Ringraziamo Giuseppe Fallica che ci invia il testo pubblicato di seguito. È importante tener desta l'attenzione sul concetto errato propugnato da coloro - compreso il papa regnante - che tentano di “emancipare” la pastorale dalla dottrina.
Alcuni teologi tengono a sottolineare che la proibizione della Comunione ai divorziati risposati non è un dogma della fede cattolica ma una disciplina ecclesiastica, mutabile per ciò stesso dal Papa nell’esercizio del suo ministero.
Si tratta di una precisazione certamente vera e opportuna, ma che richiede alcune puntualizzazioni.
La disciplina ecclesiastica finora vigente, quella insegnata da San Giovanni Paolo II in "Familiaris consortio", n. 84 e da Papa Benedetto in "Sacramentum caritatis" (ovvero di escludere dalla riconciliazione sacramentale e dall’Eucaristia chi essendo legato da un vincolo sacramentale valido e indissolubile di matrimonio e vivendo in una seconda unione, non si impegna a comportarsi “come fratello e sorella”) è fondata su ragioni di ordine scritturistico, tradizionale e magisteriale, ed è ovvio che una nuova disciplina ecclesiastica su questa materia, necessita a sua volta di fondarsi (o almeno di non contraddire) le Scritture, la Tradizione e il Magistero.
Nello specifico, appartiene all’insegnamento definitivo della Chiesa il fatto che è possibile ricevere lecitamente l’Eucaristia solo nello stato di Grazia santificante e che per ottenere validamente l’assoluzione sacramentale occorre il pentimento e il proposito di emendarsi. Appartiene altresì all’insegnamento definitivo, il fatto che Dio non permetta mai che alcuno, in qualunque circostanza possa trovarsi, sia tentato oltre la propria capacità di resistenza.
Pertanto (mettendo da parte i casi già considerati di coloro che esprimono il fermo proposito di vivere come fratello e sorella), una nuova disciplina ecclesiastica che ammetta in alcuni casi i divorziati risposati alla Comunione, deve muoversi necessariamente dentro questi paletti.
La conseguenza è che questa nuova disciplina deve fondarsi su due postulati non dimostrati:
- che esistono certamente (e non solo come mera possibilità) casi in cui determinate circostanze attenuanti possono ridurre la colpa del divorziato risposato (more-uxorio) sino alla venialità, e
- che questi casi possono essere individuati con un ragionevole grado di certezza morale.
Il primo postulato è generalmente ammesso da tutti sul piano teorico, ma è opportuno sottolineare che il Catechismo parla di semplice possibilità (1735 L'imputabilità e la responsabilità di un'azione possono essere sminuite o annullate dall'ignoranza, dall'inavvertenza, dalla violenza, dal timore, dalle abitudini, dagli affetti smodati e da altri fattori psichici oppure sociali.), e una possibilità non necessariamente si traduce in realtà.
Gli scienziati per esempio dicono che in altri pianeti con caratteristiche favorevoli può esistere la vita, ma fino a quando essa non verrà individuata rimarrà appunto una mera ipotesi non dimostrata.
Il secondo postulato invece è oggetto di varie critiche perché molti si chiedono come possa il confessore, chiamato a giudicare il caso specifico, raggiungere una ragionevole convinzione morale e obiettiva (ovvero una convinzione che non sia figlia di opinioni ideologiche o di schieramenti politico-ecclesiali) circa la riduzione della colpa fino alla venialità, sulla base di circostanze o fattori attenuanti, soprattutto se si considera che ci si trova in assenza del proposito di non ricadere nella colpa, elemento che il Magistero ha sempre considerato fondamentale per determinare il pentimento del soggetto.
In questa situazione gli elementi in gioco, cioè i condizionamenti, le tentazioni e la (più o meno buona) volontà, conducono una “battaglia” nella coscienza del soggetto che solo Dio può soppesare in tutti i sui intimi risvolti.
[E in ogni caso vengono a cadere tutti gli elementi oggettivi che consentono di affermare cosa è male e cosa è bene senza cadere nella casuistica e cioè nell'etica della situazione -ndR]
[E in ogni caso vengono a cadere tutti gli elementi oggettivi che consentono di affermare cosa è male e cosa è bene senza cadere nella casuistica e cioè nell'etica della situazione -ndR]
Giuseppe Fallica
12 commenti:
L'émancipation de la pastorale, par rapport à la doctrine, c'est précisément l'objectif du transchristianisme, dont je disais hier que Bergoglio est le premier pape.
Le transchristianisme est un au-delà du christianisme. Il a l'avantage — si l'on peut ainsi parler — d'en diversifier et d'en enrichir les possibilités, en permettant, tout en restant officiellement (ou sentimentalement) chrétien, de devenir aussi musulman, ou juif, ou bouddhiste, ou animiste, ou shintoïste, ou même rien du tout, selon les circonstances et le choix d'un chacun.
Comme on voit, le transchristianisme représente un extraordinaire enrichissement par rapport au christianisme traditionnel, enfermé que celui-ci est dans son attachement à une conception, aujourd'hui périmée, de la fidélité à des enseignements âgés de plus de 2000 ans et totalement inadaptés aux exigences du monde actuel, qui ne supporte plus les références continuelles à des doctrines sans doute valables dans un autre contexte mais qui, aujourd'hui, ne signifient plus rien, ou quasiment plus rien…
En fait, Bergoglio est le premier pape à avoir pris conscience de cette situation nouvelle. Ce faisant, il est devenu le précurseur du monde nouveau en construction. On peut, par conséquent, et très légitimement, lui conférer le titre de "Prophète Transchrétien des Temps Nouveaux" — en termes abrégés : PTTN…
ora, che cosa dirà sullo spinoso dilemma causato da AL (Comunione ai divorziati risposati) il nuovo Prefetto della CdF ?
http://www.repubblica.it/vaticano/2017/07/01/news/svolta_all_ex_sant_uffizio_papa_francesco_sostituira_muller-169659462/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P1-S1.8-T1
perlomeno Müller aveva provato a fare da mediatore fra il Papa e l'ala del collegio cardinalizia più distante dalla sua, ribadendo però la retta Dottrina (correggetemi se sbaglio).
Semplicemente le eventuali attenuanti, anche se esistenti, scompaiono nel momento stesso in cui il sacerdote chiarisce agli interessati qual'è l'insegnamento della Chiesa in proposito, spiegando loro che si tratta di un insegnamento infallibile, divino, non soggetto ad obiezioni di nessun tipo; e che il Signore darà loro tutte le grazie necessarie per staccarsi dal peccato.
Dopo di che, a coloro che vivono nel concubinato o nell'adulterio non resta che la scelta: o obbedire a Dio fidando nel Suo aiuto e quindi staccandosi dalla situazione di peccato in cui si trovano, oppure continuare a peccare.
Nel secondo (triste) caso il sacerdote tenterà comunque di non rompere i contatti, pregando e sperando in un loro futuro ravvedimento, ma ovviamente senza ammetterli all'Eucaristia.
Ma è ovvio che legioni di teologi che impunemente da decenni già contraddicono, direttamente o meno, buona parte dei dogmi di Fede continueranno ad alzare cortine fumogene e ad accampare scuse pretestuose per far passare qualunque immoralità. L'appetito, si sa, vien mangiando.
PS: Ladaria Ferrer è anche colui che è stato incaricato di presiedere il gruppo di lavoro sul diaconato femminile, ovviamente per scovare sofismi allo scopo di legittimarlo, in senso sacramentale s'intende. A buon intenditore...
Il terzo paragrafo, del primo capitolo di AL, in apertura ricorda che "il tempo è superiore allo spazio". Non mi ricordavo assolutamente questo chiodo all'inizio. Questa può essere una linea guida solo per chi vuole raggirare il prossimo, per chi fa carta vince, carta perde, tutti i giorni finché il sempliciotto di turno non è bollito.Sembra proprio una massima truffaldina. Ieri sera ho preso in mano,'Appunti per una autobiografia' di Romano Guardini ( Morecelliana, 1986):"...Ma lo Spirito non agisce come forza spirituale liberamente fluente, bensì tramite un'istanza storica, cioè tramite la Chiesa. Questo è l'ordine: al Padre si giunge soltanto attraverso Cristo; ma Cristo lo si vede giustamente soltanto nello spazio ordinato dallo Spirito Santo, la Chiesa..."(p.153)
Mi ha colpita: la 'Chiesa come spazio'. In questo spazio, la Chiesa, il tempo può entrare solo se è stato purificato dallo Spirito Santo. Forse esagero ma tutti quelli che si lagnano dei tempi cambiati forse non sono entrati realmente nello spazio della Chiesa dove lo Spirito Santo opera, rinnovando, purificando, santificando. E il tempo, purificato, diventa stabile. Eterno, nella contemplazione ed adorazione di Cristo Signore nostro.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/07/01/immigrazione-ingestibile-ong-e-tanta-ipocrisia/3552046/
1) Casti Connubii: Anche se gli sposi si fossero separati, almeno non trovino altro partner, pensando ai figi
2) Familiaris Consortio: Beh, se si sono messi insieme con terzi, almeno non vivano more uxorio.
3): Amoris Letizia: In certi casi, chi si è messo con terzi non può fare a meno di vivere more uxorio, del resto ci possono essere elementi di santificazione anche in situazioni irregolari.
Ermeneutica della continuità nella quadratura del cerchio o semplice contraddizione?
Convergenze parallele.
Intanto..
https://www.corrispondenzaromana.it/considerazioni-teologiche-e-liturgiche-sulla-concelebrazione/
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-cosi-in-nome-della-compassione-divorzio-aborto-ed-eutanasia-saranno-accettati-anche-dalla-chiesa--16505.htm
Ordinario Della Messa
"Secondo l'uso della antica Chiesa, solo i fedeli battezzati e non esclusi dalla comunione ecclesiastica, potevano assistere a tutta la santa Messa. Gli altri non ancora battezzati, ma semplici catecumeni, e i penitenti, per il tempo fissato dalla disciplina della Chiesa, assistevano solo alla prima parte, cioè da principio fin dopo l'omelia del Vescovo nella quale spiegava le parti della Sacra Scrittura lette prima. Secondo questo uso abbiamo conservato la denominazione di Messa dei Catecumeni e di Messa dei fedeli, per le due parti della Messa..."(Messale Romano Quotidiano, Casa Editrice Marietti, 1938)
La divisione della Messa in due parti,quella dei Catecumeni e penitenti, e quella dei fedeli, era un segno potente che dalla Liturgia fluiva nel quotidiano di tutti,chiamati ad essere introdotti "nel grande mistero dell'amore di Gesù che rinnova, in modo incruento il sacrifizio della nostra riconciliazione, per opera del suo ministro..."
C'è proprio un altro sapore. Un sapore serio, di chi crede seriamente che è possibile vivere il quotidiano sorretti da una Fede seria.
"...la priorità all'incontro tra le persone, al camminare insieme. Così facendo,dopo sarà più facile abbandonare le differenze"(p.76 da Sergio Rubin e Francesa Ambrogetti, Jorge Bergoglio. Papa Francesco. Il nuovo Papa si racconta, Salani, Firenze, 2013; Riportato da 'Sì sì no no' Anno XLIII n.10).
Il giornale quindicinale riporta che Bergoglio si autodefinisce 'teorico della cultura dell'incontro'. In tutto quello che il Pontefice fa o dice, a mio parere, non traspare tanto il teorico quanto 'colui che vuole' e 'colui che sente'.Non mi sembra che l'elaborazione concettuale e l'osservazione attenta del mondo esterno siano i suoi punti forza. Ognuno ha i suoi. Se si osserva, senza pregiudizi, la vita si vede che l'incontrarsi, il camminare insieme non cancellano le differenze. Lo si può vedere con facilità ogni estate quando il numero degli omicidi si impenna. Di solito quelli che ammazzano e muoiono sono persone che si volevano bene, che si amavano, amanti, persone anche che avevano rapporti di lavoro, che si conoscevano,e tutti camminavano insieme. La mamma di una mia amica, durante l'ultima guerra, fu fatta prigioniera dai tedeschi e messa in una cella con altre nove persone, a memoria. I dieci convissero insieme per del tempo. La madre poi disse alla figlia e sempre ribadì, per fortuna che avevamo l'obbligo del silenzio, giorno e notte, altrimenti ci saremmo ammazzati. Porto questi esempi estremi perché sono l'altra faccia, reale, dell'incontro,del camminare insieme e del dialogo ideali. L'incontro, il camminare insieme,il dialogo non sono ricette magico-taumaturgiche, vanno usate a tempo e luogo, vanno dosate. Ma prima di tutto va capito se, quando e perché le differenze sono disdicevoli e se è giusto, a priori, volerle cancellare. I morti ammazzati ci dicono che queste differenze sono diventate mostri che si sono ingoiati l'ucciso e l'uccisore. Ma questi casi, sono casi limite. Sì. Ci dicono però, in modo crudo, che le differenze non si affrontano con una bella camminata insieme. Se sono differenze patologiche vanno affrontate seriamente e con dolore profondo guarite, se sono differenze di cultura, di politica, di religione, di identità, ognuno camminerà, da amico, accanto all'altro da lui diverso, quanto più avrà portato la sua identità a purezza cristallina. L'unità non chiede il superamento delle diversità, richiede il massimo grado di purezza delle diversità, solo allora può esserci rispetto reciproco fondato, e comunione di intenti secondo necessità. Ci sono diversità talmente profonde nel nostro essere che è da folli pensare di abbandonarle e /o farle abbandonare. Quello che possiamo, dobbiamo fare e invitare tutti a fare è purificare, rendere migliori, luminose, specchianti le nostre diversità,che formano la nostra identità. La Fede cattolica è il solo elemento che rende realizzabile quanto ho scritto causa la presenza nello spazio della Chiesa della Santa Trinità e dell'occorrente alla nostra santificazione, cioè alla nostra purificazione. Purificazione che svela la nostra vera identità.
"Altrimenti la macchina si inceppa ."
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/07/05/scandali-in-vaticano-cosa-ci-insegna-la-crisi-nel-governo-di-papa-francesco/3708157/
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