Quando si parla della fede si tende oggi a pensare a una sorta di sentimento religioso, che ci fa star meglio, che ci permette di guardare al di là dei nostri orizzonti umani, ma tuttavia sempre in una prospettiva intimistica, come una fiducia in un Altro che ci fa sentir bene.
Da un punto di vista cattolico, niente è più lontano dalla Fede di una tale definizione.
Seppure la Fede del cattolico può avere come conseguenza un sentimento positivo, non si identifica in nulla con esso. La Fede del cattolico è anzitutto un dono di Dio che opera sulla nostra intelligenza, non sui sentimenti. Sì, proprio su quella facoltà così fredda e impopolare: la Fede illumina l’intelletto dell’uomo, e gli permette di conoscere e di accettare come reali degli oggetti esterni che altrimenti gli resterebbero ignoti.
Si dice che la Fede è una virtù teologale: ciò significa semplicemente che quest’oggetto esterno che ci viene presentato all’intelligenza è in realtà Uno solo, cioè Dio che si rivela. Se è pur vero che questa Rivelazione di Dio si presenta a noi in tanti concetti, espressi in molteplici proposizioni (Dio parla a noi in maniera proporzionata alla nostra intelligenza umana), resta il fatto che non crediamo semplicemente una serie di oggetti, ma Dio stesso che parla. Per questo non possiamo scegliere a quali proposizioni della fede aderire e a quali no: perché negarne una sarebbe negare la veridicità di Dio, e quindi negare l’oggetto stesso della Fede. Se una persona mi racconta dieci fatti, e io ne credo nove, non potrò dire di credere a quella persona, ma ad alcune delle cose che materialmente dice. Così per Dio: negare una sola delle verità che rivela è non credere a Lui, e quindi non avere la Fede. L’eretico, cioè colui che sceglie, potrà negare anche una sola delle verità rivelate da Dio: ebbene anche in questo caso sarebbe un uomo senza Fede, nel vero senso del termine.
Illuminata dalla Fede la nostra intelligenza accetta dunque che quanto dice Dio è vero. Ma come sapere che Dio parla? Alla base della Fede ci deve essere un giudizio di credibilità, cioè la nostra ragione deve dirci che in una determinata circostanza è plausibile credere che Dio si è rivelato (in ragione dei miracoli concomitanti, della coerenza della dottrina, e di tanti elementi che costituiscono la materia di una scienza detta apologetica). L’atto di Fede però non verrà come conclusione di un ragionamento, ma sarà al di là dello stesso giudizio di credibilità, frutto di una mozione interiore della grazia, appoggiato sulla sola autorità di Dio stesso.
La Fede una volta ottenuta diventa principio di giustificazione: conosciamo Dio nella Sua vita intima, apprendiamo di Lui cose che la ragione non poteva conoscere; Dio ci fa entrare nella Sua familiarità, ci permette di amarlo in modo soprannaturale, come Lui stesso si ama. Se però noi con il peccato mortale amiamo qualcosa più di Dio, pur non perdendo la Fede (a meno che pecchiamo direttamente contro di essa con l’eresia), non potremo certo salvarci; ma a contrario, se non conosciamo Dio tramite la Fede, non potremo neanche amarlo in modo proporzionato al destino eterno che dobbiamo meritare. Nessuno ama ciò che non conosce, e l’amore è proporzionato al tipo di conoscenza. Perché l’amore di Dio sia soprannaturale, cioè capace di dare la salvezza eterna, anche la conoscenza di Dio deve essere soprannaturale. Buone azioni compiute senza la Fede e senza amore soprannaturale di Dio (la Carità) non dànno la vita eterna. Quindi: non basta la Fede per salvarsi, ma non c’è salvezza senza Fede.
Si vede dunque quanto sia sbagliata l’opinione corrente per cui non è importante cosa si crede ma quello che si fa. La parte più alta dell’uomo è l’intelligenza, e l’oggetto dell’intelligenza è il Vero, non il dubbio. Checché se ne dica, il dubbio nella Fede (ma anche il dubbio intellettuale in generale) non è perfezione dell’intelligenza, né una necessità metodica, né una condizione normale. L’intelligenza umana è fatta per conoscere con certezza, e la Fede è la più alta conoscenza certa, perché dà alla facoltà il suo oggetto più alto, la Verità stessa, come dono di Colui che non si sbaglia. Potremmo noi disprezzare questo dono e pensare che sia indifferente l’accettarlo o il rifiutarlo? Potremmo stimare così poco la nostra intelligenza umana dal pensare che tanto alla fine non sapremo mai nulla di Dio, e che tanto vale contentarsi di vivere bene, indifferenti a qualsiasi proposizione su Dio? Il moderno ecumenismo non è altro che questo: se la fede è pura espressione di un vago sentimento del divino dentro l’uomo (perché da Cartesio in poi sembra che l’uomo conosca solo le sue proprie impressioni, in una specie di autismo malato), poco importa se questa espressione corrisponda a qualcosa di reale fuori di noi. Ecco perché si può pregare e operare anche con chi crede diversamente: tanto nessuno può pretendere di sapere come stanno veramente le cose, o perlomeno ogni sentimento religioso è ugualmente legittimo. Se invece le verità credute corrispondono a qualcosa di reale, allora non sarà più indifferente pregare un Dio che è Trinità o una divinità che nega di essere trina; pregare il Dio Gesù Cristo o una divinità che nega Gesù Cristo.
Occorre nutrire la Fede per avere la Carità, la virtù che ci salva. Nutrirla rendendola profonda, con la preghiera e la meditazione; e rendendola estesa e salda, con lo studio. Specialmente quando le eresie ci circondano, quando si nega la stessa possibilità di accedere a Dio con l’intelligenza, il cristiano ha il dovere di conoscere bene la propria Fede, di difenderla, di non essere facile preda dei sofismi dell’errore. Occorre dunque tenersi fermi a quell’unico veicolo di trasmissione del contenuto della Fede che è l’autorità della Chiesa, nel suo Magistero sempre presente. I dogmi definiti dai secoli altro non sono che l’eco infallibile delle parole del Cristo, Magistero sempre vivente semplicemente perché vicario del Cristo; Magistero sempre legato al passato perché ripetitore di quanto Cristo e gli Apostoli hanno detto duemila anni fa. Magistero che non può né deve contraddirsi, e che deve agire con l’autorità apostolica e non secondo il favore dei mezzi mediatici, o presentarsi come semplice proposta tra le altre alle coscienze.
Dio ci permetta di aderire al Magistero perenne della Chiesa allontanando gli errori antichi e moderni, compresa la caricatura attuale del Magistero stesso. Così manterremo la Fede, che con le opere della Carità ci condurrà, come dice il rituale del battesimo, alla vita eterna.
Don Mauro Tranquillo
21 commenti:
“Nutrirla rendendola profonda, con la preghiera e la meditazione; e rendendola estesa e salda, CON LO STUDIO. Specialmente quando LE ERESIE CI CIRCONDANO [aggiungo io: SOPRATTUTTO DALL’INTERNO!]... IL CRISTIANO HA IL DOVERE DI CONOSCERE BENE LA PROPRIA FEDE, DI DIFENDERLA, di non essere facile preda dei SOFISMI DELL’ERRORE. Occorre dunque tenersi fermi a quell’UNICO VEICOLO di trasmissione del contenuto della Fede che è l’autorità della Chiesa, nel suo Magistero sempre presente”.
Dopo aver riletto questo passaggio di Don Mauro Tranquillo, mi preme (ri)portare all’attenzione di noi tutti degli stralci della
Lettera Enciclica “ACERBO NIMIS” (15 aprile 1905) di SAN PIO X:
LA FEDE INFUSA NEL BATTESIMO HA BISOGNO DI COLTURA
Or se è vano aspettare raccolta da una terra, in cui non sia stata deposta la semenza, in qual modo potranno sperarsi più costumate generazioni, se non siano istruite per tempo nella dottrina di Gesù Cristo? Dal che segue, che, languendo ai dì nostri ed ESSENDO IN MOLTI QUASI SVANITA LA FEDE, convien conchiudere adempiersi assai superficialmente, se non anche del tutto trascurarsi, il dovere dell’insegnamento del catechismo. — Né vale, per iscusarsi, il dire che la fede è un dono gratuito comunicato a ciacuno nel santo Battesimo.
Sì, tutti i battezzati in Cristo hanno infuso l’abito della fede: MA QUESTO GERME DIVINISSIMO, NON "SI SVILUPPA NE’ METTE AMPI RAMI" (Marc. IV, 32) ABBANDONATO A SE STESSO E QUASI PER VIRTU’ NATIVA.
Anche l’uomo, nascendo, porta in sé la facoltà d’intendere; pure ha bisogno della parola della madre, che quasi la risvegli e la faccia, come dicesi, uscire in atto. Non altrimenti il cristiano, rinascendo per l’acqua e lo Spirito Santo, porta in sé la fede; ma GLI E’ MESTIERI DELLA PAROLA DELLA CHIESA CHE LA FECONDI, LA SVILUPPI E LA FACCIA FRUTTIFICARE. Perciò scriveva l’Apostolo: "La Fede è dall’udito, l’udito poi per la parola di Dio: (Rom. X, 17) e per mostrare la necessità dell’insegnamento, aggiunge: "COME UDIRANNO, SE NON VI SIA CHI PREDICHI?" (Ibid. 14).
VI PREGHIAMO E e SCONGIURIAMO [nota mia: esortazione ai vescovi], RIFLETTETE QUANTA ROVINA DI ANIME SI ABBIA PER LA SOLA IGNORANZA PER LE COSE DIVINE.
Forse molte cose utili e certamente lodevoli avete voi istituite nelle vostre diocesi a vantaggio del gregge affidatovi: A PREFERENZA DI TUTTE PERO’ vogliate, con quanto impegno, con quanto zelo, con quanta assiduità vi è possibile, PROCURARE ED OTTENERE CHE LA SCIENZA DELLA CRISTIANA DOTTRINA PENETRI ED INTIMAMENTE PERVADA GLI ANIMI DI TUTTI. "Ciascuno", sono parole dell’Apostolo S. Pietro, "come ha ricevuto la grazia, l’amministri a vantaggio altrui, come buoni dispensatori della multiforme grazia di Dio" (I, Petr. IV, 10)”.
segue ultimo brevissimo stralcio dell'Enciclica su questa determinante questione
Ultimo breve estratto che mi permetto di inserire dalla ACERBO NIMIS di S. PIO X, in cui tra l'altro si può facilmente notare, specie nell'ultima parte, la macroscopica differenza tra le priorità che ha da sempre stabilito la Chiesa e quelle invece della "nuova chiesa, la 2.0", nata con/dal CVII, portate alle estreme conseguenze in quest'ultimissimo anno e mezzo:
“[…] E che infatti fra i cristiani dei nostri giorni sieno moltissimi quelli i quali vivono in una ESTREMA IGNORANZA delle cose necessarie a sapersi per la eterna salute, è lamento oggimai comune, e purtroppo! lamento giustissimo. E quando diciamo fra i cristiani, non intendiamo solamente della plebe […] ma altresì e soprattutto di coloro, che pur non mancando d’ingegno e di coltura, MENTRE DELLE PROFANE COSE SONO CONOSCENTISSIMI, VIVONO SPENSIERATI E COME A CASO IN ORDINE ALLA RELIGIONE.
CERTO L’ELEMOSINA, con cui solleviamo le angustie dei poverelli, è dal Signore ALTAMENTE ENCOMIATA. Ma chi vorrà negare che ENCOMIO DI GRAN LUNGA MAGGIORE si debba allo zelo ed alla fatica, onde si procacciano, non già passeggeri vantaggi ai corpi, ma, coll’insegnare ed ammonire, eterni beni alle anime? Nulla per verità è più desiderato e caro a Gesù Cristo salvatore delle anime; il quale, per bocca di Isaia, volle di sé affermare: "Io sono stato mandato per evangelizzare i poveri" (Luc. IV, 18)”.
Cara Mic, leggo su La Nuova Bussola Quotidiana di oggi, un articolo di monsignor Antonio Livi dal titolo "Bianchi come Scalfari: usa il Papa per i suoi fini".
Se quello che scrive corrisponde a verità, mi domando: come mai il sig. Bianchi scrive sul quotidiano cattolico Famiglia Cristiana, le sue pubblicazioni e i suoi pensieri fanno bella mostra sui scaffali delle librerie Paoline? Come mai un Papa nomina un simile soggetto in un organismo della Santa Fede, a che fine?
Come mai il Papa permette di farsi usare da gente come Scalfari e Bianchi e si espone a queste strumentalizzazioni?
Come mai permette di confondere i suoi fedeli con nomine di simili personaggi e con dialoghi che di tutto trattano ma mai della vera fede?
Grazie.
Emanuele
Eccellente.
Ma se quella "caricatura attuale del Magistero" ci viene imposta con la violenza di regime, con veri ricatti, dalle autorità che senza ritegno fanno abusi di potere, come potremo opporci?
infatti lo sfacelo di falsificazione di tutte le idee e anche della Fede, qui ben descritto, è causato dal soggettivismo che ha instaurato la dittatura del relativismo, finora inattaccabile, poichè nessun prelato osa ribellarsi apertamente a tale dittatura, nè guidare una rivolta.
Interiormente saremo disposti ad obbedire a Dio nella sequela del Magistero perenne e inalterabile, con perseveranza FEDELE (fedeltà è l'ulteriore significato della vera Fede, che illumina l'intelletto, spingendolo all'adesione/obbedienza alla Chiesa come voluto da Cristo), ma concretamente, nelle relazioni ecclesiali con le autorità dovremo fare una scelta: opporci o subire persecuzioni e (probabile futuro) anche il martirio. (Ricordo ad es. l'aut-aut imposto nel 2012 alla FSSPX: se non si accetta il cv2 non si è "cattolici"; vedremo cose simili in peggio).
nt
Don Mauro,
La ringrazio per questa predicazione tanto necessaria per l'ora presente nella Chiesa universale...
Sia che tutti i sacerdoti del mondo la predicano alle loro greggi...
Romano
Infatti, Emanuele,
Mons. Livi è uno studioso di tutto rispetto e un ottimo maestro. Io ho sempre fatto tesoro di molti suoi scritti e di confronti anche diretti di largo respiro, che sono e restano pietre miliari.
Tuttavia le posizioni che assume sul dipanarsi delle vicende ecclesiali recenti me lo fanno definire "reticente". Oppure, come in questo caso, sposta il focus del problema sui vari personaggi (Scalfari, Bianchi), per eludere il cuore del problema stesso: la drammatica distorsione del Trono più alto e della cultura dominante che riempie gli scaffali delle librerie, le cattedre delle università pontificie, la Curia e le Curie diocesane..
Cosa dovrebbe fare il papa? Farsi usare da gente come voi?
Bell'articolo! È sempre utile una rinfrescata dottrinale, specie di questi tempi.
La mia preoccupazione, o meglio la mia attenzione è però focalizzata, ultimamente, su prese di posizioni come quella citata di Antonio Livi o quelle di Athanasius Schneider, ma ve ne sono altri.
Mi chiedo: Si ha paura ad affrontare apertamente il papa? Non si vuole creare maggior caos nella Chiesa? O pensano realmente quello che dicono sul papa, sempre ingannato da altri?
Mah, purtroppo (o per fortuna) credo che lo scisma sia veramente più vicino di quanto si pensi e a questo punto può solo portare a maggior chiarezza in campo.
Cosa dovrebbe fare il papa? Farsi usare da gente come voi?
veramente dovrebbe lasciarsi "usare" dal Signore...
Chi si lascia usare dal Signore, comunque non vede nell'altro "gente come voi", ma persone forse nell'errore, da correggere con carità, ma nella verità, non con gli slogan ma con la ragione illuminata dalla fede.
" Nutrirla rendendola profonda, con la preghiera e la meditazione; e rendendola estesa e salda, con lo studio. Specialmente quando le eresie ci circondano, quando si nega la stessa possibilità di accedere a Dio con l’intelligenza, il cristiano ha il dovere di conoscere bene la propria Fede, di difenderla, di non essere facile preda dei sofismi dell’errore. Occorre dunque tenersi fermi a quell’unico veicolo di trasmissione del contenuto della Fede che è l’autorità della Chiesa, nel suo Magistero sempre presente."
Leggendo queste parole, e pur condividendole in toto, ho pensato alle persone superficialmente chiamate "semplici", a quelle "vecchiette" con il Rosario in mano, così tanto derise dai laudatores del nuovo corso, ebbene quei fedeli cattolici non ne sapevano tanto di teologia, non avevano titoli di studio, ma la loro fede era forte, profonda e solida, della loro fede conoscevano e praticavano i fondamenti, la loro formazione si fondava sul catechismo, sull`insegnamento che ricevevano, sulle verità fondamentali di "un" Dio Uno e Trino, di "un" Cristo Signore, Figlio di Dio, morto in Croce e poi risorto, sull`amore per la sua Santissima Madre , pregando la quale si percorreva il Cammino si Suo Figlio, insomma non c`erano sempre studi e approfondimenti, i fedeli pregavano tanto, andavano alla Messa e si comunicavano, rispettando il digiuno e confessandosi prima, potevano fidarsi di quell`"unico veicolo di trasmissione del contenuto della Fede che è l’autorità della Chiesa, nel suo Magistero sempre presente".
Oggi è anche dalla più alta cattedra che ci vengono parole e atti che non solo non fortificano la nostra Fede, ma sono suscettibili di indurci in errore.
Ma chi se ne rende conto?
La formazione postconciliare, già e in primis nei seminari, non sembra fornire ai cattolici gli strumenti per rendersi conto di quento siano eterodosse certe tendenze, parole e atti, di pastori che dovrebbero essere i custodi della dottrina.
Forse quell`ignoranza non è estranea al silenzio sconcertante di troppi vescovi e cardinali anche davanti a certe esternazioni del Papa.
'Cosa dovrebbe fare il papa?' Il Papa, non uno showman capriccioso e volubile che riceve chi vuole, si fa intervistare solo da negatori di Dio cui interessa soltanto vendere più copie di giornali.....se vuole incontrare i suoi amici pentecostali, e di ogni risma, lo può fare in privato, senza cassa di risonanza,possibile che ogni stupidata che fa debba essere sbandierata ai 4 venti, se poi ammettesse di non essere solo il vescovo di Roma o un argentino in vacanze forzate in Vaticano,ne saremmo non dico contenti, ma almeno consci che l'impressione avuta fin da subito il 13 marzo 2013 era, ahimè,peggiorata nel tempo, se poi parlasse meno off the cuff, forse l'anestesista della sala stampa vaticana avrebbe meno da fare.Anonymous.
Riavvicinarmi alla fede dopo oltre trent'anni è stato come svegliarmi da un lungo sonno. Riprendendo a frequentare i Sacramenti e la Santa Messa ho percepito dentro di me uno stridore con quello che anni fa avevo recepito studiando il catechismo e ascoltando mia madre.
Era come se, in questi decenni, la dottrina fosse cambiata. L'ho percepito nel profondo, provando un forte disagio.
Sono d'accordo con Luisa. (post. delle 11:22)
A quelli che deridono nascondendosi dietro l'anonimato chiedo di firmarsi, di avere il coraggio delle loro opinioni e di non parlare per slogan.
Emanuele
Cara Luisa,
Una volta i cosiddetti 'semplici', respiravano la loro fede dal tessuto portante di una chiesa non adulterata nella quale non mancavano problemi ma nemmeno sacerdoti veri santificatori. Oggi cosa respirano?
Cara Mic,
in merito all'articolo di monsignor Livi, ho scritto alla redazione della Bussola Quotidiana, chiedendo la cortesia di una risposta in merito ai dubbi suscitati. Io credo necessario far uscire da questa reticenza personalità così eminenti, sollecitarli a questo e sostenerli. Abbiamo bisogno del loro conforto e del loro insegnamento. Con rinnovata stima.
Emanuele
Caro Emanuele,
Riflettevo che non è facile con l'aria che tira, soprattutto per un sacerdote, uscire dalla "reticenza".
Se non è per "fama" (cattedre, incarichi, terra bruciata per le pubblicazioni e la pastorale) può essere per "fame": immagina un sacerdote cui venga tolto l'incardinamento diocesano. Viene a perdere l'assegno che può essere l'unica sua fonte di sussistenza e in più anche il suo gregge; il che significa anime da seguire.
Ora questo non è certo il caso di Mons. Livi, al suo livello. Ma credo sia una situazione, al punto in cui siamo, fin troppo diffusa.
Mic, se non cominciano a parlare ora, più passa il tempo e più sara difficile, ed alla fine, salvo un intervento di Nostro Signore, saremo tutti protestanti, v. inghilterra dei tudor. Forse avranno ancora un assegno, ma chi leggera' i loro libri cattolici ?
Quindi, anche solo per un motivo economico, dovrebbero iniziare amuoversi.
Perché non fai una mininchiesta, chiedendo quanti di noi danno ancora l' otto x mille?
Rr
Caro Emanuele,
Che abbiamo bisogno del loro conforto e del sostegno vicendevole è un fatto. Il problema è creare i presupposti, i canali, la rete relativa.
Non lo di può fare parlando, tanto meno da un blog. E, anche nell'agire, c'è bisogno di chi lo faccia con autorità. Voglio sperare che ci sia. Mi piacerebbe conoscerlo :)
Cara Rosa,
Non credo che tutti tacciano per vigliaccheria o per opportunismo. Il disimpegno di molti credo sia motivato dalla convinzione che al punto in cui siamo non ci sia nulla da fare (ti ricordi, ad esempio, i blogger che si sono autosilenziati di cui si parlava dal sito Benoit et moi)?
Oppure, chissà?
In ogni caso il rischio di cui parli non è già neppure più un rischio. Ne stiamo vedendo qualcosa piú che i prodromi...
E la realtà non si esaurisce certo nella nostra limitata esperienza. Almeno mi pare logico e voglio sperare...
mic: Mi piacerebbe conoscerlo :)
Dia tempo al tempo ...
La Fede come una "sorta di sentimento religioso, che ci fa star meglio, (...), come una fiducia in un Altro che ci fa sentire bene".
Sembra proprio quanto spesso si legge su certe riviste popolari di bellezza e salute, circa quella tale o tal'altra ricerca, fatta da chissà quale scienziato senza nulla di meglio da fare, dalla quale risulterebbe che avere una Fede qualsiasi e pregare fa bene alla salute. Insomma, nulla di più di una qualsiasi terapia alternativa, questo è il concetto che quei signori hanno della Fede.
Invece, come si evince da questo articolo, per un vero cattolico essa è ben altro, e sarebbe bene accostarsi a certi temi con meno leggerezza.
Tommaso Pellegrino-Torino
Posta un commento