Viviamo un momento ecclesiale in cui l’azione, il fare, la pastorale, sono ritenuti più necessari dell’essere, della verità, della dottrina. Siamo ammalati di pragmatismo. Nei ragionamenti, se pur ci sono, si parte dal fare che non va o dal fare da progettare, e poi, solo dopo, si pensa all’essere, alla realtà com’è in se stessa.
Tradotto in termini pastorali ciò è veramente fatidico: sarà la prassi a illuminare la dottrina; è, difatti, l’azione che muove la verità o meglio che l’assorbe fino a diluirla nel mare dell’esserci qui ed ora. Non pensiamo come essere, come vivere per piacere a Dio, ma ad esserci, ad apparire, ad essere protagonisti, a rendere anche altri protagonisti del nostro comparire sulla scena di questo mondo.
La logica del fare, che precede e programma la verità, fino a renderla verità in processo, in un perenne divenire, verità in cammino, come si ama ripetere, è uno scacco alla fede. Non perché la fede non preveda ed esiga anche un’applicazione pratica, una programmazione pastorale, ma per il fatto che prima bisogna essere e poi, solo dopo, si può camminare.
Il cammino, il movimento, non può precedere la fede o anche solo, come accade oggi, congelarla per un momento, fino a quando avremo trovato il modo giusto per porgerla. Non si può lasciare la fede in un certo “immobilismo dogmatico” in attesa di trovare il modo migliore per farla conoscere: la fede prima o poi viene assoggettata alle regole della prassi, al flusso del divenire, e inizierà anch’essa a cambiare. Non perché cambi in sé o la si voglia intenzionalmente far cambiare, ma perché sarà semplicemente posta sul carro delle sperimentazioni e inizierà anch’essa ad essere sperimentata. Decidere di volta in volta se conviene o no dirla, e dirla integralmente, significherà decidere di non dirla o di dirla parzialmente. Ma il non dirla, o l’averla detta parzialmente, sarà come averla detta negandola, o almeno aver posto i presupposti della negazione, perché il processo del fare la travolgerà nel non detto dei gesti, dei segni, delle parole, che si moltiplicano senza più un centro, senza la verità. Le parole si moltiplicano, ma la verità non è detta.
Le parole, le molte parole, soppiantano la verità, la quale viene appunto diluita nelle parole e nei gesti, fino a non sapere più cosa essa sia in se stessa. Questo è l’inganno del pragmatismo. La verità prima è messa in un cantuccio, poi è dimenticata; finalmente sarà il solo ricordo soggettivo della verità dei tanti ad essere la nuova verità.
Oggi, nella Chiesa, non è un problema pastorale ricevere la comunione sulle mani; non è un problema la profanazione dell’Eucaristia. Il vero problema da risolvere è unicamente e ancora la mancanza di scienza dei fedeli nel saper posizionare le mani nel modo giusto per fare la comunione sulle mani. Pastorale è insegnare ai fedeli a mettere le mani in modo corretto. Se mancano i preti e il celibato si vede stringente, cosa si fa? Pensiamo subito al fatto che non è un’istituzione di diritto divino e vediamo ciò che si può “fare” per sopperire all’indigenza vocazionale.
I conventi si svuotano. Si potrebbe pensare a una pastorale per poterli riempire di nuovo. E invece qual è la proposta? Riempiamoli di rifugiati, «la carne di Cristo». Una domanda però sorge: se i rifugiati sono la carne di Cristo, il corpo di Cristo, invece, che è l’Eucaristia, cosa sarà? La carne dei rifugiati? Ecco come una prassi cambia la fede o la può cambiare, nel tempo. Gli esempi si potrebbero moltiplicare.
In questo processo del fare senza l’essere, dell’apparire senza la verità, si colloca l’azione di P. Alfonso Bruno, FI, dei suoi discepoli e dei suoi suggeritori. Lui ormai è il “salvatore” che cerca di far rinsavire l’Istituto dei FI e di riportarlo all’ovile del sentire cum praxe: sentire con la prassi. Il reato più vistoso che hanno commesso i frati con il loro Fondatore è di aver celebrato la S. Messa secondo la forma più antica del Rito romano e così di aver imboccato irreversibilmente la via del tradizionalismo; quella Messa, una forma stramba non allineata allo scorrere attuale del flusso ecclesiale, oltretutto foriera di una “mentalità tridentina”. Ecco il delitto gravissimo!
Come fare per riportare tutti all’unità? Eliminiamo la celebrazione della S. Messa, riserviamola ai nostalgici del passato. Ma noi, direbbe P. Bruno, smettiamola di dover ragionare partendo dalle cose in sé, dalla Messa com’è in se stessa; smettiamola di partire dal dogma per illuminare la pastorale. Che male c’è, abbiamo la S. Messa nuova.
È vero. Ma il solo problema è che tagliando il legame con la perenne tradizione liturgica della Chiesa si recide anche la ragione più intima della Messa nuova: diventa una Messa senza più radici. L’illusione pastoral-pragmatica di risolvere i problemi senza la verità è lo scacco più grande allo stesso problema che si vuole risolvere. Bisogna partire dalla verità.
Però, il pragmatismo è un gioco che favorisce la propria visibilità nel mondo dell’apparenza. Pragmatismo diventa sinonimo di protagonismo. Quando si pensa solo al fare, presto ciò diventa solo apparire, mettere al centro se stessi, curare la propria visibilità mediatica. Una visibilità che però può divenire anche totale esposizione di sé fino a far apparire i lati più nascosti o oscuri di sé.
Sembra che P. Bruno in tutte le risposte che dà, nelle sue interviste, sul sito ufficiale dei FI, commissariato e ormai piattaforma per la sua rivincita, non miri ad altro che a presentare un’immagine di sé: non dell’uomo dalla doppia faccia come viene dipinto dai tradizionalisti, ma l’uomo dell’equilibrio, della conciliazione, del saper fare. Proprio questo dimostra la tesi di partenza: non è importante la verità, l’essere, la tradizione liturgica della Chiesa, ma il proprio apparire. Chi di comunicazione vive e colpisce di comunicazione perisce.
Gianpaolo Del Buono
[Fonte: Corrispondenza Romana]
11 commenti:
Romano,
si deve aggiungere:
consentire al tale pragmatismo è peccato mortale; vivere così ogni giono è segno di riprobazione, insegnarlo è un apostolato diabolico...
Riporto anche qui il post di Francesco Colafemmina, che porta lo sguardo e la riflessione al di là della Santa Messa Antica e dei numeri ora sventolati pro seditio sua):
http://www.fidesetforma.blogspot.ch/2013/09/dati-presentati-come-prosciutti-al.html
Chi oggi reclama obbedienza (e silenzio) e critica aspramente chi si permette di difendere Padre Manelli ha non solo disobbedito personalmente al Superiore ma spinto altri a farlo, non solo ha disobbedito ma si è rivolto a chi SAPEVA avrebbe avuto un orecchio amico per le proprie rivendicazioni e ora, che hanno in mano tutto, compreso i siti web, dunque i mezzi di comunicazione, vorrebbero farci credere che la disobbedienza è una virtù e che era la maggioranza dei FFI ad essere in rivolta!
Quei frati che hanno preso il potere esautorando il loro Superiore, inebriati dalla loro "vittoria" dimenticano un pò troppo in fretta che non tutti i cattolici si son bevuti il cervello, che non tutti hanno mandato la memoria in vacanza, in particolare coloro che hanno conosciuto Padre Manelli e i Frati dell`Immacolata.
Si illudono che basta screditare i nomi conosciuti, e quelli che lo sono meno, per dare peso e onorabilità alla loro rivolta, approfittano in pieno dell`aria che soffia sulla Chiesa, ma il potere terreno se può gonfiare i muscoli spesso appesantisce le ali dello spirito.
Ieri un infiltrato ha pubblicato un post inaccettabile a favore dei ribelli nella discussione che precede.
Ovviamente quel post è stato cancellato.
Alcune considerazioni (scusate la schematicità ma il tempo che ho è molto poco):
- l'eresia del fare è uno dei cancri che stanno devastando la Chiesa da 50 anni a questa parte (pensate a tutte le attività di una parrocchia, attività che per la stragrande maggioranza poco o nulal hanno a che fare con la preghiera e l'adorazione)
- prendo a prestito un paragone biologico: la vita non è altro che una continua lotta per restare differenziati dall'ambiente circostante. Una cellula è viva fintantochè non si "scioglie" nell'ambiente. Trasportando il paragone nel campo della fede: essa è viva finchè resta se stessa, finchè non muta fino a perdersi nel nulla che la circonda. D'altra parte questo lo sappiamo bene, dati i risultati che 50 anni di "andare incontro al mondo" hanno portato.
Il problema infatti per i ribelli che si annidano nei FFI non è soltanto quello della celebrazione della Messa di sempre: ma – al pari di tutti coloro che hanno in odio la vera Messa- il problema sta in ciò che essa sottende: disciplina, rigore, prevalenza (in passato sarebbe stato ovvio, ma oggi non lo è più) della dimensione spirituale su quella mondana e sociale, stili di vita consoni a uomini di chiesa eccetera, eccetera. In altri termini un modello di sacerdote che negli ultimi cinquant’anni è stato giudicato nel migliore dei casi superato, nel peggiore inadeguato o addirittura errato (do you remember l’odore delle pecore???)
Sur cette question, un commentaire important :
http://tradinews.blogspot.pt/2013/09/paix-liturgique-aujourdhui-comme-hier.html
Oggi Magister, sulle nomine curiali:
....
Comunque non c’è alcun segnale di una preclusione del papa per gli italiani, a patto che mostrino un profilo dimesso e siano poco loquaci, in pubblico come in privato. Papa Francesco ha detto e ripetuto che le chiacchiere non gli piacciono. Da cardinale, le rare volte che veniva a Roma non disdegnava di ascoltarne da quei “vecchi curiali” che ora elogia. Ma ora è papa, e il contesto è cambiato....
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350609
In riferimento a P.Bruno -
Cosa e' piu' giusto che P.Manelli ed i F.I. obbediscano a voi piuttosto che a Dio? giudicatelo voi stessi.
Ma e' vero, voi non giudicate piu' se e' piu' giusto obbedire a voi
piu' che a Dio.
Invece noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato da coloro che ci hanno tramandato X duemila anni Gli apostoli.
http://www.libertaepersona.org/wordpress/2013/09/in-verita-in-verita-vi-dico-la-verita-sul-commissariamento-dei-francescani-dellimmacolata/
Un bravo e giovanissimo FI, devoto di P.Mannelli, una volta, raccontandomi i tanti "dispetti spirituali" di cui veniva fatto oggetto e che non riporto per proteggerlo, mi disse: sono mesi che non dormo per cercare di spiegarmi tutto ciò, ma ieri ho capito. Tutto questo è frutto di un'ALTRA CHIESA. Lo aveva capito due anni fa. Noi lo capiamo compiutamente oggi, anche se una quasi certezza ci arrivò l' 11 febbraio u.s. Certo pian piano lo capiranno tutti. Ma pian piano, purtroppo per cui molti si adatteranno, altri si sfileranno a piccoli gruppi. I più singolarmente, e, come successo negli anni sessanta, tantissime anime autenticamente cattoliche si perderanno. E' una tecnica ben collaudata di mutazione genetica applicabile alle organizzazioni umane. L'importante è garantire l'espulsione controllata. Guai se contemporaneamente troppi dovessero "capire ed opporsi". Potrebbero trovar guida e combattere. Il progetto sarebbe a rischio. Quella di bergoglio è già e sarà sempre di più un'altra chiesa. Preghiamo affinchè qualcuno dalla veste rossa si alzi e dica: "NO!,Santa ROMANA Chiesa è qui e da qui si riparte". Se invece,come temo, non avremo meritato neppur questo, affidiamoci alla Immaculata Vergine Dei Genitrice, perchè, questo è certo, Lei ci mostrerà la strada.
Caro Mazzarino,
la tua conclusione, credo che ormai sia l'unica possibile.
A meno che il Signore non ci riservi qualche sorpresa, da parte di qualche vescovo e/o cardinale fedele...
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