Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

venerdì 24 gennaio 2014

Pio XII ai padri della Compagnia di Gesù elettori nella 29a congregazione generale

Ringrazio il lettore Latinista, che ci ha inviato la Traduzione dell'Allocuzione ai Gesuiti di Pio XII, pubblicata sul sito della Santa sede solo nella versione latina

Allocuzione del santissimo signore nostro Papa Pio XII
ai padri della Compagnia di Gesù elettori nella 29a congregazione generale

17 settembre 1946

Benché corrano tempi inquieti e difficili, voi, carissimi, avete riunito a Roma la vostra legittima assemblea o congregazione generale; e ora in modo concorde ed attivo, tranquillo ed operoso, provvedete agli affari del vostro Ordine perché, unendo le forze e rinsaldando la disciplina, sempre di più promuova la lode di Dio e sia al servizio dell’utilità della Chiesa. Di questa vostra assemblea è già maturato il frutto principale: avete eletto il vostro nuovo preposito generale, che abbracciamo qui presente con l’animo e gli occhi Nostri. Sia degno di colui a cui è succeduto, Włodzimierz Ledóchowski, insigne tra i prepositi generali per devozione, prudenza e altre virtù, che sia i Nostri due ultimi predecessori sia Noi stessi abbiamo molto stimato da vivo e ora Noi insieme a voi piangiamo morto con grande rimpianto. Questo vostro supremo direttore provveda al bene della Compagnia di Gesù e badi ai suoi nuovi bisogni con la stessa costanza e alacrità.

La disastrosa guerra appena finita non ha risparmiato il vostro Ordine, o almeno moltissime delle sue province e sacre missioni. Non pochi vostri confratelli sono morti nelle battaglie e nei bombardamenti; molti sono stati chiamati alle armi o condannati ai lavori forzati; molti fatti prigionieri hanno patito freddo, miseria, vessazioni, pesanti fatiche e soprattutto i lunghi disagi e gli affanni della prigionia.

Ma la Compagnia di Gesù, la vostra madre, mescolando gioie ai dolori, può a buon diritto far sue le parole del Salmista: “Quando le angosce si moltiplicano nel mio cuore, i tuoi conforti allietano la mia anima” (Psalm. 93, 19). Non va forse considerato un singolare dono e beneficio di Dio che essa, per quanto corrano tempi burrascosi, veda ancora aumentare le schiere dei suoi membri e veda dimostrare le sue virtù con luminosi esempi? Ammirando con voi le testimonianze di vita evangelica per cui si sono distinti i vostri confratelli tra i soldati e i prigionieri, ammiriamo la molteplice solerzia dell’opera di apostolato con cui i sacerdoti e gli altri della vostre file hanno portato ai commilitoni in Cristo salute, pace, letizia. E che dire delle imprese di apostolato che i vostri confratelli hanno avviato nelle regioni occupate dagli eserciti vincitori, a volte non senza pericolo di morte? La loro virtù merita la più alta lode, così come l’attiva carità che le vostre province meno danneggiate dalla guerra hanno rivolto a vantaggio dei fratelli oppressi da miserie e tribolazioni, bisognosi di tante cose necessarie, impegnati nella ricostruzione di lacrimevoli rovine. E la vostra operosità non si limita solo a questo. Quando si è messo fine all’incendio della guerra, voi, confidando nell’aiuto di Dio, non solo avete provveduto ai vostri affari con accresciuto impegno, avete ripristinato o migliorato i noviziati e i collegii, ma vi siete anche dedicati a gara a ricostruire e correggere l’ordine religioso, morale e sociale – opera assai ardua – e vi siete impegnati a lenire per quanto era possibile gli animi degli uomini esasperati dall’odio.

Ora non c’è niente che si richieda in modo più urgente ed incalzante, carissimi, che riportare l’autorità della religione e la disciplina morale cristiana nel debito onore e vigore. Ahimè, in che tempi siamo caduti, per colpa della trascuratezza dei beni immortali! In qualsiasi gruppo umano si trova chi ignori del tutto la fede cattolica, anzi i rudimenti della religione stessa; si trova chi non veda niente di empio nei misfatti e nella licenza, chi trascuri persino le più elementari norme della morale e della giustizia; ci sono dei furiosi che infieriscono sulle cose sacre e dei letargici dissennati che le trascurano; in intere regioni e nazioni si stravolge l’ordinamento sociale. Sono tempi malvagi perché sono malvagi gli uomini. Devono diventar buoni gli uomini, perché anche i tempi diventino buoni.

La Chiesa sente, capisce che sta soprattutto a lei respingere una tale piena di mali, curare i popoli malati. Ed essa intraprende quest’opera, confidando soprattutto nell’aiuto e nella grazia di Dio. Perché si può adattare anche ai nostri tempi ciò che disse il Dottore delle genti: “Dove ha abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia” (Rom. 5, 20). Anche ai nostri tempi splende “il Sole della salvezza”, dato che Cristo invita anche noi all’opera di apostolato con quelle parole: “Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura” (Jo. 4, 35). Queste parole del divino Redentore valgono innanzitutto per le sacre missioni e portano loro uno straordinario conforto. Ma valgono anche per le terre e i popoli da tempo del tutto cristiani e cattolici. Dappertutto infatti il fervore religioso dei Cristiani aumenta e si infiamma con nuovi incitamenti; dappertutto gli occhi e la mente degli uomini si rivolgono alla Chiesa, aspettandosi da essa più che da chiunque altro la salvezza; dappertutto sono moltissimi coloro che hanno davvero “fame e sete di giustizia” (Matth. 5, 6) e bruciano del desiderio di luce e grazia divine.

Ecco il grande lavoro che la Chiesa deve compiere! Nell’eseguire questo proposito essa confida anche in voi, confida nel vostro zelo nel dedicarvici, confida soprattutto nella vostra professione religiosa e nella vostra dottrina. La Nostra speranza cadrà come vana? Niente affatto. Sappiamo per esperienza con quanto zelo vi muova e vi infiammi la voglia di agire. Si agisce per Gesù; e la Compagnia di Gesù darà un grande contributo a preparare un tale santissimo trionfo, e trascinerà molti altri col suo esempio.

Dovete però osservare alcune condizioni, perché riesca bene ciò che Ci ripromettiamo che accada e perché voi soddisfacciate le Nostre aspettative. Prima di tutto bisogna che siate fermamente fedeli alle vostre costituzioni e a tutte le loro prescrizioni. Le regole del vostro Ordine, se pare opportuno, possono essere qua e là adeguate alle novità del tempo; le cose principali in esse però non vengano in alcun modo toccate e restino perpetue. Per esempio: si conservino indenni il terzo anno di prova, che altre famiglie religiose hanno adottato imitandovi, e grazie al quale la vena dell’intima vita spirituale cresce in voi più copiosa; le consuetudini della meditazione e del silenzio, e specialmente le regole tradizionali sull’istruzione degli alunni. Questa istruzione per voi consueta dura a lungo, e per questo è attiva ed efficace. Come sono necessarii lunghi periodi perché le robuste querce si rinsaldino, così per formare un uomo di Dio si richiede sempre lunga pazienza. Quindi si tenga a freno la generosa audacia dei giovani che li trascina ad agire anzi tempo: un’operosità troppo precipitosa disperde più di quanto edifichi, e nuoce sia a chi agisce sia alle stesse opere di apostolato.

Se volete essere veri ed intrepidi apostoli, sforzatevi assiduamente, tutti formati e imbevuti dello spirito degli esercizii del vostro santo padre Ignazio (cfr. Epist. Inst. S. J. n. 174 bis), di acquistare solide virtù soprannaturali ed impegnare con fede ardente tutte le vostre facoltà al servizio di Cristo Signore; vive membra del Corpo mistico di Cristo, sforzatevi di accrescervi in questo modo i mezzi di grazia celeste; mossi dall’amore del divino Redentore, reprimete il sentimento perverso dell’amore di voi stessi, umiliatevi, frenando e moderando innanzitutto le emozioni, e con la disciplina di questa astinenza vi renderete idonei e pronti ad eseguire tutti i compiti, a sopportare tutte le difficoltà.

Da questo conseguirà anche che la virtù dell’obbedienza non poggerà mai su fondamenta instabili. La vostra parola d’ordine, il vostro onore, la vostra forza è l’obbedienza, che bisogna che sia rivolta soprattutto a che siate completamente flessibili al cenno dei vostri direttori, senza lamenti, senza mormorii, senza la biasimevole critica, la quale, morbo della nostra epoca, dissipa le forze e rende fiacche ed infruttuose le iniziative di apostolato. Le cose gravose che impone l’austera obbedienza per voi diventeranno leggiere, se spira la carità: e quando c’è questa c’è Dio stesso, perché “Dio è carità”. In voi sia dunque “la carità, che sgorga da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede sincera, [1 Tim. 1, 5] *** obiezioni della cosiddetta scienza” (1 Tim. 6, 20).

Vostro dovere è essere di nome e di fatto non solo uomini davvero religiosi, ma anche di grande dottrina. Adempiete voi stessi il compito di insegnare, a voce e per iscritto, la teologia, le Sacre Lettere e le altre discipline ecclesiastiche, e anche la filosofia: a voi compete questo esimio onore, una nobile fatica ma anche l’alta ragione per cui avete assunto questo ministero. Per tutti e per ciascuno di coloro a cui è stato affidato questo compito risuona alta la voce dell’Apostolo: “O Timoteo, custodisci il deposito; evita le chiacchiere profane e le obiezioni della cosiddetta scienza” (1 Tim. 6, 20).

Dunque i membri della Compagnia di Gesù, per corrispondere fedelmente a una tale speranza, osservino con ogni diligenza le loro leggi, che prescrivono loro di seguire la dottrina di S. Tommaso “come la più solida, la più sicura, la più approvata e conforme alle costituzioni” (cfr. Epitom. nn. 315-318), e aderiscano al magistero della Chiesa con l’indefessa costanza propria della vostra schiera, avendo, per usare le parole del santo fondatore stesso della vostra Compagnia, “l’animo preparato e pronto ad obbedire in tutto alla vera Sposa di Cristo nostro Signore, che è la nostra santa Madre Chiesa Gerarchica”, e “credendo che tra Cristo nostro Signore, Sposo, e la Chiesa, sua Sposa, ci sia lo stesso spirito, che ci governa e regge per la salvezza delle nostre anime; perché tramite lo stesso spirito e nostro Signore, che diede i dieci comandamenti, si regge e si governa la nostra santa Madre Chiesa” (Exerc. Spirit., Regulæ ad sentiendum cum Eccl., 1a et 13a).

E se essi devono coltivare prima di tutto la fede, devono anche procurarsi un’accurata e compiuta cultura, e, seguendo le gloriose orme della loro regola, perseguire il progresso delle dottrine, quanto possono e come possono, essendo convinti di poter contribuire moltissimo per questa via, per quanto ardua, alla maggior gloria di Dio e all’edificazione della Chiesa. Inoltre devono parlare agli uomini del loro tempo, tanto a voce quanto per iscritto, in modo da essere ascoltati con comprensione e volentieri. Ne consegue che nel proporre ed esprimere le questioni, nel portare gli argomenti, e anche nello scegliere il loro stile, bisogna che adattino sapientemente i lori discorsi al carattere e alla tendenza del loro secolo. Ma ciò che è immutabile, nessuno lo turbi e lo muova. Molto si è detto, ma non abbastanza a ragion veduta, sulla “nouvelle théologie”, che muovendosi insieme a tutte le cose in moto perenne, sarà sempre in cammino e non arriverà mai. Se sembrasse di dover accogliere una simile opinione, che ne sarebbe dei dogmi cattolici, che non devono mai cambiare? Che ne sarebbe dell’unità e della stabilità della fede?

Considerando dunque santa e solenne la venerazione dell’indefettibile Verità, applicatevi ad investigare e risolvere con zelo i problemi che pongono i tentennamenti dell’epoca, soprattutto se possono ingenerare ostacoli e difficoltà ai cristiani eruditi; anzi, gettando luce su di essi e trasformando l’intralcio in aiuto, confermate in questo modo la loro fede. Ma quando si esaminano questioni nuove o ardite, i principii della dottrina cattolica risplendano sempre davanti alla mente; ciò che suona del tutto nuovo in teologia venga soppesato con vigile cautela; si distingua ciò che è certo e fermo da ciò che si dice per congettura, da ciò che un uso labile e non sempre lodevole può introdurre e immettere anche nella teologia e nella filosofia; a chi sbaglia si porga una mano amica, ma non si indulga per niente agli errori delle opinioni.

Dopo avervi esortato a questo, carissimi, vi impartiamo con amore la benedizione apostolica e invochiamo su di voi con molte preghiere l’aiuto di Dio, senza il quale nulla possiamo e con il quale possiamo tutto, perché consacriate voi e i vostri mezzi al modo antico e con nuovo zelo alla santissima causa del Vangelo. Siete forti, fate imprese forti. “Crescete nella grazia e nella conoscenza del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo. A lui la gloria, ora e nel giorno dell’eternità. Amen” (2 Petr. 3, 18).

22 commenti:

Annarè ha detto...

Che bello sentire parlare un Papa!
Quando potremo anche noi sentir parlare così?

Luisa ha detto...

" Ma quando si esaminano questioni nuove o ardite, i principii della dottrina cattolica risplendano sempre davanti alla mente; ciò che suona del tutto nuovo in teologia venga soppesato con vigile cautela; si distingua ciò che è certo e fermo da ciò che si dice per congettura, da ciò che un uso labile e non sempre lodevole può introdurre e immettere anche nella teologia e nella filosofia; a chi sbaglia si porga una mano amica, ma non si indulga per niente agli errori delle opinioni."

Oggi da più parti, a cominciare dalla più alta cattedra, ci viene con insistenza detto che la pastorale viene prima della dottrina, che l`andare verso le periferie viene prima dell`insegnamento, che le certezze dottrinali, i principi morali e etici, sono piuttosto pietre d`inciampo per la pastorale missionaria, come se la Chiesa scoprisse oggi quella pastorale. Insomma , priorità all`uscita verso le periferie.
Ma se coloro che escono non sono rettamente formati che cosa portano, chi portano a quelle periferie, a quei lontani?

Giovanpietro ha detto...

@Pio XII - :)
«…regole tradizionali sull’istruzione degli alunni. Questa istruzione per voi consueta dura a lungo, e per questo è attiva ed efficace. Come sono necessarii lunghi periodi perché le robuste querce si rinsaldino, così per formare un uomo di Dio si richiede sempre lunga pazienza. Quindi si tenga a freno la generosa audacia dei giovani che li trascina ad agire anzi tempo: un’operosità troppo precipitosa disperde più di quanto edifichi, e nuoce sia a chi agisce sia alle stesse opere di apostolato

Infatti, come ho già detto altrove: “non si possono ghettizzare tradizione e magistero, solide basi per un annuncio caritatevole e veritiero, per sguinzagliare chicchessia a “testimoniare” soggettive esperienze spacciandole per Catechismo. Sono convinto che occorra una ri-evangelizzazione e non una nuova evangelizzazione.

Grazie Mic per … tutto! :)

mic ha detto...

Annaré non è che i papi non abbiano più parlato.
Piuttosto non sempre hanno usato un linguaggio così chiaro e definitorio, così come sarebbe necessario.

rosa ha detto...

la lucidita', la chiarezza, lo stile elegante, il forte contenuto...non solo un grande Papa, ma un grande leader in generale. Magari ne avessimo ancora !
complimenti infine a Latinista per l' ottima traduzione.
Stendo un pietoso velo sulla situazione dei gesuiti post 1946, e della quale oggi abbiamo luminosi esempi

R osa

Anonimo ha detto...

Si, O.K, ma ultimamente mi manca sentir parlare con questo linguaggio.

RAOUL DE GERRX ha detto...

Pie XII, le grand Pape que Ratzinger n'a pas eu le courage de béatifier…

Anonimo ha detto...

Non è che Ratzinger non ha avuto il coraggio, è che gli 'amici fraterni' del vdr l' hanno sempre impedito con prepotenza, veritas veritatun.....

bernardino ha detto...

Vorrei dire tante cose in merito all'articolo e di come Pio Duodecimo spronava a predicare la Dottrina Cattolica secolare e mai interrotta, ma come faccio quando dovrei raccontare degli incontri che faccio continuamente con moltissime persone definite quelle delle periferie esistenziali alle quali le sette conciari vatican/secondiste riducono i cervelli in colabrodo (scusate il termine, ma non ne trovo altro). Parlando ogni giorno con queste persone, mi sento ripetere solo che la Chiesa e' nata negli anni sessanta.
Per loro non esiste neanche la storia, perche' basterebbe poco, il monachesimo di S.Benedetto con tutti i monasteri in tutta Europa; oppure l'impero romano con la persecuzione dei Cristiani; e qui ci sarebbe da parlare molto e capire molto di quante balle vanno raccontando queste sette alla povera gente.
Mai Che questa gente ti fa' dei discorsi dove Dio e' il centro di tutto e di tutta la vita; solo e sempre i fratelli, la misericordia;
Pio Duodecimo spronava i sacerdoti missionari ad andare nel mondo a convertire.
Che bellezza sentire il Successore di Pietro dire quello che disse nella 29a Congr. gen.
Pio XII non ha mai detto "chi sono io..... in quanto Gesu' disse chi vuole seguirmi lasci tutto, prenda la sua croce e mi segua.
E dunque ecco perche' poi ci ritroviamo gente che non crede piu' alla Chiesa bimillenaria, ma solo al materialismo che trasmettono queste sette.
E' difficile trasmettere la vera religione di Cristo quando questa gente di risponde che tutte le religioni sono uguali, che gli ebrei sono i nostri fratelli maggiori, che ogni religione ti da' qualcosa e ti forma come uomo tra i fratelli.
Purtroppo la Chiesa a causa dei drammatici eventi vatican/secondisti, e' la bella addormentata, con la speranza che lo Spirito santo risvegli una nuova gerarchia piu' vicina a Dio.

Anonimo ha detto...

Ci è stato detto che alla fine Cristo vincerà la battaglia finale, non ci è stato detto quante battaglie e quante anime perderemo o si perderanno...per una gerarchia all'altezza temo dovremo attendere parecchio tempo. Anonymous.

Franco ha detto...

Lo stile nobile, solenne e insieme umanamente intenso del discorso fa capire molto della imponente personalità di Pio XII. Tuttavia è da notare come da esso trapeli la consapevolezza di una crisi in atto: critiche, mormorazioni, tendenze al distacco dall'obbedienza all'interno; necessità di procurarsi, nella fedeltà alla tradizione, una cultura tale da rispondere ai tentennamenti e agli ostacoli posti alla fede dei cristiani eruditi ( vale a dire della borghesia intellettuale, quella che dirige l'opinione pubblica ). Il fuoco covava sotto la cenere già nel 1946, e dobbiamo ritenere che la consapevolezza di Pacelli fosse molto acuta, riandando alle parole citatissime del suo colloquio con il conte Galeazzi.

sam ha detto...

Beh, non è che Benedetto XVI non avesse parlato in modo chiaro e netto ai Gesuiti....

"E, proprio per offrire all'intera Compagnia di Gesù un chiaro orientamento che sia sostegno per una generosa e fedele dedizione apostolica, potrebbe risultare quanto mai utile che la Congregazione Generale riaffermi, nello spirito di sant'Ignazio, la propria totale adesione alla dottrina cattolica, in particolare su punti nevralgici oggi fortemente attaccati dalla cultura secolare, come, ad esempio, il rapporto fra Cristo e le religioni, taluni aspetti della teologia della liberazione e vari punti della morale sessuale, soprattutto per quel che riguarda l'indissolubilità del matrimonio e la pastorale delle persone omosessuali."

Peccato che i Gesuiti, per poter non cambiare posizione, abbiano preferito occupare il Soglio e cambiare il Magistero...

http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/letters/2008/documents/hf_ben-xvi_let_20080110_padre-kolvenbach_it.html

http://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2008/02/21/0104/00259.html

sam ha detto...

"Dunque i membri della Compagnia di Gesù, per corrispondere fedelmente a una tale speranza, osservino con ogni diligenza le loro leggi, che prescrivono loro di seguire la dottrina di S. Tommaso “come la più solida, la più sicura, la più approvata e conforme alle costituzioni” (cfr. Epitom. nn. 315-318)..."

Intanto Rahner smantellava il tomismo...

bernardino ha detto...

Ma Papa Pacelli, non parlo' forse, di una terza guerra, ma fatta non di bombe, ma spirituale?
Papa Pacelli ha avuto in mente e ne ha parlato con i suoi collaboratori di un concilio, ma sembra che intuendo che sotto la cenere covava il fuoco, disse che era meglio non farne niente, per non dare possibilita' a chi gia' da tempo tuonava (modernisti) di ferire a sangue la Chiesa (dall'interno).
Qualcuno che poteva ferire fu' allontanato da Roma, qualcun' altro non venne nominato eminenza.
Purtroppo ha parato molto, ma di piu' non ha potuto.
Aveva anche indicato il suo successore (Giuseppe Siri) ma al conclave non si sa' cosa sia successo, lo scrittore B.Lay dice che addirittura Siri venne eletto e si impose il nome di Gregorio XVII, ma alcuni cardinali con un espediente lo fecero rinunciare per ben due volte.
Quasi sicuramente oggi avremmo avuto una Chiesa molto diversa.
Comunque ""non prevalebunt"" alla fine Christo vincera' la battaglia finale.
Certo quello che ci duole e' che non sappiamo quante anime dovremo perdere a favore del demonio.

Anonimo ha detto...

Pio XII e' stato uno dei piu' grandi papi della storia ,da S.Pietro ai giorni nostri.I nemici della Chiesa cercano di sminuirne la figura gigantesca raccontando menzogne sul suo conto e facendolo passare per un uomo freddo e senza cuore. Basti ricordare che i marxisti definirono Giovanni XXIII il papa buono per rimarcare la differenza con Pio XII che secondo loro sarebbe stato cattivo.Peccato che ormai sono diventati tanto forti da trovare sponde fra il clero con estrema facilita'.Paul

rosa ha detto...

Beh Pio XII ribadi la scomunica del comunismo...ma poi arrivo' qualckuno il cui segretario aveva un fratello partigiano rosso, e poi chi aveva una famiglia che a sua volta aveva aiutato i partigiani rossi...
al conclave si dice che qualche cardinale francese affermasse che l' URSS avrebbe scatenato non si sa che persecuzioni di cattolici se Siri avesse accettato. Altri dicono che sarebbe stata minacciata la sua famiglia...
prrsonalmente credo che lo Spirito Santo NON sia stato ascoltato
Rosa

mic ha detto...

Interessante Magister si Pio XII e gli ebrei.
Leggere anche l'articolo, che riporta, di Anna Foa.

http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350703

Latinista ha detto...

Volevo segnalare che nel testo pubblicato sul sito del Vaticano la citazione di 1 Tim. 1, 5 alla fine di un paragrafo (dove ho messo ***) si interrompe bruscamente e continua con 1 Tim. 6, 20. Quest'ultimo passo è citato anche poco dopo. Quindi o in quel punto c'è una lacuna, e i due passi venivano entrambi citati, oppure per un errore di redazione la fine della citazione successiva è stata riportata anche lì.

Alessandro mirabelli ha detto...

Siri era persona più che responsabile. Che sia stato eletto e che poi abbia rinunciato ... Sarebbe stato eletto con una maggioranza almeno dei due terzi e poi si sarebbe arreso davanti a quattro pisquani. Siri era uomo intellettualmente onesto. Non possiamo farlo passare come uno smidollato. Perché mai lo fu.

Caterina63 ha detto...

^__^ a quanto è stato segnalato da altri nel testo, Pio XII dice anche:

Ecco il grande lavoro che la Chiesa deve compiere! Nell’eseguire questo proposito essa confida anche in voi, confida nel vostro zelo nel dedicarvici, confida soprattutto nella vostra professione religiosa e nella vostra dottrina. La Nostra speranza cadrà come vana? Niente affatto. Sappiamo per esperienza con quanto zelo vi muova e vi infiammi la voglia di agire. Si agisce per Gesù; e la Compagnia di Gesù darà un grande contributo a preparare un tale santissimo trionfo, e trascinerà molti altri col suo esempio.

- un senso profetico? ^__^
ed anche:

Inoltre devono parlare agli uomini del loro tempo, tanto a voce quanto per iscritto, in modo da essere ascoltati con comprensione e volentieri. Ne consegue che nel proporre ed esprimere le questioni, nel portare gli argomenti, e anche nello scegliere il loro stile, bisogna che adattino sapientemente i lori discorsi al carattere e alla tendenza del loro secolo. Ma ciò che è immutabile, nessuno lo turbi e lo muova.
^__^

Francesco conoscerà questo testo? ^__^

rosa ha detto...

Siri non era un pisquano, ma di fronte ad unaminacciata, aperta ribellione dei Feancesi e la notizia, data a lui per certa, di quel che avrebbe fatto l' URSS, potrebbe aver rinunciato per amore della Chiesa
Non lo sapremmo mai. Pero' sappiamo che cos'e' successo poi
Rosa

Gederson Falcometa ha detto...

Ottimo testo questo di Pio XII. Ringrazio vivamente a Latinista per la traduzione e a Mic per la pubblicazione.

Un saluto dal Brasile