Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

venerdì 30 marzo 2018

L'onnipresente salvifico del Venerdì Santo

«La potenza creatrice di vita nella Parola è legata al sacrificio. La Parola è diventata carne per dare la vita che essa assume, per offrire se stessa e la creazione, redenta dalla sua stesa consegna al Creatore, come sacrificio di lode».
«Esiste una vocazione alla partecipazione delle sofferenze di Cristo e con ciò di collaborazione alla sua opera redentrice. Se siamo uniti al Signore formiamo le membra del mistico corpo in Lui:allora Cristo continua la sua vita e la sua sofferenza per mezzo di queste sue membra. La sofferenza, per inserirci nella grande opera di redenzione di Cristo e divenire feconda, deve essere vissuta in unione con Lui e da Lui essere assunta come sua. Questo è ciò che si propone fondamentalmente ogni vita religiosa: intercedere con la sofferenza volontaria e gioiosa in favore dei peccatori e così collaborare alla salvezza dell'umanità». (Edith Stein)
Ogni cristiano nel Signore diviene un onnipresente salvifico ottenendo con Lui e come Lui nell'oggi della storia la redenzione dei fratelli ovunque occorra un suo contributo. Perché nel Suo sangue Cristo celebra il sacrificio supremo della Croce come compimento del suo sacerdozio unico e irripetibile. Ma proprio questo estremo Sacrificio gli consente di celebrare la nuova ed eterna Pasqua che è alleanza indissolubile con la creazione stessa, con gli uomini e con il Padre. Sacrificio di lode e di ringraziamento, Sacrificio di espiazione propiziazione e santificazione. E questo mistero della fede si riattualizza in ogni Santa Messa.
« La partecipazione al sacrificio e alla cena scarificale rende ogni anima una pietra viva della città di Dio e ciascuna un tempio di Dio». (Edith Stein, La Preghiera della Chiesa)

12 commenti:

Anonimo ha detto...

En ce Vendredi-Saint, la dérive sataniste de Bergoglio :

https://www.maurizioblondet.it/santita-ci-scriva-lenciclica-finale/

Anonimo ha detto...


Il y a quelques mois, on avait évoqué sur ce blog le fait que Bergoglio ne s’agenouille JAMAIS devant le Saint-Sacrement.
Quelques esprits ingénus avaient avancé son grand âge et de possibles difficultés physiques.
Qu’ils soient rassurés, les dernières photos publiées par les agences le montrent : à 81 ans, Bergoglio s’agenouille sans problème devant les musulmans.
Alors pourquoi ne le fait-il pas devant Dieu ?
Parce que Dieu n'est pas catholique, il l'a dit.
Mais alors, si Dieu n'est pas catholique, quel est-il ?
Il me semble que poser la question c'est y répondre…

Anonimo ha detto...

Dalle...Lodi mattutine di
VENERDÌ SANTO 30 MARZO 2018
"Sola digna tu fuísti
ferre sæculi prétium,
atque portum præparáre
nauta mundo náufrago,
quem sacer cruor perúnxit,
fusus Agni córpore. "

mic ha detto...

En acétum, fel, arúndo, sputa, clavi, láncea;
mite corpus perforátur, sanguis, unda prófluit;
terra, pontus, astra, mundus quo lavántur flúmine!

Crux fidélis, inter omnes arbor una nóbilis!
Nulla talem silva profert flore, fronde, gérmine.
Dulce lignum, dulci clavo dulce pondus sústinens!

Flecte ramos, arbor alta, tensa laxa víscera,
et rigor lentéscat ille quem dedit natívitas,
ut supérni membra regis miti tendas stípite.

Sola digna tu fuísti ferre sæcli prétium,
atque portum præparáre nauta mundo náufrago,
quem sacer cruor perúnxit fusus Agni córpore.

Æqua Patri Filióque, ínclito Paráclito,
sempitérna sit beátæ Trinitáti glória,
cuius alma nos redémit atque servat grátia. Amen.


1. Ecco aceto, fiele, canna, sputi, chiodi, lancia; il corpo mansueto è perforato e ne scaturiscono sangue ed acqua; la cui corrente lava la terra, il mare, le stelle, il mondo!

2. Croce fedele, nobile albero, unico tra tutti! Nessun bosco ne offre uno simile per fiore, fogliame, germoglio. Dolce legno, dolce palo, che porti un dolce peso.

3. Piega i rami, alto albero, rilascia le [tue] fibre distese e si pieghi quella rigidità, che avesti dalla natura, per concedere alle membra del re celeste un tronco clemente.

4. Tu sola fosti degna di portare il riscatto del mondo e di preparare un porto al mondo, navigante naufrago, che il sangue sacro, effuso dal corpo dell’Agnello, ha unto.

5. Al Padre e al Figlio e all’illustre Paraclito, sia un’eguale e sempiterna gloria, alla Trinità beata , la cui grazia vivificante ci ha redento e ci preserva. Amen.

Anonimo ha detto...

Adoramus te, Christe, et benedícimus tibi,
quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.

viandante ha detto...

Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono. E uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti. Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, sentito il terremoto e visto quel che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: «Davvero costui era Figlio di Dio!» (Mt, 27,51-54)

Mi scuso anticipatamente se mi soffermo su un dettaglio poco spirituale, ma qualcuno saprebbe dirmi se vi sono riscontri in altri scrittori o Padri della Chiesa di questi morti che risuscitarono subito dopo la morte di Gesù? Grazie

Anonimo ha detto...

"Si legge l’inquietudine per le condanne a morte decretate dai terroristi e dall’indifferenza occidentale. Si avverte il batticuore per gli ultimi gesti di affetto in famiglia prima delle separazioni forzate. Si percepisce l’emozione per gli episodi di grande umanità e di altruismo. Si piange per le migliaia di vittime del conflitto. Ma poi c’è anche la “risurrezione”. I cristiani di Siria ne sono convinti. Qualche segno inizia a farsi largo a mo' di un raggio di luce nell’oscurità, come la riapertura dell’oratorio salesiano di Damasco, che accoglie 1.300 ragazzi, avvenuta la Domenica delle Palme dopo la sospensione delle attività a febbraio. In Terris ne ha parlato con don Mounir Hanachi, 34enne direttore del centro salesiano della parrocchia di San Giovanni Bosco, nella Capitale."
https://oraprosiria.blogspot.it/2018/03/la-via-crucis-dei-cristiani-in-siria.html

Anonimo ha detto...

Il venerdì santo, indicato nel messale come “feria VI in Parasceve”, è l’unico giorno a-liturgico dell’anno, perchè l’unico in cui non si celebra l’Eucarestia. Nei riti orientali tutte le ferie di Quaresime sono a-liturgiche e probabilmente questa doveva essere la prassi anche nella Chiesa antica, dove via via si sono inserite le ferie del mercoledì e del sabato e poi tutte le altre. Nel rito ambrosiano sono aneucaristici tutti i venerdì di Quaresima. La Chiesa sosta ogni venerdì santo attonita sotto la croce, dopo aver meditato i patimenti sofferti dal suo Signore e unendosi al dolore straziante della S. Vergine. Il colore liturgico è il nero, proprio del lutto, mentre nel rito moderno è il rosso. L’altare è totalmente spoglio di ogni ornamento. L’austera azione liturgica che la Chiesa celebra in questo giorno è composta da diverse parti, anticamente autonome e successivamente fuse in un’unica celebrazione

Cooperatores veritatis ha detto...

VENERDI’ SANTO
Rammenta Anima Devota:
Il Venerdì Santo è il giorno del gran lutto per la Chiesa. Gesù muore sulla Croce alla presenza dell’afflittissima Madre Maria, è deposto dalla Croce nel grembo di Lei, è portato alla sepoltura, è chiuso dentro il Sepolcro. La Santa Chiesa ricorda oggi i dolori del Redentore leggendo la Passio di san Giovanni; gli altari sono completamente spogliati, i sacerdoti e i ministri si scalzano e adorano e baciano la Croce; alla Croce si elevano meste melodie; non si celebra il Divino Ufficio, l’Ostia conservata Giovedì nell’Urna viene così consumata.
E’ il giorno del Testamento di Gesù morente: rivolto alla Madre dice “Ecco tuo figlio – e rivolto a Giovanni l’apostolo – Ecco la tua Madre ” e alla Madre nostra addolorata corriamo con affetto e con Lei vogliamo passare queste ore tristi ed oscure, con Lei vogliamo meditare e adorare la Santa Croce.
Oh Venerdì Santo! giorno del trionfo della Croce, giorno della mestizia, giorno del grande Sacerdote, giorno di Sangue, giorno in cui la promessa dell’Ultima Cena diventa realtà, ecco il Sacrificio perfetto: “questo è il mio corpo, questo è il mio sangue”, sono proprio io, dice ancora oggi Gesù, guardatemi, sono IO!
Venite, accorrete, Anime innamorate di Gesù....

Anonimo ha detto...

'Disceso agli inferi', un inciso quasi inavvertito del Credo apostolico: con noi nell'abisso dell'abbandono e della perdita. Per non lasciarci da soli nel buio.

"In quel “tempo-oltre-il-tempo” Gesù Cristo è “disceso agli inferi”. Che cosa significa questa espressione? Vuole dire che Dio, fattosi uomo, è arrivato fino al punto di entrare nella solitudine estrema e assoluta dell’uomo, dove non arriva alcun raggio d’amore, dove regna l’abbandono totale senza alcuna parola di conforto: “gli inferi”. Gesù Cristo, rimanendo nella morte, ha oltrepassato la porta di questa solitudine ultima per guidare anche noi ad oltrepassarla con Lui.

Tutti abbiamo sentito qualche volta una sensazione spaventosa di abbandono, e ciò che della morte ci fa più paura è proprio questo, come da bambini abbiamo paura di stare da soli nel buio e solo la presenza di una persona che ci ama ci può rassicurare. Ecco, proprio questo è accaduto nel Sabato Santo: nel regno della morte è risuonata la voce di Dio.

E’ successo l’impensabile: che cioè l’Amore è penetrato “negli inferi”: anche nel buio estremo della solitudine umana più assoluta noi possiamo ascoltare una voce che ci chiama e trovare una mano che ci prende e ci conduce fuori. L’essere umano vive per il fatto che è amato e può amare; e se anche nello spazio della morte è penetrato l’amore, allora anche là è arrivata la vita. Nell’ora dell’estrema solitudine non saremo mai soli: “Passio Christi. Passio hominis”.

(Benedetto XVI - dal "Discorso davanti alla Santa Sindone" - Torino 2 maggio 2010)

tralcio ha detto...

Il venerdì santo che Dio mi ha donato ieri. Come se fosse il primo, come se fosse l'ultimo.

E' il giorno in cui Gesù muore in croce, conseguenza dell'offerta di sé stesso in sacrificio, del sacerdozio e dell'istituzione dell'Eucaristia, esito del tradimento di Giuda e dell'odio di un potere religioso incapace di riconoscere il compiersi delle parole dei profeti e poi dell'atteggiamento di Pilato, del grido della folla che libera Barabba...

Un giorno così, potendoselo permettere, chiede almeno di prendersi un giorno di ferie. Forse tutto il resto non dipende da me (luoghi, preti, persone), ma questo almeno sì.
Il tempo, in gran parte, bisogna darselo per stare con Gesù, in silenzio o nei momenti liturgici comunitari.

Ho pregato con la Madre, pensando a che cosa provò. E spesso mi è capitato, di sostare con lo sguardo anche su San Giuseppe. Ho sparso attorno a me, con i miei, questi spunti.

Di tanti momenti, dalla coroncina della divina misericordia, alla via crucis serale molto partecipata per le strade della città, ne vorrei condividere uno con chi legge: la comunione, durante la Passio, con l'ostia consacrata (presantificata) durante la Santa Messa del giovedì santo.

Nei primi secoli cristiani quando non si celebrava la messa, si faceva la comunione con le specie consacrate la domenica precedente. Si iniziò a fare la comunione anche il venerdì santo come adorazione per il corpo consegnato per noi, con modalità pratiche anche complicate e difformi. Nella riforma della settimana santa voluta da Pio XII, tutto fu semplificato, eliminando tutto ciò che poteva ricondurre la liturgia del venerdì santo a una santa Messa e mantenendo la comunione, preceduta dalla recita del Padre Nostro, fruibile a tutto il popolo presente e in grazia e non al solo celebrante (Decr. Gen. sulla Settimana Santa n.47, Roma 1955).La riforma liturgica post-conciliare ha mantenuto questo impianto, salvo per chi, come il rito ambrosiano non lo prevedesse esplicitamente per sottolineare il digiuno e il lutto.

Ieri un bravo sacerdote mi ha aperto il cuore al senso di questa "comunione senza la Messa": l’eucarestia attualizza il mistero pasquale del Signore morto e risorto. E' lo stesso Signore, fattosi per noi sacramento il Giovedì santo, presente nel pane e vino consacrati, ad essere sul Golgota il Venerdì Santo e poi risorto. Non c'è differenza tra "cena" e "croce", la Santa Messa è tutto insieme questo eterno e divino sacrificio, al quale possiamo (dobbiamo) unire noi stessi, adorando Gesù e credendo.

C'è poco da recitare a soggetto, basta essere fedeli alle disposizioni del Culto Divino.
Il venerdì santo ieri è stato, anche pastoralmente, un eccezionale momento eucaristico, che sottolinea la Santa Messa come sacrificio e la presenza reale di Cristo nell'ostia consacrata senza protestantizzazioni e sociologie applicate, adoranti il mondo, usando la croce come scusa. Grazie a questo buon sacerdote (giovane), a maggior gloria di Dio e per il bene delle nostre anime. Sia lodato Gesù Cristo.

Anonimo ha detto...

«Non dobbiamo credere che, morendo il Cristo, sia morta la stessa Deità. Fu soggetta alla morte la natura umana unita al Verbo. Cristo morì in quanto uomo, non certo in quanto era Dio. [...] Si affaccia a questo punto una obiezione: se non uccisero la divinità, i Giudei sono colpevoli di un semplice omicidio. Al che rispondo: se qualcuno insudicia intenzionalmente la veste del sovrano, non viene considerato colpevole di reato allo stesso modo che se ne avesse imbrattato la persona? Perciò, sebbene non abbiano ucciso Cristo-Dio, gli autori della morte di Gesù hanno meritato, in base alle loro intenzioni, una gravissima condanna. E poi, come si è detto, il Figlio di Dio, Verbo dell'eterno Padre, incarnandosi s'è reso in qualche modo visibile, leggibile come uno scritto davanti ai nostri occhi. Chi lacerasse un decreto regio, attenta alla stessa maestà regale; e quindi il peccato di quei Giudei è di tentato deicidio».
(S. Tommaso, In symbolum Apostolorum)