Se i principi della democrazia sono democratici vuol dire che sono decisi a maggioranza e le maggioranze possono cambiare. Ma che principi sono dei principi che cambiano? Se invece i principi non cambiano, allora non sono decisi a maggioranza. La democrazia sta in piedi solo se si fonda su cose che la precedono e che non si decidono a maggioranza.
La concezione della storia europea come caratterizzata dalle guerre di religione, messa così come fa la dottoressa Battaglia interpretando Rumelin è piuttosto ingenua. La ragione politica che avrebbe dovuto portare la pace dopo le guerre di religione non solo ha portato le stragi di regime e la sistematica soppressione violenta dell’avversario come durante la Rivoluzione Francese, ma ha portato anche una nuova religione, quella della ragione politica erta a suprema verità assoluta. Senza religione, la politica si fa religione, e sono guai per tutti. La ragione politica erta a suprema verità assoluta è anche quella che oggi pianifica in grande scala l’uccisione di esseri umani tramite l’aborto e vorrebbe riplasmare per via amministrativa la natura umana con l’ideologia del gender. Ad avere previsto questa deriva sono stati molti spiriti avveduti, cattolici e laici, da Del Noce a Giovanni Paolo II, da Chesterton a Dawson, da Adorno ad Horkheimer, da Tocqueville a De Corte, da Pio IX a Talmon. Questo bisognerà pure spiegarlo o ci si vuole scaricare di ogni responsabilità gettandola sulle guerre di religione di cinque secoli fa?
C’è democrazia e democrazia. La democrazia liberale è senz’altro contraria al cristianesimo in quanto è una specie di totalitarismo nascosto, come dice Giovanni Paolo II nella Centesimus annus. Ci può essere una democrazia che va d’accordo col cristianesimo, se accetta che non sia il conto delle mani alzate a decidere i principi. La democrazia che pensa questo è già totalitaria e, come diceva Horkheimer, non farà distinzione tra vittima e carnefice. E come si può non pensare così se non mettendo le cose sacre ed assolute in mano non a delle assemblee più o meno prezzolate ma a Dio? E a quale Dio se non a quello che, creato l’uomo a sua immagine, lo ha voluto libero nella verità?
La democrazia ha dei principi, sembra dire la dottoressa. E da dove li deriva? Se li deriva da qualcosa che sia extra democratico potrebbe essere accusata di essere una democrazia non democratica. Se li deriva da una decisione presa democraticamente essi non possono essere principi, ma avranno sempre l’instabilità di convenzioni che possono anche essere cambiate. Ciò vale anche per i famosi diritti umani. In questo caso la democrazia sarebbe senza principi ed allora è certo che non sarà democratica ma totalitaria. La democrazia non può sfuggire al tema dei suoi fondamenti che però, per essere tali, non possono essere stabiliti democraticamente. E’ qui che essa ha bisogno della religione e in particolare della religione “dal volto umano”, quella nella quale la ragione politica si riconosce meglio e di più, solo che voglia veramente adoperare la ragione, che invece nelle democrazie liberali è sottostimata e scivola nel relativismo.
La democrazia, specialmente la democrazia liberale, ha i suoi dogmi e li impone spesso con violenza. Essi si fanno più gravi quanto maggiormente vengono espunti i dogmi religiosi, perché il dramma di un dogma non è di essere un dogma, ma di essere un dogma solamente umano.
Stefano Fontana
[Fonte: Vita Nuova Trieste]
7 commenti:
@ Interessanti riflessioni sul tema della Democrazia
Di prima intenzione penso si possa rilevare che:
1. Merita attenta riflessione lo spunto offerto gia' dal titolo ossia che "i principi della democrazia non possono essere democratici, altrimenti non sarebbero principi". Perche'? E'giusta o sbagliata quest'idea? IL punto che essa vuol affermare mi sembra questo: il "principio" di una determinata realta' non puo' essere stabilito a maggioranza perche' deve inerire alla cosa stessa, inquanto suo elemento fondante o costitutivo. Ma il principio della democrazia non e' quello stesso del prevalere della maggioranza di chi deve decidere? Da qui la difficolta': che il principio stesso della maggioranza non dovrebbe esser stabilito a maggioranza. E come, allora? Sulla base della recta ratio, del senso comune?
Anche negli organi di istituzioni che non si reggono sul principio democratico, come la Chiesa, si applica in certi casi il principio della maggioranza, p.e. nei sinodi o concili, anche ecumenici. La Chiesa ha sempre ricercato l'unanimita', almeno morale, per le delibere collettive su materie concernenti la fede e i costumi e tale unanimita' morale la si considerava raggiunta quando si fossero superati almento i due terzi dei voti favorevoli, se non erro. la validita' in certi casi del principio della maggioranza risulterebbe allora dalla natura stessa della cosa, essendo impossibile attuare l'unanimita' per ogni decisione di un organo collettivo che debba decidere. Storicamente, c'e'il caso clamoroso della Dieta polacca che nel Seicento poteva decidere solo all'unanimita', il che provoco' alla fine una spaventosa anarchia e la fine della liberta' della Polonia.
2. Cio' permette allora di distinguere tra democrazia come forma di governo, di tipo costituzionale (liberalismo costituzionale, ottocentesco) regolato da norme precise e democrazia come forma di vita, che e' la democrazia di massa attuale, la quale rappresenta in realta' la decadenza della democrazia ed in una forma ormai estrema. Quest'ultima sarebbe "totalitaria", come tendenza (termine comunque da specificare bene).
3. Non conoscendo le citate critiche alla religione per via delle guerre di religione del passato, ma immaginandone il contenuto, ritengo giuste le osservazioni critiche dell''Autore. Si attacca il cattolicesimo per le guerre di religione dimenticando che furono i protestanti ad iniziarle e si attribuisce alla "ragione politica" un successo che in realta' non ha avuto, se non in apparenza e nell'immediato. Il discorso sulla "ragione politica" e' pero' complesso. Non credo che un Machiavelli, tanto per fare un nome, giudicherebbe sensata, anche dal punto di vista di una concezione solo "razionale" della politica, la politica suicida dei nostri governi attuali (libero aborto volontario, quasi invito all'invasione di massa che sappiamo, rivoluzione sessuale a 360 gradi, etc.). Bisognerebbe vedere in che senso queste intellettuali usano il concetto di "ragione politica". L'attuale suicidio dei popoli europei, che sembra "pianficato", mi sembra frutto di una perdita totale di razionalita', anche di quella solo "politica". Ma forse intendo la "ragione politica" in modo diverso da come viene intesa nella pubblicistica corrente, modo il mio che si rifa' appunto a Machiavelli e alla sua concezione razionale della politica come calcolo esatto del rapporto fra mezzi e fini e studio accurato dei "rapporti di forza" in se stessi e come si intersecano alle passioni degli uomini (e' questo il contributo essenziale dei suoi scritti, per molti aspetti ancora valido).
ATTENZIONE!
Il testo dice tante belle cose, ma, spero inavvertitamente, l'Autore non sfugge, a sua volta, al culto della democrazia.
Non può esistere una religione dal "volto umano". Si ricade nell'illusione di vedere, ripeto, (mi auguro e spero, anzi, ne sono convinto) inavvertitamente, la Religione come strumento per costruire, se non proprio quella ambigua "Civiltà dell'amore", di cui parlava Montini, quanto meno delle faccende di questa terra, fini a se stesse. Per favore, leggetevi "L'ALBA DI TUTTO", di Benson. Vi vedrete raffigurata l'unica forma davvero cristiana di democrazia.
Quest'ultima sarebbe "totalitaria", come tendenza (termine comunque da specificare bene).
Condivido.
Il termine "Totalitario" è diventato un ossimoro. Tutti tacciano tutti di questo termine!
E poi, seguendo la giusta logica dell'articolo, credo si possa dire che umanamente non può esistere nessuna "democrazia" nel senso comune del termine. Ed io ne sono convinto. Può esistere solo un METODO, un mezzo "designazione dei compiti", che può usare il metodo della votazione. Oppure il metodo della "maggioranza" per la ricerca di accordi pratici ad casum. Ma nel Governo della Cosa Pubblica, la "democrazia" come intesa dai cd "Liberali" non è possibile e foriera di disastri! Come vediamo!
Io credo che, almeno noi Cattolici, dovremmo guardare ad un tipo di Stato ORGANICISTA, non "democratico" nel senso comune del termine. Nella civiltà Cattolica non è mai esistita la "Preferenza" per nessuna forma politica particolare, ma una definizione di principi di governo Generali. E questi principi NON SONO MAI STATI "democratici", anche perché il Cattolicesimo Romano fa discendere l'Autorità terrena da IDDIO, il quale non chiede a maggioranza se il Bene è Bene! E il popolo viene visto come MEMBRA DI UN CORPO, che ha un CAPO
Mai la Chiesa pre-conciliare si è espressa con una preferenza esclusiva per la democrazia. La "scienza politica" classica identificò nella monarchia, aristocrazia, democrazia (che nulla aveva a che vedere con quella attualmente intesa, ma era la "politìa" organica e riservata esclusivamente ai cittadini liberi e prestanti servizio militare) i tre possibili, legittimi regimi di governo, individuandone anche le tre forme degenerative: tirannia, oligarchia, demagogia. Platone, come noto, propendeva per un sistema monarchico, mentre Aristotele sosteneva un sistema semi-misto, la politìa, che si basava sul "ceto mediano" dei nobili, dei cittadini liberi e dei magistrati. In ogni caso, anche Aristotele non era certo "democratico". Polibio esaltò il regime romano in quanto anch'esso un misto di monarchia, aristocrazia, democrazia. La filosofia politica scolastica è la diretta erede di questa tradizione classica: San Tommaso, nella Summa (I-II, q. 95, a.4), scrive: "vi è un certo regime, che è un misto di queste tre forme, il quale è il migliore. Altrove, tuttavia, (VIII Etica, cap. 10, lect. 10) ammetteva che la monarchia è il più nobile dei tre sistemi di reggimento. Questa "opzione preferenziale" per la monarchia venne tenuta per ferma nel pensiero cattolico per secoli. Dopo la tragedia immane della Rivoluzione Francese, i tre campioni del pensiero cattolico contro-rivoluzionario, de Maistre, de Bonald, Donoso Cortes (che ispirò il Quanta Cura-Sillabo di Pio IX) si espressero senza esitazione a favore della monarchia. Unanime fu la condanna della democrazia da parte dei cattolici non caduti nelle trappole ideologiche liberali: per l'Italia, basti citare i nomi di Monaldo Leopardi, Taparelli d'Azeglio, il Principe di Canosa. Nel novecento, nonostante le aggressive infiltrazioni del Sillon, dei modernisti e l'affermarsi di quell'ossimoro che è la Democrazia Cristiana, l'atteggiamento dei Pontefici fino a Pio XII incluso è sempre stato prudente e mai un endorsement incondizionato è stato dato alla democrazia. Illustri intellettuali cattolici lo negarono sempre: nel loro "Manifesto dell'Omo Salvatico", Domenico Giuliotti e Giovanni Papini così scrivevano (soggetto è il manifesto): "Protesta contro la rivoluzione democratica che ha scemato le libertà e cresciuto i pesi dei cittadini, che ha fondato la denominazione del numero bestiale e delle maggioranze incompetenti e con il pretesto di togliere i regni dalle mani dei re per diritto divino li ha dati a mungere e decimare a bande plutocratiche irresponsabili."
Pio XII condannò sempre "il culto cieco del valore numerico" e giunse a dire: "Ciò che non corrisponde alla verità e alla norma morale non ha oggettivamente alcun diritto né all'esistenza, né alla propaganda".
D'altronde, la democrazia, modernamente intesa, 1) presuppone l'adesione alla teoria di Rousseau sulla intrinseca bontà dell'uomo, che confligge con il peccato originale, 2) necessita di condividere un'impossibile eguaglianza assoluta tra gli uomini, che nega la gerarchia degli enti e 3) è in contrasto con l'affermazione paolina: "ogni potere viene da Dio". E' quindi lecita a un cattolico un'indiscriminata adesione ai principi della democrazia? Ne dubito.
Una buone sintesi della relazione tra democrazia e cattolicesimo è contenuta nel testo: Giovanni Tortelli, Democrazia e Cattolicesimo, con prefazione di Mons. Brunero Gherardini, Cantagalli, Siena 2012.
il pastore non lo eleggono le pecore
rocco
Articolo molto chiaro. Interessanti anche le informazioni date da Silente.
Con la solita malizia ci si potrebbe chiedere, al di là di qualsiasi forma di coinvolgimento più che legittima, se qualcuno tragga profitto o interesse dalla forma di democrazia degenerata attuale.
Domanda insidiosa che potrebbe far cadere tante nostre certezze...
Certo che qualcuno ne trae profitto, Viandante, basta seguire la cronaca di tutti i giorni. Non e' più una democrazia, ammesso lo sia mai stata (ho i miei dubbi), ma una demagogia, come la intendeva Aristotele. Anzi ormai e' una vera e propria oligarchia, una plutocrazia oligarchica o un' oligarchia plutocratica, scegli tu.
Rr
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