Molti tradizionalisti stigmatizzano il biritualismo. Il problema è stato ultimamente focalizzato dal "caso" dei Francescani dell'Immacolata e ci si ripropone il dilemma che sta creando divisione nella Chiesa di oggi sulla scelta, che per alcuni si impone, per altri invece è solo coesistenza (peraltro sancita dal Summorum) delle due 'forme' del rito romano. Uso la formulazione di Benedetto XVI, anche se sono consapevole delle differenze anche sostanziali che il cambiamento - anzi lo stravolgimento - della 'forma' rischia di compromettere nella sostanza del rito. È qui il punto. Innanzitutto non dovrebbe essere ammissibile che una cosa seria come la Liturgia, se male interpretata e celebrata, rischi di essere veicolo di sviamento dalla retta fede. Ma dobbiamo prendere le mosse dalla realtà così com'è, nostro malgrado.
Il tradizionalismo, se si attacca al dogmatismo (che non è fedeltà al dogma, ma davvero fissismo e cristallizzazione sterili) diventa farisaismo. E noi dobbiamo saper riconoscere e distinguere, oggi, tra due inganni: ciò che è farisaico e ciò che è menzognero, per riscoprire ciò ch'è Vivo e Vero come il Signore, per poter correggere e riparare l’errore che imbratta il corpo mistico di Cristo.
È un interrogativo che ho da tanto tempo e stamattina ho trovato una risposta che cercherò di dare partendo da un'esperienza.
Sull'onda dei ricordi, mi chiedevo davanti al Signore se avessi vissuto un abuso liturgico nella sentita partecipazione a celebrazioni del NO da parte del mio professore di ebraico, un sacerdote non tradizionalista che però è un sacerdote che insegna e vive la Fede. Celebra solo il NO, ma lo fa con una solennità e con una partecipazione credente e adorante che trascina i fedeli. Ebbene, il mio dilemma si riferiva al ricordo delle Messe celebrate per il nostro ristretto gruppo di partecipanti ai Corsi di ebraico biblico, nelle cui giornate c'era sempre lo spazio della Messa mattutina. Al momento dell'offertorio, il celebrante era solito farci salire in cerchio sull'altare e io ho sempre aderito insieme agli altri con molta partecipazione e fervore interiore, immergendomi nel Canone romano. E dunque ho riflettuto che l'esperienza era limitata alle circostanze particolari e contingenti e non generalizzata ed io - lungi dal pensare ad un possibile 'abuso liturgico' - ci ho sempre visto un'analogia con i momenti di maggiore familiarità che il Signore aveva con i suoi discepoli o con gli Apostoli - stretti intorno a Lui durante l'ultima cena - rispetto ai momenti più ufficiali o alle folle ancora anonime, in attesa ricevere da Lui nome ed identità attraverso i Suoi. Non si trattava certo di confondere noi con il Sacerdote e col Signore in quel momento sacro e solenne. Nel mio spirito e nella mia coscienza sono stati sempre ben distinti il Santo Sacrificio che, nel momento della Consacrazione, appartiene a Lui solo e la successiva nostra offerta portata dall'Angelo al Trono dell'Altissimo resa possibile dall'Actio somma e sublime del Signore.
Mi rendo conto, tuttavia, che una cosa del genere, se è possibile col NO, è impensabile nel Rito antiquus, la cui struttura stabilisce ritmi e momenti di assoluta e mirabile armoniosa integra compenetrazione con ciò che accade sia da parte del sacerdote che dei fedeli. Il che non rende meno viva e sentita la partecipazione [vedi].
Mi rendo conto anche che, se ci sono diversi sacerdoti, come ne conosco, secondo il cuore del Signore, che celebrano (non so se esclusivamente) il NO e tuttavia formano i loro fedeli alla retta dottrina, forse non tutto è degenerato, ma occorre fare dei 'distinguo'. Pensando anche ai Francescani dell'Immacolata, la cui ala 'sana' - pur biritualista - non si discosta dal sensus fidei cattolico e speriamo - con l'aiuto del Signore e l'intercessione della Vergine loro protettrice - possa sottrarsi ad una drastica "rieducazione" più propria dei gulag sovietici.
Mi rendo conto anche che, se ci sono diversi sacerdoti, come ne conosco, secondo il cuore del Signore, che celebrano (non so se esclusivamente) il NO e tuttavia formano i loro fedeli alla retta dottrina, forse non tutto è degenerato, ma occorre fare dei 'distinguo'. Pensando anche ai Francescani dell'Immacolata, la cui ala 'sana' - pur biritualista - non si discosta dal sensus fidei cattolico e speriamo - con l'aiuto del Signore e l'intercessione della Vergine loro protettrice - possa sottrarsi ad una drastica "rieducazione" più propria dei gulag sovietici.
Oggi come oggi che il NO è diventato il rito ordinario - nel senso che è il più diffuso e praticato e che purtroppo sono prevalsi gli abusi che la "creatività selvaggia" e la carente formazione del clero favorisce -, è impensabile un brusco giro di boa, che non è purtroppo compreso neppure da sacerdoti e vescovi, tanto si è allargato in questi anni lo iato generazionale; il che dimostra anche che la nuova 'forma' ha effettivamente introdotto variazioni e per di più incisive nella misura in cui hanno cambiato il 'sensus fidei' di celebrante e fedeli. E dunque credo non sia bene né realistico irrigidirsi[1]. Del resto il discorso della riforma della riforma di Benedetto XVI aveva una sua ragion d'essere proprio nell'intento di colmare questo iato. È certo però che se i correttivi (i quali peraltro, con la sciatteria pauperistica del nuovo papa risultano abbandonati) investono solo alcuni aspetti formali e non anche i contenuti - come ad esempio il ritorno al canone romano che sanerebbe lo scempio più grande - cambierebbe solo il look ma non la sostanza.
Torno un attimo alle ragioni che sembrano aver indotto i padri conciliari a promuovere una maggiore partecipazione attiva dei fedeli, pur con tutte le riserve che ho già espresso su questa nuova enfasi sulla partecipazione attiva. Tuttavia chiediamoci: forse oggi accade il contrario?
Se è vero che prima del concilio molti vivessero la liturgia più come abitudine che come esperienza viva, è questo che si voleva risolvere? Ma la "riforma di Paolo VI" è andata molto più in là - nel dichiarato intento di venire incontro ai protestanti - mentre più fedele al concilio sarebbe, se mai, il rito del 1965.
Credo, però, che il fervore e la partecipazione attiva non fossero un problema preconciliare o legato al rito; è un problema di sempre, che il concilio non ha affatto risolto.
È compito, infatti, di ogni generazione scoprire e vivere le ragioni della propria fede, incarnandola come un dono vivo e vitalizzante nella Chiesa - proprio a partire dalla Liturgia - e così trasmetterla alle nuove generazioni... ed è compito dei sacerdoti e dei testimoni far conoscere e introdurre i fedeli ai Sacri Misteri. La carenza di formazione o anche la diminuzione di fervore attribuita all'epoca pre-conciliare non era certo attribuibile al rito, ma a tanti fattori tuttora presenti e per nulla sconfitti né superati, anzi aggravati da una diminutio e da un sovvertimento del Santo Sacrificio, che investe ecclesiologia e teologia (col rovesciamento nell'antropocentrismo più volte sottolineato), ormai non più eludibili!
Ricordo a questo proposito quanto recentemente affermato dal card. Ranjith: «È giusto considerare i requisiti antropologici di una sana Liturgia, soprattutto riguardo ai simboli, alle rubriche e alla partecipazione; ma non si deve ignorare il fatto che questi non avrebbero significato senza una correlazione alla chiamata essenziale di Cristo di unirsi a Lui nella Sua incessante Azione Sacerdotale».
Personalmente ho sempre visto con raccapriccio l'ipotesi del rito "ibrido" come soluzione finale, perché sarebbe la rovina definitiva della millenaria tradizione arrivata intatta fino a noi, da custodire e difendere ad ogni costo. Al momento una soluzione intermedia tipo la "riforma della riforma" di Benedetto XVI appare del tutto improponibile. Non resta dunque che promuovere la conoscenza e la pratica del Rito Romano secondo il Messale del 1962, accettando la coesistenza dei due riti nello stile e nello spirito dei FI, col cuore al Rito antiquior ma non sottraendosi a quei fedeli che possano accostare il NO celebrato degnamente e insegnando il sensus fidei cattolico. Il problema è che l'attuale gerarchia sembra non rendere possibile neppure questo.
Ed è per questo motivo che, se dovesse esserci imposto un aut aut, peraltro illegittimo secondo l'attuale normativa, non rimarrebbe, come già ripetutamente affermato, che resistere e pregare. La 'resistenza attiva' dovrebbe aver l'obiettivo di vivere e far conoscere sempre più e sempre meglio l'Antico inabrogabile Rito.
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1. Neppure mi sembra giusto "tirarsi fuori" il che potrebbe equivalere ad uno scisma, che peraltro forse - è un'ipotesi di gravità inaudita, che faccio con raccapriccio e che tale resta - sono stati gli altri a compiere, travestito da continuità, senza sancirlo...
Ed è per questo motivo che, se dovesse esserci imposto un aut aut, peraltro illegittimo secondo l'attuale normativa, non rimarrebbe, come già ripetutamente affermato, che resistere e pregare. La 'resistenza attiva' dovrebbe aver l'obiettivo di vivere e far conoscere sempre più e sempre meglio l'Antico inabrogabile Rito.
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1. Neppure mi sembra giusto "tirarsi fuori" il che potrebbe equivalere ad uno scisma, che peraltro forse - è un'ipotesi di gravità inaudita, che faccio con raccapriccio e che tale resta - sono stati gli altri a compiere, travestito da continuità, senza sancirlo...
86 commenti:
Romano dice,
Maria, ottimo, specialmente i ricordi...
Ma c'è qualche altro che si possa fare oltre che pregare, o resistere: c'è la petizione...
http://www.petizioni24.com/
Trovi un studioso o canonico intelligente e sobrio, scrive una petizione o delle petizioni.. publicarle sul rete, solecitare le ferme... chiami i giornalisti....
quel sito, che ho appeno indicato, permetti petizioni per la violazione dei diritti umani, o per altri scopi...
Mi pare che molti più che le vittime in quest'orrore perpetrato da Aviz e Volpi, con il consenso di Francesco, sarebbero disposti per fermare...
poi, essendo elettronico, le persone non devono usare i loro nomi di battesimo...la quale che crea, gestisce...quindi le informazioni personali sono protette...poi, persone possano firmare anche se sono dal estero...
ho visto sul google, qualche mille di collegamenti in riguardo alla vicenda in tutto il mondo
sarebbe forse facile la raccolto di 50.000 petizioni...
Caro Romano,
credo che, soprattutto se c'è un intento consapevolmente sovvertitore da parte di qualcuno nella gerarchia,
le petizioni non servano a nulla.
Senza cessare di pregare e offrire, soffrendo la passio Ecclesiae
non resta che la resistenza attiva, promuovendo e non rassegnandosi.
E' chi ha voluto separarsi da tanti secoli di tradizione, che ha compito lo scisma.
Maria, vorrei chiederti, faresti oggi quel che hai fatto allora e cioè salire in cerchio sull'altare?
Di sacerdoti che trascinano i fedeli nelle loro creazioni=abusi liturgici la Chiesa ne è piena, se tu, con la preparazione che già allora avevi, hai obbedito e sei salita con gli altri, anche perchè ammiravi e stimavi il celebrante, e hai vissuto quel momento in analogia con quel che hanno vissuto i primi discepoli con Cristo, sapendo che l`emozione e il sentimentalismo( non mi riferisco a te) regnano sovrani anche nella liturgia ("l" minuscolo)possiamo immaginare, ma non giustificare, come i fedeli che non hanno una degna preparazione, che hanno perso il senso e la nozione di quel che È la Santa Messa, vadano dietro alle applicazioni circa la "partcipazione attiva" che fanno di loro degli attori, dei figuranti dello spettacolo messo in scena dai vari registi liturgici.
Quando poi dici:
"Se è vero che prima del concilio molti vivessero la liturgia più come abitudine che come esperienza viva, è questo che si voleva risolvere?
La carenza di formazione o anche la diminuzione di fervore attribuita all'epoca pre-conciliare non era certo attribuibile al rito"
Vorrei sapere se È il tuo pensiero e la tua esperienza o se stai riportando la vulgata modernista e sprezzante sul Rito Antico e sui cattolici "pre-conciliari.
Intanto grazie mic per questo post dove i tuoi ricordi si mischiano a più miti conclusioni, verso un futuro che ha ancora una speranza.
Cara Mic,
Il tuo ottimo articolo mi spinge ad avventurarmi su alcune (probabilmente banali) considerazioni.
La prima: soltanto coloro che continuano ad essere accecati dallo "spirito del concilio" rifiutano di riconoscere la crisi della Chiesa che, come piu' volte detto, trova la sua principale ragione nelle follie liturgiche degli ultimi decenni. Eppure....eppure ci sono ancora persone (poche rispetto al passato, ma ci sono) che continuano a recarsi regolarmente alla Messa nella forma ordinaria del rito romano, spesso ignorando a quali sorprese, a quali e quanti interminabili sermoni sui temi piu' disparati, o a quali innovazioni verranno sottoposte dal sacerdote-entertainer di turno. E dunque la prima considerazione e' la seguente: se tante persone riescono ancora oggi ad andare a messa (nonostante quanto sopra detto) la loro fede e' certamente piu' solida della mia, perche' riescono a trovare Dio anche li' dove il sottoscritto non riesce neppure a rimanere sino alla fine del rito, preso da un mix di rabbia e di sconforto.
Vi e' poi una domanda che e' conseguenza di quanto sopra: posto che coloro che continuano ad assistere alla messa NO ci vanno perche' spinti dalla propria fede (e non da quelle convenzioni che in passato erano molto piu' forti, soprattutto nei piccoli centri, ove chi non andava a messa la domenica era indicato con riprovazione) posto tutto cio', dicevo, a cosa credono costoro? Quanti dei fedeli abituali alle messe NO sanno cosa e' la transustanzazione, quanti conoscono il dogma dell'Immacolata Concezione, quanti ricordano che il 15 agosto non e' ferragosto ma la Festa dell'Assunzione? La mia impressione e' che aver snaturato la liturgia ha comportato di fatto una paurosa semplificazione della fede e che per la maggior parte dei freqeuntatori delle nostre chiese al di la' del credere in Dio e in Gesu' nostro Savatore poco si sappia e poco interessi sapere.
Sul modo di celebrare una messa NO posso dirti, per esperienza personale, che quando per ragioni diverse sono costretto a parteciparvi, mi accosto alla S.Comunione solamente quando riconosco che la celebrazione (fermi restando tutti i limiti che conosciamo) e' pero' svolta in modo degno o comunque tale da consetirmi di comunicarmi con serenita': ad esempio, tanto per far nome e cognome, le messe NO celebrate a Roma nella parrocchia di Sant'Eugenio tenuta dall'Opus Dei.
Ultima osservazione, o provocazione: se il CVII e' ormai la stella polare a cui tutti dovrebbero guardare anche con riferimento alla liturgia, non sarebbe opportuno un piccolo Motu Proprio che dica quanto segue: vista la lungimiranza e l'ispirazione dei padri conciliari l'unica messa NO riconosciuta e' quella che segue alla lettera e senza sbavature quanto previsto dal CVII??Ogni altra celebrazione che non rispetti i sacri testi conciliari e' nulla e non consente ai fedeli di adempiere all'obbligo domenicale o festivo????
Non vorrei essere stata troppo dura nelle mie ultima parole, quel che volevo dire è che quelle parole mi ricordano troppo la visione di tipi come Melloni, Sirboni, Marini P. ecc...insomma dei liturgisti "puri" frutti di Sant Anselmo.
E' la vulgata che ho voluto prendere sul serio e mi pare chiaro, da quel che ho detto poi, che l'ho fatto perché è un problema serio che va preso seriamente, ma è un problema di sempre e che si propone in ogni generazione ab immemorabile fino alla fine dei tempi.
E ho anche detto chiaramente che NON è un problema legato al Rito antico (peraltro affermazione ingannevole), ma alla disposizione interiore e alla formazione (una volta si chiamava iniziazione) dei fedeli alla scuola di sacerdoti autentici santificatori e dunque rettamente formati.
Intanto grazie mic per questo post dove i tuoi ricordi si mischiano a più miti conclusioni, verso un futuro che ha ancora una speranza.
Il futuro non ha una speranza, ma una certezza, e non per le mie "miti conclusioni", che sono solo ragionevoli pensieri condivisi, ma per le promesse del Signore...
Sul modo di celebrare una messa NO posso dirti, per esperienza personale, che quando per ragioni diverse sono costretto a parteciparvi, mi accosto alla S.Comunione solamente quando riconosco che la celebrazione (fermi restando tutti i limiti che conosciamo) e' pero' svolta in modo degno o comunque tale da consetirmi di comunicarmi con serenita': ad esempio, tanto per far nome e cognome, le messe NO celebrate a Roma nella parrocchia di Sant'Eugenio tenuta dall'Opus Dei.
Concordo. Non conosco quella parrocchia, ma anch'io non riesco a sentirmi in comunione in contesti che ormai evito.
E in questo devo constatare una grande povertà in cui siamo caduti, perché non posso partecipare alla Messa quotidiana in quanto letteralmente "circondata" da parrocchie moderniste o neocatecumenali.
Mic , vuoi sottolineare che prima del concilio c'erano gli stessi problemi e che il concilio non ha risolto niente ma li ha aggravati?
quella che segue alla lettera e senza sbavature quanto previsto dal CVII??
OVVERO NON il N.O.ma la Messa Tridentina, con il messale del 1965.
l'obbiettivo, neppure troppo nascosto di BXVI.
È un discorso complesso che non può essere affrontato in maniera così semplicistica.
Ovvio che prima del concilio ci fossero dei problemi, ai quali oggi se ne sono aggiunti di nuovi.
Intanto vanno individuati i veri problemi da quelli capziosamente delineati e risolti in rottura con la tradizione dall'ala rivoluzionaria che covava da tempo nella Chiesa e che ha avuto la meglio grazie al concilio.
È compito affrontato e anche portato avanti da molti studiosi. Manca, però, il confronto tra due visioni che appaiono antitetiche e apparentemente inconciliabili.
Questo, senza scendere qui in dettagli, è il vero dramma nella Chiesa, oggi.
Anonimo 13:16
per me la soluzione è nel Rito del 1962, ma constato la difficoltà obbiettiva al punto in cui siamo, di imporla.
L'unica possibilità che abbiamo e difenderla e diffonderla come possiamo.
Cara mic ho letto con interesse quello che hai scritto ( ma anche le ultime discussioni del blog ) e mi vengono queste riflessioni. Ciò che hai scritto come riassunto della situazione ha molto del realistico ma soprattutto è un fermarsi un attimo a ragionare e riflettere un po’ a mente fredda e non con l’impulso solo dell’istinto e del cuore. A volte bisogna seguire anche la ragione e non solo il cuore. Negli ultimi commenti sul blog mi sembra che abbia prevalso tanto il cuore e l’istinto, ma capisco quando ci si sente attaccati è dura porgere l’altra guancia come vuole nostro Signore. Tu dici che la strada del biritualismo è impraticabile perché crea solo divisioni, che l’ibrido non va bene perché “sarebbe la rovina definitiva della millenaria tradizione arrivata intatta fino a noi”, allo stesso tempo il NO non lo ritieni degno di rappresentare la sacra liturgia. Allora mi chiedo come è possibile dialogare ? perché è pur vero che per dialogare si deve essere in due ma il coltello dalla parte del manico volenti o nolenti ce l’ha la gerarchia che rappresenta la Chiesa ( so che per te, per molti e a volte anche per me non lo è ma sta di fatto che è così ) e se si continua solo o quasi a criticare quella parte e la nuova liturgia il risultato non può che essere un inasprimento delle parti. Questo non vuol dire che non si deve far valere le giuste ragioni e secondo me hai fatto bene a pubblicare il questionario dei FI. La verità prima di tutto. Quando tu dici che “oggi come oggi il NO è diventato il rito ordinario - nel senso che è il più diffuso e praticato (….. ) ed è impensabile un brusco giro di boa, che non è purtroppo compreso neppure da sacerdoti e vescovi, tanto si è allargato in questi anni lo iato generazionale” ecco centri la realtà con cui dovete confrontarvi e cercare di accettare per quello che è, indietro non si torna. Forse come affrontare il problema lo hai già ben chiaro in mente visto che scrivi “Non resta dunque che promuovere la conoscenza e la pratica del Rito Romano secondo il Messale del 1962, accettando la coesistenza dei due riti nello stile e nello spirito dei FI, col cuore al Rito antiquior ma non sottraendosi a quei fedeli che possano accostare il NO celebrato degnamente e insegnando il sensus fidei cattolico”. Perché i tanti che partecipano al rito NO si sentono cattolici, partecipano alla santa messa con 'sensus fidei' e lottano ogni giorno come voi per rinforzare la propria fede; sentirsi dire che non possiamo essere fino infondo queste cose solo perché partecipiamo al NO non è molto simpatico e ci si sente giudicati. E’ lo stesso di come vi sentite voi quando vi giudicano antichi. Credo che il problema vero non sia con che tipo di rito si celebra la messa, ma la fede di ognuno di noi e di chi ce la deve insegnare; resta sempre il fatto che gli abusi vanno combattuti e si deve lavorare per avere sempre una messa degna di tale nome in qualsiasi modo la si celebri. E soprattutto pretendere che ci siano sacerdoti degni di questo nome che ci assistano sempre nel nostro cammino spirituale e questo devo ammettere non è così facile oggi giorno trovare. Grazie per l’attenzione saluti Vighi
Essere sacerdoti Bi-Ritualisti (BR) non è una scelta ma una necessità a meno che non si vuole lasciare la parrocchia e fare altro.
Romano dice,
Mic, va bene con me, se Lei non crede nell'utilità delle petizione,
ma per coloro che credono ancora
http://www.petizioni24.com/petizione_contro_il_danno_e_lo_scandalo_dato_dal_cardinale_aviz
e aiutami per perfezionarla, se vedete la necessità
Cara Vighi,
Non mi pare di aver detto che la strada del biritualismo è impraticabile, ma che lo è per necessità obtorto collo.
Intanto perché la praticano sacerdoti che stimo e credenti che al momento non hanni alternative. E poi per non irrigidirsi, pensando che se il Signore vi si fa presente (e non posso escluderlo quando celebrano don Ariel, don Camillo ed altri), chi sono io per non favorire la pace (attiva e non rassegnata) piuttosto che la divisione?
Il punto, però non è nell'unità a tutti i costi (ché l'unità non è fatta da noi ma viene dal Signore), ma nel guardare innanzitutto a Lui e sono ferma qui, in attesa di veder meglio...
Secondo la mia opinione con "riforma della riforma" si indica riformare la riforma liturgica, quindi riformare il NO secondo i principi del VO. L'obiettivo sarebbe quello di sostituire il NO con una nuova liturgia più vicina alla tradizione, ma che abbia in sè anche elementi della liturgia moderna.
Una cosa è certa il VO non si tocca, l'unica materia su cui si può lavorare è il NO, anche in virtù della sua duttilità e versatilità.
Micus
http://www.sanpiox.it/public/images/stories/PDF/TC/TC_86.pdf#page=16
Segnalo l'articolo di Mauro Tranquillo sulla professione di fede.
A proposito della forma liturgica in particolare, p. 21.
Cito don Mauro Tranquillo:
....
Quanto alle Messe tradizionali celebrate da sacerdoti che fanno professione di accettare gli errori del Concilio, o a quelle
celebrate in virtù del motu proprio, lungi da ogni donatismo, dovremo fare attenzione non alla fede personale del celebrante, ma a quella di cui si fa professione esplicita in quella particolare celebrazione. Se si intende esplicitamente celebrare in virtù del motu proprio, che assimila l’antico rito al nuovo (e che nell’Istruzione applicativa richiede, come il vecchio indulto, l’adesione al Concilio: Universae Ecclesiae, nn. 6-7 e 19), è ovvio che si sta partecipando alla professione di una falsità, e ci si deve astenere da questo (il significato della vecchia Messa vien infatti parificato a quello della nuova). Seppure infatti il rito di san Pio V, preso materialmente, significhi sempre la fede cattolica, vi vengono uniti ingiustamente dei significati ai quali il cattolico non può aderire, dal momento che ne abbia chiara coscienza. Questo, lo ripetiamo, vale nella misura in cui vi sia professione di questo all’esterno. Se fosse una pura convinzione personale del celebrante o di parte dei fedeli presenti, il discorso potrebbe essere diverso. Teniamo però conto che molte Messe introdotte dai Vescovi diocesani dopo il motu proprio sono celebrate esplicitamente a queste condizioni.
Rimane quindi necessaria grande vigilanza e attenzione, essendo la chiara professione di fede un dovere così necessario alla salvezza, come insegna il Santo Vangelo: Qui me confessus fuerit coram hominibus, confitebor et ego eum coram Patre
meo, qui in caelis est. Qui autem negaverit me coram hominibus, negabo et ego eum coram Patre meo, qui in caelis est (Mt 10, 32-33).
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Faccio l'esempio mio e del mio Sacerdote: non aderiamo in toto al concilio e ne contestiamo i punti controversi, non riteniamo le due 'forme' equivalenti... ma io mi sono posto il problema di coesistenza a condizioni di vivere il NO con la mens cattolica, anche se riconosco che c'è di che per rimanere sviati. Devo dire però che io l'ho fatto, pur soffrendo, per molti anni e sono in molti a viverlo così.
Il problema si porrà ancor più sentito quando la diluizione delle verità veicolate dal rito e insegnate dai sacerdoti avrà ulteriormente scavato il fossato col rischio di renderlo incolmabile...
Osservatore dice,
Mic, in riguardo alle celebrazione fatte in virtù del S. P., dobbiamo distinguere tra due intenzioni:
la quale che offre la Messa Tradizionale con l'adesione piena alla dottrina e il regolamento del S. P.
e la quale che offre a ragione della libertà concessa dal motu proprio...
Quindi, non è vero che ogni messa stabilita dopo S. P. richiede un'adesione agli errori storici e disciplinari contentui in S. P.
Anche se qualcuno dice che riconosce il Concilio Vatican II, non significa che egli proporrlo come i progressivisti fanno...
Certo noi siamo nati con la nuova Messa e forse prima di conoscere la Messa antica certa liturgia ci pareva normale. Ma credo che se degli insigni porporati come i cardinali Bacci e Ottaviani erano estremamente perplessi e preoccupati tanto da scrivere a Paolo VI e mandargli il loro esame su tale messa e i punti critici di questa, c'è da pensarci bene a trovarci del buono. Oggi siamo privi di cardinali del genere che sappiano vedere lontano e che abbiano una vera preparazione teologica e morale tradizionale, pertanto ci vengono a mancare voci autorevoli e un po' andiamo a naso. Ci guardiamo attorno e vediamo che la fede va sempre più scemando tra i cattolici, ci rendiamo conto che parlando tra noi cattolici ormai c'è una pluralità di vedute che non è normale, nel senso che tale pluralità è sulle stesse verità di fede. Allora ci si chiede, questa nuova Messa ha veramente nutrito le anime? Dove le ha portate? Perchè ormai le anime non credono più a verità di fede che dovrebbero essere conosciute ed amate? Ormai persino tra i cosidetti tradizionalisti si può notare un leggero cedimento: la messa nuova non è eretica sostanzialmente, dunque ci si può andare. Siamo certi? Siamo certi che non ci saranno danni? Per ora si è visto che i danni si sono prodotti e sono coppiosi, si è visto che i cardinali Bacci ed Ottaviani avevano visto lungo. Specialmente, siamo certi che questa Messa piaccia al Buon Dio? Non mi pare che le benedizioni fiocchino dal cielo in questi ultimi 50 anni, anzi mi pare che la Chiesa sia sempre più in crisi, dunque? Non sarebbe più saggio tornare semplicemente all'antico rito romano, senza troppe remore? Senza paure insensate, sapendo di onorare così Dio?
La domanda è: Dio cosa vuole?
Certo spesso la differenza la fanno i sacerdoti, se sono più o meno pii, ma Dio cosa vuole? Se lo chiede qualche vescovo, qualche cardinale, se lo chiede il Papa?
Se la Chiesa è Una ed è universale, il rito sul quale si regge non dovrebbe essere unico ed universale?
Mi pare che ill problema sia mal posto. Non si tratta di biritualismo ma di due teologie diverse. Con il vetus ordo si celebra un sacrificio, con il nuovo si ha invece un pasto comunitario condiviso, in cui la Presenza Reale passa in secondo piano rispetto alla giaia dei fratelli nello stare insieme alla stessa tavola," e quando due si troveranno insieme Io sarò con loro". La presenza di Dio consiste nell'abbraccio fraterno e nella lode in comune. Nel vetus ordo invece ,i fratelli stavano passivi, assistendo al,Sacrificio, cosa fondamentale, ma diversa da ciò che ha portato il uno us ordo.
Cara Annarita,
il termine giusto per indicare la dicotomia della "coesistenza" dei riti, che peraltro si va facendo sempre più asfissiante nei confronti di quello antiquior è: compromesso. Gran brutta parola che penso non si addica alla Verità.
Il dramma è che la Chiesa risulta lacerata proprio a partire dal concilio e dall'abominevole riforma di Paolo VI.
Checché se ne dica, in attesa di una soluzione che non arriva.
È esatto quel che dice l'ultimo anonimo sull'accento sul convivio (che peraltro senza il Sacrificio non avrebbe alcun senso) e il Sacrificio nonché la Presenza Reale... Ma in tanti anni io non ho mai perso il mio sensus fidei cattolico fortemente radicato e riscoperto dal 2007 nel dies albo notanda lapillo...
Ma non intendo oggettivare una esperienza personale.
So infatti di non essere la sola ad aver vissuto il NO con questo spirito e che non tutti ma in molti lo vivono così (vi siete mai chiesti perché lo celebrasse il card Siri, ed altri, ad esempio?)
Ecco perché nonostante tutto continuo a chiedermi cosa vuole il Signore. Che Lui benedica l'antico rito sono certa. Ma possiamo escludere che non si faccia presente nel nuovo, celebrato con retta intenzione (certo come celebrante in persona Christi più che come Presidente dell'assemblea...)
"Quindi ... chi ha il dovere di celebrare [il NO], vedrà di esercitare l'epikeia secondo coscienza e secondo quella che sarà l'opportunità del caso concreto, ricordandosi anche il dovere della prudenza e di evitare gli scandali, anche per evitare di finire di fare dei danni dicendo la verità. Sarà quindi legittimato a celebrare il nuovo rito se obbligato dai superiori, ovviamente perfezionando le singole celebrazioni, con quel supplemento di intenzione che non è richiesto né più di moda, ma che è quanto disposto dalla Tradizione per essere conforme alla Tradizione stessa nonostante questo culto perverso. Sapendo però come stanno le cose, dovrà cercare quanto meno di rifiutare lo spirito e la lettera delle riforme per quanto gli sia possibile, ad esempio celebrando con la liturgia di sempre le Messe non comandate, educando alla teologia di sempre i propri sudditi e sottoposti, migliorando la liturgia nuova con qualche accorgimento d'emergenza tratto dalla Tradizionale. [Come per esempio utilizzare SOLO il Canone Romano e il sostituire all'offertorio nuovo - una berakà ebraica ASSOLUTAMENTE estranea al Rito Romano - l'offertorio tradizionale, il tutto pronunciato sottovoce, così come le norme nuove e tradizionali comunque prescrivono, (così anche da non farsi sgamare da improvvisati neo-liturgisti, pronti a denunciarti, così per farsi belli) aspettando tempi migliori].
Considerandosi in stato di necessità permanente, e in stato di crisi, come se fosse in tempo di guerra, permanentemente sempre avendo la consapevolezza di sforzarsi il più possibile per tendere verso l'optimum del culto, rifiutando quindi tutte quelle riforme liturgiche artificiali che han inquinato il Messale Tridentino operate dal Mons. Bugnini negli anni '54-'62-'65-'69 adottando senza riserve il Messale del 1952. Questo implica necessariamente la consapevolezza della crisi della Chiesa, per come è stata esposta, e la consapevolezza di agire secondo epikeia a causa dello stato di necessità.
Diversamente credo che sia quantomeno illecita la posizione tanto di chi celebrasse la Messa nuova credendo ingenuamente nell'ermeneutica della continuità tra prima e dopo e decisamente illecita la posizione di chi celebrasse la Messa Tradizionale usufruendo del Motu Proprio, sostenendo che le due forme di liturgia si equivalgono e che non esiste in alcun modo una intrinsecità della crisi della Chiesa.
Fatta salva l'ignoranza e la buona fede, da cui derivano certamente errori che sanano la posizione dei più (che manco vanno a pensare a crisi e non crisi), meno felice è secondo me la posizione dei sacerdoti “conservatori” come quelli dell'Opus Dei (che hanno capito talmente bene che la Messa nuova è uguale alla vecchia, che infatti non se ne vede la differenza...) o dei “tradizionalisti dal volto umano” convinti biritualisti, alla Bux, magari propugnatori di una autodemolizione e ricostituzione della liturgia, mediante la riforma della riforma una liturgia romana latina 2.0 o di questa sorta di indefinita e stupefacente (e a me sembra anche un po' porcareccia) "fecondazione"."
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http://lepaginedidoncamillo.blogspot.it/2013/08/messa-nuova-epikeia-biritualismo-e.html
C'è però la sostituzione dell'Altare con una mensa, l'abominevole traduzione del Domine non sum dignus ed altro...
Vedete che discorso schizofrenico sono costretta a fare?
Io partecipo tutte le domeniche, e a volte anche nei giorni feriali, alla messa nuova (in italiano). Durante la mia vita (ho poco meno di cinquant'anni) m'è capitato solo qualche volta (chessò, forse una ventina di volte) di partecipare alla messa di san Pio V, e un po' più spesso (forse un'ottantina di volte?) alla messa di Paolo VI in latino.
Dico la mia opinione, pur senza motivarla, e chiedo scusa (non ne ho né il tempo né, forse, le forze).
Non mi sembra che la nuova messa ponga dei problemi sostanziali di natura dottrinale. Voglio dire che non contiene, secondo me, degli errori (tantomeno dell'eresie). E lo dico, non solo perché, "a priori", questo non è possibile, un rito della messa approvato dalla Chiesa non potendo essere di dubbia ortodossia, ma anche perché davvero non mi pare, di fatto, che il problema si ponga in questi termini.
Questo non toglie che, dal punto di vista dottrinale, molto potrebbe, e probabilmente dovrebbe, esser più chiaro, più esplicito, più tradizionale. Certe verità son come messe tra parentesi, o presentate timidamente (per una preoccupazione ecumenica, o di dialogo colla mentalità contemporanea, o per altri motivi ancóra).
Tutto considerato, a ogni modo, la nuova messa non mi garba, mi lascia perplesso, insomma non mi soddisfa. E il motivo mi par che sia questo: c'è qualcosa nella nuova messa – anche quand'è celebrata con dignità, senza il minimo abuso, nel pieno rispetto delle rubrìche – d'un po' triviale. Non vorrei che la parola sonasse un po' forte; ma voglio dire che manca totalmente, non dico il sacro (concetto che si presta a infiniti equivoci dei più pericolosi), ma il sublime. Non c'è nobiltà, non c'è elevatezza. Ascoltiamo sempre le parole, vediamo i gesti, coltiviamo i pensieri che sono possibili e consueti in quest'incubo di società di massa, alienante e mortifera, in cui viviamo. (Il discorso riguarda anche, naturalmente, e più ancóra che la liturgia, il linguaggio dei predicatori, dei catechisti, ecc., insomma della Chiesa; e qui, francamente, non è che le cose cambin granché se si va alla messa tridentina.)
La messa di san Pio V, naturalmente, non soffre per nulla di quest'insufficienza. Per me, però, pone un altro problema: è per me, lo confesso, una grande sofferenza non poter seguire una parte, e quella più sostanziale!, del rito perché è detta "secreto". Ora non m'aggredite, lasciatemi dir la mia. So bene che il concilio di Trento ha dichiarato che la Chiesa può avere, come di fatto ebbe, le sue ragioni per voler che sia così. So anche che la "partecipazione attiva" non consiste solo, e neanche essenzialmente, nel seguir delle parole, o in una precisa comprensione intellettuale di quel che accade, e che un analfabeta, per esempio, può partecipare nel modo più gradito a Dio unendosi misticamente al sacrificio, pur senza capire una parola di latino. Tutto questo è vero. Ma, se sentire e capire non è necessario, è però desiderabile, insomma è meglio, almeno di regola (a meno di cadere in un falso misticismo irrazionalista); a ogni modo, io ne sento fortemente il bisogno. E non si tratta del latino, ma più che altro, come dicevo, delle parti lette "secreto" dal celebrante.
(SEGUE)
Romano dice,
Mic, l'argomento richiede, secondo me, troppi distinzioni per arrivare a una chiarezza distinguibile da tutti...le tenebre nelle coscienze oggi, especialmente tra il clero, fare quest'argomento molto spesso un'occasione della perdita di carità fraterna...
senza distinguere bene, l'argomento manca...
tra il significato delle parole del rito, nel senso commune di esso...nel senso inteso dal celebrante...possono essere 2 diversi significati...
Quasi sempre, i padri della FSSPX parlano del significato in senso commune...perchè la Chiesa deve avere un rituale con un significato commune degno..non equivoco, nel senso in quale equivoco significa inganno...
Ma in pratica, la questione riguarda il senso inteso e voluto dal celebrante, che con diversi livelli di formazione sono spesso diversi...
il lavoro quotidiano per quelli che assistano o celebrano il rito nuovo, è proprio di evitare i significati sbagliati, con una forza costante...perchè all'orecchio cattolic c'è sempre qualche cosa dissona
Quindi, se Padre Ariel celebra solamente il N.O., non lo giudico...se Padre Camillo solamente celebra il Rito Vero, lo laudo..., perchè l'uno non ha mala intenzione, e l'altro capisce bene tutto cio che è in gioco...
(SÉGUITO DEL COMMENTO PRECEDENTE)
Così pure (ma è sempre lo stesso discorso), mi disturba quella specie di sovrapposizione di piani che accade a volte nella messa tridentina: come quando il celebrante pronunzia quel che deve pronunziare, e intanto il coro canta qualcos'altro. Per questo motivo, non riesco a seguire col messalino, perché non mi sembra nell'ordine normale delle cose: il prete dice "secreto" le sue preghiere, e intanto io leggo (dico? prego?) quelle parole nel libro, ma sapendo che quel ch'io leggo in questo momento non è quel che sta dicendo lui, perché io sono, per forza di cose, più indietro o più avanti di lui. Può sembrare una questione di lana caprina, ma a ben vedere non è affatto così. Si perde qui il senso naturale della comunicazione linguistica; e anche con Dio, si tratta pur sempre di comunicazione e di linguaggio, perché siamo uomini.
Può darsi ch'io pecchi un po' d'intellettualismo, ma per me è un disagio, ripeto, dover far fatica per capire, seguire, unirmi al sacrificio in modo non generico ma puntuale (cioè a QUESTE parole, a QUESTO rito, che si celebra in questo momento). Molto dipende, però, dal celebrante; e a volte il disagio è ridotto di molto.
Insomma: la messa di san Pio V non mi soddisfa del tutto (forse non è bella questa parola "soddisfare", ma passatemela), e quella di Paolo VI nemmeno. Sono del parere che una riforma della liturgia fosse molto opportuna, ma che dovesse esser fatta diversamente: quella che abbiamo avuto, pur non essendo tutta da buttar via, nel complesso è stata un fallimento.
Così stando le cose, ecco la mia modesta opinione su quel che dovremmo fare, noi che abbiamo a cuore l'illustre tradizione liturgica della Chiesa latina:
1) Difendere e propagare la messa di san Pio V (così com'è, perché gl'ibridi posson esser pericolosi). Ormai, grazie alla Santità di Benedetto XVI, che Dio lo benedica, il vecchio rito è libero, o quasi. Per ostile che gli possa essere qualcuno, anche "in altissimo loco", difficilmente potran tornare indietro;
ma anche
2) Diffondere la messa di Paolo VI integralmente in latino (tranne le letture, se si vuole). So che non pochi son ostili alla messa riformata, che considerano equivoca se non erronea. Ma, l'ho detto, secondo me sbagliano. E, a ogni modo, concentrarsi solo sulla messa tridentina potrebbe nuocere alla causa d'un ben inteso rinnovamento liturgico. La messa di Paolo VI tutta in latino, celebrata con buon gusto e bellezza (come m'è capitato di vedere, per esempio, a Firenze), contribuirebbe d'altro canto molto a educare il clero e i fedeli delle parrocchie, con benèfici effetti sulla messa in volgare.
Per esser pratici: non sarebbe logico, normale, che si celebrasse, almeno, una messa in latino nelle domeniche e feste comandate in tutte le cattedrali, le basiliche anche minori, le chiese più insigni, i santuari? E che celebrassero in latino, almeno qualche volta, i benedettini? Una légge simile (non un semplice invito, che lascerebbe il tempo che trova: un vero obbligo) avrebbe effetti forse incalcolabili. E se, diciamo, un milione di persone la chiedesse al Santo Padre, forse a Roma ci penserebbero un po' su; e qualcosa, se non sotto il regnante pontefice, troppo occupato a far telefonate, almeno sotto i suoi successori potremmo ottenere;
e ancóra
3) Insistere perché la nuova messa, anche in volgare, sia celebrata dappertutto con dignità e, almeno, decoro. Il che vuol dire, certo, denunziare gli abusi (e ce n'è dimolti, lo sappiamo); ma anche, positivamente, cercar di diffondere il più possibile tutto quel che, previsto se non impósto dalle léggi liturgiche vigenti, va nel senso della tradizione: il cànone romano, il canto in latino di parti dell'ordinario, i paramenti ricchi o almeno non troppo sciatti, le genuflessioni, gl'inchini, l'incenso, l'uso (ch'è un obbligo!) d'inginocchiarsi alla consacrazione, la genuflessione prima di comunicarsi, testi linguisticamente e letterariamente buoni, ecc.
(SEGUE)
La mia esperienza è diversa, io non ho sopportato la rivoluzione liturgica che non solo ci è piombata sulla testa dall`alto ma è stata imposta con una rara violenza, me ne sono andata, non dopo aver tentato di discutere, ma raccoglievo solo scherno e derisione.
Devo dire che la maggioranza dei fedeli attorno a me, anche per un` antica abitudine di obbedienza ha seguito le riforme e spesso erano le "signore" e le "signorine" le più entusiaste e attive , anzi, super attive.
Me ne sono andata per legittima difesa,avrei potuto andare dalla FSSPX, era molto facile farlo, ma ero semplicemente disgustata.
Ritorno con Benedetto XVI e ritrovo quel che mi aveva fatto scappare, e anche peggio, mi metto a fare del turismo parrocchiale, ho visto di tutto, stavo di male in peggio, niente da fare a quella Messa mi sentivo estranea, non solo, mi faceva sentir male, quante volte non mi sono comunicata perchè non mi sentivo degna di farlo tanto ero abitata dalla rabbia nel vedere a che cosa avevano ridotto il Sacrificio Eucaristico.
Poi ho scoperto che nella mia Diocesi già prima del SP il vescovo aveva accordato l`indulto ed era possibile assistere alla Messa di sempre.
Non posso e non voglio generalizzare quelli che sono solo i miei sentimenti e pensieri, la messa nuova non è buona per me, ma non faccio il passo di dire che è cattiva per tutti, che non è valida e legittima.
Quando leggo la Sacrosanctum Concilium, pur essendo consapevole degli spiragli nei quali si sono intrufolati Bugnini e compagnia cantante, mi dico che una riforma fatta in modo fedele alla Costituzione conciliare avrei potuto "sopportarla" e anche accettarla, ma così come è diventata grazie al Consilium e ai novatores, no.
Problema che si pone quando sono in un luogo in cui non c`è la FSSP, problema che risolvo se nelle vicinanze c`è una cappella della FSSPX.
Prim'ancora che arrivi il seguito replico a questo:
Tutto questo è vero. Ma, se sentire e capire non è necessario, è però desiderabile, insomma è meglio, almeno di regola (a meno di cadere in un falso misticismo irrazionalista); a ogni modo, io ne sento fortemente il bisogno. E non si tratta del latino, ma più che altro, come dicevo, delle parti lette "secreto" dal celebrante.
1. Innanzitutto nessuno può sostenere che capire non sia necessario, anche se si sostiene che non è possibile capire tutto subito e che la fede matura gradualmente con la fedeltà al rito e la corrispondenza della vita.
Infatti, anche nell'articolo si dice che è compito dei sacerdoti e dei testimoni formare adeguatamente i fedeli e loro responsabilità riscoprire e vivere una liturgia "viva"...
2. Diverso è il "sentire" con le orecchie tutte le parti della messa, perché chi la conosce conosce anche i contenuti e sa il perché certe cose sono dette ad alta voce con la risposta dei fedeli, altre a bassa voce o sussurrate (per accentuarne la sacralità), rispettando peraltro i sacri silenzi che rendono possibile l'adorazione e anche l'interiorizzazione di ciò che accade e della grazia che opera.
3. Inoltre affermare "io ne sento fortemente il bisogno", è un 'sentire' soggettivo che non tiene conto dell'oggettiva e pregnante realtà del Rito... da ripassare con un po' più di attenzione, forse.
(CONCLUSIONE; e chiedo scusa per la lungagnata.)
Insomma, penso che sia importante combatter su più fronti, ognuno dei quali è collegato agli altri, sicché ogni progresso su uno dei tre comporta già di per sé un progresso anche sugli altri due.
Ripeto: non m'aggredite! Prevedo la critica: io mi metterei da un punto di vista più naturale che soprannaturale, difenderei valori più umani (culturali, estetici o simili) che di fede. Ma il fatto è che i due aspetti sono strettamente legati; eppoi ripeto che per me il problema non è essenzialmente dottrinale.
Son convinto che una battaglia simultanea sui tre fronti potrebbe ottenere, colla grazia di Dio, risultati straordinari, che neppure c'immaginiamo.
Maso
Il seguito è arrivato già prima mentre scrivevo e dunque partiamo da qui:
Così pure (ma è sempre lo stesso discorso), mi disturba quella specie di sovrapposizione di piani che accade a volte nella messa tridentina: come quando il celebrante pronunzia quel che deve pronunziare, e intanto il coro canta qualcos'altro. Per questo motivo, non riesco a seguire col messalino, perché non mi sembra nell'ordine normale delle cose: il prete dice "secreto" le sue preghiere, e intanto io leggo (dico? prego?) quelle parole nel libro, ma sapendo che quel ch'io leggo in questo momento non è quel che sta dicendo lui, perché io sono, per forza di cose, più indietro o più avanti di lui. Può sembrare una questione di lana caprina, ma a ben vedere non è affatto così. Si perde qui il senso naturale della comunicazione linguistica; e anche con Dio, si tratta pur sempre di comunicazione e di linguaggio, perché siamo uomini.
Può darsi ch'io pecchi un po' d'intellettualismo, ma per me è un disagio, ripeto, dover far fatica per capire, seguire, unirmi al sacrificio in modo non generico ma puntuale (cioè a QUESTE parole, a QUESTO rito, che si celebra in questo momento). Molto dipende, però, dal celebrante; e a volte il disagio è ridotto di molto.
Ah "la disturba"? Ma guarda: i nostri Padri dicevano che non si canta nella Messa, si canta la Messa.
Se lei non riesce ad apprezzare il canto perché non riesce ad immergersi nella sublime "vis" pacificante del gregoriano (di solito è quello che si canta): un'autentica esegesi sonora, il Verbo fatto suono nell'interpretazione della Chiesa dei millenni - per ricordare una frase di Mattia Rossi -, non credo di poter spendere altre parole per replicare alla sua affabulazione.
E, terminata la parentesi sul canto, le dico: chi non è ad una frequentazione iniziale, di solito sa destreggiarsi bene tra canto e messalino... E che significa "il senso naturale della comunicazione linguistica"?
Lei conosce solo il linguaggio delle parole pronunciate a voce alta?
Forse per non peccare di intellettualismo, può arrivare a peccare di materialismo...
Quanto ai punti sub 2) e 3) della sua ridondante "danza delle parole", che ha voluto propinarci con grande dovizia, cosa dire?
Contentarsi del minus, quando abbiamo l'optimus?
Son convinto che una battaglia simultanea sui tre fronti potrebbe ottenere, colla grazia di Dio, risultati straordinari, che neppure c'immaginiamo.
Avere una visione d'insieme culturale ed estetica oltre che spirituale è un bene, aver presenti anche i valori umani, idem. Ma fondarcisi, mi sembra anche questa una diminutio.
Stiamo parlando di cose sacre: un "antico edificio" non fatto da mano d'uomo ma consegnatoci dal Signore nell'Ultima Cena arricchito della fede di generazioni non di liturgisti improvvisati ma di Papi e di credenti Santi non per acclamazione di popolo bue...
Mi sovviene e gliela ripeto la citazione del card, Ranjith inserita nell'articolo:
«È giusto considerare i requisiti antropologici di una sana Liturgia, soprattutto riguardo ai simboli, alle rubriche e alla partecipazione; ma non si deve ignorare il fatto che questi non avrebbero significato senza una correlazione alla chiamata essenziale di Cristo di unirsi a Lui nella Sua incessante Azione Sacerdotale».
Per Luisa: sono sostanzialmente d'accordo con Lei.
Per Mic: io mi riferivo al "capire" in senso stretto, diciamo nozionale, intellettuale, preciso, e mi riferivo alle parole e ai riti singolarmente considerati; e questo capire, che di regola suppone il sentire (e il vedere), dicevo non esser necessario (il caso dell'analfabeta, o del bambino), ma tuttavia desiderabile.
Non siamo qui nel campo del diritto divino, intoccabile e immutabile, ma di scelte che possono legittimamente esser diverse (per il legislatore, beninteso).
Ha poi ragione a criticare i termini che ho usato, come "bisogno" (o "soddisfare"): son forse infelici, ma non nascono da uno spirito soggettivista. Se, come mi pare, il bisogno è fondato, è razionale, ha un senso e una verità, non vedo perché non si possa esprimere. Il sacrificio è sempre lo stesso, sacrosanto e accetto a Dio, che il cànone si dica sottovoce o a voce alta; e proprio per questo è lecito discutere quale sia la scelta migliore.
E tornare alla distinzione di un tempo: la messa per chi si preparava al battesimo e quella per gli iniziati?
Anonimo 17:40
Non erano due messe diverse. Semplicemente chi non era ancora battezzato assisteva solo alla Liturgia della Parola e veniva introdotto ai Sacri misteri dopo il battesimo e la contemporanea somministrazione degli altri sacramenti cosiddetti dell'iniziazione.
Oggi l'iniziazione dovrebbe avvenire con un buon catechismo e, poi non dovrebbe mancare la successiva formazione permanente a cura di pastori attenti e ben formati a loro volta.
Per Maso,
mi sembra giusto preoccuparsi anche del capire nozionistico. Anzi è indispensabile perchè la fede può andare oltre, ma non escludere la ragione.
Secondo me parte del problema sta nello scadimento della formazione sacerdotale che è frutto del cambiamento di linguaggio e di paradigmi e del livellamento in basso della totalità dei fedeli. Ed è un problema che non riguarda solo la Chiesa...
Il discorso poi delle scelte diverse si è sempre posto e continuerà a porsi. Il punto essenziale sta nella fatidica 'continuità' che, sola, può garantire fedeltà e integrità della dottrina, dalla quale non si può prescindere, come elemento strutturante.
Rispondo ancóra, e chiedo scusa. Se poi le mie "danze delle parole" L'infastidiscono, rinnovo le scuse e levo il disturbo.
So d'aver tendenza alla prolissità, e infatti mi sono scusato per la lungagnata. Può darsi anche ch'io sia poco chiaro. Ma non c'è ragione di rispondere in tono offensivamente polemico e aggressivo (e sì che l'avevo chiesto, di non essere aggredito).
Brevemente (se ci riesco):
a) Che c'entra il canto gregoriano? Credo d'amare e gustare il gregoriano almeno quanto Lei; quella " 'vis' pacificante " di cui parla, sa il Cielo quanto la conosco e la sento.
Io parlavo d'altro, cioè della sovrapposizione del canto alle parole del sacerdote: quando il sacerdote lègge le sue preghiere, e intanto il coro canta qualcos'altro.
Secondo me (è un'opinione, abbia pazienza), sarebbe bene che questo non fosse, almeno di norma. Appunto perché si canta "LA messa", non "NELLA messa": non vuol dire, questo, che si dovrebbero evitare le sovrapposizioni? Beninteso, siamo sempre nel campo dell'accidentale e dell'opinabile.
b) "Lei conosce solo il linguaggio delle parole pronunciate a voce alta?"
No, certo. Ma, se un gruppo di persone vuol parlare "una voce" (per dirlo in latino) con Dio – non dunque una serie d'atti comunicativi individuali, sia pure di contenuto simile o uguale, ma un unico atto comunicativo collettivo –, allora sì: se uno solo parla, bisogna che gli altri sentano e seguano (qui la mente basta, perché Dio lègge nell'interno dell'uomo). Certo, io posso sapere che cosa dice chi parla anche a nome mio, ma, se non m'unisco almeno colla mente alle parole che pronunzia, non si può dire, propriamente, ch'io partecipi a un atto collettivo di comunicazione.
c) Io non dico affatto di contentarsi del meno buono, quando abbiamo l'ottimo. Ma, ammesso che la questione s'abbia a impostare in questi termini (e non ne son sicuro), dico di promuovere tutto insieme quel ch'è buono. E lo dico nella convinzione che solo così si possa ottenere il risultato.
d) "Forse per non peccare di intellettualismo, può arrivare a peccare di materialismo..."
Questa frase è per me inintelligibile, ammenoché non voglia essere un insulto gratuito.
Beh, la sua lungagnata era parsa aggressiva a me e forse ho ecceduto nella reazione.
Però, se ha letto gli ultimi due chiarimenti che le ho dedicato, non mi pare ci fosse ombra di aggressività.
Le risponderò appena posso un po' più dilungarmi.
Che fine hanno fatto le 3500 firme raccolte da De Mattei?
La vera questione, il cuore di tutto, e che il problema della liturgia e tutt'uno con il problema della fede.
http://romualdica.blogspot.it/2013/04/la-relazione-indissolubile-tra-la.html
Il problema del bi-ritualismo alla fine è come si giudica il NO. Se lo si ritiene intrinsecamente buono, non ci sono problemi, se lo si ritiene cattivo allora è chiaro che non c'è spazio per il bi-ritualismo.
Su Internet ci sono i seguenti brani, uno a favore del NO e gli altri contro:
1)www.opusmariae.it/wp-content/uploads/2012/05/libro_novusordo.pdf
2)
http://www.unavox.it/doc85.htm
http://www.unavox.it/doc14.htm
Penso siano sufficienti per trarre un giudizio. Il problema della Santa Messa è che tocca profondamente i ritmi della nostra vita familiare. Con i testi del concilio il discorso è "intellettuale" passatemi il termine. La Santa Messa no.
Quando non si può assistere alla Santa Messa VO che si fa?
ANONIMO DELLA LUNGAGNATA, intanto per parlare con Dio "una voce" in tutto il mondo occorre una lingua unica, universale, e Giovanni XXIII sulla scorta di tutto il Magistero spiega molto bene che questa è il latino.
Inoltre anche se tu non vai, leggenmdo, all'unisono col sacerdote, la tua partecipazione non viene privata di niente: certo bisogna imparare a seguire i tempi del sacerdote, e non ci vuole molto. Ma in ogni caso rischi di cadere nel razionalismo.
Infine si parla con Dio "una voce" attraverso il sacerdote che parla a nome di tutti. Leggi bene il messalino e scoprirai quante volte il celebrante usa il "noi", e quindi il verbo alla prima persona plurale. Ovviamente questo non può accadere nelle parole della consacrazione perché l'unico alter Christus è il celebrante.
Nella nuova Messa, soprattutto le donne biasciano anche leparole della consacrazione,.
Quindi è più che sufficiente unirsi mentalmente e con l'anima a quel che il sacerdote fa, anche senza ripetere o sentire e capire tutte le sue parole per conseguire una partecipazione fruttuosa.
E se ti trovassi a dovere partecipare ad una Messa in rito orientale -magnifica - usciresti tutte le volte senza esserti sentito "partecipante".
Unisci il tuo cuore a quello del sacerdote:basta questo per elevarti a Dio. E quanto al canto chi ben canta prega due volte.
Io parlavo d'altro, cioè della sovrapposizione del canto alle parole del sacerdote: quando il sacerdote lègge le sue preghiere, e intanto il coro canta qualcos'altro.
Può darsi:
1. "sovrapposizione", ad esempio, dell'antifona d'introito o di comunione o di offertorio gregoriane mentre la stessa viene letta [sottovoce] dal celebrante,
2. "sovrapposizione" delle parti dell'Ordinario mentre, di nuovo, queste vengono recitate dal celebrante.
In questi casi non c'è nulla di scandaloso. Tenendo presente comunque, almeno per esperienza delle messe cui partecipo, che quando il sacerdote recita o legge le sue parti, non vi è alcuna sovrapposizione udibile essendo, la sua voce, coperta dal canto, che non è "qualcosa d'altro", ma riguarda quei brani...
se un gruppo di persone vuol parlare "una voce" (per dirlo in latino) con Dio – non dunque una serie d'atti comunicativi individuali, sia pure di contenuto simile o uguale, ma un unico atto comunicativo collettivo –, allora sì: se uno solo parla, bisogna che gli altri sentano e seguano (qui la mente basta, perché Dio lègge nell'interno dell'uomo). Certo, io posso sapere che cosa dice chi parla anche a nome mio, ma, se non m'unisco almeno colla mente alle parole che pronunzia, non si può dire, propriamente, ch'io partecipi a un atto collettivo di comunicazione.
Mi spiega perché l'atto diventa collettivo solo se si dice tutti la stessa cosa simultaneamente?
E' forse meno collettivo (o meglio, comunitario) l'atto se ognuno esprime per conto suo: davanti a Dio e anche nell'intenzione individuale e collettiva non è comunque "una voce"?
Nella Santa Messa (e non solo) si è davanti a Dio sia singolarmente (non è individualismo, ma rapporto personale con Signore). Forse il concilio, con l'enfatizzare l'assemblea intende superare un individualismo che non esiste, perché il credente è davanti al Signore sia come persona (pietra viva, dice Pietro) che come appartenente alla comunità e dunque comunitariamente, perché la comunità non è fatta né di cloni né di individui massificati, ma di persone ognuna non la sua peculiare preziosità davanti al Signore. Ed è Lui che crea la comunione tra chi è in Lui, da cui si genera la comunità dei credenti in unione con la Chiesa universale sulla Terra (Militante) ed anche con la Chiesa Purgante e quella Trionfante. la Comunione dei Santi. E poi le Schiere Angeliche...
d) "Forse per non peccare di intellettualismo, può arrivare a peccare di materialismo..."
Questa frase è per me inintelligibile, ammenoché non voglia essere un insulto gratuito.
A me non pare così criptica e francamente dove potrebbe essere l'insulto? Non era altro che la conclusione logica di quel che aveva espresso.
ANONIMO DELLA LUNGAGNATA, come fai a seguire nel NO le parole del sacerdote quando i fedeli intonano canti orribili come: Il pane che ti offriamo... Nella mia Messa, la nostra Messa... ecc.?
Vi invio un mio commento ad un interessante articolo di un blog molto illuminante e istruttivo. http://traditioliturgica.blogspot.it/2012/05/liturgia-e-intangibilita.html
"Ho un altra domanda: secondo Lei se in futuro si facesse una nuova riforma liturgica nel vero senso del termine, però in direzione opposta, restauratrice anziché distruttrice, sul nuovo Messale ci si ricollegherebbe alla tradizione o sarebbe sempre un tronco morto? Ad esempio leggo che negli anni 60 prima della redazione vera e propria del nuovo messale si fecero riforme senza pubblicare una nuova editio typica. Si resero facoltative le preghiere ai piedi dell'altare, fu abolito l'ultimo vangelo ed altro. Ora, se si facesse lo stesso, ma al contrario? Se il Papa, il prossimo o quello dopo, iniziasse a permettere opzioni tradizionali, come il canone silenzioso, le preghiere ai piedi dell'altare, l'ultimo vangelo, le varie genuflessioni etc., l'offertorio tradizionale etc. restaurando di fatto la messa come era prima, tranne qualche piccola novità introdotta da Paolo VI, ad esempio la lettura di un brano dell'antico testamento (prima lettura), la "salutatio" iniziale e qualche altra piccola cosa. In primis questi cambiamenti sarebbero graduali e opzionali, come quelli degli anni 60 ma di segno opposto. Poi si farebbe un nuovo messale o comunque una nuova editio typica che ufficializzi i cambiamenti, come nel 70 si fece il Novus Ordo Missae. E così di fronte a questa nuova riforma liturgica si scambierebbero le parti, i novatori diventerebbero i conservatori "tradizionalisti" che si oppongono alla riforma liturgica etc. Che ne pensa? Si riuscirebbe a reinnestare il novus ordo nel tronco della tradizione? In tutto questo nulla cambierebbe del Vetus Ordo, che rimarrebbe forma straordinaria, solo che così quella ordinaria diventerebbe molto simile, e tradizionale."
Per l'anonimo (si chiama Maso) che vuole il canone ad alta voce come i giansenisti, mi sembra che il suo atteggiamento sia lo stesso dei rinascimentali descritto nella seconda parte di questo articolo: http://traditioliturgica.blogspot.it/2013/04/ancora-sul-santuario-di-una-chiesa-2.html
L'ansia di svelare, di denudare, il mistero, per possederlo, per manipolarlo, che ha portato i rinascimentali ad abolire i tendaggi, le iconostasi e gli schermi del crocifisso o jubè.
Polemiche a parte, per il signor Maso mi pare illuminanti sismo questo articolo http://traditioliturgica.blogspot.it/2013/07/comprensione-sensitiva-razionale-e.html
Che spiega proprio i gradi di comprensione della liturgia
Non é il sentimentalismo che risolverà le terribili difficoltà in cui versa la Santa Chiesa. Il NOM presenta dei problemi teologici gravi e oggettivi, a prescindere della devozione e dell' afflato mistico con cui certuni possano, per accidens, celebrarlo.
http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/p/breve-esame-critico-del-novus-ordo-miss.html?m=1
Sul canto.
Mario Delli Ponti nell'Esposizione sul Salmo 99:2, che suona così: "Qui iubilat, non verba dicit, sed sonus quidam est laetitiae sine verbis: vox est enim animi diffusi laetitia, quantum potest, exprimentis affectum, non sensum comprehendentis."
"Chi giubila non pronunzia parole ma emette dei suoni indicanti letizia, senza parole. Il giubilo è la voce di un cuore inondato dalla gioia, d'un cuore che, per quanto gli riesce, vuol manifestare i suoi sentimenti, pur senza comprenderne il significato."
http://www.augustinus.it/latino/esposizioni_salmi/esposizione_salmo_120_testo.htm
Oggi come oggi il "biritualismo" è una necessità. Rifiutarsi esplicitamente di celebrare in NO mette un religioso in una situazione incresciosa, e in pratica lo priva della possibilità di esercitare il suo ministero. Capisco la questione di coscienza se si ritiene il NO un rito inadeguato, e non mancano i motivi per ritenerlo tale, ma alla fine è meglio un prete che celebra solo VO a casa sua o uno che celebra pubblicamente NO e VO e dà ai fedeli la possibilità di accedere a quest'ultimo? Senza contare che già il "biritualista" andrà incontro a difficoltà, come insegna il caso dei Francescani dell'Immacolata. Siamo in una fase di transizione, io sono nonostante tutto convinto che nei prossimi anni la mentalità a poco a poco cambierà e si prenderà coscienza di una cosa evidente - per chi non è accecato da prevenzioni ideologiche - come l'infinita superiorità del VO rispetto al NO, ma al momento l'obiettivo è avere il maggior numero possibile di celebrazioni VO "pubbliche".
io sono nonostante tutto convinto che nei prossimi anni la mentalità a poco a poco cambierà e si prenderà coscienza di una cosa evidente - per chi non è accecato da prevenzioni ideologiche - come l'infinita superiorità del VO rispetto al NO, ma al momento l'obiettivo è avere il maggior numero possibile di celebrazioni VO "pubbliche".
Concordo e lo spero anch'io.
Dunque: tenere ben chiaro l'obiettivo e perseguirlo con tutte le forze.
Ma ci rendiamo conto, che solo la parola BIRITUALISMO , racchiude in se la chiara e netta NON UNITA' della Chiesa?
Mi spiego, nel Credo noi diciamo e professiamo la nostra fede:
CREDO in Una Santa Cattolica Apostolica.
Cosa significa se non, UNA UNITA' DI FEDE E DI RITO?
E' chiaro che il NO, ha ROTTO questa unità.
Se ha rotto questa unità, significa che è stato imposto un atto scismatico, anche se lo ha voluto il papa.
Meditiamo su questo fatto.....
Biritualismo, lo dice la parola stessa, 2 riti, due prassi, due modi di celebrare Dio.
La Chiesa dal CVII non è più UNA SANTA CATTOLICA APOSTOLICA.
Ecco perchè, i modernisti vogliono eliminare qualsiasi traccia della S. Messa di Sempre, ossia la Tridentina,hanno eliminato la lingua che insieme hanno tenuto e formato all'unità.
Per Mic (e altri):
Sono stato un po' troppo suscettibile, e me ne scuso.
Brevemente, anche perché mi pare che sulla sostanza siamo d'accordo (con Mic):
1) A me pare d'aver sentito cantare, a volte, dei canti, in sé bellissimi, ma altra cosa da quel che intanto diceva il celebrante. A ogni modo, anche quando si canta, per esempio, l'antifona d'introito, a mio parere (ripeto ancóra: è un'opinione) il prete dovrebbe tacere (o casomai unirsi al canto).
2) Tutto questo, comunque, non è poi importantissimo. Importante è invece il punto del cànone recitato "secreto" o a voce alta; e qui ribadisco la mia opinione. Signor Masters, non crede che, più che essere io razionalista (cosa non vera), sia Lei a peccare nel senso contrario? Se, per garantire il mistero, dobbiamo tacere (perché una lettura sottovoce equivale, rispetto all'assemblea, a non dir nulla), allora aboliamo la teologia, e specialmente la scolastica, che i suoi avversari han sempre accusato, appunto, di razionalismo; aboliamo le formule dommatiche ("Un solo Dio in tre persone uguali e distinte", "Due nature in una sola persona", ecc.): insomma limitiamoci sempre a un'adorazione silenziosa del mistero ineffabile, in cui tutte le facoltà della mente tacciano. Non credo che Lei la pensi così.
Ma non voglio suscitar polemiche. Volevo solo dire che, secondo me, una riforma liturgica era effettivamente opportuna; non certo così com'è stata fatta, però. Quest'opinione potrà esser criticata, ma non accusata di poca ortodossia.
Da essa, e dalla convinzione che il "Novus ordo" non possa contenere e di fatto non contenga veri errori dottrinali, discendono le mie proposte per l'azione e la lotta. Anche Lei, Mic, ammette implicitamente che la nuova messa è di per sé buona, sebbene meno buona rispetto alla messa tridentina ch'è l' "optimum". Apprezzando molto il Suo amore per la Chiesa e per la gloria di Dio e la Sua apertura di mente, mi permetto di proporLe di considerarle, quelle proposte, senz'ostilità preconcetta. Sono davvero convinto che, in quel modo, potremmo ottenere molto, colla grazia di Dio.
ANONIMO delle 14:17 scrive:
e dalla convinzione che il "Novus ordo" non possa contenere e di fatto non contenga veri errori dottrinali,ecc...
@@ come fa lei ad essere così sicuro che il Novus Ordo non ne contenga?
Pare che qualcun altro e ben più esperto di lei ( mi permetto di scriverlo dopo ciò che ha scritto), ne avesse valutatao sin da principio sia gli abusi e quindi gli errori.
Tali errori che avrebbero portato ad una lenta ma inesorabile perdita di fede. Così come è agli occhi di tutti quanti vogliono vedere.
Inoltre come ho già scritto, il BIRITUALISMO non corrisponde all'Unità della Chiesa.
Quell'Unità professata e difesa per ben 2 millenni e RECITATA SUL CREDO APOSTOLICO.
CREDO IN UNA SANTA CATTOLICA APOSTOLICA.
Dove per Unità, significa:
UNICO RITO
UNICO MAGISTERO ININTERROTTO.
UNICA PROFESSIONE DI FEDE.
Riforma liturgica cosa significa, che il VO non andava più bene? Perchè? Per la lingua latina come dicono i soliti modernisti?
Bastava un messale con la traduzione, QUESTA ERA L'UNICA RIFORMA DA FARE!!!
Non se lo scordi caro anonimo!!!
Una cosa per volta. Partiamo da qui:
2) Tutto questo, comunque, non è poi importantissimo. Importante è invece il punto del cànone recitato "secreto" o a voce alta; e qui ribadisco la mia opinione. Signor Masters, non crede che, più che essere io razionalista (cosa non vera), sia Lei a peccare nel senso contrario? Se, per garantire il mistero, dobbiamo tacere (perché una lettura sottovoce equivale, rispetto all'assemblea, a non dir nulla), allora aboliamo la teologia, e specialmente la scolastica, che i suoi avversari han sempre accusato, appunto, di razionalismo; aboliamo le formule dommatiche ("Un solo Dio in tre persone uguali e distinte", "Due nature in una sola persona", ecc.): insomma limitiamoci sempre a un'adorazione silenziosa del mistero ineffabile, in cui tutte le facoltà della mente tacciano. Non credo che Lei la pensi così.
Lei dimentica la ragione per cui quella parte del canone viene sussurrata e non declamata ad alta voce, il che equivale più ad una narrazione che ad un'Azione teandrica sacra e solenne come il Sacrificio di Cristo...
Qui la scolastica non c'entra nulla. C'entra il fatto che il credente SA cosa si dice e cosa succede, non ha bisogno di sentirlo "con le orecchie", ma di rimanere in ascolto profondo adorando e accogliendo quello che realmente accade e Colui che si fa Realmente Presente.
E le facoltà della mente perché non dovrebbero tacere, in un momento simile, lasciandosi pervadere ed illuminare, per poi aprirsi ad esprimerlo - se del caso e con chi è il caso - in termini razionali in un altro momento?
L'Adorazione (e cos'altro dovremmo o potremmo fare in un momento simile davanti al Signore) non esige forse, insieme al sussurro del Sacerdote, anche il successivo Sacro Silenzio?
Poi, insieme successivamente o preliminarmente, c'è anche la gratitudine l'impetrazione la lode la gioia il dolore offerto, l'attesa orante e quant'altro può scaturire da un animo redento...
E, poi, mi permetta: un conto è quando si fa teologia e si ha bisogno di parlare e di esprimersi in maniera chiara e distinta, un altro è il momento di quando si sta davanti a Dio per rendergli culto, il che tra l'altro è la prioritaria funzione della Chiesa. Certo, poi, tutto questo deve tradursi in vita concreta perché fecondando il cuore feconda anche le azioni, le scelte e le parole. Ma tutto parte da lì e lì ritorna ogni volta di nuovo...
"A me pare d'aver sentito cantare, a volte, dei canti, in sé bellissimi, ma altra cosa da quel che intanto diceva il celebrante. A ogni modo, anche quando si canta, per esempio, l'antifona d'introito, a mio parere (ripeto ancóra: è un'opinione) il prete dovrebbe tacere (o casomai unirsi al canto)."
Questo purtroppo è possibile. Anche a me è capitato di assistere a molta trascuratezza dal punto di vista musicale. Gregoriano fatto male e, è vero, molto spesso, canti non del Proprium, ma a libera scelta.
Normalmente non accade. Ma quando accade bisognerebbe farsi promotori di una buona formazione anche per l'aspetto, non secondario, della musica sacra.
Ancora sul canto della Messa.
Ormai sappiamo tutti, e lo abbiamo ripetuto più volte sul blog, che il canto gregoriano è "lectio divina", un totale e pieno svisceramento della Parola mirato a far risuonare la stessa in momenti liturgici diversi, secondo stili musicali diversi. E’ solo nel contesto liturgico in qui nasce ogni brano che l’esegesi si realizza e si compie pienamente nella forma con la quale il brano è concepito e - ripeto- in un preciso quadro formale liturgico (ad esempio, un introito è composto in uno stile semplice e scorrevole - tecnicamente è detto semiornato - perché è un brano che deve 'accompagnare' un rito. Ma un graduale è un brano complesso, anche di virtuosismo, molto studiato, meditato e costruito al millimetro proprio perché è rito stesso).
Premesso questo, al sentire cantare, durante l’offertorio o la comunione, di tutto (compresi, magari, inni o salmi dell'Ufficio), tranne le antifone proprie del giorno, mi fa sorgere una domanda: ma anche nella mirabile perfezione del V.O., in questo pezzo di Cielo che si affaccia sulla terra, è approdata l’odierna prassi musicale postconciliare del “si fa quel che si sa”? Anche qui è approdata la convinzione secondo la quale l’integrità liturgica (ché di questo si tratta, essendo Parola fatta suono) può essere superata a causa di diverse altre esigenze (umane ma superabili)?
Il problema – tipico della prassi liturgico-musicale postconciliare – è che così facendo si approda al criterio del "si-canta-quel-che-si-sa-basta-cantare-qualcosa” senza minimamente salire sul gradino successivo alla facile mediocrità.
Certo, sono dettagli (ma sarà poi vero?) ma vedere la liturgia, quella della Tradizione, azzoppata di un suo costituente (certo, non sempre, non generalizzo) fa suonare un piccolo campanello d'allarme...
Ringrazio di cuore Mattia Rossi per le sue illuminanti e chiare spiegazioni, che andrebbero raccolte da chi ha responsabilità nel campo della liturgia, che dal rango di onore è diventata la cenerentola della nuova Chiesa...
Dal basso il sensus fidei a l'amore per le cose sacre (musica compresa) non si spegne....
Per Maso,
quando avrà risposto al mio post e a quello di Mattia Rossi, pubblicherò il suo pistolotto sul sedevacantismo, che con i nostri discorsi non c'entra un piffero..
Per M. R.:
Sono d'accordo con Lei, e La ringrazio.
Per Mic:
Non capisco perché, se il cànone è detto a voce alta, questo "equivale più ad una narrazione che ad un'Azione teandrica sacra e solenne come il Sacrificio di Cristo": forse che, solo perché alza la voce, il prete non agisce più "in persona Christi", e per questo solo pronunzia le parole della consacrazione in modo meramente narrativo (il che, a rigore, comporterebbe l'invalidità della consacrazione)? Forse che l'Uomo-Dio, nell'ultima cena, disse quelle parole sottovoce, e i dodici non l'udirono?
Per il resto, apprezzo le Sue parole, che ci richiamano all'unione mistica profonda col sacrificio, che certo va oltre le parole, allo spirito d'adorazione e di silenzio interiore. Tutto questo è sacrosanto.
Ma dire il cànone a voce alta non nega e neanche sminuisce il mistero: quelle parole non sono in sé stesse misteriose? La nostra adorazione non si può esprimere anche nell'ascolto, silenzioso e pieno d'amore e di fede? Poi, certo, seguirà il sacro silenzio.
(Chiedo scusa: "Wiseman" sono sempre io: una mossa falsa coll'elaboratore, del quale son poco pratico.)
Maso
Ma dire il cànone a voce alta non nega e neanche sminuisce il mistero
Non lo nega, ma lo sminuisce. E a furia di sminuirlo lo diluisce, come di fatto avviene nel NO...
Inoltre il fatto di sottolineare sacralità e mistero in un momento come questo, quello più alto e sublime della storia del mondo, non significa sminuire né mettere in secondo piano l'umanità di Gesù che ogni cristiano ben conosce perché la riceve e la vive nella sua propria personale "incarnazione", che è immersione totale nella sua storia e nelle situazioni in cui si trova a muoversi.
Perché senza incarnazione - che è in primo luogo concretezza - (seguìta e accompagnata, ovviamente, dal mistero pasquale) non c'è cristianesimo...
"Wiseman" sono sempre io: una mossa falsa coll'elaboratore, del quale son poco pratico
Era riconoscibilissimo :)
Koch admits: New Mass is a rupture with Tradition
http://sspx.org/en/news-events/news/koch-admits-new-mass-rupture-tradition-2356
Gederson il documento originale (intervista su Zenit) è qui.
Questa la frase incriminata:
“La riforma liturgica postconciliare è considerata in ampi circoli della Chiesa cattolica come una rottura con la tradizione e come una nuova creazione”, il che ha provocato “una controversia sulla liturgia che, vissuta in maniera emozionale, continua tutt’oggi a farsi sentire”, ha ammesso.
http://www.zenit.org/it/articles/la-missione-della-liturgia-antica-nel-futuro-della-chiesa
Io ero presente al Convegno Summorum nel quale Koch ha fatto la sua relazione e ne ho parlato qui
http://neocatecumenali.blogspot.it/2011/05/una-inquietante-eterogeneita-dei-fini.html
Ma dire il cànone a voce alta non nega e neanche sminuisce il mistero
Avrei qualche riserva. Tecnicamente il Concilio di Trento, con linguaggio anatemizzante, quindi dogmatico (smentitemi se sbaglio) si è così pronunciato:
9. Se qualcuno dirà che il rito della chiesa Romana, secondo il quale parte del canone e le parole della consacrazione si profferiscono a bassa voce, è da riprovarsi; o che la messa debba essere celebrata solo nella lingua del popolo; o che nell’offrire il calice non debba esser mischiata l’acqua col vino, perché ciò sarebbe contro l’istituzione di Cristo, sia anatema. [De sanctissimo sacrificio missae]
La voce alta e la lingua del popolo sono cardini del NO...
Mic,
Lei ha fatto una buona analisi. Sembra che abbiamo una sorta di "liturgia semper reformanda". La riforma liturgica de Paolo VI è basata nel movimento liturgico di quello tempo, oggi se desiderà un nuovo movimento liturgico per una nuova riforma. Quindi, quando arrivare questa riforma della riforma fatta per un nuovo movimento liturgico lei avrà problemi e un'altro movimento liturgico sarà desiderato.
Lo stesso vale per il Concilio "semper reformando": oggi se desiderà una ermeneutica della continuità, domani quando se vedere che questo è impossibile, l'autorità vaticana parlerà di una ermeutica dell'ermeneutica della continuità. Non se vuole accettare la realtà se vuole - come Dio - creare una realtà da un falso ideale.
Nel branno che il card. Koch parla della funzione ecumenica della Messa che non può essere svolto per la Messa di S. Pio V, sembra che lui ha perso il buon senso. Infatti, gli ortodossi accettano riverinciano e rispettano la Messa di San Pio V, ma questo in termini ecumenici non significa molto. Né si può dire che a causa di questo comportamento degli ortodossi davanti alla Messa di San Pio V, lei sviluppa un ruolo ecumenico con gli ortodossi.
Qui ricordo la frase di Sant'Agostino (che purtroppo non ho trovato per il Prof. Bernard Dummont):
"Gli uomini devono unirsi prima per il dogma, che per il culto" S. Agostino
Questo uso della liturgia come un mezzo per essere una ponte ecumenica è inquietante (sembra machiavellico) una volta che lei è una ponte tra l'uomo e Dio, potrà essere anche la ponte tra gli uomini?
Hai ragione Gederson.
Questo argomento della funzione ecumenica (che poi è all'origine della riforma di Paolo VI), andrà ripreso. Ed è improponibile, perché non può condividere lo stesso rito chi non condivide la stessa fede. Paolo VI con Bugnini &C. ha risolto imbastardendo il rito.
Ma, come giustamente fai notare, l'intento prioritario di far da ponte fra gli uomini alla fine si risolve in un agire orizzontale che esclude Dio. Se il culto non parte dalla verticalità col Soprannaturale, ed è "fabbricato a tavolino" da mano umana, fallisce la sua primaria funzione.
Si può essere vero ponte dagli uomini solo se si è primariamente ponte con Dio, perché l'unità è opera sua, non la facciamo noi.
Il fatto che si oltrepassi disinvoltamente il dettato di Trento, come sottolineato da Daniele, la cosiddetta"continuità nella riforma dell'unico-soggetto-Chiesa" oggi lo rende purtroppo possibile.
Ma non per chi vi riconosce l'arbitrio e la profanazione.
E qui torniamo alla domanda che ci siamo lasciati alle spalle, alla quale avevamo risposto negativamente.
Poteva Paolo VI operare una riforma così sovvertitrice?
Sto traducendo un interessante testo di Madiran, che pubblicherò appena possibile.
I tradizionalisti francesi (e non solo loro) hanno già risposto da tempo.
Ero già ben ferma sui principi.
Avevo messo l'accento sulla prassi, nel tentativo di dare possibilità a chi si trova "tagliato fuori" dalla tradizione.
Mi sto rendendo conto, tuttavia, di quanto sia reale il rischio di scendere a compromessi. E mi rendo conto di quanto possa essere schizofrenico scindere la prassi dai principi. Ma quanti sacerdoti (cosiddetti biritualisti) lo stanno facendo per una drammatica 'necessità' all'inverso rispetto alla FSSPX?
Ringrazio mic per l'impegno ma anche per l'equilibrio nel difficile tentativo di trovare soluzioni praticabili.
E' tanto che non intervengo ma seguo con attenzione.
... al sentire cantare, durante l’offertorio o la comunione, di tutto (compresi, magari, inni o salmi dell'Ufficio), tranne le antifone proprie del giorno, ... l’odierna prassi musicale postconciliare del “si fa quel che si sa”?
Davvero postconciliare? Mi a detto un vecchio prete, che prima del concilio il proprio era cantato solo nel seminario e nella cattedrale alle giorni festivi. Nelle parrochie forse cantavano il Kyriale, ma (quasi) mai il proprio. In seguito, Musicam sacram a legitimisato questa prassi.
Nessuno ha mai negato l'assenza di abusi liturgico-musicali nel Vo in passato. Uno su tutti: nell'800, a messa, si suonava il melodramma!
Oggi la consapevolezza, lo studio, le competenze e, più in generale la situazione, non è più quella del passato.
Su quella che definisco prassi postconciliare è innegabile che sia stata legalizzata e abbia subito un convinto impulso proprio nel postconcilio. Un tempo, ad ogni abuso, seguiva una correzione (vedi motu proprio Pio X, ad esempio), oggi invece si tace e, anzi, si incoraggia lo scempio e si perseguita la regola.
Finché ci sarà chi dice che la nuova messa non è cattolica, non è ortodossa, è luterana o comunque eretica, è invalida, si darà un argomento e un'arma a chi combatte contro la tradizione liturgica della Chiesa.
Naturalmente non dico di non parlar così per un motivo prammatico, di convenienza: sarebbe un'ipocrisia intollerabile. Dico di non parlar così perché così non è.
Chi poi la pensa diversamente, non so se si renda sempre conto delle conseguenze gravissime – sì, gravissime – che comporta una simile affermazione.
Dispelling Some Catholic Answers Live Myths - What About those Six Protestants and the New Mass?
http://www.remnantnewspaper.com/Archives/2013-0831-tofari-six-protestants-catholic-answers-live.htm
Anonimo delle 16:36, il quale afferma, che coloro i quali, dicono che il novus ordo (messa moderna imposta a tutta la Chiesa),contiene elementi pericolosi per la fede, commettono 'colpe gravissime', dico solo che è tempo che la si faccia finita con questa farsa.
Le pecorelle son di Cristo e lui le ammaestra in ogni tempo e luogo.
Con ciò RIBADIRE che il NO o messa nuova è pericolosa per le anime, non lo diciamo noi ma chi come Ottaviani e Bacci lo avevano già denunciato.
Inoltre se non bastaessero loro, vi soo i risultati e i fatti, che danno ragione a chi quella messa, diceva che era cattica e poteva arrecare danno.
Ebbene questo è successo.
La misericordia di Dio, ha fatto in modo che un piccolo lume si mantenesse ancora, grazie a celebranti che malgrado tutto hanno consacrato con amore.
l'anonimo delle 16.36 è uno degli 'osservatori' modernisti che monitorano lo stato di risveglio dei fedeli che scrivono sui blog cattolici.
Di che meravigliarci?
Contento di dire che il NO, contiene elementi pericolosi e non cattolici e mai mi stancherò di farlo!
Non è un caso che, il NO sia stato sudiato a tavolino con pastori òluterani e protestanti altri.
Anonimo, stia attento con le minaccie non tanto velate, come quando ha scritto, che criticare il NO comporta conseguenze garvissime.
Gravissime per chi? per voi modernisti e per i protestanti in genere?
Egregio signore,
io non sono "uno degli 'osservatori' modernisti che monitorano lo stato di risveglio dei fedeli che scrivono [nei diari in Rete] cattolici".
Primo, perché non sono affatto modernista, né punto né poco, ma cattolico, apostolico e romano.
Se per Lei accettare, e criticamente!, un concilio ecumenico vuol dire esser modernisti, be', sbaglia di grosso.
Secondo, perché non "monitóro" un bel nulla; e non ci mancherebbe altro! Sono un pover'uomo qualunque, che vive in un paese della provincia italiana, e non una spia della Curia romana! Mi càpita di scriver qui le mie opinioni, che derivano da una sensibilità che, com'è evidente per chi mi voglia lèggere, è la stessa, in sostanza, degli altri commentatori, anche se, in confronto a alcuni di loro, più moderata (diciamo così, tanto per capirci).
"Anonimo, stia attento con le minacce non tanto velate, come quando ha scritto che criticare il NO comporta conseguenze gravissime."
Ma sta scherzando? Ma quali minacce? Intanto io non ho scritto quel che Lei mi fa scrivere: perché, criticare il "Novus ordo", lo faccio anch'io (se m'ha letto, se ne sarà reso conto). Io avevo scritto: "Chi poi la pensa diversamente [chi cioè pensa che il "Novus ordo" sia eretico], non so se si renda sempre conto delle conseguenze gravissime – sì, gravissime – che comporta una simile affermazione". E le conseguenze di cui parlavo erano di natura LOGICA. Infatti, se il "Novus ordo" è eretico, poiché la Chiesa non può promulgare un rito della messa eretico, che ne è dell'infallibilità della Chiesa, e delle promesse del suo fondatore?
Comunque stia tranquillo, e non veda, mi scusi, un nemico in chi la pensa solo, su qualche punto certo importante ma non su tutto, diversamente da Lei.
La saluto cordialmente.
Maso
egregio signor Maso, quanta suscettibilità!!
Mettiamo in chiaro che da subito che affermare, che criticare il Novus Ordo, comporta conseguenze "gravissime" E' UNA SUA opinione personale.
Di fatto lei, con questa affermazione cerca di intimidire il prossimo e questa è l'unica logica che leggo.
Come ho già scritto (e lo ripeto), criticare il NO è un diritto sacrosanto di ogni fedele, perchè NON è Magistero infallibile e nemmeno Dogma.
Diversamente invece il Vetus Ordo o S. Messa Cattolica Tridentina, che in virtù di secoli e in unità di TUTTA la Chiesa di fatto è divenuto Magistero Infallibile.
Il concilio vat. 2, non ha definito nulla e non ha valore dogmatico, con ciò deve essere accettato con ossequio e intelletto, come il cosidetto magistero autentico, che non è dogmatico e nemmeno infallibile.
Non ho detto che il Novus Ordo sia eretico, questo lo dice lei, a riguardo ribadisco ciò che ho scritto sopra.
Per concludere, quando lei dice che la Chiesa non può promulgare nulla di eretico, lei sta dicendo le stesse cose che scrivono i sedevacantisti, i quali affermano che nessun Papa, può sbagliare in materia di Fede e di Dottrina, altrimenti non è più Papa.
Invece non è così, è possibile che un Papa sbagli ed insegni male, il Papa è infallibile solo quando si pronuncia ex Cathreda, il resto può essere suscettibile ad errori più o meno palesi.
Apposta vi è la Tradizione, apposta vi sono stati 20 Concili Dogmatici prima del concilio vat.2 che è solo pastorale.
la saluto.
"Questo argomento della funzione ecumenica (che poi è all'origine della riforma di Paolo VI), andrà ripreso".
Cara Mic,
Nel spirito del libro L'Imitazione di Cristo ("non vedere chi dice, ma quello che è stato detto") ho trovato una informazione interessante sul questa funzione ecumenica. In una ricerca per alcuni dei tre lavori presentati per Don Mayer a Paolo VI, ho trovato una presentazione di Don Ricossa al lavoro del grande vescovo sulla liturgia. In questa presentazione, lui dice:
"Don Piero Cantoni, qui a cherché à mettre en relief tout ce qu'il reste de doctrine traditionnelle dans le nouveau missel, finit par admettre l'incontestable finalité œcuménique de la réforme". Silveira sur le NOM, Préface de l'abbé Ricossa http://www.sodalitium.eu/index.php?pid=67
Così, hai raggione nel dire che questo sta all'origine della riforma di Paolo VI e adesso con questa se informazione sarà che se può dire che la voleva come fine?
Il libro di Don Cantoni può essere letto scaricato qui:
http://www.documentacatholicaomnia.eu/04z/z_sine-data__Cantoni._Pietro__Novus_Ordo_Missae_e_Fede_Cattolica__IT.doc.html
Un saluto dal Brasile
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