Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

mercoledì 19 giugno 2013

Un sostegno più concreto e diretto ai cristiani del Vicino Oriente. E maggior dignità e consapevolezza di sé da parte della Chiesa

Riprendo la notizia da
Radio Vaticana oggi. Non si parla mai abbastanza di quel che soffrono i cristiani nei paesi che sono stati culla della nostra fede. Essi oggi sono in  piena diaspora, ma soprattutto soffrono di persecuzioni continue, a fronte di chi si ostina ad un dialogo unidirezionale che, oltre a rappresentare una contraddizione, si risolve in un monologo, che genera disprezzo da parte dell'interlocutore e non arriva da nessuna parte. Rispetto, dignità e reciprocità dovrebbero essere le parole chiave di ogni dialogo.
Il problema ha già suscitato diversi spunti di riflessione sul blog. Metto alcuni link per chi volesse ricavarne possibili approfondimenti: quiqui - quiqui - qui - qui - qui - qui - qui - qui

Il blog francese Le Forum Catholique così commenta, riportando una significativa dichiarazione del Patriarca che non troviamo sul testo di Radio Vaticana pubblicato di seguito:
Mons. Louis Raphaël I Sako, patriarca di Babilonia dei Caldei torna sulla situazione dei cristiani in Iraq, sul ruolo « storico » e più rilevante, cui essi sono chiamati in favore della riconciliazione e della pace. Egli richiama la Santa Sede ad un sostegno più concreto e diretto dei cristiani in Medio Oriente, denuncia la posizione occidentale in Siria ed in Iraq, e rigetta definitivamente il dialogo islamo-cristiano così come è stato portato avanti per decenni:
« Io credo anche che il dialogo con i musulmani ora debba cambiare. Ho una lunga esperienza. Talvolta si utilizzava il Corano, i dati dell’Islam per condurre un dialogo islamo-cristiano. Oggi, essi, si aspettano da noi che presentiamo la nostra fede com'è, senza compromessi, e senza cercare di renderla, diciamo, un po' più compatibile con i loro concetti. Dunque, dire, per me, come cristiano, come credo che Cristo è il Figlio di Dio ! E non utilizzare versetti coranici o parole della tradizione musulmana ».

Sono iniziati ieri mattina in Vaticano, i lavori della 86.ma Assemblea plenaria della Roaco, la Riunione Opere Aiuto Chiese Orientali. L’evento si concluderà domani, giorno in cui i partecipanti alla plenaria saranno ricevuti in udienza da Papa Francesco. 

L’inizio dei lavori è stato preceduto dalla Messa presso la chiesa romana di Santa Maria in Transpontina, presieduta dal cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali e presidente della Roaco. All’assemblea prende parte anche il Patriarca caldeo, Raphael I Sako, che al microfono di Manuella Affejee si sofferma sulla situazione dei cristiani in Iraq:

R. – La situazione è molto complicata. Adesso, c’è un miglioramento in Iran. In Siria e in altri Paesi, però, si ripercuote la situazione irachena. Purtroppo, l’esodo dei cristiani continua e noi ci sentiamo un po’ isolati: nessuno ci appoggia. L’unico appoggio spirituale, morale e anche politico che possiamo ricevere è da parte della Santa Sede. La riconciliazione: bisogna aiutare questi cristiani a giocare un ruolo cruciale nella vita sociale e politica. Questo è, dunque, molto importante. Non serve solo una presenza diplomatica. Ci sono delle sfide da affrontare. Se dovesse continuare l’esodo, in questi Paesi non ci sarebbero più cristiani. È veramente una grande perdita. E perché l’Unione Europea invece di far arrivare i cristiani nei suoi Paesi – cosa molto costosa – non li aiuta a rimanere lì e non fa qualche progetto? Strade, alloggi per le famiglie povere, un dispensario...

D. – Lei lavora molto a favore della riconciliazione, quale può essere il ruolo dei laici cristiani in Iraq?
R. – Nel Medio Oriente, c’è la mentalità del sospetto e questo gioca molto. Si sentono, dunque, cose talvolta ingiuste e c’è un muro fra le persone. Quando si parla faccia a faccia, però, tutto viene risolto. Bisogna preparare la gente. Anche il primo ministro mi ha detto: “Voi cristiani potete fare tanto e siete preparati come cristiani”. Penso che per noi sia una grande prestazione: noi siamo lì per costruire ponti, ma abbiamo anche bisogno di essere aiutati e supportati. Esiste un dialogo con le autorità musulmane, soprattutto nella vita, ma c’è pure un dialogo teologico. Forse, c’è bisogno di tutto un lavoro nei media, per spiegare la fede cristiana, la tradizione cristiana, il ruolo dei cristiani e la cultura cristiana.

D. – Proprio un rinnovamento del dialogo tra musulmani e cristiani, un approccio più diretto...
R. – Io penso che i cristiani in Medio Oriente siano più preparati ad un dialogo “serio” e non, dunque, ad un dialogo accademico, che questi occidentali che hanno studiato nelle università. Quella è una cosa teorica. Per noi, invece, c’è la teoria, ma c’è anche la prassi.

4 commenti:

RIC ha detto...

Intanto le ragzze egiziane di fede copta vengono rapite per scopi facilmente immaginabili ( http://vaticaninsider.lastampa.it/nel-mondo/dettaglio-articolo/articolo/copti-coptos-copts-chiesa-igleisa-church-25741/ ) mentre i cristiani di Siria dicono basta a certi gesuiti
( http://vaticaninsider.lastampa.it/nel-mondo/dettaglio-articolo/articolo/siria-syria-siria-25767/ )

Anonimo ha detto...

Chi se ne preoccupa, RIC?
Non è facile, d'accordo. Ma almeno basta con i calamenti di braghe... e sempre nel rispetto, naturalmente, ma sempre con verità, dignità e reciprocità.

Anonimo ha detto...

Anche dei cristiani in Siria e in Egitto non si parla e poco si conosce. Quel poco e' relegato in siti di nicchia.

Non possumus ha detto...

Nessuno parla delle ragazze copte, probabili vittime di rapimenti e di matrimoni forzati da parte dei fondamentalisti islamici?

secondo Vatican Insider:
...
Un’associazione, chiamata Association of Victims of Abduction and Forced Disappearance (AVAFD) non cessa di cercare di dare voce alle vittime di una pratica che con la caduta del regime di Mubarak ha assunto caratteristiche sempre più gravi.

Ibraam Lewis, fondatore dell’associazione, dichiara: “L’associazione ha sporto 45 denunce presso il Procuratore Generale, e ha presentato un memorandum alla giunta militare durante il periodo di transizione, oltre al memorandum presentato al ministro degli Interni”. Inoltre ha organizzato tutta una serie di incontri di sensibilizzazione al problema, in particolare con Hossam Ghiryani, presidente del Consiglio nazionale per il diritti umani, con membri del Consiglio stesso e con membri del Consiglio della Shura, l’autorità consultiva dei governatorati.

Le cifre offerte da Lewis sono impressionanti: l’Associazione avrebbe registrato circa 500 casi di rapimenti di ragazze copto-cristiane nel periodo che è seguito alla “rivoluzione”. In almeno un caso, testimoniato da un giornalista francese, una delle ragazze, rimasta per sessanta giorni in mano dei suoi rapitori, ha subito l’asportazione della croce tatuata sulla sua mano.