Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

giovedì 18 aprile 2024

Tommaso d'Aquino come mistagogo della Santa Messa nel Rito tradizionale

Nella nostra traduzione da Rorate Caeli la recensione — Commentari sulla messa di San Tommaso d'Aquino — di un libro (Urban Hannon: Thomistic mystagogy / Mistagogia tomistica) che presenta l'Aquinate da una prospettiva inizialmente insolita, cioè come mistagogo della Santa Messa nel Rito tradizionale, nel quale l'ha trovata essenzialmente e nella quale fino ad oggi non è quasi cambiata per i cattolici fedeli alla tradizione. Ne accennavamo qui, col desiderio di approfondire. Ed ecco, per ora, ci accontentiamo di un'altra recensione; ma si tratta di una recensione di grande pregio, tradotta dal tedesco dal prof. Kwasniewski. Sarebbe auspicabile la traduzione del libro in italiano, della quale potremmo farci carico noi d'intesa con lo stesso prof. Kwasniewski.

Tommaso d'Aquino come mistagogo della Santa Messa nel Rito tradizionale
Una recensione del libro sulla mistagogia tomistica di Clemens Victor Oldendorf di Tomistica mistagogia di Urban Hannon : Commentari sulla messa di San Tommaso d'Aquino. Tradotto dal tedesco da Peter Kwasniewski.
Nato nel 1225, San Tommaso d'Aquino è morto 750 anni fa, lo scorso 7 marzo. Chi osserva il calendario liturgico che corrisponde al tradizionale rito romano celebra ogni anno la festa di San Tommaso d'Aquino in questa data e quindi l'ha celebrata poco più di un mese fa.

In occasione di una rievocazione storica così rilevante, è opportuno rivedere scrupolosamente la vita e gli insegnamenti del Doctor Communis, e tale approfondimento potrà essere molto intenso, perché durante il prossimo anno ricorderemo l'800° anniversario della nascita di questo autorevole insigne teologo dell'ordine domenicano. Nel 2024 e nel 2025 avremo ancora una volta un doppio giubileo senza soluzione di continuità per San Tommaso d’Aquino e tutti coloro che lo venerano e attingono alle sue conquiste filosofiche e teologiche.

Nuova pubblicazione tempestiva
Quasi in onore di queste occasioni, il 7 marzo 2024 la casa editrice americana Os Justi Press ha pubblicato un'opera, undicesimo volume della serie accademica Os Justi Studies in Catholic Tradition, che si propone di presentare Tommaso d'Aquino in una prospettiva inizialmente insolita, cioè come mistagogo della Santa Messa nella sua forma tradizionale [sulle due forme del Rito Romano vedi qui - qui -ndT], nella quale l'ha trovata essenzialmente e nella quale fino ad oggi non è quasi cambiata per i cattolici fedeli alla tradizione.

Il contributo che qui presentiamo costituisce un ottimo complemento a questi studi sulla tradizione cattolica. L'autore è Urban Hannon, un giovane teologo nato negli Usa e già laureato in teologia presso il Collegio domenicano di Roma, l'Angelicum. Attualmente è seminarista della Fraternità Sacerdotale San Pietro a Wigratzbad.

Teologo, innologo e mistagogo nella celebrazione dell'Eucaristia
A un esame più attento, Tommaso come mistagogo forse non è così sorprendente se si considera quanto influente e potente fosse come filosofo e teologo nell’illuminazione intellettuale e nella formulazione terminologica della transustanziazione e della Presenza Reale eucaristica. Se vogliamo leggerlo e comprenderlo mistagogicamente, ci muoviamo con lui in un certo senso nel campo intermedio che si apre tra i suoi sforzi di rappresentante della scolastica, apparentemente sobri e aridi, sul sacramento dell'altare da un lato e il suo inno poetico sull'Eucaristia dall'altro, poiché egli, come è noto, aveva compilato e creato poeticamente per conto del Papa la formulazione dell'Ufficio liturgico e della Messa della nuova festa al momento dell'introduzione del Corpus Domini.

Tuttavia, Hannon afferma giustamente nella sua introduzione:
A differenza del suo maestro Sant'Alberto Magno [1] e di molti suoi contemporanei, San Tommaso non scrisse mai un commento autonomo alla liturgia eucaristica. Tuttavia, e all’insaputa di molti, San Tommaso scrisse la sua expositio Missae. In effetti ne scrisse due: una nella sua prima opera importante, l'altra nell'ultima. La prima è nascosta nell'expositio textus del Libro 4, Distinzione 8, nel suo Scriptum sulle Sentenze di Pietro Lombardo. L'ultima si trova nel corpus di Summa Theologiae, Tertia Pars, Domanda 83, Articolo 4. Entrambe queste trattazioni comportano una divisione della liturgia nelle sue parti essenziali, nonché uno studio dettagliato delle parole che compongono ciascuna parte, cioè , «le cose dette attorno a questo sacramento», le tante parole di tutta la Messa che avvolgono le poche parole dell'istituzione. Infatti, sebbene solo quella forma minima sia necessaria per il semplice essere del sacramento, tutte le parole del rito sono necessarie per il suo benessere. [2]
Inoltre ci sono tutte le azioni e i gesti, che devono accompagnare le parole pronunciate durante l'intero rito della Messa. [3]

I testi fondamentali su cui si basa principalmente Hannon sono In IV Sent., d. 8, es. e In IV Sent., d. 12, es. così come ST IIIa, Q. 83, in particolare gli articoli 4 e 5. Questi testi possono essere trovati tutti in latino e inglese nell'Appendice 1. [4] La versione latina può essere trovata anche su Internet all'indirizzo aquinas.cc, mentre la la traduzione è sempre di Urban Hannon ed è stata realizzata appositamente per questa pubblicazione. [5] Ciò è altamente lodevole, poiché le scelte di traduzione dell'autore spesso chiariscono la sua comprensione e interpretazione del testo. Si può premettere che la traduzione in inglese è di altissima qualità e non incontra grosse riserve o obiezioni. [6]

Una prefazione di alto livello colloca l'opera in una origine e in un contesto
“Non è esagerato affermare che p. Hugh Barbour, O. Praem., mi ha insegnato sulla Santa Messa più di chiunque altro abbia mai conosciuto”, afferma l'autore nei suoi ringraziamenti introduttivi [7] ed è davvero un grande colpo di fortuna che egli abbia potuto conquistare il dotto premostratense dell'Abbazia di San Michele nel Silverado californiano per una prefazione insolitamente corposa. [8] Vengono qui menzionati solo due o addirittura tre punti di vista in essa affrontati per dare un'idea dello straordinario valore di questa prefazione.

In primo luogo, Barbour ci ricorda Dom Ansgar Vonier (1875-1938), il secondo abate dell'abbazia benedettina inglese Buckfast Abbey, che fu ripreso nel 1882, e il suo libro A Key to the Doctrine of the Eucaristia. Circa un secolo dopo il libro di Vonier, Barbour attesta che Hannon ha completato congenialmente il lavoro dell'abate benedettino con la Mistagogia Tomistica. [9]

Nessun arrovellarsi sacramentale o rubricale sul rito liturgico
Un altro punto importante che Hugh Barbour sottolinea del libro di Hannon è che una lettura autentica di Tommaso non conduce a un positivismo in cui la validità del rito – sempre utilizzando l'esempio del sacramento dell'altare – si esaurisce in parole isolate del Signore oppure ci si accontenta di un rito liturgicamente corretto ma meccanico. “Eppure è proprio questo tipo di positivismo che caratterizza la preoccupazione dei movimenti liturgici successivi, pre e post-conciliari, e il loro approccio alla Messa”. [10]

Un ultimo aspetto, che vorremmo qui ricordare a partire dalla prefazione e che qui viene illustrato con un vivido esempio, è importante perché insiste sul fatto che Tommaso non dovrebbe essere avvicinato con una concezione moderna del genio, che troppo spesso lo equipara o lo confonde con l'originalità:
Troppo spesso, nel loro zelo nel giustificare la superiorità del Dottore Angelico, i tomisti hanno cercato qualche nuova intuizione o insegnamento essenzialmente "tomistico", fino ad allora sconosciuto. Qui però nelle istruzioni mistagogiche di Tommaso, come in tutto il suo insegnamento in materia sacramentale e liturgica, troviamo solo una fedele esposizione di quanto è stato trasmesso nel rito dei sacramenti, e che avrebbe potuto facilmente essere scritta da qualsiasi teologo del XII o XIII secolo. [11]
Il genio della tradizione anzi l'originalità di Tommaso d'Aquino
Il canonico premonstratense lo dimostra scrivendo: “In nessun luogo questo atteggiamento è più evidente in Tommaso che nella sua preferenza privilegiata e quasi esclusiva per lo Pseudo-Dionigi Areopagita, che egli preferisce chiamare semplicemente Dionigi, in tutte i temi del culto gerarchico, sia quello sacramentale che quello degli angeli. Questo atteggiamento di base è onnipresente”. [12]

Questa preferenza di Tommaso per lo pseudo-Areopagita è ulteriormente illustrata nella corrispondente nota della prefazione:
Infatti, in tutta l'opera di san Tommaso, Dionigi è considerato un'autorità suprema dopo la sacra Scrittura e prima degli altri Padri nell'esegesi, nel metodo teologico, nella metafisica e nell'angelologia, oltre che nella liturgia e nella spiritualità. Questo, si dice, è dovuto al fatto che si presume sia il primo scrittore non canonico, il convertito di San Paolo ad Atene menzionato in Atti 17. Eppure difficilmente può essere che un'autorità così diffusa, coerente e universale possa basarsi solo su un semplice errore storico. Il contenuto del suo insegnamento, per quanto storicamente raccomandato, è fuori discussione. L'insegnamento dell'Areopagita e la sua recezione da parte della Chiesa sono fatti innegabili e irremovibili della storia e della teologia cristiana. Basta esaminare, ad esempio, l'uso acuto dell'Areopagita nella letteratura vernacolare inglese medievale sulla preghiera per verificarne l'influenza di vasta portata. Di nessun altro San Tommaso dice nei termini più assoluti, e proprio riguardo ai principi metafisici del pensiero speculativo, ciò che dice dell'Areopagita e dei suoi discepoli cristiani platonici nel suo commento De Divinis Nominibus: "Verissima est eorum opinio" [la loro opinione è la più vera].
Nelle frasi conclusive di questa nota, Dom Hugh Barbour OPraem esprime la speranza che coloro che sono impegnati nella ricerca teologica su Tommaso vogliano trarre le conseguenze dal suo apprezzamento unico dell'Areopagita e ricevere l'impulso ad avviare e intraprendere intenzionalmente un movimento di interpretazione di Tommaso decisamente conforme a Dionigi. [14]

Gli obiettivi perseguiti e raggiunti con la Mistagogia Tomistica
Con i suoi scritti, il nostro autore vorrebbe provare a mettere insieme le parti di un “commento tomista alla Messa indipendente” coerente, a partire dai quattro principali testi fonte già menzionati [15] con l'essere “sensibile alle sfumature”. [16] Colpisce quanta continuità si mantenga tra i testi del commento alle Sentenze (scritto a Parigi tra il 1252 e il 1254) e quelli della Summa Theologiae (cui Tommaso lavorò nelle varie sedi di Roma, Parigi e Napoli nel periodo dal 1268 al 1273), anche se tra loro erano trascorsi circa due decenni. [17]

Tommaso, poi, non ripete alcune distinzioni fatte nel Commento alle Sentenze [18] ma introduce nella Summa Theologiae la distinzione apparentemente essenziale tra sacrificio (sacrificium) e sacramento (sacramentum). [19]

Procedura nella mistagogia tomistica
Nel primo capitolo, intitolato Divisio Missae, Hannon utilizza l'esempio della struttura della liturgia della messa per spiegare il metodo di san Tommaso, il suo approccio nel trattare un testo in senso molto ampio. Allora non si tratta solo di coglierne il contenuto, ma anche e forse ancor più di capire come sono ordinati testo e contenuto e, a partire dalla conoscenza di quest'ordine, elaborare per sé stesso uno schema che mappi la struttura del testo in discussione e il suo messaggio, per così dire, e lo renda comprensibile. [20]

Nel commento alle Sentenze Tommaso parte dal principio dell'exitus -reditus, che riprende da Dionigi Areopagita. [21] Proprio facendo riferimento all’orazione Actiones nostras, probabilmente familiare ad alcuni lettori delle Litanie di Tutti i Santi, Hannon avrebbe potuto spiegare questo principio in modo molto chiaro e facilmente comprensibile: «Preghiamo, Signore, precedi le nostre azioni con la tua ispirazione e accompagnale con il tuo aiuto, affinché ogni nostra preghiera e ogni nostra azione possa sempre iniziare da te e, come da te iniziata, possa da te essere portata a termine”. [22]

Organizzazione secondo servizi o ruoli liturgici: lo spettacolo liturgico
Tommaso ricava un ulteriore assetto organizzativo, per così dire, analizzando la distribuzione liturgica dei ruoli tra sacerdote, assistenti (diacono e suddiacono) e il cosiddetto coro, che in ambito monastico verrebbe inteso come la comunità monastica presente, altrimenti idealmente la schola, in ogni caso ampliata dai fedeli presenti. [23] Infine, egli segue la tradizione della spiegazione allegorica della Messa o dell'interpretazione della Scrittura e riconosce nella liturgia corrispondenze tra prefigurazione e compimento nonché un sensus spiritualis. [24]

Quando abbiamo parlato precedentemente della preoccupazione per un testo, è fondamentale comprendere l'osservazione di Hannon che Tommaso, quando si occupa della liturgia della Messa, parte meno da un libro, cioè da un messale, che dalla celebrazione liturgica e dalla celebrazione stessa, per il cui compimento viene utilizzato un particolare libro liturgico. [25]

Viene svelata la mistagogia genuinamente tomista della Santa Messa
Il secondo capitolo, di gran lunga il più dettagliato [26] si concentra poi sull’Expositio Missae. Hannon presenta qui, com'era nelle sue intenzioni, una spiegazione lineare della Messa, la sua vera e propria mistagogia tomista. Nel complesso riesce ad armonizzare in modo molto conclusivo gli approcci riscontrabili nelle due fonti principali del Commento alle Sentenze e della Summa Theologiae e, in particolare, non commette l'errore di intendere le precisazioni apportate in quest'ultimo testo come correzioni che semplicemente revocano e ritrattano le posizioni assunte in quello precedente. Ci sono sfumature diverse di enfasi, e anche queste vengono identificate, ma tutte le fasi di sviluppo in definitiva contribuiscono alla mistagogia di San Tommaso d'Aquino che finalmente emerge e che Urban Hannon ci presenta nel suo studio.

Modulazione e interpretazione della liturgia della Messa con Tommaso d'Aquino
La descrizione dello svolgimento liturgico, la sua interpretazione e significato, che l'autore trae dalle fonti da lui consultate, inizia con la confessione di colpa nel Confiteor. [27] Nel Confiteor, ma l'inizio vero e proprio è l'Introito insieme alla Colletta, cui segue alla fine la doppia struttura del versetto di comunione e della preghiera di chiusura, dove non è menzionata una benedizione conclusiva. [28] Dalla presentazione continua dell'intera liturgia della Messa, così come l'autore lascia che si svolga nel mezzo, selezioneremo solo passaggi significativi, che possono risultare particolarmente evidenti o addirittura sorprendenti a causa dell'interpretazione di Tommaso; inoltre, quelli in cui la traduzione dal latino di Hannon non è convincente e talvolta suggerisce un probabile fraintendimento dei passaggi del testo in questione da parte sua.

Domande e suggerimenti
Tommaso distingue tra i termini oblatio e consecratio e il modo in cui assegna loro i termini sacrificium e sacramentum. Lì leggiamo: «Quod quidem et offertur ut sacrificium, et consecratur et sumitur ut sacramentum , primo enim peragitur oblatio; secundo consecratio materiae oblatae ; tertio, perceptio eiusdem . [29] Di conseguenza, il concetto di consacrazione viene sorprendentemente accostato non a quello di sacrificium, ma a quello di sacramento, in quanto l'Eucaristia viene gustata e ricevuta come cibo (e bevanda). Esiste il rapporto tra sacrificium e oblatio, per cui tale offerta sembra determinata dalla logica del riferimento prioritario al pane e al vino [30] che può poi essere messa in correlazione con la successiva dottrina di Trento, se si assumono due potestates sacerdotali offerendi et consecrandi che certamente operano insieme, ma sono concettualmente e fattivamente distinte l'una dall'altra. [31]

Nel contesto intellettuale va notato ciò che Hannon ha già affermato in precedenza, e cioè che san Tommaso “ha ben poco da dire sull'offertorio in sé, solo che è espresso dalla preghiera del sacerdote Suscipe sancta Trinitas. Ciò corrisponde al rito domenicano, in cui il calice e l'ostia vengono innalzati insieme durante la preparazione dei doni, con l'ostia appoggiata sulla patena, che giace sul calice in cui il vino è mescolato con un po' d'acqua.

Quando furono scritti tutti i testi a cui fa riferimento Hannon, la standardizzazione dei costumi liturgici nell'Ordine domenicano era già stata completata, poiché tale codificazione era avvenuta nel 1246 e fu riaffermata nel carattere vincolante dei testi nei due anni successivi. A questo punto si vede che Tommaso aveva comprensibilmente in mente la liturgia del suo ordine, ma sembra essersi deliberatamente astenuto dal menzionare le differenze tra le varie osservanze liturgiche per essere quanto più universale possibile. A questo proposito, come revisore, risponderei intuitivamente alla domanda che Hannon solleva verso la fine del suo studio, e cioè quale messale San Tommaso potrebbe aver avuto in mente quando ha compilato i suoi testi. [32]

Tradizione liturgica come consuetudo
Come si intende la seguente frase di ST IIIa, D. 83, a. 5 sc, dipende da come si determina autorevolmente il rapporto tra tradizione liturgica e autorità ecclesiastica in materia di culto. Questo passaggio recita in latino: “Sed in contrarium est Ecclesiae consuetudo, quae errare non potest, utpote spiritu sancto instructa”. [33]

Sicuramente spinto dalla maiuscola della parola Ecclesiae, che però è inequivocabilmente al genitivo singolare, Hannon vede qui una personificazione della Chiesa, trattandola come se fosse il vero soggetto della frase e traduce: “Ma nel contrario è il cerimoniale della Chiesa, che non può errare, poiché essa è istruita dallo Spirito Santo”. [34] Ma, sostenuto dalla grammatica e dall’ordine delle parole in latino e dall’intero contesto dell’argomentazione di Tommaso d’Aquino, dice: «Ma in contrasto con ciò sta la Consuetudo Ecclesiae, che non può errare, poiché [= la Consuetudo Ecclesiae, CVO ] è ispirata dallo Spirito Santo”. Hannon potrebbe almeno riflettere se non sarebbe più opportuno formulare la frase: «Ma al contrario è la Consuetudo della Chiesa, la quale [corsivo per enfasi] non può errare, poiché ciò [ = la consuetudine della Chiesa] è insegnato dallo Spirito Santo”.

La mistagogia di Tommaso in contrasto con tutte le riforme liturgiche del XX secolo
Ciò renderebbe più chiaro, a mio avviso, che il potere della Chiesa di ordinare il proprio culto non è indipendente dalla sua consuetudo e non può legittimamente consistere nel sostituire una consuetudo da lungo tempo praticata con una consuetudo fondamentalmente nuova contro questa pratica ereditata. Se l’autorità della Chiesa non si fonda sul principio della tradizione nella sua liturgia, allora il pericolo dell’aliter celebrare (celebrare in modo diverso da come si dovrebbe), da cui giustamente anche Hannon mette in guardia, potrebbe improvvisamente trovare ampio spazio[35]. Sarebbe completamente contrario al suo stile generale se si presumesse che l'autore di Mistagogia Tomistica volesse sostenere una tale visione riformista (vale a dire, tutto ciò che la Chiesa propone deve essere giusto) - una visione che sfortunatamente emerge in Traditionis Custodes.

Lo scorso anno è stata pubblicata a Washington DC l’antologia Liturgical Theology in Thomas Aquinas: Sacrifice and Salvation History proveniente dal lascito dell’importante tomista e liturgista Abbé Franck Quoëx (1967-2007), sacerdote che in fondo apparteneva al clero della Arcidiocesi di Vaduz. La mistagogia tomistica di Urban Hannon appartiene ora alla stessa linea. La relativa brevità della sua pubblicazione non deve indurci a sottovalutarne il contenuto. La sua concisa brevità offre al laico teologico interessato il vantaggio di una più facile leggibilità e quindi di un accesso ancora più rapido agli approfondimenti essenziali.

[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
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A I U T A T E, anche con poco,
l'impegno di Chiesa e Post-concilio anche per le traduzioni
(ora che sono sola ce n'è più bisogno) 
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9 commenti:

Anonimo ha detto...

Specie dagli ultimi sviluppi riscontriamo che la pastorale (o, meglio, il pastoralismo) evidentemente appartenente al pragmatismo, che pretende d’essere pratico, finisce col diventare prettamente teorico. Invece, il tomismo, che sembrerebbe prettamente teorico, finisce col trovare una base solida e sicura nel reale. Ed è per questo che sarebbe salutare ritornarvi.

Fonte: Giuseppe Federici ha detto...

Il Liber sacramentorum in pdf

L’opera del card. A.I. Schuster “Liber sacramentorum” è disponibile in formato pdf sul sito di Sursum Corda.

https://www.sursumcorda.cloud/articoli/centro-studi-vincenzo-ludovico-gotti/2823-liber-sacramentorum-in-pdf-del-cardinale-ildefonso-schuster.html

Anonimo ha detto...


O. T. Hier, 17 juillet, ont eu lieu au séminaire d'Écône, dans le Valais, les funérailles de Mgr Vitus Huonder, ancien évêque de Coire, en Suisse, chargé, en janvier 2015, par le cardinal Gerhard Müller, alors préfet de la Congrégation pour la Doctrine de la Foi, d'une mission d'enquête sur la Fraternité sacerdotale saint Pie X. Émerveillé par ce qu'il avait pu observer dans les prieurés et les séminaires de la Fraternité, séduit par les exposés doctrinaux de Mgr Marcel Lefebvre et les raisons de son opposition au Concile Vatican II, Mgr Huonder avait fini par solliciter, en 2019, son admission dans la Fraternité, où il aura finalement passé les cinq dernières années de sa vie. Comme il l'avait demandé, il a été enterré « auprès de l’évêque qui a tant souffert pour l’Eglise », selon ses propres mots. Requiem aeternam dona ei Domine !

https://fsspx.news/fr/news/mgr-vitus-huonder-faire-part-et-informations-43977

https://www.youtube.com/watch?v=PnTPfKaJqdA


Anonimo ha detto...

"Sed in contrarium est Ecclesiae consuetudo, quae errare non potest, utpote spiritu sancto instructa" (III, 83, 5, sc).

La critica di Kwasniewski alla traduzione dell'autore è a mio avviso sbagliata. Il soggetto grammaticale di "errare non potest ecc" è il pronome relativo "quae", femminile singolare. Kwasnieskwi lo riferisce a consuetudo, ma è abbastanza chiaro, alla luce del seguito, che esso si debba riferire alla Chiesa e non alla consuetudine liturgica.

Così traducono (e commentano) anche i domenicani italiani nel vol. 28 dell'edizione commentata (quella marrone per capirci).

Anonimo ha detto...


Erratum : J'ai écrit, inexplicablement, « Hier, 17 juillet », au lieu de « Hier, 17 avril ». Je prie qu'on m'en excuse.

Recensioni di mistagogia tomistica ha detto...

Sento che ci troviamo in un momento cruciale nel mondo occidentale, come se fossimo costretti a fare una scelta tra salvare l'anima collettiva della nostra civiltà o assistere alla sua totale distruzione. E questo sito mi sembra un’opportunità per non arrendersi e invitare gli altri a difendere questa cultura che non ha eguali nella storia umana, e che corriamo il rischio di perdere per sempre.

Anonimo ha detto...

« Le moyen âge français est dominé, quant à l’esprit, par l’incomparable scolastique et par Saint Thomas d’Aquin ; quant à la pierre, par les cathédrales ; quant au mouvement, par les Croisades, dont l’aboutissement est Jeanne d’Arc. »
Léon Daudet.

Anonimo ha detto...

Ottimo, grazie; l'aspetto mistico e mistagogico è forse quello meno conosciuto e apprezzato dell' Aquinate, anche da parte dei suoi estimatori e apologeti
Roberto De Albentiis

Sintesi su Tommaso ha detto...

Non vi è contraddizione tra filosofia realista e fede cristiana: bisogna precisare come la definizione di verità presentata da San Tommaso d'Aquino quale adeguamento dell'intelletto al reale si calca su una più antica definizione di "fede" ("pistis") definita da Aristotele, nella metafisica, quale adeguazione dell'intelletto al reale (Metafisica, E 4, 1027b 18-27); per Aristotele, la "fede" è addirittura il criterio della conoscenza. Tale definizione è stata successivamente ripresa da Clemente d'Alessandria (Stromati, IV,II) il quale scrive come la fede sia necessaria per conoscere il reale.
San Tommaso d'Aquino elabora la suddetta concezione di verità basandosi sulla definizione di "fede" presente nella "Metafisica" di Aristotele; orbene, il Concilio di Trento utilizza la stessa definizione aristotelico-tomista di verità per definire la virtù teologale di fede: l'adeguazione dell'intelligenza alla vérità rivelata presente nella Sacra Scrittura e nella Tradizione, in virtù della grazia battesimale. La fede è dunque una "gnosis, una conoscenza.
E' necessario pero' fare una distinzione: se nell'ordine della "fisica", la conoscenza, l'adesione dell'intelletto al reale, passa necessariamente per l'intermediazione dei sensi, nell'ordine della metafisica, la conoscenza di Dio passa necessariamente da un adesione cieca dell'intelligenza alla realtà di Dio che non è assolutamente conoscibile mediante i sensi ma che si fonda sull'autorità della Rivelazione: tale adesione, aiutata dalla virtù teologale, rende poi possibile la conoscenza di Dio: Sant'Agostino e Sant'Anselmo d'Aosta esprimono bene questa transizione, rispettivamente nel "De Trinitate" e nel "Proslogion" quando, citando Isaia ("nisi crediteritis, non intelligetis", scrivono che è necessario credere in Dio per conoscerlo (Sant Agostino, De Trinitate", XIV, 2, Sermo 89, n. 4; Sermo 212, n. 1; In Jo. tract. 40, 9. Epist. 120, c. 1, n. 3; Sant'Anselmo, De fide Trinitatis et de incarnatione Verbi, prooemio, P. L., t. 158, col. 260-261.)
In conclusione, se, sul piano della "fisica" il reale è ineluttabilemente conoscibile da ogni uomo mediante la mediazione dei sensi e l'elaborazione dell'intelligenza, sul piano della fede, la realtà di Dio è ancor più perfettamente conoscibome mediante l'adesione preliminare dell'intelletto ad essa mediante l'atto di fede, illuminato dalla grazia, al dato rivelato, il cui fondamento è l'autorità stessa di Dio: la sola ragione puo' comprendere, naturalemente, che esiste un principio primo, increato, di tutto il cosmo, ma è solo la grazia che permette l'intelletto a comprendere che Dio è Uno e Trino e che, conseguentemente, fosse necessario che una delle tre persone divine si incarnasse e soffrisse per la redenzione del genere umano.