Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

giovedì 8 marzo 2018

Mons. Luigi Negri. Se la Chiesa non educa, abbandona il popolo a se stesso

La grande assente di questa competizione elettorale è una presenza cristiana autentica, che è poi la grande assente dalla vita della società italiana. Ma per la Chiesa questa è una sfida a recuperare la propria identità alla missione, per annunciare Cristo.
Non ho certamente né la competenza né la presunzione di aggiungere una mia particolare interpretazione alla vicenda elettorale che si è conclusa. Preferisco invece fare una serie di osservazioni a un livello più fondamentale della vita politica che richiama inevitabilmente una concezione dell’esistenza o – come diceva san Giovanni Paolo II – la cultura.

Vincitori e vinti sono per me accomunati da una totale assenza di cultura, cioè di una concezione dell’esistenza e quindi di una concezione dei rapporti sociali. In fondo la concezione della politica è uguale, sia in chi è stato scalzato dal potere sia in chi lo sostituisce. È una concezione sostanzialmente materialistica e consumistica.

La grande affermazione dei 5 stelle al Sud ci dice anzitutto che anche lì è risultata inesistente, inconsistente e inespressa quella tradizione popolare cattolica che normalmente era presente nelle vicende culturali e politiche del Mezzogiorno. Oggi il Mezzogiorno è azzerato nella sua tradizione e gli viene imposta dal centro ancora una volta una versione della vita e della società assolutamente estranea alla tradizione del Meridione italiano.

È come se la cultura fosse relegata ai margini della vita politica. E la vita politica fosse sostanzialmente ridotta alla possibilità che forze nuove succedano a quelle che fino ad adesso hanno detenuto il potere, ma per gestire il cosiddetto potere in un modo sostanzialmente non diverso dal passato.
Ora, che in questa visione sia difficile prevedere una via agevole per arrivare al governo rende ancora più complessa la situazione, che sicuramente è di grave difficoltà e di grave confusione.

E qui è necessario parlare della grande assente di questa competizione politica, che è poi la grande assente dalla vita della società italiana. Vale a dire una presenza cristiana autentica. Una presenza cristiana che è rimasta ai margini della vita sociale anche quando si compivano delitti contro la coscienza del popolo, contro la coscienza della persona. Parlo ad esempio di tutta quella trama di leggi contro la famiglia che in pochi mesi ha sostanzialmente svuotato la famiglia della sua identità, della sua missione. La famiglia è stata attaccata nella sua sostanziale identità, nella sua originale identità di essere un luogo di presenza gratuita e di responsabilità verso la storia e verso l’umanità.

E tutto questo è accaduto senza che i cattolici abbiano fatto un minimo di resistenza, o meglio c’è stata la resistenza vana di pochissimi; così pure poco più che un intervento molto flebile è stato fatto per questa ignobile questione del testamento biologico, che di fatto avvia il processo dell’eutanasia in Italia.

Appare che questa realtà cattolica italiana – che pure ha avuto una parte rilevante nella tradizione politica, sociale, democratica del nostro paese, oltre ad aver prima avuto una sostanziale capacità di resistenza al regime – sembra votata all’inincidenza. E, per inciso, val la pena ricordare che l’inincidenza è un aspetto dell’inesistenza.

Credo invece che una prova gravissima come quella che ha subito la Chiesa italiana  sia come un’ultima occasione per riprendere il senso profondo della propria identità e della propria missione, soprattutto di quella missione di educazione del popolo ai valori fondamentali della vita personale e sociale, che hanno detto nei secoli una responsabilità diretta e inderogabile della Chiesa.

Se la Chiesa non educa, il popolo è abbandonato a se stesso. Ovviamente non perché la Chiesa sia l’unica agenzia educativa; ma perché la Chiesa nella misura in cui è fedele alla propria identità, immette in tutta la società valori grandi a fondazione della vita, valori grandi in quelle che sono espressioni della vita, che non viene banalizzata nell’ambito dei propri piccoli interessi materiali, personali o parentali. Sostiene il grande compito di intervenire attivamente nella vita della società e della storia. Se la Chiesa non educa, non educa la parte più viva del popolo e quindi depaupera tutto il popolo di una presenza attiva.

Quello che ci aspetta forse nei prossimi anni, se vogliamo come cristiani riscuoterci da questo torpore che ci ha avvinto, è chiedere con umiltà al Signore di aiutarci a vivere la nostra missione educativa, cioè di contribuire alla creazione di «un popolo di laici, vivi, attivi e intraprendenti», come augurava al laicato della mia prima diocesi di San Marino Montefeltro papa Benedetto XVI, congedandosi dopo una giornata indimenticabile.

Noi non possiamo cercare di combattere il predominio quasi assoluto della mentalità laicista, il pensiero unico dominante, laicista, consumista e istintivo, con forze ideologiche; a questa marea montante della banalità, a questa marea montante della meschinità, possiamo opporre una vita nuova, quella che Cristo ci dona nel battesimo e nell’appartenenza alla Chiesa, quella che rende così bella la nostra vita quotidiana.

Ma soprattutto ci spinge a uscire dai confini della nostra vita, della nostra storia, per annunziare a ogni uomo che vive accanto a noi che Cristo è veramente risorto, abita in mezzo a noi; e nella misura in cui apriamo la nostra vita a Lui, cambia la nostra vita perché attraverso la nostra vita cambiata possa cambiare il mondo. E questa è la sfida che viene da questa amarissima sconfitta dei cattolici: recuperare la propria identità alla missione, per annunziare Cristo, perché da questo annunzio l’uomo possa essere sempre un uomo salvato.

+ Luigi Negri - Fonte
* Arcivescovo emerito di Ferrara-Comacchio

21 commenti:

Anonimo ha detto...


OT. Très important aussi, me semble-t-il, ce texte de Maria Poumier, qu'il vaudrait peut-être la peine de traduire :

"Journée des femmes, des connes, des criminelles et bien plus"

http://plumenclume.org/blog/327-journee-des-femmes-des-connes-des-criminelles-et-bien-plus

mic ha detto...

val la pena ricordare che l’inincidenza è un aspetto dell’inesistenza.

A questa affermazione di mons. Negri mi viene da osservare che l'inincidenza, secondo le categorie umane, liberamente subita e offerta insieme alla Sua Persona e alla Sua vita da Colui che si è lasciato crocifiggere, è diventata il massimo dell'incidenza sul piano ontologico...
Con questo non intendo dire che bisogna lasciarci crocifiggere come cittadini; ma se ciò accade per eventi che non sono controllabili da noi e dopo che abbiamo fatto del nostro meglio, l'inincidenza (sofferta non come sconfitta personale ma per ciò che rappresenta per le conseguenze nell'immediato) e offerta in Cristo, potrà incidere il Signore sa come, sia pure non immediatamente (a Lui appartiene anche il quando)...

mic ha detto...

E che dire dell'incidenza contro la vita e contro la verità di quasi tutti gli uomini di Chiesa, quando sono improvvidamemte intervenuti, compreso il Papa?

Anonimo ha detto...

Se Toni Iwobi fosse stato eletto in un partito "glamour", ora avremmo giorni di retorica e celebrazione, in tv e sui social, per il "primo nero eletto al Senato italiano".
Invece è stato eletto nella Lega e quindi se ne accenna solo per fare ironia o polemica.
La dimostrazione che, a certi dottrinari del multiculturalismo, non frega niente delle persone di colore ma solo dello stereotipo ch'esse possono incarnare.

mic ha detto...

http://www.marcotosatti.com/2018/03/08/dialogo-e-misericordia-la-santa-sede-cerca-di-strangolare-il-sito-infovaticana/

mic ha detto...

"Una delibera discriminatoria e incostituzionale che, invece di estendere i diritti delle donne, li riduce ulteriormente. Un pessimo segnale, alla vigilia dell'8 marzo, che offende tutte le donne". Alice Salvatore, portavoce del MoVimento 5 Stelle Liguria, risponde così all'annuncio dell'assessore Viale di proibire l'ingresso negli ospedali liguri a chi indossa il burqa.
http://www.ansa.it/liguria/notizie/2017/03/07/liguria-vieta-burqa-m5s-giunta-toti-riduce-diritti-donne_82057181-efb0-4264-b3a7-8dc62d50e5e1.html

Se poi uno parla di femministe del cavolo, si offendono?

Anonimo ha detto...

ll vero pericolo grilino
"C’è un rischio che passa inosservato. È un’insidia peggiore che già s’intravede nel prodigioso trasformismo di Giggino Di Maio. Quando si rimangia tutto quel che ha detto fino al giorno prima, quando accorre a rassicurare mercati, omini de panza, industriali ed eurocrati, dimostra una sola cosa: che quando si approda alla politica non provenendo da alcuna convinzione, da alcuna identità, da alcuna storia ed esperienza, non c’è nessuna idea, nessun passato, nessuna coerenza da difendere.
E dunque si è pronti a tutto, si è capaci di tutto, si è disponibili a tutto. Si può passare da antieuro ad eurospinti. Uno come Di Maio non ha difficoltà a diventare lo steward dei poteri forti, non deve ritrattare niente, ha già la divisa del personale di bordo.
Proviene da un movimento in cui l’unica identità era un generico, totale No, con tanta rabbia. È evidente che quando si va al potere non si può restare ancorati al No universale; ma non avendo espresso in passato preferenze, modelli, avendo anzi negato ogni precedente persino da elettore, uno come lui può un domani attaccare l’asino dove vuole il padrone.
Temo che gli ambienti che contano e che invitano Di Maio a parlare nei loro consessi, abbiano fatto esattamente questo calcolo e perciò considerino in caso di mancato inciucio per mancanza di numeri, anche il percorso alternativo a 5 Stelle.
Possono usare il ragazzo come meglio credono, anzi, per essere più sofisticati, possono tenerlo in piedi, in cambio della sua duttilità su alcuni temi sensibili a cui tengono. Se serve, Di Maio può mettersi la livrea di euro-dipendente, tanto non deve rinnegare alcun curriculum, di cui è privo, e alcuna idea o visione politica di cui è carente, come il suo movimento."
Marcello Veneziani

Anonimo ha detto...

In poche ore i vertici UE, Moscovici e Dombrovskis, hanno posto il nostro paese di fronte alla brutale realtà delle politiche di austerità.
L’Italia, con Croazia e Cipro, hanno detto, è il paese con i conti pubblici messi peggio e con la crescita più bassa. Inoltre la spesa pensionistica è aumentata troppo. Quindi il nostro paese deve continuare nelle “riforme” liberiste, cioè nuovi tagli a stato sociale e diritti, e neppure sognarsi di mettere in discussione Jobsact e Fornero. A conclusione del loro diktat i due burocrati europei hanno poi affermato di avere piena fiducia in Mattarella, confidando che il presidente saprà dare all’Italia un governo stabile e osservante delle politiche della UE....
http://contropiano.org/news/politica-news/2018/03/08/ue-il-governo-lo-fara-mattarella-e-obbedira-a-noi-e-qui-tutti-zitti-0101626

Glielo faranno fare? ha detto...

ROMA – “Non penso ad accordi con partiti, come ho detto già. Stiamo lavorando al programma che offriremo ai parlamentari, al Parlamento. Su alcuni punti vedremo chi ci dà una mano a portarli avanti e chi invece dice di no a prescindere. Quindi niente accordi organici né col Pd né coi 5 Stelle né con la Boldrini”. Lo ha ribadito il segretario della Lega, Matteo Salvini, interpellato sull’ipotesi di un governo di centrodestra, al termine di una visita a un mercato rionale di Milano.

Marisa ha detto...

Sulle DAT e la non barriera opposta dalla neochiesa:
Video CREPA (piano piano)

https://www.google.it/url?sa=t&source=web&rct=j&url=https://m.youtube.com/watch%3Fv%3DU8e_GIoP5kY&ved=0ahUKEwj12e2got3ZAhVDKuwKHUOMBNgQwqsBCCowAQ&usg=AOvVaw2ljB8VZxlKFQ2Wf532Zwhq

Anonimo ha detto...

Les adeptes de la perspective optimiste de l’histoire sont d’une superficialité scandaleuse. […] La nature complexe de l’histoire est simplifiée si l’on élimine le tragique, si un enthousiasme futile anticipe ou attribue des finalités inexistantes.

—Emil Cioran

Anonimo ha detto...

https://www.diariodelweb.it/italia/articolo/?nid=20180308-493264

Anonimo ha detto...

Ad integrazione del commento delle ore 17,39 :

L'Italia e' stata portata a 240 milioni o miliardi ( non ricordo) di euro di debito pubblico...

EUROPA :
..."ma dove volete andare , vi abbiamo in pugno , non avrete mai il coraggio di uscire dall'Euro , di stringere la cinghia , di fare sacrifici , non avete piu' la competitivita' di una volta quando eravate la 4° o 5° potenza , vi abbiamo portato all'insignificanza , farete la fine della Grecia..."

Piena fiducia in Mattarella, confidando che il presidente saprà dare all’Italia un governo stabile e osservante delle politiche della UE....

Commento mio : mi sembra un messaggio bello chiaro , nemmeno tanto velato.

Anonimo ha detto...

L'Italia ha un debito pari a circa 2300 miliardi di Euro, il 132% del PIL (1740 miliardi).
Nel 2000 era il 105% del PIL che allora valeva 1150 miliardi.
Nel 2011 era il 115% del PIL che allora valeva 1650 miliardi.
Notare che nel 2000 il cambio euro/dollaro è appena sotto la parità, nel 2011 era 1,38.

Da quando c'è l'Euro l'Italia è riuscita a centrare un avanzo primario di bilancio tutti gli anni tranne uno.

Dal 2012 abbiamo il famigerato pareggio di bilancio in Costituzione coevo all'adozione del Fiscal compact dall'inizio del 2012. La perdita della nostra sovranità nazionale avvenne rapidamente, senza particolari dibattiti e senza le ritrite piazzate a difesa della "Costituzione più bella del mondo". In tutte le quattro le letture parlamentari previste, il disegno di legge venne approvato a larghissima maggioranza, ricevendo il voto favorevole sia della maggioranza che dell'opposizione. I favorevoli superarono i due terzi dei membri di entrambi i rami del Parlamento e non si dovette ricorrere ad un referendum confermativo.

Il pareggio di bilancio in presenza di annate di avanzo primario viene bruciato dalla spesa per interessi sul debito, che ogni anno drena ricchezza nazionale per circa 40 miliardi di Euro, senza contare che le ristrettezze alla spesa comprimono lo sviluppo e riducono la qualità di vita dei cittadini, comunque spremuti dalla tassazione necessaria al pareggio.

L’Italia ha un avanzo primario di circa il 2% del suo PIL, ma non riesce ugualmente a frenare l’ascesa del debito pubblico, in quanto deve sborsare ogni anno qualcosa come almeno il 3,5% del PIL solo per pagare gli interessi.

Sono stati spesi più di 1000 miliardi per onorare il debito pubblico dall'entrata nell'Euro. Certamente chi comanda e chi ci ha commissariato ha bisogno soltanto che l'Italia paghi ogni anno la quarantina di miliardi dovuti. Di tutto il resto non importa nulla. Anzi: con l'invecchiamento della popolazione, la deindustrializzazione e governanti europeisti l'Italia sarà spolpata di tutta la ricchezza privata (basta mettere delle belle tasse di successione, favorendo i decessi con le DAT).

Calpesti e derisi...

Anonimo ha detto...

PS al 9.51
In campagna elettorale ce ne fosse stato uno interessato a parlare di queste cose... Tabù.

mic ha detto...

In campagna elettorale la destra ne ha parlato e ha messo in campo le sue proposte...

Anonimo ha detto...


Le cifre sul debito pubblico e la giusta politica da seguire

Sulle cifre del debito pubblico si fa fatica ad orientarsi, non essendo tecnici della materia, in base a quello che si legge sui giornali. Mi ricordo di aver letto che da vari anni paghiamo in soli interessi più di 80 miliardi di euro all'anno. Ma sono 80 o 40? Comunque sempre troppi. Ci viene poi spiegato che abbiamo un avanzo primario del Prodotto Interno Lordo del 2%. Cosa significa esattamente, visto che il debito pubblico continua ad aumentare, ossia che le spese dello Stato sono sempre superiori alle entrate (di circa 40-50 miliardi di euro l'anno?). Che cos'è questo "avanzo primario" che non incide sul debito? Il debito riguarda il Bilandio dello Stato, l'avanzo l'intera struttura economica, l'intero prodotto interno lordo.
C'è poi un altro aspetto. Ho letto che i rimborsi ed esenzioni fiscali, sotto varie voci, ogni ammontano a svariate decine di miliardi di euro, non si sa esattamente quanti. E'vero?
Se si tratta di una cifra così imponente, non converrebbe abolirli integralmente attuando nello stesso tempo una corrispondente riduzione del prelievo fiscale? Al cittadino, invece di rimborsi o incentivi fiscali graduati nel tempo, non sarebbe più utile una riduzione netta e subita delle imposte?
Sono questioni poste dall'uomo della strada. Però si vorrebbe vederci chiaro, in siffatte vitali questioni, capire bene.
Il debito pubblico è comunque alto anche presso tanti altri paesi e grossi pure, a cominciare dagli USA. Il debito pubblico cinese è segreto, non viene rivelato, non solo per la paura che incute la sempre più spregiudicata politica cinese ma anche perché (io credo) deve esser talmente alto che i mercati crollerebbero, se venisse reso noto. Se il debito pubblico continua a crescere in tutti i paesi, alla fine non crollerà l'economia mondiale?
A mio avviso, comunque, se vogliamo staccarci dall'abbraccio mortale dell'Unione Europea dobbiamo per prima cosa eliminare il disavanzo del bilancio statale. Così non saremmo più obbligati a chieder soldi sul mercato internazionale. Ma proprio questo i padroni della finanza globale non vogliono, dal momento che finora siamo stati una gallina dalle uova d'oro, avendo noi sempre pagato i lucrosi interessi sul debito.
L'Italia è un vaso di coccio, che potrebbe esser stritolato dai ferrei meccanismi nei quali volente o nolente si è inserita. Per resistere, occorerebbero alti ideali patriottici, grande spirito di sacrificio, volontà di lottare con grande determinazione per il bene comune. Cosa che, finora, si vedono solo in parte e non certo in quegli schieramenti che parlano solo di diritti e fanno promesse mirabolanti ed utopistiche ai propri elettori.
Z.

Anonimo ha detto...

Il "moralismo ideologico" nel rapporto tra un creditore e un debitore mira a far sentire interiormente in colpa il debitore. Se abbiamo un debito l'abbiamo contratto ed è colpa nostra, perchè abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità, sperperando e sprecando. Soprattutto se sei del sud (si è sempre meridionali di qualcuno), cioè italiano, agli occhi del crucco e del finlandese, del belga e del francese sei geneticamente sprecone e corrotto. Adesso dobbiamo pagare (è "giusto"), che siano 40 o 80 miliardi l'anno dipende dal costo del denaro, artatamente pilotato per altri interessi, non certo quelli del debitore (che comunque DEVE pagare).

Nel caso del debito pubblico italico c'è un però, doveroso, che smaschera l'ipocrisia moralistico-ideologica dei poteri che stanno spolpandoci vivi. Innanzitutto il debito che stiamo servendo (siamo servi del debito, pensiamoci bene) è OGGI incontenibile, mentre in passato -anche essendo alto- lo era.

Il primo grande debito l'Italia lo fece negli anni ottanta e inizio anni novanta, con una popolazione giovane, con un aumento di spesa pubblica (sempre inferiore a quella del crucco e del finlandese), avendo la lira e decidendo in proprio come svalutarla e come tassare. Gli innegabili sprechi che ci sono stati spiegano arricchimenti ed arraffoni disonesti, concorrono per pochi punti percentuali, non fanno il bene delle popolazioni amministrate dai disonesti, ma non tolgono veridicità alle restanti affermazioni.

Nel 1981, l’allora Ministro del Tesoro Andreatta, scrive al governatore della Banca d’Italia, Ciampi, propose il cosiddetto divorzio fra Banca d’Italia e Ministero del Tesoro. Tutti d'accordo: senza alcun altro passaggio istituzionale ebbe inizio la "nuova era".
Fin lì quando lo Stato emetteva titoli per potersi finanziare, la Banca d’Italia forniva la garanzia di acquistare i titoli invenduti a tasso d’interesse prefissato. Lo Stato emetteva i titoli a basso tasso d’interesse per poterli vendere tutti, chiudendo la strada a ogni possibile speculazione finanziaria. Con il divorzio tutto non c'è più il paracadute sull’invenduto: i titoli dovevano necessariamente riconoscere alti tassi d’interesse, nettamente sopra al tasso d’inflazione: il debito si gonfiò per "motivi finanziari".
L'Italia si era messa nelle mani della finanza privata e della speculazione finanziaria.

I numeri in genere smascherano le falsità ideologiche: dal 1981 al 2007 lo Stato italiano ha contratto 1.335,54 miliardi di debito, sui quali ha pagato ben 1.740,24 miliardi di interessi. Rispetto al ventennio 1960-1980 quando lo Stato pagava tassi d’interesse al di sotto dell’inflazione, dal 1980 al 2010 ha mediamente pagato tassi d’interesse superiori del 4,2% al tasso d’inflazione.

Nel 1992 in Italia successero varie "cosucce" e c'erano in gran spolvero dei nomi, specie su un piroscafo al largo di Civitavecchia, che stanno condizionando la nostra storia.

Notare che il bilancio annuale dello Stato italiano dal 1990 al 2017, con la sola eccezione del 2009, ha chiuso con un avanzo primario (le entrate sempre superiori alle uscite e una differenza complessiva, per il periodo preso in esame, di 750 miliardi in Euro attuali).

...

Anonimo ha detto...

...
Noi cittadini della feccia del Sud Europa, spreconi e assistiti, abbiamo versato allo Stato 750 miliardi in più di quello che dallo Stato abbiamo ricevuto sotto forma di fornitura di servizi. E, nonostante questo, il debito pubblico è aumentato, grazie al circolo vizioso degli interessi sul debito. Una vera e propria trappola.

A che cosa sono serviti tutti questi soldi: al salvataggio pubblico delle banche private europee ha visto, nel periodo 2008-2011 caricare sui bilanci degli Stati almeno 2.000 miliardi di euro, aggravando ulteriormente il problema del debito pubblico (e in particolare del rapporto debito/Pil), per poi poterlo trasformare nella chiave di volta per approfondire le politiche di austerità, la precarizzazione del lavoro, la privatizzazione dello stato sociale, la mercificazione dei beni comuni. Dal 2008 si è verificato un grande travaso dai debiti privati a quelli pubblici, finendo per far crescere in maniera esponenziale quest’ultimi. Se nel 2007 il debito sovrano nell’eurozona era pari al 25% del Pil, nel 2014 è giunto al 94%, (negli Usa nello stesso periodo è passato dal 55% a oltre il 100%).

Dopo decenni di sbornia liberista, incentrata su libero mercato e privatizzazioni, gli Stati hanno salvato l’economia di mercato facendo pagare il conto alle fasce deboli della popolazione, secondo il tradizionale adagio «si privatizzano gli utili e si socializzano le perdite». In Italia, questo processo si è affermato con alcune specificità, in quanto il nostro debito pubblico era già alto. Ma il debito pubblico italiano è aumentato comunque in conseguenza del crollo del Pil dovuto alla crisi globale. Ciò che in realtà non funziona è l’impostazione dominante per la quale l’indebitamento dovrebbe fare da leva per la crescita economica e quest’ultima dovrebbe di conseguenza riassorbire il debito.

L'Italia è richiesta dagli speculatori di mettere a disposizione la ricchezza collettiva per salvare i fallimenti degli istituti bancari privati: a fine 2016, con un’approvazione fulminea dei due rami del Parlamento, il Ministero del Tesoro ha messo in campo una rete di garanzie pubbliche (da caricare, in caso di utilizzo, sul debito pubblico) pari a 20 miliardi di euro sulle emissioni di liquidità di ben 6 banche, ciascuna sotto plurime inchieste giudiziarie e tutte giunte al fallimento grazie alle speculazioni finanziarie operate per decenni senza alcun controllo.

La morale: noi debitori siamo colpevoli perchè "spreconi".
I contabili e gli speculatori cui diamo ricchezza servendo il debito sono "giusti".

Anonimo ha detto...

Lo ammetto: è "vecchia".
Però è l'unica che funziona, anche in questo caso:
"rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori".

Perchè possa funzionare serve una profonda conversione dei cuori.
E' necessario avere un "Padre nostro" e non credersi noi "dio".
E' necessario adorare Lui e non noi stessi o i nostri idoli.
E' necessario essere umili (= veri) e non superbi (= ipocriti). Serve Verità.
E' necessario soprattutto attendere il ritorno di Cristo e non la venuta del suo anti.

Anonimo ha detto...


Per capire meglio:

1. Se l'avanzo primario del bilancio dello Stato c'è stato sempre negli ultimi 26 anni, da dove viene allora il debito pubblico dello Stato? Forse dagli interessi sul debito che si sono dovuti pagare? L'avanzo pr. è allora al netto del debito per interessi?

2. Ci sono stati anche gravi errori di politica interna, come quello fatto nel 1981 da Andreatta e da Ciampi, citato nell'intervento.

3. Lo Stato è intervenuto di recente per salvare le 6 banche portate al disastro dalla cattiva amministrazione. Un intervento discutibile, certamente. Resta però la domanda: era giusto che i tanti piccoli risparmiatori di quelle banche venissero rovinati? Interventi del genere si sono fatti in tutti gli Stati: Regno Unito, Stati Uniti, Germania. Il potere li fa innanzitutto per non perdere consensi elettorali, ma anche per impedire la rovina di tanti risparmiatori, che in genere non sono affatto degli speculatori.

4. E l'idea di abolire ogni forma di incentivo fiscale o rimborso abbassando in modo proporzionato le tasse, è forse peregrina? Sarebbe impopolare, ma questo sarebbe solo l'aspetto politico contingente. Basterebbe spiegarla bene al popolo. In fondo la proposta della "flat tax" (tassa unica) non va in questa direzione? Con una tassa notevolmente più bassa per tutti, sembra inutile mantenere il sistema degli incentivi e rimborsi. O no?
Questi aspetti dovrebbero esser spiegati al di fuori delle polemiche di parte.

5. L'ipocrisia dei nostri partners o di alcuni fra essi è notoria. Mi ricordo un articolo sul CdS di tempo fa, nel quale si sottolineava che la Deutsche Bank ha un debito i cui contorni non sono noti; che i tedeschi impediscono a chiunque di mettere becco nel sistema delle loro Casse di risparmio, feudi della politica locale. Che molti prodotti Made in Germany costano di meno perché vengono prodotti in realtà nell'Europa dell'Est, dove la manodopera costa nettamente di meno. Ormai in tanti prodotti che si comprano nei supermercati si legge il nome del distributore (spesso tedesco o inglese etc.) ma non quello preciso del luogo di produzione.
Nel 2008, quando stavano per crollare le banche irlandesi, quello Stato intervenne di colpo con un palliativo di un miliardo iniziale di euro. Poi l'Irlanda fu costretta ad accettare un prestito di più di 80 miliardi di euro, se non erro (l'intera popolazione è uguale agli abitanti della Grande Roma: Roma, Ostia, Castelli, più o meno). Costretta dai Poteri Forti, ma perché? Perché le banche irlandesi si erano esposte per cifre pazzesche con quelle tedesche e francesi soprattutto e queste volevano rientrare dei loro soldi. Anche il governo Berlusconi contribuì non poco a quel prestito (non abbiamo riavuto una lira). Però l'errore di base era irlandese: uno sviluppo, quello della c.d. Tigre Celtica, del tutto demenziale, spropositato, che si avvitò in una bolla edilizia enorme, una cosa megalomane, con centinaia di migliaia di "vani" rimasti invenduti. Come a dire: i Poteri Forti saltano addosso a chi sbaglia, ma chi sbaglia ci mette anche parecchio del suo.
Z.