Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

venerdì 17 febbraio 2017

Card. Caffarra Perché tanto interesse della Chiesa per la famiglia?

Il cardinale Carlo Caffarra, dopo aver formato i Dubia insieme ai suoi tre confratelli, continua a catechizzare sull'argomento principe su cui si focalizza particolarmente l'attenzione oggi. Resta solo da chiedersi se alcune "sviolinate" al Papa in riferimento ad alcuni punti commestibili fossero proprio indispensabili. Soprattutto perché quel poco che c'è di buono non aiuta a dissipare la confusione.
Approfitto per richiamare alcuni suoi recenti interventi [qui - qui - qui - qui - quiquiqui]

Card. Caffarra Perché tanto interesse della Chiesa per la famiglia?
Correggio (RE), 12 febbraio 2017

Non c’è dubbio che, almeno dal Papa Leone XIII in poi, l’interesse della Chiesa per il matrimonio e la famiglia è andato sempre più crescendo. Indico solo qualche fatto significativo.
Ad iniziare da Leone XIII quasi tutti i Papi promulgano un’enciclica su questo tema. Un Concilio ecumenico, il Vaticano II, ne ha spesso e lungamente parlato. San Giovanni Paolo II ha fatto del matrimonio e della famiglia la cifra del suo pontificato. Il Santo Padre Francesco ha perfino convocato due Sinodi dei Vescovi su questo tema, pubblicando come conclusione dei medesimi un’Esortazione Apostolica, che fino ad ora è il più lungo documento dedicato al tema matrimonio e famiglia dal Magistero dei Papi.
Quanto detto accenna all’attenzione dei Papi. Ma ad iniziare dal secondo dopoguerra del secolo scorso, iniziano Movimenti ecclesiali specifici; la ricerca teologica approfondisce sempre più la tematica; crescono le beatificazioni e le canonizzazioni di beati e santi sposati, ed anche di coppie coniugali. Ultima i genitori di santa Teresa del Bambin Gesù. È dunque legittima, ed in un certo senso inevitabile la domanda: perché tanto interesse? Nel primo punto della mia riflessione cercherò di rispondere a questa domanda. Nel secondo mostrerò il contemporaneo disinteresse del mondo e della cultura occidentale per il matrimonio e la famiglia. Infine nel terzo farò uno schizzo del modo con cui la Chiesa si interessa del matrimonio e della famiglia.
1. Perché tanto interesse? La via dell’uomo
In occasione della decisione dell’ONU di indire per l’Anno 1994 l’Anno della famiglia, Giovanni Paolo II scrive una Lettera alle Famiglie [2 febbraio 1994]. E all’inizio di questo importante documento quel grande Pontefice dona la prima, originaria risposta alla domanda. Sintetizzo.
  • “L’uomo è la via della Chiesa” [Lettera Enciclica Redemptor hominis (14-3-1979), 14]. Cioè: “La Chiesa prende parte alle gioie e alle speranze, alle tristezze e alle angosce del cammino quotidiano degli uomini” [Lettera alle famiglie, 1]. Viene in questo testo accennato il tema dell’accompagnamento, della condivisione della condizione umana, che sono la grande cifra del pontificato di Francesco.
  • Il percorso che la Chiesa deve percorrere, l’uomo cioè nella sua concreta esistenza, le è stato indicato e come imposto dal suo Divino Fondatore. È Lui che ha affidato l’uomo alla Chiesa, come sua missione.
  • Fra le numerose “strade” che l’uomo percorre nella sua insonne ricerca di senso, vi è il matrimonio e la famiglia. Anzi questa [assieme al lavoro] è la prima e la più importante.
Dunque la ragione principale per cui la Chiesa ha tanto interesse per il matrimonio e la famiglia è il suo interesse per l’uomo, per l’umanità di ogni uomo. Dobbiamo ora, di conseguenza, comprendere perché l’interesse per l’uomo esiga l’interesse per il matrimonio e la famiglia.

1,1. Partiamo da una pagina evangelica molto nota: il dialogo fra Gesù ed i Farisei sull’indissolubilità del matrimonio [Mt 19,3-9 e par.].

La domanda dei Farisei a Gesù non era sulla legittimità del divorzio. Essa era assolutamente certa per gli interlocutori: si fondava su un testo della Sacra Scrittura, su una disposizione-concessione fatta da Mosè. La domanda verteva sulle cause che potevano legittimare il ricorso a questa concessione. Fra i giurisperiti del tempo, infatti, si discuteva se la causa fosse una sola, l’adulterio della donna, oppure fossero diverse. A Gesù è chiesto di prendere posizione su questa lite giurisprudenziale. In realtà il testo mosaico non era né chiaro né preciso.

Ed ora vi prego di prestare molta attenzione alla risposta di Gesù. Essa prima di tutto invita gli ascoltatori ad una operazione di “ortottica” indicando in quale direzione bisognava cercare la soluzione. Gesù la indica nel modo seguente: “(guardate al, considerate il) PRINCIPIO”. Che cosa significa?

Non guardare il matrimonio come lo hanno ridotto gli uomini, ma come l’ha pensato il progetto creativo di Dio. La parola “Principio” dunque non indica il momento, l’attimo cronologicamente primo che dà inizio allo scorrere della storia umana. Quando uno scultore decide di scolpire nel marmo una statua, ha prima, al principio appunto, l’idea, l’ispirazione che vuole esprimere. Idea, ispirazione che diventa la scultura marmorea. Dio ha un idea di matrimonio. Essa è stata impressa dalla mano creatrice di Dio nella stessa costituzione, struttura della persona umana. La persona dell’uomo e la persona della donna sono come sono – nel loro spirito, nella loro psiche, nel loro corpo – perché sono creati in vista dell’unità coniugale. Pensate, già Aristotile aveva forse avuto l’intuizione di questo fatto, quando definisce l’uomo “animale coniugale”.

Dunque l’idea che il Creatore ha del matrimonio non deve essere pensata come una legge alla quale l’uomo deve adeguarsi; o come un ideale verso cui tendere. Non una legge morale; non un ideale. Ma l’intima verità stessa della persona umana. Gesù dice di guardare in questa direzione. “IL PRINCIPIO” dunque non è qualcosa di passato. È la continua presenza della divina progettazione nella persona dell’uomo e della donna. Un poco come la sorgente di un torrente. Essa si trova certamente all’inizio del torrente, ma nello stesso tempo è ciò che fa scorrere il torrente.

I Farisei comprendono bene ciò che Gesù voleva dire, e che orientando lo sguardo nella direzione indicata dalle sue parole, la loro discussione non aveva più senso. Ma «perché allora» obiettano «Mosè ha ordinato di darle l’atto di ripudio e mandarla via?». Come a dire: «se è vero ciò che dici tu, allora Dio si contraddice. Da una parte, come dici tu, l’idea che Dio al principio ha del matrimonio implica l’indissolubilità. Dall’altra tuttavia, Mosè, che pure agiva in nome di Dio, concede il divorzio».

A questo punto Gesù introduce nella discussione la considerazione di una realtà nuova e tragica: la DUREZZA DEL CUORE. Che cosa significa? L’ostinata volontà della persona umana, del suo io più profondo di rifiutarsi al PRINCIPIO, al progetto di Dio. La condizione attuale della persona umana non è più come al PRINCIPIO. È come se mettessimo terra o un sasso sulla sorgente. L’acqua continuerebbe a sgorgare, ma il torrente scomparirebbe. Uomini e donne continuano a sposarsi, nello splendore del PRINCIPIO che continua a sgorgare nella loro coscienza morale, ma nella miseria di una volontà incapace del “per sempre”. Miseria di un re decaduto! Direbbe Pascal.

E a questo punto Gesù lascia intravedere la ragione della sua missione: liberare nel cuore dell’uomo e della donna la forza del PRINCIPIO. Ridonare loro la perduta capacità di amarsi per sempre.
Mi fermo un poco su questo punto, alla luce di un’altra pagina evangelica, le nozze di Cana [cfr. Gv.2,1-11].

Alla vita del matrimonio, all’Amoris laetitia direbbe il Santo Padre, prima o poi viene a mancare il vino; viene a mancare la forza che rende fedeli al patto coniugale. E resta solo l’acqua. Gesù compie il miracolo: ridona all’uomo e alla donna la capacità del dono reciproco. Ridona il vino perché il banchetto possa continuare nel gaudio dell’amore indissolubile. Col suo primo miracolo Gesù diventa al contempo il testimone della divina verità del matrimonio e colui che rende la libertà capace di realizzarla.

Ritorniamo ora alle domande da cui siamo partiti: perché la Chiesa si interessa tanto del matrimonio? Perché si interessa dell’uomo. Perché interessarsi dell’uomo comporta interessarsi del matrimonio? Perché il matrimonio realizza la verità originaria dell’uomo, la sua vocazione al dono di sé. E, come anche insegna il Concilio, la persona umana trova se stessa nel dono sincero di se stessa. La Chiesa esiste perché l’uomo non perda se stesso.

1,2. Se mi avete seguito, avrete notato che fino ad ora ho parlato esclusivamente del matrimonio, non della famiglia. Perché la Chiesa si interessa colla stessa passione della famiglia? Perché si interessa fortemente alla genealogia della persona.

Mi spiego.
Il concepimento di una persona è un evento grandioso. Essa è il risultato di un atto creativo di Dio e dell’atto dell’unione coniugale.
Dio ha voluto l’uomo fin dal principio; e lo vuole in ogni concepimento. Nessuno di noi viene al mondo per caso o per necessità. Il suo esserci è dovuto ad un atto creativo di Dio. Ciascuno di noi può dire: io ci sono perché Dio mi ha voluto. Non perché ne avesse bisogno, per sua utilità. Dio vuole ciascuna persona per se stessa. “Per se stessa” significa che ciascuno di noi non esiste in vista di qualcosa d’altro diverso da se stesso. I filosofi direbbero: ogni persona è un fine, mai un mezzo. Nessuna persona può essere solo usata, strumentalizzata.

Ma l’origine della persona è inscritta anche nella biologia della generazione. Se teniamo presente quanto ho appena detto, non sarà difficile comprendere quale modo umano di porre le condizioni del concepimento, è degnamente corrispondente all’atto creativo di Dio. Quando gli sposi prendono coscienza che hanno concepito una nuova persona umana, dovrebbero avere piena coscienza che Dio ha voluto quella persona, e che l’ha voluta per se stessa non per i genitori. È questa la ragione profonda per la quale l’unico atto degno di porre le condizioni del concepimento di una nuova persona umana, è l’atto dell’amore coniugale mediante il quale i due sposi diventano una sola carne. All’atto dell’amore creativo di Dio corrisponde l’atto dell’amore generativo degli sposi. Dio celebra la liturgia del suo amore creativo nel tempio santo dell’amore pro-creativo degli sposi. Produrre una persona umana in laboratorio è grave mancanza di rispetto alla sua dignità: i bambini si concepiscono, non si producono.
La genealogia della persona poi si realizza compiutamente nell’educazione della stessa. L’educazione è come una continua generazione. Ed è l’educazione che istituisce il vero rapporto fra le generazioni. L’atto educativo introduce la nuova persona nella vita, nella cultura che ha preso corpo nella persona dei genitori. “Una generazione” dice un Salmo “narra all’altra le tue meraviglie, o Signore”. Si produce in questo modo uno dei beni umani fondamentali, il rapporto fra generazioni. La biologia della generazione diventa genealogia della persona: nasce un popolo.

Perché la Chiesa si interessa tanto alla famiglia? Perché è il luogo dove è assicurata una vera buona genealogia della persona; una crescita della persona verso la pienezza, la fioritura della sua umanità.
2. La de-costruzione: il disinteresse per la famiglia
L’interesse della Chiesa si svolge dentro alla storia, all’interno delle varie culture. Ora in Occidente sta accadendo, ed in parte è già accaduto, che non è cambiata solo la morfogenesi del matrimonio e della famiglia, ma il loro genoma. Mi spiego con la formulazione di un dilemma elaborato da un grande sociologo italiano: «La famiglia [ed il matrimonio, aggiungo io] è una istituzione del passato che possiamo modificare secondo i nostri sentimenti, affetti e desideri soggettivi, oppure è una realtà che ha una forma propria [un genoma proprio, aggiunta mia], una struttura sui generis, rispetto alla quale si misura il carattere più o meno umanizzante della società?» [Pier Paolo Donati, La famiglia. Il genoma che fa vivere la società. Rubbettino ed., Soveria Mannelli 2013, pag.7; cfr. anche pag.213]. Più brevemente: esiste la famiglia o è più corretto parlare di “le famiglie”, senza fare distinzioni?

La cultura occidentale, oggi, ha optato per il secondo corno del dilemma. Due segnali di questa opzione: l’ingresso negli ordinamenti giuridici del c.d. matrimonio omosessuale; la trasformazione della generazione in procedimento produttivo. Mai la Chiesa in duemila anni di vita si era trovata di fronte ad una tale sfida. Questo evento culturale e linguistico – non LA famiglia ma LE famiglie – è il risultato di processi culturali secolari. Ne accenno solo a due.

2,1. La privatizzazione del matrimonio. 

Da sempre il matrimonio era considerato una realtà che aveva attinenza al bene comune della società. Non era solo un’istituzione di diritto privato, ma anche di diritto pubblico. Anzi una istituzione che godeva del c. d. privilegium juris.
Che cosa è accaduto e sta accadendo? Si va imponendo la tendenza ad equiparare matrimonio e famiglia ad un qualunque aggregato di individui, legati fra loro da gusti ed affetti privati. Matrimonio e famiglia vengono relegati alla pura affettività, senza considerare la sua rilevanza sulla società. La conseguenza è che si va configurando una società pensata e vissuta come aggregazione di individui e non comunità di famiglie. [Su tutto questo l’opera citata di Donati va letta e meditata.]

La logica interna della privatizzazione del matrimonio porta inevitabilmente a porsi la domanda: vale ancora la pena sposarsi? Non è meglio convivere? Se consapevolmente o inconsapevolmente ci si lascia trasportare dal processo culturale che stiamo descrivendo, la risposta non potrà essere che la seguente: no, non vale la pena sposarsi! Il progressivo passaggio negli ordinamenti giuridici dal divorzio per colpa al divorzio per consenso, ha ulteriormente rafforzato la risposta.
Si comprende dunque che la questione dell’ammissione o non dei divorziati-risposati all’Eucaristia non è né solo né principalmente una questione di peccato-colpa personale, soggettiva. L’assetto sacramentale è una struttura della Chiesa come tale.

Il prezzo che stiamo pagando a causa della privatizzazione del matrimonio è molto alto. Esso comporta nel vissuto sociale la progressiva perdita di due beni relazionali fondamentali: il bene del giusto rapporto uomo-donna; il bene relazionale insito nel rapporto fra le generazioni. Pertanto le nostre società diventano sempre più anonime, più rischiose, più infelici. Il fatto delittuoso di Pontelangorino [FE] è solo la punta sconvolgente di un iceberg.

2,2. La de-biologizzazione dei due beni relazionali [rapporto uomo-donna; rapporto fra generazioni].

Si definisce il matrimonio prescindendo dal dimorfismo sessuale. La genealogia della persona è stata sradicata dalla biologia della generazione.
Anche questo evento è il frutto di secolari processi secolari. Ne accenno solo a tre.
  • La separazione del corpo dalla persona. Essa ha avuto come conseguenza un reificazione del corpo umano. Ha cessato di essere pensato e vissuto come epifania della persona e suo linguaggio. Se poi collochiamo questo processo dentro all’ideologia tecnologica, constatiamo che anche il corpo è “a disposizione del fare tecnico”. Il corpo femminile o maschile, se paghi, diventa cava da cui trarre ovuli o spermatozoi. L’utero, se paghi, può anche essere affittato.
  • La separazione della sessualità dalla procreazione. Si faccia bene attenzione: non sto parlando del problema morale della contraccezione. Sto prendendo in esame un modo sempre più comune di pensare secondo il quale la genealogia della persona non è più de jure inscritta nella biologia della generazione. Questa radicazione – si pensa – era solo un dato di fatto, oggi superato dalle possibilità tecniche di poter avere bambini senza il sesso.
  • La progressiva marginalizzazione della considerazione della causalità finale nello studio della natura ha concorso all’incomprensione del finalismo intrinseco della sessualità umana alla procreazione.
Il risultato finale è stato la de-costruzione dell’edificio matrimoniale e famigliare. Abbiamo ancora tutti i pezzi – paternità/maternità; figliazione… – ma non abbiamo più l’edificio. Famiglia e matrimonio: una delle tante aggregazioni costituite da affetti privati.
3. Madre e Maestra: come la Chiesa si interessa al matrimonio e alla famiglia
Prima di rispondere a questa domanda, devo fare due premesse.
La prima. La Chiesa ritiene che la condizione in cui oggi in Occidente versano matrimonio e famiglia debba essere riportata, per usare una parola evangelica, AL PRINCIPIO. I due beni relazionali messi in questione sono troppo importanti per la vera felicità dell’uomo per essere dilapidati.
La seconda. La Chiesa si interessa della salvezza dell’uomo mediante tre attività: il Magistero, la Santificazione, la Guida. Ora dirò qualcosa su ciascuna di queste tre attività.

3,1. Mediante la Divina Rivelazione Dio ci ha donato la luce della Verità; ci ha indicato la via della vita vera e buona. Sant’Agostino ha scritto: «nessuno può essere amico dell’uomo se non è innanzi tutto amico della verità» [Lett. 155,1].

L’amicizia dell’uomo che alberga nel cuore della Chiesa, implica in primo luogo il suo desiderio, la sua volontà di dire all’uomo la Verità. Non una qualsiasi verità, ma solo la Verità che è via di salvezza, la verità rivelata da Dio stesso in Gesù. La Chiesa compie questo basilare atto di amore, la carità della Verità, mediante il Magistero dei Papi, dei Concili, dei Vescovi. La Chiesa anche oggi si interessa del matrimonio e della famiglia dicendo la Verità su matrimonio e la famiglia.

3,2. Parto da testo mirabile del b. J. H. Newman. 
«La Chiesa però sa e insegna anche che la reintegrazione della natura umana cui essa mira deve essere attuata non soltanto per mezzo di iniziative esterne quali la predicazione e l’insegnamento, anche se questi sono suoi campi specifici, ma attraverso l’intima forza spirituale della grazia che scende direttamente dall’alto, e della quale essa è il canale. Essa si incarica di salvare la natura umana dalla sua miseria, ma a questo scopo non s’accontenta di riportarla al grado che le spetta: la innalza ad un grado molto superiore» [Apologia pro vita sua, cap. V; in Opere, Utet, Torino 1988, pag.368].
Quanto il grande cardinale inglese dice in generale, vale anche in particolare per il matrimonio. È mediante il sacramento del matrimonio che il medesimo matrimonio è salvato e guarito dalla miseria in cui è caduto, a causa della durezza del cuore dell’uomo e della donna. Ma il sacramento non è solo una medicina che guarisce. È un atto di Cristo che unisce i due sposi, elevando il loro amore coniugale a simbolo reale dell’amore che lega Cristo alla Chiesa. Reale: l’amore coniugale non è una metafora più o meno pallida, è la partecipazione reale al vincolo che stringe Cristo alla Chiesa. Il dono che Cristo fa di se stesso alla Chiesa sulla Croce, eucaristicamente sempre presente, dimora nell’amore coniugale; e l’amore coniugale è innestato, come tralcio nella vite, nel rapporto Cristo-Chiesa.

3,3. La terza modalità in cui si esprime e realizza l’interesse che la Chiesa ha per il matrimonio e la famiglia, è la guida pastorale sia di chi intende sposarsi sia di chi è già sposato sia di chi vive un fallimento matrimoniale”.

Il tempo che ho a disposizione mi obbliga a brevi e schematiche riflessioni. Faccio due premesse.
La prima. È uno dei carismi fondamentali del servizio pastorale del Santo Padre Francesco aver richiamato la Chiesa, e con gesti luminosamente evangelici e con le parole, a porsi accanto alle persone. La guida pastorale deve assumere la cifra dell’accompagnamento. Se non assumessimo questa attitudine spirituale, dilapideremmo la grazia di questo pontificato.
La seconda. Come ho mostrato nel secondo punto, il mainstream del nostro tempo non solo non vede più l’intrinseca bontà dello sposarsi e del dono della vita. Ha anche equiparato matrimonio e famiglia ad ogni aggregazione sociale, costituita solamente da legami emotivi-affettivi. L’accompagnamento della Chiesa deve acquisire anche la dimensione medicinale; deve saper curare. È la famosa metafora dell’ospedale da campo.

Fatte queste due premesse, mi sembra che il problema centrale che la Chiesa nel suo accompagnamento deve affrontare, sia la ricostruzione del soggetto umano. Che cosa intendo dire?
L’Esortazione Apostolica Amoris laetitia dice: “credere che siamo buoni solo perché proviamo dei sentimenti è un tremendo inganno” [145]. La soggettività umana – la capacità di capire, di volere, di compiere scelte, l’esperienza del dovere morale nella sua regale maestà, l‘integrazione delle varie dimensioni di cui siamo fatti – è stata ridotta all’emotività. “mi sento; non mi sento di…”. Si rompe il matrimonio perché non si sente più amore.
Ben a ragione, il Santo Padre Francesco dice che a queste persone ripetere semplicemente la dottrina e/o leggi morali, è inefficace. È necessario, come dice Gesù a Nicodemo, rinascere. La Chiesa ha già affrontato questo problema: far rinascere una persona umana. Fu quando il Vangelo si scontrò col paganesimo greco-romano. Ha risolto il problema inventando il catecumenato. Oggi, come ha detto Francesco recentemente, inaugurando l’anno giudiziale della Rota, è necessario un “catecumenato al matrimonio”. [Il miglior testo finora pubblicato sulla tematica di questo § 3,3 è J. Granados, St. Kampowski, J. J. Pérez-Soba, Amoris laetitia. Accompagnare, discernere, integrare, Cantagalli ed., Siena 2016]
4. Conclusione
Esistono ancora sposi che vivono il loro matrimonio radicati e fondati NEL PRINCIPIO, ricchi del dono del vino nuovo che Cristo mediante il sacramento continua a donare loro, vigilati da Maria che avverte subito il suo divino Figlio se comincia a scarseggiare. Sposi che non vivono il matrimonio ideale: il matrimonio ideale non esiste; è una invenzione ottocentesca. Ma che vivono la verità del matrimonio in modo attraente e bello. Sono essi il seme spesso nascosto, che, dopo questi giorni tristi, faranno rifiorire quella che San Giovanni Paolo II chiamava la civiltà della verità e dell’amore. Nello splendore del loro non raramente faticoso quotidiano risplende la potenza dell’amore eterno di Dio. L’aurora di un nuovo assetto sociale fu, un tempo, il monastero benedettino. Ora sono gli sposi che vivono il dono sacramentale del loro matrimonio. [Fonte]

19 commenti:

tralcio ha detto...

Una settimana in cui ogni vangelo della Santa Messa ha detto chiaramente la Sua:
davvero difficile commentarle a Santa Marta, senza udir un fischiar d'orecchi...

Domenica
Gesù disse ai suoi discepoli: « Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto.
Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli. » Poiché io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
…E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna.
Fu pure detto: Chi ripudia la propria moglie, le dia l'atto di ripudio;
ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all'adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio».
Avete anche inteso che fu detto agli antichi: Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi
…Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno».
dubbio: CHI E' CHE OGGI NELLA CHIESA DICE DI TUTTO FUORCHE' SI SI, NO NO?

Martedì
Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi;
dubbio: MA SE I LUPI SONO COMMENSALI A TAVOLA, L'AGNELLO E' SEDUTO NEL PIATTO?

Ieri
... Allora Pietro lo prese in disparte, e si mise a rimproverarlo.
Ma egli, voltatosi e guardando i discepoli, rimproverò Pietro e gli disse: «Lungi da me, satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
dubbio: CHI E' CHE OGGI NELLA CHIESA PENSA "SECONDO GLI UOMINI"?

Oggi
Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà». Che giova infatti all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima? E che cosa potrebbe mai dare un uomo in cambio della propria anima? Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi».
dubbio: CHE GIOVA GUADAGNARE LA STIMA DEL MONDO INTERO?

Domani
«Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania? Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo. E i servi: Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla? No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio».
dubbio: LA ZIZZANIA SARA' ACCOLTA NEL GRANAIO?

irina ha detto...

Impressione:Non urtare nessuno.
Questa è la linea universale e sarebbe anche condivisibile se praticata da tutti. Non "pochi" invece la predicano e contestualmente scardinano quel che resta della casa.

P.S. Mi stavo chiedendo perchè, visto che si parla di matri-monio, non si vedono commenti di signore, signorine, suore, donne redente, perdute. Siamo sempre una manciata a metterci alla tastiera. Non capisco. Anche questo è apostolato.

Anonimo ha detto...

Ricordo la faccia di mons. GALLESE vescovo di alessandria, l'indomani dell'elezione di bergoglio: angosciata e preoccupata, certamente assonnata (vedere su youtube).

Eppure è uno dei vescovi "buoni" e ben formati nelle Genova di quegli anni di Siri....eppure stiamo assistendo ad un contagio delle idee.
Ppssibile che anche i buoni si lascino ammaliare e non vedano quanto succede?

http://www.lastampa.it/2017/02/17/vaticaninsider/ita/inchieste-e-interviste/non-siamo-carabinieri-del-sacro-facciamo-rinascere-le-comunit-UZnipQYu0eabMCc4iETsgN/pagina.html

Anonimo ha detto...

Sempre contradditorio: non vuole divise tra i piedi e poi per i manifesti (Digos) le fa intervenire....
http://m.ilgiornale.it/news/2017/02/16/il-diktat-del-papa-per-la-visita-a-milano-voglio-poche-divise/1365113/

Pietro C. ha detto...

Fuori argomento ma comunque interessante:

https://traditioliturgica.blogspot.it/2017/02/udine-una-volta.html

Grazie per la lettura.

Anonimo ha detto...

Anche qui conviene dare un'occhiata alle uscite del Cireneo e della sua cricca, che contro il Cardinal Caffarra ha usato gli stessi toni insultanti che ha rivolto al Cardinal Burke. Perché conviene tenere sotto osservazione le uscite del Cireneo? Perché il vero pericolo nella Chiesa è rappresentato dal falso tradizionalismo papolatra, ben più insidioso del progressismo dichiarato (che almeno agisce alla luce del sole e può essere contrastato frontalmente). I personaggi come il Cireneo sono soggetti molto pericolosi, e la nostra Luisa ne sa qualcosa.

mic ha detto...

Richiamo questa sottolineatura inserita nell'incipit:
Resta solo da chiedersi se alcune "sviolinate" al Papa in riferimento ad alcuni punti commestibili fossero proprio indispensabili. Soprattutto perché quel poco che c'è di buono non aiuta a dissipare la confusione.

Anonimo ha detto...

Anche a me le "sviolinate" al Papa hanno lasciato perplesso.
Aggiungo alcune considerazioni:
Mi ha sempre suonato strano la definizione dell'uomo come “via della Chiesa”, quando è vero che il Nostro Salvatore dice di Sè “Io Sono la Via”( Gv. 14,6)
Individuare l'uomo come via della Chiesa o come sua “missione”, mi sembra spostare il focus dal vero oggetto, perché la missione della Chiesa è continuare la missione di Cristo nella storia, ovvero rendere gloria a Dio e portargli quante più anime possibili. In subordine vi è la salvezza, in primis la Gloria dell'Onnipotente.
Mi sembra poi che dire che la famiglia e il matrimonio sono la prima e più importante tra le vie alla ricerca del senso della vita sia anche questo non corretto. Infatti, come detto sopra la Via è una sola, il come percorrerla è differente, ma se vogliamo dare una gerarchia ci viene in soccorso S. Paolo (“Ai non sposati e alle vedove dico: è cosa buona per loro rimanere come sono io; ma se non sanno vivere in continenza, si sposino; è meglio sposarsi che ardere” (1 Cor 7, 8-9). )

Un altro passaggio che mi lascia disorientato è il richiamo, ancorché non esplicitato a G.S. 24: il card. Caffarra scrive che “Dio vuole ciascuna persona per se stessa. “Per se stessa” significa che ciascuno di noi non esiste in vista di qualcosa d’altro diverso da se stesso”
G.S. 24 dice che l’uomo «in terris sola creatura est quam Deus PROPTER SEIPSAM voluerit».
Ora il fatto che l'uomo in quanto creatura sia fine a sé stesso confligge con quanto è sempre stato insegnato tradizionalmente (cioè tramandato quale insegnamento autentico) e che è riassunto nel catechismo di S Pio X:
“Per qual fine Dio ci ha creati? Dio ci ha creati per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita, e per goderlo poi nell'altra in Paradiso”.
Quindi il fine dell'uomo è Dio.
(segue)
Marco P

Anonimo ha detto...

(prosegue)
Il discorso che segue, che sembrerebbe per altri versi condivisibile è perciò viziato da questi due aspetti (l'uomo che è via e l'uomo per sé stesso) in cui si scorge l'impronta antropocentrica tipica del vaticansecondismo.

Se è vero che nessuno uomo può/deve strumentalizzarne un altro/altri, ciò è vero non in quanto l'uomo è un assoluto in sé, ma in quanto è ordinato a Dio ed in ciò sta la sua dignità.
Perciò trovo non corretto quanto il testo dice qui: “ Quando gli sposi prendono coscienza che hanno concepito una nuova persona umana, dovrebbero avere piena coscienza che Dio ha voluto quella persona, e che l’ha voluta per se stessa non per i genitori.”, se è vero infatti che un figlio non è un diritto ed una proprietà dei genitori, non è neppure vero che il figlio è per sé stesso, ma è per il Signore, per farne un cittadino del Cielo.
Allora, se è vero come si prosegue dopo che oggigiorno la procreazione è divenuta in moltissimi casi “procedimento produttivo”, ciò è sbagliato ed aberrante in ultima ma fondamentale analisi in quanto con ciò si vuol togliere a Dio ciò che è suo e non solo perché tale “produzione di uomini” è commissionata da altri uomini (i genitori) che strumentalizzano il nascituro, infatti quest'ultimo non si dà da sé stesso. Allora e ancora: il problema della “privatizzazione del matrimonio” è derivante da un humus ormai più che fermentato di rifiuto di relazioni stabili tra le persone e di continuità tra le generazioni, ma questo humus è generato dal rifiuto della giusta relazione con Dio, nel rifiuto del giusto rapporto: creatura sottomessa al Creatore. Perciò il matrimonio come via non è vero, il matrimonio e un modo di camminare lungo la Via.
Anche i problemi di ideologia tecnologica e biotecnologica sono evidentemente frutti del medesimo frutto avvelenato che pone l'uomo al centro, l'uomo “per sé stesso”: questo produce a risultati che sono certamente di sopruso e di prevalenza del forte sul debole.

Al par.3.1 il card. dice che anche oggi la Chiesa si interessa della Famiglia dicendo la Verità, questo è vero di Fede, anche se tante situazioni sembrano suggerire il contrario, per cui è in questo contesto che serve tanto discernimento ed i Dubia credo vadano in questa direzione (del giusto discenimento),

Splendido il par. 3.2: se è vero che nell'amore coniugale è innestato il dono che Cristo fa di sé stesso sulla Croce, allora in questa prospettiva con la croce al centro, cadono e si sgonfiano fino a scomparire tutte le pretese giustamente messe all'indice in 3.3 relative al fondamento meramente emotivo-affettivo dei legami uomo-donna.
Al di là di questa bella parentesi è un testo che non mi convince perché se è vero che denuncia la realtà innegabile di crisi e attacco alla famiglia, non guarda alle cause.
Marco P

irina ha detto...

@ mic 11:08

Le carezze evitano le sberle;dobbiamo,leggendo, gettare ponti sulle carezze.

mic ha detto...

Dice giustamente Marco P.
Un altro passaggio che mi lascia disorientato è il richiamo, ancorché non esplicitato a G.S. 24: il card. Caffarra scrive che “Dio vuole ciascuna persona per se stessa. “Per se stessa” significa che ciascuno di noi non esiste in vista di qualcosa d’altro diverso da se stesso”
G.S. 24 dice che l’uomo «in terris sola creatura est quam Deus PROPTER SEIPSAM voluerit».
Ora il fatto che l'uomo in quanto creatura sia fine a sé stesso confligge con quanto è sempre stato insegnato tradizionalmente (cioè tramandato quale insegnamento autentico) e che è riassunto nel catechismo di S Pio X:
“Per qual fine Dio ci ha creati? Dio ci ha creati per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita, e per goderlo poi nell'altra in Paradiso”.
Quindi il fine dell'uomo è Dio.


http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/search?q=propter+seipsam+Gaudium+et+spes+24

...
L' affermazione del Documento conciliare è in contraddizione con la Tradizione.
Eccone le ragioni:

La Costituzione Gaudium et spes, 24, afferma che l’uomo «in terris sola creatura est quam Deus PROPTER SEIPSAM voluerit»: «l’uomo è nel mondo la sola creatura che Dio abbia voluta per sé stessa». Il richiamo scritturistico è Proverbi 16,4: «Universa propter SEMETIPSUM operatus est Dominus »: Il Signore ha fatto tutte le cose per sé stesso.

La citazione di GS riferisce al complemento oggetto ciò che nelle Scritture appartiene al soggetto rovesciandone il senso: il senso della Scrittura viene piegato nel dire che il Signore ha fatto tutte le cose e l’uomo stesso per il loro valore intrinseco, per la loro interna dignità. La dignità e il valore della creazione si fondano così sulle cose create e non sul loro Creatore, sul pensiero che le ha pensate, sulla volontà che le ha volute.

Notare che il Testo biblico dice «propter semetipsum»: per sé stesso, e questo valore causale è incontrovertibilmente riferito, nel singolare maschile, al Dio fattore delle cose e non alle cose fatte – femminile plurale.

L’uomo non è un fine in sé, ma un fine secondario e ad aliud, che sottostà alla signoria di Dio, fine universale della creazione.

Conseguenza che è sotto gli occhi di tutti: l'antropocentrismo che riconosciamo nella celebrazione da parte dell'Assemblea (laddove invece il celebrante è Cristo: Sacerdote, Altare, Vittima e Sacrificio); nella banalizzazione del rito per rendere tutto accessibile subito a tutti, ignorando il senso della Sacralità e del Mistero: e quindi l'Opera del Signore diviene un 'fare' dell'uomo; l'offerta non è più "l'Hostia pura, Santa, Immacolata", ma "il frutto della terra e del lavoro dell'uomo"...

Poiché lex orandi è lex credendi e vivendi il passaggio dalla Liturgia alla vita è ovvio. Il resto è tutto conseguenza di questo 'vizio' in radice.

segue

mic ha detto...

... segue

Abbiamo l'opportunità di approfondire, perché il solito 'novatore' di turno, in una discussione mi ha obiettato:

Accosti al testo della Gaudium et Spes un testo biblico che c'entra come i cavoli a merenda.

Francamente non mi sembra che l'accostamento dei testi sia arbitrario: proverbi si riferisce ad universa propter SEMETIPSUM operatus est Dominus cioè "tutte le cose Dio ha creato per se stesso", GS si riferisce all'uomo come sola creatura quam Deus voluerit per se ipsam

L'uomo, in quanto creatura e appartenente ad universa quae operatus est Dominus non può uscir fuori da quel propter semetipsum. Se l'uomo è inserito, come è inserito, nell'ordine della Creazione, un'affermazione come quella della Gaudium et spes, 24 non vede l'uomo ordinato Dio, ma a se stesso, con la conseguenza che la sua dignità e il suo valore si fondano su se stesso e non in quanto egli è ordinato alla gloria di Dio, come la Creazione intera (Universa) alla quale appartiene, fino a prova contraria. Ed ecco la radice dell'antropocentrismo post- conciliare e di tutte le sue applicazioni, compresa la Liturgia, che è culmine e fonte della nostra Fede e ci ha trasformati da Adoratori in protagonisti.

E' evidente che in questo modo la citazione di GS riferisce al complemento oggetto ciò che nelle Scritture appartiene al soggetto rovesciandone il senso: il senso della Scrittura viene piegato nel dire che il Signore ha fatto tutte le cose e l’uomo stesso per il loro valore intrinseco, per la loro interna dignità. La dignità e il valore della creazione si fondano così sulle cose create e non sul loro Creatore. Ecco la conferma dell'origine da cui proviene l'"antropocentrismo" spinto che caratterizza il post-concilio o quanto meno la 'mens' che lo ha permesso.
[...]

Luisa ha detto...

Tante cose sono cambiate, è cambiato il papa.
Vi ricordate quando Benedetto XVI dovette rinunciare a parlare alla Sapienza?
Ebbene il suo successore è accolto con entusiasmo in un`altra università romana, un papa che non parla da papa ma come un uomo politico, un leader politico per di più perfettamente in linea con l`ideologia suicidaria del multiculturalismo, del rispetto delle differenze per non discriminare le minoranze, i migranti ecc., il suo abituale e molto costruito "linguaggio semplice che parla al cuore", i soliti facili psicologismi da manuale, tante generalità e banalità sul dialogo ecc., il rifiuto di dire che se, come lo dice, siamo in guerra chi ci sta facendo al guerra vuole imporre la sharia e non certo dialogare, e mi sia permesso di dire tanta ignoranza o ideologia sulla storia dell`Europa, sulla situazione della Svezia che non è affatto quella rosea da lui descritta, Svezia che conosce una crisi molto grave legata all`immigrazione di massa.

http://www.lastampa.it/2017/02/17/vaticaninsider/ita/news/le-migrazioni-non-sono-un-pericolo-ma-una-sfida-a-crescere-BN7ti6CnK7cp6daeYYPq4H/pagina.html

Marcello ha detto...

Perché le sviolinate?
1) Per non dare l'idea di una guerra personale a papa Francesco, al suo pontificato,
2) per non essere del "partito della sola giustizia", come papa Francesco è del "partito della sola misericordia",
3) per rispetto alle note positive che può avere anche questo pontefice (fino a prova contraria vicario di Cristo),
4) per lanciare un ulteriore, misericordioso messaggio a papa Francesco: -nulla di personale-

Secondo voi per dirimere la questione dei dubia, non sarebbe peggio non menzionare più il papa in assoluto?

Anonimo ha detto...

straquoto Marco P. e mic

Siamo davanti ad un capovolgimento delle verità di fede. E chi ha gli occhi abbastanza aperti e l'onestà di riconoscere i disastri di questo capovolgimento, basa i suoi ragionamenti e i suoi valori proprio su quella piramide rovesciata.

La dignità dell'uomo in quanto tale ("per se stesso"), é il grido di indipendenza della creatura dal suo creatore, al quale invece é ordinata, di fatto, per volontà di Dio. E' il non serviam dell'uomo. E' la spada contro Dio. E quella spada uccide anche l'uomo, perché l'uomo é fatto per Dio e solo in Dio può trovare la sua realizzazione.

Anna


Anonimo ha detto...

videopasquinate

http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/dio-che-parodia-anti-bergoglioni-pubblicano-video-satirici-contro-141648.htm


Anna

Anonimo ha detto...

GPII e Cafarra: "Fra le numerose “strade” che l’uomo percorre nella sua insonne ricerca di senso, vi è il matrimonio e la famiglia. Anzi questa [assieme al lavoro] è la prima e la più importante."

COSA CI INSEGNA INVECE, DOGMATICAMENTE, LA CHIESA CATTOLICA?

“Se qualcuno dice che lo stato coniugale deve essere anteposto allo stato di verginità o di celibato, e che non è migliore e più felice cosa (“melius ac beatius”) rimanere nello stato di verginità o di celibato piuttosto che contrarre matrimonio, sia anatema".

Anonimo ha detto...

Un conto la riflessione , un conto la derisione .
Per certi giornalisti (?!) sembra che l'elemento vitale sia l'acqua stagnante .
Mi spiace , non sono d'accordo !

Anonimo ha detto...

https://gloria.tv/video/33TJG22JUL3dAtT8ZcPGSUSQv
Mons. Negri sul laicismo e sui vescovi che tramavano perché Benedetto XVI se ne andasse.