Nella nostra traduzione da The Josias la recensione di un libro dal cui titolo intrigante pensavo di cogliere maggiori elementi sulla mistagogia tomista sulla Messa; ma, a conti fatti, val la pena raccogliere quanto illustrato di seguito col desiderio di approfondire oltre il guscio, la polpa da altre fonti. A Dio piacendo, lo farò al più presto.
La “tomistagogia”
Urban Hannon, Thomistic Mystagogy: St. Thomas Aquinas’s Commentaries on the Mass [Mistagogia tomistica: i commenti sulla messa di San Tommaso d’Aquino] (Lincoln, Nebraska, Os Justi Press, 2024).
Tra i teologi di un certo tipo del ventesimo secolo era un luogo comune che il tomismo fosse freddo, razionalista e “arido come la segatura”, come essi dicevano. Come se il Dottore Comune e i suoi studenti fossero tagliati fuori dalle correnti vivificanti della Scrittura e dei Padri della Chiesa. Questa è stata una delle idee portanti del movimento della nouvelle théologie del secolo scorso. Ma se si legge San Tommaso per più di cinque minuti, e soprattutto se si legge la sua opera, invece di leggerlo solo attraverso la lente di alcuni dei suoi successori, si vede quanto questa sia un’idea assurda e infondata.
La critica che viene fatta in generale la si può osservare anche nel particolare, con il desiderio di alcuni teologi di andare oltre la teoria tomista della transustanziazione, come se una vaga teologia del gesto delle mani potesse descrivere il mistero più efficacemente di una teologia che utilizza l’infrastruttura della filosofia aristotelica. Come se il mistero implicasse che la nostra teologia debba essere imprecisa.
Leggere San Tommaso significa notare quanto scritturale e patristica sia la sua teologia, quanto profondamente essa abbia attinto a queste fonti. Tutti coloro che rifiutano la scolastica, e soprattutto il tomismo, in favore di una teologia fondata sugli scritti dei Padri, farebbero bene a riconoscere che quest’ultima è proprio ciò che ci hanno dato gli scolastici. L’organizzazione del patrimonio patristico operata da Pietro Lombardo nelle sue Sentenze non è stata il trampolino di lancio, ma il fondamento stesso per la teologia veramente sistematica di San Tommaso e degli scolastici.
Lo Spirito Santo ha rivelato che la Sapienza Divina “ordina tutte le cose con dolcezza”. Così, per chi è saggio, per chi partecipa di quella Sapienza, quest’ultima appartiene all’ordine, come insegna San Tommaso con lo Stagirita. E chi ha dato più ordine all’edificio della teologia cattolica se non l’Aquinate?
La teologia dell’Eucaristia di San Tommaso è una profonda riflessione sul mistero che sta al centro della nostra vita cristiana. Chi ha riconosciuto tanto le altezze che la teologia può raggiungere come la sua totale incapacità di comprendere in modo completo il mistero di Dio meglio di colui che ha scritto:
Tibi se cor meum totum subjicit,O meglio di colui che ha scritto:
Quia te contemplans totum deficit.
O sacrum convivium!
in quo Christus sumitur
recolitur memoria passionis eius
mens impletur gratia
et futurae gloriae nobis pignus datur.
O meglio di colui che ha affermato: “Ho visto cose tali nella preghiera che tutto quello che ho scritto sembra paglia”? Non “segatura”, intendiamoci, e nemmeno “paglia” come siamo abituati a concepirla, ossia secca e buona solo come legna da ardere e foraggio per le bestie. Nella famosa citazione, San Tommaso utilizzava un concetto comune nel pensiero medievale, secondo cui il senso letterale della Sacra Scrittura è semplicemente la “buccia”, che deve essere aperta per accedere al grano, il vero nocciolo nutritivo dei sensi spirituali. Non che la “buccia” o la “paglia” del senso letterale possa mai essere gettata via, ma essa è semplicemente il primo passo per arrivare a comprendere la verità. In questo senso la sua opera è certamente “paglia”, non foraggio per le bestie, ma foraggio per la contemplazione.
Il nostro ex editore Urban Hannon ci ha regalato un libro importante per la contemplazione del mistero del Santissimo Sacramento dell’altare, che è e dovrebbe essere sempre al centro della nostra vita di cristiani. Si tratta di un contributo particolarmente opportuno, poiché questa settimana onoriamo il 750° anniversario della morte del Dottore Comune.
Padre Hugh Barbour nota nella sua introduzione che questo libro funge da secondo pannello di un dittico insieme all’opera di Dom Anscar Vonier. Nella sua Key to the Doctrine of the Eucharist [Chiave della dottrina dell’Eucaristia], l’abate di Buckfast ha dettagliato la rappresentazione sacramentale che è al centro della teologia dell’Eucaristia di San Tommaso. Mentre Vonier ci illustra la teoria tomista del significato di questo sacramento, Hannon raccoglie per noi gli scritti di San Tommaso su tale significato all'interno dei riti, delle parole e dei gesti della Santa Messa. Come indica Hannon, San Tommaso legge la liturgia come legge la Scritture. Sotto la “buccia” del senso letterale, egli trova il significato spirituale più profondo, una lettura spesso allegorica, ossia di un genere che è stato assai disdegnato dalla moderna erudizione liturgica, ma che è molto fruttuoso per la nostra vita cristiana.
Sebbene, a differenza di molti suoi contemporanei, San Tommaso non abbia composto un commento a parte alla Messa, l’ha commentata in due delle sue opere, nello Scriptum sulle Sentenze di Pietro Lombardo e nella Summa Theologiae. Hannon assembla per noi questi testi in modo omogeneo. Utili appendici forniscono i testi latini, con la traduzione accurata e facilmente leggibile di Hannon, oltre a vari utili diagrammi.
Hannon analizza il commento di San Tommaso alla Messa secondo le quattro cause, soffermandosi soprattutto sulla causa materiale, su ciò che si dice e si fa nella Messa. Le altre tre cause corrispondono alle varie parti della Messa definite da San Tommaso, che le suddivide in base alla loro forma, ad esempio nel commento alle Sentenze, vedendo nella struttura della Messa un modello di exitus-reditus. Egli opera anche una suddivisione basata su chi parla — una sorta di causa efficiente strumentale, poiché Dio stesso è l’agente primario nella liturgia —: il solo sacerdote, i ministri, il coro, che consentono “a tutta la gerarchia del corpo mistico di essere rappresentata” (15). Sulla causa finale della Messa c’è una suddivisione in base al significato: “Per San Tommaso, le parole e i gesti della Messa si uniscono per significare tre cose: la rappresentazione della Passione di Cristo, la disposizione della Chiesa, e la devozione e la riverenza dovute a questo sacramento” (21).
Il commentario di San Tommaso ricorda alla nostra epoca di diffuso minimalismo liturgico che ciò che è importante nella Messa non è solo l’essenziale, ciò che è necessario per la validità del sacramento dell’Eucaristia. Niente è superfluo, tutto il rito è importante, comprese “le cose dette attorno al sacramento”, che non servono alla validità del sacramento stesso, alla sua essenza, ma “sono per il bene del sacramento” (ST III, Q. 66, a.10 ad 4).
Se questo libro ha un difetto, è la sua brevità; è poco più di un saggio. Fa desiderare di più. Forse ciò ha senso in quanto si tratta di un commento sulla nostra stessa teologia dell’Eucaristia. Ma a volte si ha la sensazione che si sarebbe potuto dire di più. Sarebbe stato utile un commento chiarificatore qua e là. Ma questo, in un certo senso, è un semplice cavillo. È un libro breve, ma che offre molti spunti di riflessione, a cui possiamo tornare più di una volta mentre contempliamo i misteri che celebriamo.
[Traduzione a cura di Chiesa e post concilio]
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A I U T A T E, anche con poco,
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6 commenti:
Feria VI post Dominicam IV Quadragesimae
~ PRETIOSISSIMI SANGUINIS D. N. J. C.
Redemísti nos, Dómine, in sánguine tuo,
ex omni tribu, et lingua, et pópulo, et natióne : et fecísti nos, Deo nostro regnum.
San Tommaso sostiene che vedere è credere: la prova della realtà di una torta c’è fornita dal mangiarla; e nessuno può negare d’esistere. Egli appoggia le sue verità con astrazioni, le quali però non sono più astratte delle correnti nozioni d’evoluzione, energia, spazio e tempo, e non risultano, come queste, in aperta contraddizione con le realtà tangibili della vita quotidiana. Il pragmatismo, che pretende d’essere pratico, finisce col diventare prettamente teorico: il tomismo, che proclama d’essere teorico, finisce col trovare una base solida e sicura nel reale. Ed è per questo che oggigiorno gran parte del mondo vi ritorna».
«Il tomismo possiede una particolare qualità costruttiva: mentre gli speculatori più recenti sono ai primi gradini e dibattono ancora vivamente la questione se potranno o no possedere gli arnesi adatti per edificare la casa, il d’Aquino, d’un balzo, è già in cima alla scala intento a costruire il suo grande palazzo. Egli è in anticipo non soltanto sul suo tempo, ma ancora sui nostri, poiché ha gettato un ponte sugli abissi del primo dubbio, al di là del quale ha trovato la realtà: e su di essa, sicuro, ha incominciato a edificare. Il suo ragionamento ci dà fatti, non parole: a differenza di Kant e Hegel, egli ha una fede che è ben lontana dall’avere un dubbio sulle questioni del dubbio; non quella che, comunemente, si chiama una fede basata sulla fede, ma una fede basata sui fatti. Da questo momento, egli deduce, sviluppa, decide, come chi, fondata una città, si riconosce il diritto di governarla. Prima di lui, nessun filosofo aveva mai pensato alla realtà delle cose, né alla realtà dei sensi».
Bisogna tornare allo studio serio delle opere di Tommaso d’Aquino, il quale – ci suggerisce ancora il celebre giallista – «ci viene incontro più grande, più sublime che mai nella grande risurrezione della philosophia perennis: la filosofia eterna».
Venerdì IV Quaresima, del Preziosissimo Sangue di Gesù e dei Misteri della Via Crucis; in foto, il Crocifisso del Maestro di San Francesco, esposto nella Galleria Nazionale dell'Umbria e specialmente adesso in una mostra temporanea dedicata...
"...Ed ecco che alle spalle della Mensa del Sacrificio si trova la santa e benedetta Croce, la quale si dirama su quattro parti: nord, sud, est e ovest, abbracciando così il Salvatore tutto il mondo che Egli ha plasmato; E così si unisce il sopra con il sotto, e l'oriente con l'occidente, perché Il Signore chiamò tutto l'ecumene alla salvezza e con l'umiliazione del suo corpo e con la gloria della sua Resurrezione ci ha chiamati allo stesso percorso di umiltà e poi di gloria, restaurandoci nel suo Amore. Sulla sommità della Croce è dipinto il Padre Aprimordio che mandò il Figlio Unigenito a redimerci; e al centro della Croce stessa è appeso il Redentore, e ai suoi piedi sta il Golgota ove fu sepolto Adamo; e fra il Padre e il Figlio c'è lo Spirito Santo, il quale si ritrova sulle mani del Salvatore, affinché ci ricordiamo della Scrittura: "Le tue mani mi hanno creato e mi hanno plasmato". E così infatti fu fatto l'Uomo, per mezzo del Verbo del Padre con lo Spirito Santo che gli diede la vita." (dalle "Istruzioni Ecclesiastiche", Libro V, capitolo 133, di San Simeone di Tessalonica, +1429)
In illo témpore : Erat quidam languens Lázarus a Bethánia, de castéllo Maríæ et Marthæ, soróris eius. (María autem erat, quæ unxit Dóminum unguento, et extérsit pedes eius capíllis suis : cuius frater Lázarus infirmabátur.) Misérunt ergo soróres eius ad eum, dicéntes : Dómine, ecce, quem amas infirmátur. Audiens autem Iesus, dixit eis : Infírmitas hæc non est ad mortem, sed pro glória Dei, ut glorificétur Fílius Dei per eam. Diligébat autem Iesus Martham et sorórem eius, Maríam, et Lázarum.
Ut ergo audívit, quia infirmabátur, tunc quidem mansit in eódem loco duóbus diébus. Déinde post hæc dixit discípulis suis : Eámus in Iud.am íterum. Dicunt ei discípuli : Rabbi, nunc quærébant te Iudǽi lapidáre, et íterum vadis illuc ? Respóndit Iesus : Nonne duódecim sunt horæ diéi ? Si quis ambuláverit in die, non offéndit, quia lucem huius mundi videt : si autem ambuláverit in nocte, offéndit, quia lux non est in eo. Hæc ait, et post hæc dixit eis : Lázarus, amícus noster, dormit : sed vado, ut a somno éxcitem eum. Dixérunt ergo discípuli eius : Dómine, si dormit, salvus erit. Díxerat autem Iesus de morte eius : illi autem putavérunt, quia de dormitióne somni díceret. Tunc ergo Iesus dixit eis maniféste : Lazarus mórtuus est : et gáudeo propter vos, ut credátis, quóniam non eram ibi : sed eámus ad eum. Dixit ergo Thomas, qui dícitur Dídymus, ad condiscípulos : Eámus et nos, ut moriámur cum eo.
Venit itaque Iesus, et invénit eum quátuor dies iam in monuménto habéntem. (Erat autem Bethánia iuxta Ierosólymam quasi stádiis quíndecim.) Multi autem ex Iudǽis vénerant ad Martham et Maríam, ut consolaréntur eas de fratre suo. Martha ergo, ut audívit quia Iesus venit, occúrrit illi : María autem domi sedébat. Dixit ergo Martha ad Iesum : Dómine, si fuísses hic, frater meus non fuísset mórtuus : sed et nunc scio, quia, quæcúmque popósceris a Deo, dabit tibi Deus. Dicit illi Iesus : Resúrget frater tuus. Dicit ei Martha : Scio, quia resúrget in resurrectióne in novíssimo die. Dixit ei Iesus : Ego sum resurréctio et vita : qui credit in me, etiam si mórtuus fúerit, vivet : et omnis, qui vivit et credit in me, non moriétur in ætérnum. Credis hoc ? Ait illi : Utique, Dómine, ego crédidi, quia tu es Christus, Fílius Dei vivi, qui in hunc mundum venísti. Et cum hæc dixísset, ábiit et vocávit Maríam, sorórem suam, siléntio, dicens : Magíster adest, et vocat te. Illa ut audívit, surgit cito, et venit ad eum : nondum enim vénerat Iesus in castéllum ; sed erat adhuc in illo loco, ubi occúrrerat ei Martha. Iudǽi ergo, qui erant cum ea in domo et consolabántur eam, cum vidíssent Maríam, quia cito surréxit et éxiit, secúti sunt eam, dicéntes : Quia vadit ad monuméntum, ut ploret ibi.
María ergo, cum venísset, ubi erat Iesus, videns eum, cécidit ad pedes eius, et dicit ei : Dómine, si fuísses hic, non esset mórtuus frater meus. Iesus ergo, ut vidit eam plorántem, et Iud.os, qui vénerant cum ea, plorántes, infrémuit spíritu, et turbávit seípsum, et dixit : Ubi posuístis eum ? Dicunt ei : Dómine, veni et vide. Et lacrimátus est Iesus. Dixérunt ergo Iudǽi : Ecce, quómodo amábat eum. Quidam autem ex ipsis dixérunt : Non póterat hic, qui apéruit óculos cæci nati, facere, ut hic non morerétur ? Iesus ergo rursum fremens in semetípso, venit, ad monuméntum. Erat autem spelúnca, et lapis superpósitus erat ei. Ait Iesus : Tóllite lápidem. Dicit ei Martha, soror eius, qui mórtuus fuerat : Dómine, iam fetet, quatriduánus est enim. Dicit ei Iesus : Nonne dixi tibi, quóniam, si credíderis, vidébis glóriam Dei ? Tulérunt ergo lápidem : Iesus autem, elevátis sursum óculis, dixit : Pater, grátias ago tibi, quóniam audísti me. Ego autem sciébam, quia semper me audis, sed propter pópulum, qui circúmstat, dixi : ut credant, quia tu me misísti. Hæc cum dixísset, voce magna clamávit : Lázare, veni foras. Et statim pródiit, qui fúerat mórtuus, ligátus pedes et manus ínstitis, et fácies illíus sudário erat ligáta. Dixit eis Iesus : Sólvite eum, et sínite abíre.
Multi ergo ex Iudǽis, qui vénerant ad Maríam et Martham, et víderant quæ fecit Iesus, credidérunt in eum.
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