suo precedente matrimonio (per effetto di una sentenza ritenuta erronea o per l'impossibilità di provarne la nullità in via processuale) contrasti con la sua ferma convinzione di coscienza che quel matrimonio era oggettivamente nullo.
La Chiesa ha sempre combattuto il soggettivismo.
Pertanto ha sempre spinto coloro che in coscienza reputavano di essersi sposati con un matrimonio nullo, a non considerarsi celibi, fino a sentenza pronunciata.

DANTE PASTORELLI ha detto...

Anche se non vedo un nesso chiaro con ciò che sta scritto negli interventi precedenti
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Leggere meglio qualche commento che già dà per scontate decisioni pontificie.

Quanto alla comunione per i risposati in casi eccezionali dovrà esser la S. Sede a prender una decisione. Successivamente, lette le motivazioni, potremo, senza ritenerci infallibili, esprimere pareri e perplessità.
Non mi sembra che il Papa si sia pronunciato. Ragionar in astratto porta solo confusione.

DANTE PASTORELLI ha detto...

Su Disputationes Theologicae di ieri c'è un magistrale intervento di mons. Gherardini sul tema del magistero. Anche l'introduzione conferma le tesi qui da vari di noi sostenute.

Anonimo ha detto...

Il Papa va aiutato, la Chiesa va aiutata,
e se il modo migliore di aiutarli fosse proprio, per la FSSPX, restare dove già si è? Spero e prego che tutte le parti in causa ricevano dei segni tangibili ed inequivocabili di quaL'è la volontà di Dio al riguardo. Ed una volta ricevutili, li sappiano riconoscere, li vogliano riconoscere e si comportino docilmente ad essi.

DANTE PASTORELLI ha detto...

Quando troppo a lungo si resta staccati da Pietro, quali che siano le sue colpe reali e presunte, c'è sempre il rischio di finire per acquisir una mentalità settaria: è inutile nasconderselo. Niente vieta alla Fraternità di continuare la sua opera all'interno, visto che nessuna nuova verità viene imposta in modo infallibile e che i punti controversi del concilio possono esser sottoposti a discussione, senza spirito polemico.
Se dovrà soffrire per la causa, è um merito che si aggiunge a quelli che già ha.
Le condizioni oggi a me sembrano più propizie di quelle dell'88.
Il fatto che già nell' 88 si concedeva a mons. Lefebvre questo atteggiamento di discussione leale sui problemi dei documenti del concilio e delle riforme seguenti, significa riconoscere che problemi ci sono. E negli accordi con altri istituti Ecclesia Dei si ripetono le stesse aperture. Se poi non ne hanno saputo approfittare non è colpa del Papa.

Anonimo ha detto...

Quando troppo a lungo si resta staccati da Pietro, quali che siano le sue colpe reali e presunte, c'è sempre il rischio di finire per acquisir una mentalità settaria: è inutile nasconderselo.
Sono davvero sorpreso.
Quindi anche Lei crede che il "Distacco"della FSSPX, da Pietro sia stato reale e non solo invalido/apparente?

Anonimo ha detto...

Su Disputationes Theologicae di ieri c'è un magistrale intervento di mons. Gherardini sul tema del magistero. Anche l'introduzione conferma le tesi qui da vari di noi sostenute.

Caro Dante,
è il testo che mi aveva preannunciato giorni fa. L'ho appena pubblicato e potremo approfondire.
Domani, ora non posso, cercherò di trovare degli spunti. Nel frattempo, potresti cominciare anche tu :)

Anonimo ha detto...

Quindi anche Lei crede che il "Distacco"della FSSPX, da Pietro sia stato reale e non solo invalido/apparente?

Credo che il "distacco" prefigurato da Dante, sia più nell'ordine del disaccordo che in quello della frattura...

DANTE PASTORELLI ha detto...

Il distacco disiplinare è un fatto.
Il giudizio su di esso ognuno lo esprime secondo una sua particolare visione.
Il distacco disciplinare abitua ad una indipendenza che rende autocefale le congregazioni o le confessioni interessate.
Quando il distacco s'incancrenisce la ricomposizione è pressoché impossibile comunque estremamente difficile. E spesso sulla via del distacco disciplinare si può cadere nel distacco di comunione.
Finora, a mio avviso, non si può parlar di distacco di comunione, cioè di scisma: ma lo pavento.

DANTE PASTORELLI ha detto...

Il distacco disiplinare è un fatto.
Il giudizio su di esso ognuno lo esprime secondo una sua particolare visione.
Il distacco disciplinare abitua ad una indipendenza che rende autocefale le congregazioni o le confessioni interessate.
Quando il distacco s'incancrenisce la ricomposizione è pressoché impossibile comunque estremamente difficile. E spesso sulla via del distacco disciplinare si può cadere nel distacco di comunione.
Finora, a mio avviso, non si può parlar di distacco di comunione, cioè di scisma: ma lo pavento.