Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

lunedì 24 giugno 2013

Ennesima prostrazione davanti ai "Fratelli maggiori"

Veniamo subito al dunque. Oggi in Vaticano: 
“Un cristiano non può essere antisemita!”: è la frase forte pronunciata da Papa Francesco nel corso dell’udienza in Vaticano ai membri del “Comitato Ebraico Internazionale per le Consultazioni Interreligiose” (International Jewish Committee on Interreligious Consultations). Nel suo discorso, il Pontefice ha evidenziato la lunga relazione di amicizia tra cristiani ed ebrei ed ha incoraggiato a proseguire sulla strada intrapresa. 
Il testo integrale potete leggerlo sul sito di  Radio Vaticana che, per l'occasione, potremmo rinominare Radio-Gerusalemme, condito com'è dei soliti refrain che tuttavia non ci stanchiamo di riportare e di controbattere:
  1. il punto di riferimento centrale nella Dichiarazione conciliare Nostra Aetate [invito a leggere la magistrale trattazione di Mons. Gherardini]
  2. il Concilio ricorda l’insegnamento di San Paolo, secondo cui 'i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili'
    [Il card. Ratzinger - nel tentativo di dare un fondamento più consistente alla teoria di Giovanni Paolo II dell’«Antica Alleanza mai revocata» (Magonza, 1981) - a suo tempo tirò fuori una sottigliezza particolare, affermando: « Quindi il Patto o il Testamento stipulato da Dio con Mosè (1330 a. C.) è transitorio e non eterno, mentre l’Alleanza stipulata con Abramo (1900 a. C.) è permanente ed eterna! Perciò l’Antica Alleanza con Abramo sussiste ancora, non è mai cessata ». (J Ratzinger, in "Molte religioni un'unica alleanza", Ed. San Paolo 2007)
    Secondo questa visuale, poiché berìt, reso con Alleanza in latino, significa solo volontà divina e non comporta la corrispondenza umana, Dio ha mantenuto l’Alleanza con Israele, anche se questo è stato infedele. Perciò l’Antica Alleanza con Abramo sussiste ancora, non è mai cessata, e dunque gli ebrei, come discendenti di Abramo sarebbero ancora titolari di quell'Alleanza irrevocabile. In più, se San Paolo nella seconda lettera ai Corinzi «pone in netta antitesi l’Alleanza instaurata da Cristo e quella di Mosè», le cose vanno diversamente tra Abramo e Cristo. Infatti, «nel nono capitolo della lettera ai Romani» San Paolo utilizza non più il termine Patto o Testamento, ma Alleanza al plurale e «l’Antico Testamento conosce tre alleanze: il sabato, l’arcobaleno, la circoncisione». E tuttavia, Ebrei 13,20 parla dell'Alleanza eterna. A prescindere dal fatto che l'appartenenza a Cristo non è più secondo la carne in base ad un'alleanza etnica (il famoso trinomio Dio-popolo-terra) ma teologale (Gv Prologo, 12-14), i Padri affermavano che Abramo «fu giustificato perché ha creduto nel Cristo venturo».
    Del resto la spiegazione è data in maniera limpida nel brano del Vangelo, dove Gesù stesso dice espressamente: «Abramo esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e se ne rallegrò», (Gv, 8, 56) suggellando perfino il discorso con l'affermazione «Prima che Abramo fosse, Io sono". (Gv 8,58) ed è superfluo sottolineare la valenza dirompente di quell'«Io sono»!
    Dunque, se l'Alleanza Nuova ed Eterna è in Cristo che è Dio, a che pro star lì a tirar fuori sottigliezze di tipo rabbinico?
    L'universalità della missione dell'Antica Alleanza è stata assorbita nella cattolicità dell'Alleanza Nuova ed Eterna sancita nel Sangue di Cristo. Il termine sostituzione, dà molto fastidio ed è per questo che è stato espunto dal lessico ecclesiale; ma ne esiste un altro per indicare questa realtà così com'è?]
  3. il ricordo dell'esperienza come arcivescovo di Buenos Aires con confronti, dialoghi con gli ebrei sulla “rispettiva identità religiosa”, sulle “modalità per tenere vivo il senso di Dio in un mondo per molti tratti secolarizzato”
    [Come se la SS. Trinità rivelata e presente in Gesù Signore non facesse la differenza!]
  4. la ferma ovvia condanna degli odi, delle persecuzioni, e di tutte le manifestazioni di antisemitismo. [Come se i cristiani ne fossero immuni e gli ebrei ne avessero l'esclusiva] Con la motivazione "Per le nostre radici comuni, un cristiano non può essere antisemita!"
    [Un cristiano non può essere antisemita, nel senso di 'razzista', perché cristiano, non per le radici comuni, visto che c'è chi è stato innestato nell'Olivo buono e chi ha deviato dalla 'Radice', come detto sopra e vedi anche nota 2). E questa è storia ed è anche Vangelo e teologia.(1)
    Non dimentichiamo poi anche che la Shoah - che è sempre in sottofondo ad ogni rivendicazione ebraica - è un fatto storico, che non può assurgere a 'luogo teologico', tanto da condizionare l'appartenenza alla Chiesa di chi eventualmente, senza sminuirne l'orrore, rifiuta di accettarne una sorta di dogmaticità.
    ]
  5. Si cita il profeta Geremia: 'Io conosco i progetti che ho fatto a vostro riguardo – oracolo del Signore – progetti di pace e non di sventura, per concedervi un futuro pieno di speranza' (Ger 29,11)”. 
    [Come se la Pace vera non fosse già venuta con Cristo («vi lascio la pace, vi dò la mia pace...» Gv 14,27-31a) e come se in pienezza non sussistesse solo in Lui! Noi la chiediamo a Cristo Signore e la troviamo in e da Lui, mentre gli ebrei la chiedono ad un messia sconosciuto e « altro » da Lui... Se si ignora o tralascia questo si fa un discorso monco e dunque non veritiero.]
Siamo alle solite. Si confonde l'antisemitismo(2) con l'antigiudaismo evangelico, che non è un essere-contro. È un'altra cosa. È un puro e semplice nonché autentico prendere atto di una differenza accompagnato dal coraggio di avere la schiena dritta di affermarla. E non è una differenza da nulla: consiste nell'accogliere o non accogliere il Signore Gesù il Figlio di Dio, il Verbo Incarnato, il Messia già venuto. Non abbiamo da aspettare insieme nessun messia venturo. L'appartenenza etnica basata sul trinomio Dio-terra-popolo è diventata teologale nel Signore morto e risorto per noi. Abbiamo in comune le radici della Torah autentica, che il Signore ha portato a compimento e dunque ha oltrepassato in un nuovo orizzonte; ma l'ebraismo rabbinico-talmudico e il cristianesimo non sono nemmeno due rami diversi della stessa pianta, come ama dire Rav. Di Segni. L'ebraismo talmudico, è una germinazione 'spuria', mentre il cristianesimo è il virgulto nuovo nato dalla radice di Jesse. Oggi, invece, assistiamo all'ennesima rappresentazione della prosternazione della Chiesa alla Sinagoga.

Possiamo tutt'al più e realisticamente condividere in termini di civiltà e ragionevolezza - che ai cristiani appartengono a pieno titolo - un comune impegno a livello culturale, civico e politico per l'affermazione di valori a rischio, compresi quelli non negoziabili, qualora condivisi; ma le fedi e le radici, per favore non le confondiamo. Altrimenti abbiamo tutto il diritto di sospettare che il vero obiettivo sia il livellamento di tutte le fedi nel Nuovo Ordine Mondiale, verso cui da più fronti e versanti sembreremmo inesorabilmente - e chi l'ha detto e perché poi? - incamminati.

È dannoso diffondere equivoche possibilità su diversi tipi di integrazione (quali poi?), altrimenti si produce solo omologazione e perdita di identità da parte nostra; il che equivale a rinnegare Chi il Signore è e ciò che Egli ha fatto e opera per noi fino alla fine dei tempi. Il problema è che l'affermazione della differenza, che non esclude il rispetto e che dovrebbe essere ovvia per chiunque, viene arbitrariamente e strumentalmente etichettata come istigazione all'odio.

Ci troviamo persino di fronte a un documento della Pontificia Commissione Biblica intitolato “Il popolo ebraico e le sue sacre scritture nella Bibbia cristiana” (2001), che suggerisce che l’attesa messianica ebraica non è vana.
[...]Ma la constatazione di una discontinuità tra l'uno e l'altro Testamento e di un superamento delle prospettive antiche non deve portare a una spiritualizzazione unilaterale. Ciò che è già compiuto in Cristo deve ancora compiersi in noi e nel mondo. Il compimento definitivo sarà quello della fine, con la risurrezione dei morti, i cieli nuovi e la terra nuova. L'attesa messianica ebraica non è vana. Essa può diventare per noi cristiani un forte stimolo a mantenere viva la dimensione escatologica della nostra fede. Anche noi, come loro, viviamo nell'attesa. La differenza sta nel fatto che per noi Colui che verrà avrà i tratti di quel Gesù che è già venuto ed è già presente e attivo tra noi.[...]
È vero che anche noi viviamo nell'attesa; ma si dimentica un elemento non secondario: la nostra attesa è di Colui che è già venuto e siamo pienamente immersi nella dimensione escatologica della nostra fede perché, anche se essa vive il « già e non ancora » di una dinamica cristificante, tutto in Cristo è già compiuto ed Egli, il Primogenito dell'umanità Redenta, siede già alla destra del Padre.

In ogni caso, se dell'affermazione citata possiamo condividere la conclusione attribuendole coordinate esatte (non tanto i tratti di Cristo, quanto Lui in Persona, Vivo e Vero), mi pare decisamente contraddittorio affermare che «l'attesa messianica ebraica non è vana», perché gli ebrei non attendono il Cristo di nuovo venturo nella gloria che noi attendiamo: lo hanno già rifiutato e continuano a rifiutarlo. Dunque, che senso ha un'affermazione del genere? Essa andava molto di moda in un certo ambiente e in quegli anni (all'epoca della nostra aetate) e purtroppo è una moda che sembra consolidarsi e diventare qualcosa di più ; ma cattolicamente, se l'identità cattolica (non di etichetta) ancora esiste, è un'affermazione arbitraria...

Purtroppo non sono inezie, sono macigni ed è per questo che siamo qui; ma non possiamo far altro che denunciare, difendere e pregare.
Non abbiamo il triplice Munus che appartiene ai pastori, molti dei quali se non si sono addormentati, sono orientati in un'altra direzione... Il nostro ruolo è quello dei mozzi in vedetta, delle sentinelle e quel che vediamo vale innanzitutto per noi stessi e poi per coloro a cui lanciamo l'allarme e vogliono raccoglierlo. Il resto è nelle mani del Signore.
La fedeltà del Signore alla Sua Chiesa e alle Sue promesse è l’ultima parola, È la sola certezza che sgombra il campo da ogni pessimismo. E aiuta anche ad accettare talvolta di non capire, perseverando all’ombra delle Sue ali nel calvario della Chiesa.
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1. Sembra che la teologia non sia molto considerata né apprezzata dal nuovo papa, a giudicare da quanto ha detto ai nunzi apostolici : « Nel delicato compito di realizzare l’indagine per le nomine episcopali siate attenti che i candidati siano Pastori vicini alla gente: questo è il primo criterio. Pastori vicini alla gente. « È un gran teologo, una grande testa: che vada all’Università, dove farà tanto bene! Pastori! Ne abbiamo bisogno! Che siano, padri e fratelli, siano miti, pazienti e misericordiosi; che amino la povertà, interiore come libertà per il Signore e anche esteriore come semplicità e austerità di vita, che non abbiano una psicologia da “Principi” ». [Come se un buon teologo, capace di dare profondità ai suoi insegnamenti, non possa essere anche un buon pastore! Come si fa comunque a scindere la teologia dalla pastoralità: prassi ateoretica come la sua? E con quali strumenti pensa di esercitare il compito di "confermare nella fede"? Sempre più sconcertante].
2. (Già detto, ma giova ripetere) Sgombriamo il campo da ogni equivoco escludendo ogni rapporto tra l'antisemitismo inteso come odio razziale che non si identifica solo con quello nazista e l'antigiudaismo cristiano, che ha carattere esclusivamente religioso e riguarda una contrapposizione teologica sul riconoscimento del Messia nella persona di Gesù e non fomenta alcun odio né disprezzo, segna una semplice differenza identitaria dal punto di vista religioso. Il cristianesimo si innesta sulle stesse radici; ma si sviluppa in un diverso orizzonte escatologico. Quando si parla di giudaismo in riferimento al cristianesimo, bisogna intendere il giudaismo puro, con esclusione di quello spurio, che condanna e maledice i notzrì (cioè i cristiani). Questo ha inizio con l'esilio in Babilonia e sfocia, a partire dall’Assemblea di Yavne dopo la distruzione di Gerusalemme, nel giudaismo talmudico o rabbinico, che si è sviluppato contemporaneamente al cristianesimo in una netta differenziazione reciproca. Il cristianesimo, più che una 'forma' di giudaismo, ne è il compimento, nella Persona di Cristo, nei 'tempi ultimi' e nella Creazione Nuova da Lui inaugurata. E non è pertinente giocare sull'amalgama diffamatorio cristiano= antisemita facendone un miscuglio al passaggio anti-giudaico= anti-semita. In particolare, poi, in riferimento al nazismo, si ignora completamente che, se Hitler giunse al potere in una Germania originariamente cristiana, occorre fare una netta distinzione tra il cristianesimo dei protestanti e il cattolicesimo. Riguardo poi a fenomeni di antisemitismo, perché non fare un opportuno parallelismo tra il comportamento degli attuali fondamentalisti islamici e quello dei protestanti degli anni 30, invece di vedere l'antisemitismo tra i cattolici?

19 commenti:

Angelo ha detto...

Non ha tempo per la nona di Beethoven, ma per ammorbarci con le sue melense castronerie sì. Secondo voi, se uno non ha l'intenzione di fare il papa, è papa?

don Camillo ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Gederson ha detto...

"Anche noi, come loro, viviamo nell'attesa. La differenza sta nel fatto che per noi Colui che verrà avrà i tratti di quel Gesù che è già venuto ed è già presente e attivo tra noi.[...]"

Mic,

Qui è importante ricordare che prima della seconda venuta di Gesù verrà l'Anticristo che gli giudei hanno di accetare nel luogo del Messia.

Forse se può aggiungere che se l'unica differenza è che Colui che verrà avrà i tratti di quel Gesù che è già venuto ed è già presente e attivo tra noi, quindi, anche noi crediamo che Gesù ritornerà per la seconda volta per governare il mondo attraversò Israele? I giudei non credono che il messia sarà il restauratore della casa di Davide e che regnarà sul mondo intero?

Anonimo ha detto...

Un'altra 'perla' da Santa Marta:
La Chiesa, ha soggiunto, deve ascoltare la Parola di Gesù e farsi voce, proclamarla con coraggio. “Quella – ha detto – è la Chiesa senza ideologie, senza vita propria: la Chiesa che è il"mysterium lunae", cha ha luce dal suo Sposo e deve diminuire, perché Lui cresca”:

La Chiesa non è Sacramento, corpo mistico di Cristo? In cosa deve diminuire se riceve tutto da lui ed è anche di lui portatrice?
Non è che confonde la Chiesa con gli uomini di Chiesa?
Non è grave che non ci sia nessun teologo, che stranamente disprezza, a chiarire certi svarioni?

Anonimo ha detto...

Non sono un po' troppe le cose e le categorie, che esemplarizza in maniera categorica e tranchant, che disprezza?
Non è che forse è proprio lui che rappresenta una chiesa ideologizzata, che sta de-formando in base alla sua persona, oscurandone l'universalità e dunque la cattolicità?

Anonimo ha detto...

Costa molto dire o anche solo pensare certe cose.
Mi ero ripromessa di tacere. Ma una reazione si impone.
Se esagero avvertitemi.
Don gianluigi mi invitava ad accogliere con maggiore benevolenza dandogli ancora del tempo. Ma, a prescindere che le critiche non sono malevole ma nascono da travisamenti della verità, che si impongono ad una coscienza e a un cuore credenti, più passa il tempo, maggiori sono i danni. E forse una reazione può servire a svegliare qualcuno

Marco Marchesini ha detto...

Vorrei porre alla vostra riflessione il testo inaccettabile del catechismo degli adulti della CEI:

http://www.educat.it/indiceTematico/indice_tematico.jsp?tipoTesto=CDA&l=E&p=EBREI

Quello che mi fa riflettere è che un testi simile pieno di errori teologici è destinato all'educazione dei cattolici.

RIC ha detto...

Secondo alcune notizie circolate ieri, Francesco non avrebbe partecipato al concerto perché si sarebbe accorto (probabilmente all’ultimo momento) che era stato sponsorizzato da Finmeccanica, ossia da una società che produce armi. In effetti io stesso, nel vedere la diretta del concerto, ero rimasto stupito per il fatto che il presidente di Finemccanica Venturoni fosse seduto in una delle primissime file e non me ne spiegavo il motivo. Tuttavia, quand’anche il motivo fosse questo, ciò non serve a scusare il gesto di rara scortesia che il Vescovo di Roma ha avuto nei confronti dei presenti (e degli orchestrali in primis).

Sul fatto che i vescovi non devono essere “principi” il sito spagnolo la Ciguena de la Torre riporta un commento - parte ironico, parte molto serio - del suo curatore che scrive : “forse, l’origine argentina, paese dove non ci sono principi, è il motivo per il quale (il Papa) non ha chiaro chi siano (i principi) e quale la loro mentalità”. Ed aggiunge: “i difetti dei nostri vescovi sono altri. Il despotismo, la timidezza, il consentire tutto ciò che non si dovrebbe, l’abbandono in cui versano le diocesi, la burocratizzazione, il circondarsi di persone sbagliate alle quali viene consegnato il potere per tenersele buone, l’allontanamento dal clero e dai fedeli. Ma tutto ciò non ha niente a che vedere con i principi quanto piuttosto con caudillos da Repubblica delle banane…

Termino segnalandovi un commento di don Ariel Levi di Gualdo sui primi cento giorni del “pontificato”
http://www.conciliovaticanosecondo.it/articoli/i-primi-cento-giorni-di-governo-di-papa-francesco/

RIC ha detto...

Dimenticavo (e scusatemi per queste continue segnalazioni). Date uno sguardo a questa lettera pubblicata da Magister: andrebbe incorniciata

http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2013/06/24/lo-sconcerto-del-concerto-rifiutato/

Anonimo ha detto...

Su commento di RIC osservo che resta comunque il problema su un evento legato all'anno della fede sponsorizzato da interlocutori poco consoni al Vaticano. E non è che col suo gesto, che resta comunque avventato e inopportuno - del quale andavano ponderate le conseguenze - il papa ha risolto il problema. E, finora, non ne abbiamo visto risolto uno della Curia?
E' presto? Vediamo tuttavia che non è presto per troppi gesti, che se fossero solo anticonformisti, potrebbero avere una migliore giustificazione.

Anonimo ha detto...

Dal link a Magister, che dà voce ad un lettore, evidentemente condividendo:

Caro Magister,
purtroppo l’aver deciso, all’ultimo momento, di non presenziare alla Nona Sinfonia di Beethoven diretta da Juraj Valčuha con l’orchestra della RAI e il coro dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia – proposta per l’Anno della fede dal pontificio consiglio per la nuova evangelizzazione – non è un gesto “profetico”, dato e non concesso che si debba continuare ad usare a vanvera questo termine.
Papa Jorge Mario Bergoglio appare ancora lontano dal cogliere di non esser più uno dei tanti vescovi cattolici del mondo che operano in una sfera locale con effetti locali.
In una diocesi, un pastore di forte personalità, che abbia un comportamento pubblico brusco, può farsi facilmente perdonare o può semplicemente disinteressarsi di essere perdonato. I gesti “romani” di un papa hanno invece poca rilevanza per Roma come tale, avvezza ad altro, ma molta per il mondo.
Ora, lasciare la propria sedia vuota in faccia agli artisti e, non secondariamente, dinanzi a Beethoven, perché “si ha da lavorare” (non da dispensare l’amministrazione urgente di un sacramento, ma “da lavorare”) non è comunque un gran segnale; si pone tra una certa drasticità efficientistica e una certa sordità culturale.
L’ascolto della Nona è sempre di nutrimento spirituale – secondo la spiritualità propria delle arti – e anche i papi ne hanno bisogno. È possibile che papa Bergoglio si annoi ai concerti: con la sua franchezza potrebbe dirlo, così eviterà di essere atteso e di farsi inutilmente riservare la poltrona di onore. Ma che ritenga l’assistere a un concerto cosa “da principe rinascimentale” (se è vero che ha detto qualcosa del genere) fa filialmente sorridere. Magari! Ma da due secoli i concerti sono un prevalente consumo borghese, avidamente praticato anche dalle diverse élites rivoluzionarie e popolari, e da tempo democraticamente dispensato. Nihil obstat.
A mio avviso non è utile all’immagine, in costruzione, di papa Francesco che vi si aggiungano tasselli di questo genere, tra umoralità e poco riguardo per le forme. Non solo perché anche le persone estranee alle “favelas” hanno diritto al rispetto; non solo perché molti poveri vorrebbero poter assistere a un concerto, ben diversamente da condannare un papa perché vi assiste (mi chiedo spesso se chi ‘ama i poveri’ sappia veramente cosa significa sentirsi tale, e quanto un povero desideri non esserlo più); ma anche perché il continuo equivoco su gesti “profetici” sta alimentando le pericolose fantasie di chi spera in una rapida metamorfosi e dissoluzione simbolica e pubblica del papato e, in generale, in una cosiddetta ‘altra Chiesa’.
E questo non è né il “munus” – certamente no – né l’intento di questo papa.
(Lettera firmata)

Anonimo ha detto...

Caro Marco,
grazie della segnalazione.
L'inganno è tutto qui. e nelle contraddizioni, evidenti, ma purtroppo non chiare per l'estensore del testo che, purtroppo ancora, è perfino 'didattico'.
Son tutti elementi che ho confutato nell'aticolo

Queste sono le voci attuali della Chiesa. La fedeltà alla verità, momentaneamente è, apparentemente e almeno nell'ufficialità, 'senza voce'...

"Gli ebrei in gran parte non hanno accettato il vangelo; ma il ruolo di Israele permane nella storia della salvezza. Secondo l’immagine usata da Paolo, sono rami tagliati dall’olivo; ma rimangono della sua stessa natura, partecipano ancora della sua santità: «Sono amati, a causa dei padri, perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili» (Rm 11,28-29).
L’antica alleanza «non è mai stata revocata», ma perfezionata dalla nuova. Gli ebrei, intimamente solidali con la comunità cristiana, rimangono popolo di Dio. Congiunti pertanto al mistero della Chiesa, che ha la pienezza dei mezzi di salvezza, cooperano anch’essi all’edificazione del regno di Dio; svolgono «un servizio all’umanità intera». Non si può parlare di due vie parallele di salvezza, ma neppure di sostituzione di una con l’altra."

Angelo ha detto...

L'idea della Vecchia Alleanza ancora valida, oltre che una contraddizione, può essere qualificata a rigore come eresia?

Anonimo ha detto...

... Lo stile pontificale (Bergoglio direbbe: vescovile-romano) ha una precisa faccia: quella palpabile e populistica, audiovisiva e spettacolare, che in pochi giorni ne ha fatto un big e un divo di prima grandezza nella coscienza immediata dell'homo videns («ma è uno come noi_»). I suoi gesti, le sue improvvisazioni, le sue parole, le sue mosse sono subito divenuti archetipi populistici: il rifiuto delle divise, degli emblemi e degli arredi liturgici preziosi, l'appartamento modesto fuori del Vaticano, i baci e gli abbracci a tutti, ...

http://www.italiaoggi.it/giornali/dettaglio_giornali.asp?preview=false&accessMode=FA&id=1831567&codiciTestate=1

Anonimo ha detto...

Quanto alla mancata partecipazione al concerto per il presunto motivo della presenza di Finmeccanica...etc... Ma quante volte riceve, bacia, saluta e benedice le medesime e affini personalità politiche e non, capi si stato e ministri...che fanno le stesse cose e peggio...senza che nei comunicati della sala stampa se ne faccia cenno? Dirà loro qualche parolina? ...
Non credo che il motivo sia questo. Va ricercato altrove.

Anonimo ha detto...

L'idea della Vecchia Alleanza ancora valida, oltre che una contraddizione, può essere qualificata a rigore come eresia?

Se non è un un'eresia, una forzatura - operata con argomentazioni sofistiche di stampo prettamente rabbinico ;) - lo è di sicuro!

Angelo ha detto...

Quanto alla mancata partecipazione al concerto per il presunto motivo della presenza di Finmeccanica...etc... Ma quante volte riceve, bacia, saluta e benedice le medesime e affini personalità politiche e non, capi si stato e ministri...che fanno le stesse cose e peggio...senza che nei comunicati della sala stampa se ne faccia cenno? Dirà loro qualche parolina? ...
Non credo che il motivo sia questo. Va ricercato altrove.


Verissimo.

Anonimo ha detto...

Mi segnalano, ma non conosco la fonte citata (il libro di Bergoglio), che tra gli scritti del nuovo Papa, Salani ha di recente pubblicato il libro conosciuto come "El jesuita" col titolo "Il nuovo papa si racconta".
Da questo testo emergerebbe che la musica classica (compreso Beethoven) sarebbe amata dal papa stesso.

Non so dire (non ci sono tutti gli elementi) se il gesto del papa sia umorale o abbia motivazioni che non conosceremo mai. Resta in ogni caso un gesto (amore o meno che lui abbia per la musica classica) rude oltre che enigmatico. E forse sono i due aggettivi che più gli si addicono per come posiamo conoscerlo fino ad ora.

rocco ha detto...

leggendo qua e la vedo che il discorso del papa inizia con "shalom!".... ai fratelli maggiori li saluta con shalom ai cattolici con buonasera.