Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

giovedì 20 giugno 2013

Brevi (e vaghi) accenni di Francesco alla posizione della Chiesa sulla vita. E alcune considerazioni generali di Le Figaro

La stampa francese si è pronunciata sul recente discorso del Papa ai parlamentari francesi.
Possiamo riscontrare con tutta evidenza, in questo articolo di Le Monde del 18 giugno, una visuale contenente tutte o o quasi le più trite espressioni e sottolineature strumentali improntate a quella che Le Figaro - cogliendo con maggior realismo l'aspetto più evidente del fenomeno mediatico cui assistiamo allibiti dal 13 marzo - chiama papamania in via di affievolimento, ma col punto interrogativo...
Scrive, infatti, con un'analisi più dettagliata, Le Figaro, utile come carrellata che tocca molti punti caldi e esprime alcune indicazioni, anche se è piuttosto superficiale:

Eletto a sorpresa il 13 marzo scorso, Francesco provoca un grande entusiasmo all'esterno della Chiesa. Ma, in ambito cattolico, sono molti ad interrogarsi sulla strada che vuole tracciare.

Si tratta della principale novità dopo l'elezione. Il fossato che separava la Chiesa cattolica dall'opinione pubblica sembra ridursi a favore di un papa molto popolare e anticonformista. Due indicatori oggettivi dimostrano questo avvicinamento: il numero di partecipanti alle udienze papali del mercoledì è pressoché quadruplicato. Da una media di 25.000 persone, la frequenza sfiora le 100.000 persone. E questa nuova folla che invade piazza San Pietro innanzitutto non è religiosa, né «cattolica» in senso stretto, mais curiosa di vedere da vicino l'uomo in bianco. Al punto d'essere talvolta magnetizzata dal suo carìsma di semplicità. Secondo indice misurabile: l'account Twitter del Papa, lanciato per par Benedetto XVI con due milioni di abbonati, ha più che triplicato la sua audience. È vicino ai sette milioni e continua a salire. Segni di una riconciliazione della Chiesa col mondo? Alcuni ne dubitano e predicono l'affievolimento della papamania. Per quanto superficiale, essa tuttavia potrebbe essere durevole perché fondata su uno stile personale e non su un insegnamento.

Cos'ha fatto concretamente in 100 giorni?
A parte le nomine di routine, papa Francesco non ha ancora preso decisioni fondamentali. La sola che potrebbe rivelarsi importante è la creazione di una commissione di otto cardinali, scelti non per la loro competenza in tema di organizzazione, ma per rappresentare tutti i continenti e tutte le sensibilità nella Chiesa. Il papa ha affidato loro la missione de preparare la riforma della curia. Ma senza far loro pressioni, poiché la prima riunione romana è fissata per ottobre. Questa riforma del governo della Chiesa, il Papa la vuole «radicale e profonda», secondo chi gli è vicino. Egli dunque intende prender tempo e lascia pensare che colpirà energicamente. Da qui la sua attuale strategia: immersione in un sistema che detestava tanto da non venirvi quasi mai  - era uno dei meno «romani» di tutti i cardinali -, consultazioni e osservazione.

Su cosa dunque insistono le sue prese di posizione?
Questo papa parla molto. Ogni mattina, un'omelia, lettere ad amici, confidenze a destra e a sinistra, che finiscono per essere pubblicate. Parla spesso a braccio, lasciando da parte i discorsi scritti dai collaboratori. Molta totale improvvisazione e abbondanza di piccole frasi mirate e pungenti. Questo gesuita è un predicatore nato, non un teologo. Espone una mistica dell'azione per una conversione radicale. Giovanni Maria Vian, direttore de L'Osservatore Romano, riassume i quattro cardini del discorso di Francesco: «Parlare di Dio in termini di misericordia e tenerezza ; invitare all'impegno cristiano concreto; adoperarsi per la semplificazione sua e della Chiesa ; rivolgersi alle persone che sono nella periferia del cristianesimo.» Un problema, tuttavia: attualmente, lo stesso Vaticano raramente sa con certezza se il Papa s'è espresso a titolo personale o se i suoi discorsi sono rivestiti di autorità magisteriale .

C'è un problema col Papato?
«Papa» è una parola che Francesco pronuncia con parsimonia come se volesse evitarla. Le preferisce «vescovo di Roma» che designa la sua primaria responsabilità di «successore di Pietro». Un vescovo, dunque tra gli altri, anche se, canonicamente, è «il primo» tra essi, primus inter pares. Il fatto più spettacolare è il suo rifiuto - confermato - di abitare l'appartamento ufficiale ddel papa- egli evita anche Castel Gandolfo per questa estate - e risiede come semplice vescovo nella casa Santa-Marta, l'ostello del Vaticano. Il che fa dire ad alcuni che egli «non è ancora entrato nella sua funzione». Mentre altri, piuttosto inquieti, deplorano la «desacralizzazione della sua funzione papale». La storia della Chiesa rivela peraltro molteplici modalità di esercizio della funzione. Ci sono stati anche dei papi itineranti. Francesco, in effetti, riforma il papato. Sa ciò che non vuole più. Ma, pragmatico su questo piano, non sa ancora dove va.

È in conflitto con la curia?
La curia romana, è l'amministrazione centrale della Chiesa. Dopo cento giorni, è mal messa perché il nuovo papa ha rifiutato di lasciarsene circoscrivere. Egli ne è il capo gerarchico, ma vive una sorta di vita parallela, ai margini della struttura. Ciò contraddice ogni usanza. Indebolisce l'autorità dell'organizzazione. Essa tossisce, educatamente, si sgola perfino, ma in silenzio perché «il Papa è il Papa», egli è sovrano. Viene mal compreso, ad esempio, il fatto che Francesco abbia affidato il dossier della riforma della curia ad una commissione di cardinali uno solo dei quali conosce il suo funzionamento… Anche il probabile arrivo di un consigliere tedesco nel'organizzazione, un profano, della società di consulenza McKinsey, fa aggrottare le sopracciglia. Un braccio di ferro cortese, ma molto fermo si è dunque instaurato. Tuttavia Francesco agisce per mandato: i cardinali lo hanno eletto perché non si pieghi e riesca, infine, a riformare la curia. 

Ha dei nemici?
La questione è cruda ma reale. Lo stile untuoso e felpato di alcuni prelati non significa che essi siano neutrali o inerti. Il parlar-chiaro di papa Francesco non lascia indifferente nessuno. All'interno, suscita alcune lodi ma non pochi interrogativi e critiche perché il suo stile e i suoi discorsi che hanno sedotto all'inizio cominciano a scombussolare. Da questo a parlare di nemici ce ne corre, ma il rischio di vede costituirsi un'opposizione tacita e passiva, alla sua volontà di riforma e al suo richiamo alla radicalità evangelica senza troppi riguardi per una certa preziosità cattolica, soprattutto nella liturgia, non è una ipotesi. Questo papa dice di preferire «commettere degli errori» piuttosto che non agire. Ma la sua cultura latino-americana può urtare. Disorganizzata e intensa, non usa i guanti quando ha qualcosa da dire: non ha infatti trattato i vescovi italiani da «carrieristi» e da «funzionari pigri» abbracciandoli tutti, uno ad uno, successivamente. Oggi dunque, non ha che amici...

Ha un problema con il denaro?
I salariati laici, spesso modestamente pagati dal Vaticano, non hanno sempre compreso perché Francesco ha loro rifiutato la tradizionale gratifica  - pertanto prevista nei conti - di 500 euro per l'elezione del papa. Lo stesso, i cinque cardinali membri della commissione di vigilanza della banca del Vaticano hanno dovuto rinunciare ad una premio annuale e individuale di 25.000 euro. Regna infine un dubbio sulla persistenza della banca, l'Istituto delle opere di religione (IOR), riacceso da una nuova allusione di papa Francesco, la seconda in tre mesi: «San Pietro non aveva conti in banca»… Dalla sua elezione, Francesco aveva espresso il suo sogno di «una Chiesa povere, per i poveri». Consapevole della necessità di denaro per la missione, egli tuttavia vuol ridurre al minimo le spese strutturali del Vaticano. Ma fin dove può arrivare senza indebolire la capacità dell'istituzione?

È un papa di sinistra?
A Buenos Aires, si rimproverava al futuro papa Francesco di preferire i preti stabiliti nelle periferie più povere. Ne spiega il perché in un eccellente libro, Sulla terra come in cielo (Robert Laffont): «I preti delle bidonvilles hanno imposto un cambiamento nelle mentalità e nel comportamento delle autorità ecclesiastiche» Inoltre era conosciuto, presso i Gesuiti, come un «conservatore». Dopo la sua elezione, il suo insegnamento dottrinale e morale, molto classico - osa parlare del «diavolo» - rassicura gli ambienti tradizionalisti. Occorrerà dunque attendere la sua prima enciclica sulla «povertà» per farsi un'idea più giusta di questo papa di sensibilità sociale ma inclassificabile.

È in rottura con Benedetto XVI?
Il papa emerito ha detto recentemente di «star bene». Egli prega e studia. Riceve anche e non vive nell'isolamento. Si dice che Francesco dedica molta attenzione al suo predecessore. Lo consulta? Impossibile da verificare, ma non è improbabile. Esiste dunque, da questo punto di vista, una continuità. Nello stesso tempo fondamentalmente. Papa Francesco non è un progressista. La sorpresa, per contro, viene dall'interpretazione del concilio Vaticano II. Tutto il pontificato di Benedetto XVI è consistito nel conciliare coloro che tendono al «progressismo» con l'alta «tradizione» della Chiesa. Ma con Francesco, che cita Paolo VI più che altri papi e pensa ad un progetto di «sinodo permanente» perché la Chiesa sia governata in «sinodalità», dunque collettivamente, attraverso i vescovi, è in opera un certo «spirito del concilio», combattuto da Benedetto XVI…

Quando passerà all'azione?
Molti considerano che «il battesimo del fuoco» soprattutto nella sua dimensione internazionale e dunque in tutta l'ampiezza del magistero papale - e non soltanto tra le mura di Roma dove gli si rimprovera di «fare il parroco ma di non fare il Papa» («fa il parroco, non fa il papa») - arriverà in occasione della  GMG di Rio in Brasile. Egli è atteso dal 23 luglio. Fu, del resto, il caso di Benedetto XVI, eletto in aprile 2005. Ci fu per lui uno scatto con la GMG di Colonia l'estate seguente. Ci sono altri che sottolineano che il Papa, innanzitutto capo spirituale, ha già «fatto» molto attraverso la sua sola testimonianza toccando «i cuori di moltitudini di non credenti» e che «è l'essenziale» della missione della Chiesa. Altri ancora lo attendono al varco dopo le due dichiarazioni su «la corruzione» o le «lobby gay» in Vaticano. Tante sfide: ma cento o anche mille giorni basteranno?
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]

6 commenti:

MICHELE ha detto...

Io sapevo che "Primus inter pares era la opinione degli ortodossi scismatici.
Per la dottrina cattolica tradizionale il Papa dovrebbe essere "Primus super pares".
Salvo una smentita tratta dal magistero infallibile.

Cinghiale ha detto...

Insomma, il "meglio" deve ancora venire...

Amicus ha detto...

"Io sapevo che 'Primus inter pares' era la opinione degli ortodossi scismatici."

Già. Ma tutto il problema sta nel fatto che è anche l'opinione dei neomodernisti che da cinquant'anni governano la Chiesa...

Anonimo ha detto...

Già. Ma tutto il problema sta nel fatto che è anche l'opinione dei neomodernisti che da cinquant'anni governano la Chiesa...

E mentre prima era in qualche modo 'moderato' o forse anche 'mascherato', oggi è divenuto ormai cosa normale per chi si è lasciato 'mitridatizzare' nell'infausto ultimo cinquantennio...

Mauro ha detto...

E' il cardinale Montezemolo l'esperto della dottrina del "primus inter pares" e dei relativi segni araldici.

Concordo con "cinghiale". Spetta spetta il seguito della storia bergogliana... Lo vedremo come Paolo VI ridotto a chiedere di riconoscere il suo posto nella Chiesa?

Anonimo ha detto...

Il discorso delle consultazioni tra i due papi (strano dover dire così) lascia il tempo che trova, perchè i suoi consulenti Bergoglio li ha già.