Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

venerdì 25 settembre 2015

Sinodo: per la correzione del paragrafo 137 dell’Instrumentum Laboris. La richiesta dei 50 Moralisti.

Silvio Brachetta, su L'Osservatorio internazionale Cardinale Van Thuân [qui]. Dell'Appello dei teologi e filosofi moralisti da lui citato abbiamo parlato qui.

C’è qualcosa che non va nel paragrafo n. 137 dell’Instrumentum Laboris, il documento che dovrebbe servire da guida, l’ottobre prossimo, alla XIV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, sul tema “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo”. Se ne sono accorti David S. Crawford e Stephan Kampowski, professore associato, il primo, di teologia morale all’Istituto Pontificio Giovanni Paolo II di Washington e, il secondo, professore di antropologia filosofica all’Istituto Giovanni Paolo II di Roma.
Ne è uscito un Appello[1] firmato, per il momento, da una cinquantina di teologi e filosofi moralisti (studiosi di etica), in cui si chiede la rimozione del succitato paragrafo. Secondo Crawford e Kampowski, esso mette in opposizione le necessità soggettive della coscienza e l’oggettività della norma, generando il dubbio che i comandamenti di Dio siano un ostacolo alla perfezione e alla felicità umane, desiderate dalla coscienza.

Al paragrafo 137, che tratta il tema della contraccezione, si legge dunque:
«Tenendo presente la ricchezza di sapienza contenuta nella Humanae Vitae, in relazione alle questioni da essa trattate emergono due poli da coniugare costantemente. Da una parte, il ruolo della coscienza intesa come voce di Dio che risuona nel cuore umano educato ad ascoltarla; dall’altra, l’indicazione morale oggettiva, che impedisce di considerare la generatività una realtà su cui decidere arbitrariamente, prescindendo dal disegno divino sulla procreazione umana. Quando prevale il riferimento al polo soggettivo, si rischiano facilmente scelte egoistiche; nell’altro caso, la norma morale viene avvertita come un peso insopportabile, non rispondente alle esigenze e alle possibilità della persona. La coniugazione dei due aspetti, vissuta con l’accompagnamento di una guida spirituale competente, potrà aiutare i coniugi a fare scelte pienamente umanizzanti e conformi alla volontà del Signore».
Legge e coscienza: due «poli» discordi?

In effetti, le riserve di Crawford e Kampowski sembrano motivate. Il paragrafo 137 presenta la norma e la coscienza nella veste di «due poli», che devono essere coniugati costantemente e non, piuttosto, come agenti concordi della salvezza umana. Si parla di due parti, di due ruoli, di due indicazioni opposte: «Da una parte - si legge - il ruolo della coscienza intesa come voce di Dio, che risuona nel cuore umano educato ad ascoltarla; dall’altra, l’indicazione morale oggettiva, che impedisce di considerare la generatività una realtà su cui decidere arbitrariamente, prescindendo dal disegno divino sulla procreazione umana». Qua l’ambito della contraccezione e della generatività è secondario. Le riserve dell’Appello, piuttosto, sono legate alla contrapposizione tra norma e coscienza. È anche vero che il paragrafo sembra prendere le distanze dall’eccessivo soggettivismo - causa delle «scelte egoistiche» - e da un certo oggettivismo, causa di un «peso insopportabile», non «rispondente alle esigenze e alle possibilità della persona».

La strada per cui, tuttavia, la Croce da pesante si fa leggera non passa - osservano Crawford e Kampowski - nel cercare la «coniugazione dei due aspetti» (oggettivo e soggettivo) suggerita dal paragrafo, magari mediante una «guida spirituale competente». Passa, invece, secondo le indicazioni del Magistero, tramite l’obbediente ossequio della coscienza, che accoglie la legge di Dio scritta nel cuore e cerca di osservarla. Viceversa, il paragrafo 137 insinuerebbe la convinzione errata secondo la quale sussisterebbero in Dio due differenti modi di parlare all’uomo, contrastanti tra loro nei contenuti: da una parte Egli comunicherebbe direttamente con il cuore umano e, dall’altra, si rivelerebbe mediante le norme e i comandamenti contenuti nella legge sacra.

La coscienza non può creare il bene e il male

Eppure - notano gli estensori dell’Appello - la presunta opposizione tra coscienza e legge è stata più volte chiarita e scartata dai pronunciamenti magisteriali: ne parla, ad esempio, il Concilio di Trento (1545-1563), il Concilio Vaticano II (1962-1965), l’Enciclica Humanae Vitae di Paolo VI (1968) o l’Enciclica Veritatis Splendor di Giovanni Paolo II (1993).

Quanto al Concilio di Trento, Crawford e Kampowski riportano l’insegnamento secondo cui l’osservanza dei comandamenti non è gravosa ed è alla portata dell’uomo giustificato: «Nessuno poi, benché giustificato, deve ritenersi libero dall’osservanza dei comandamenti; nessuno deve far propria quell’espressione temeraria e condannata con la scomunica dai Padri, secondo la quale è impossibile all’uomo giustificato osservare i comandamenti di Dio. Dio, infatti, non comanda ciò che è impossibile, ma nel comandare ti esorta a fare tutto quello che puoi, a chiedere ciò che non puoi e ti aiuta perché tu possa; infatti “i comandamenti di Dio non sono gravosi” (cf. 1 Gv 5:3) e “il suo giogo è soave e il suo peso è leggero” (cf. Mt 11:30)»[2].

Il Concilio di Trento, cioè, insegna che è del tutto errata la convinzione secondo cui si reputa il comandamento un peso, una zavorra, un fardello. E, a parte questo pronunciamento del Concilio, l’uomo vede spesso nel comandamento un intralcio alla felicità, da contrapporre all’amabilità del libero arbitrio, considerato per questo sganciato dal comandamento stesso.

Il Concilio Vaticano II è altrettanto esplicito e afferma che si deve obbedire alla legge, la quale risiede «nell’intimo della coscienza»: in essa «l’uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire. Questa voce, che lo chiama sempre ad amare, a fare il bene e a fuggire il male, al momento opportuno risuona nell’intimità del cuore: fa questo, evita quest’altro». E ancora: «L’uomo ha in realtà una legge scritta da Dio dentro al cuore; obbedire è la dignità stessa dell’uomo, e secondo questa egli sarà giudicato. La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli è solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità»[3].

La sinderesi

Il Concilio Vaticano II, in tale pronunciamento, si riferisce chiaramente alla «sinderesi», che è il nome dato dagli scolastici medievali alla voce di Dio nella coscienza umana. C’è, infatti, una parte della nostra coscienza che non è stata colpita, ferita, dalle conseguenze del peccato originale: la «sinderesi», la voce di Dio, che comunica all’uomo la Legge eterna. Così intuiscono i teologi scolastici del basso Medioevo. Etimologicamente, «sinderesi» è una composizione di termini greco-bizantini: «synteréo», vedere, osservare se stessi. Ma anche «syneidesis», largamente usato da san Paolo, che indica la consapevolezza di qualcosa. Anzi, proprio da «syneidesis» - consapevolezza (con-sapere) - deriva il latino «con-scientia» e, dunque, coscienza.

L’insegnamento è stato accolto dal Magistero che, nel Catechismo della Chiesa Cattolica, afferma: «[…] La coscienza morale comprende la percezione dei principi della moralità (sinderesi) […]» (n. 1780). Così come la ragione pura (intelletto) riconosce intuitivamente e immediatamente, ad esempio, i principi postulati della geometria - punto, retta, ecc… - anche la ragione pratica (che determina la volontà) ha una capacità innata e immediata di riconoscere, per principio, il bene e il male.

San Girolamo - tra i primi - afferma che, nell’anima, vi è una «scintilla conscientiae» (luce della coscienza), in grado di operare una distinzione spontanea tra bene e male[4]. Molto tempo dopo san Tommaso d’Aquino specificherà che la sinderesi «è la prima regola dell’agire umano», non la coscienza[5], nel senso che la coscienza può errare, ma non la sinderesi[6]. Secondo san Tommaso la sinderesi è un abito della ragione e non si può estinguere[7].
«La sinderesi - scrive l’Aquinate - è quindi la custode della legge morale naturale […], mentre il compito della coscienza è quello di fare attenzione a questa legge applicandola ai diversi casi dell’agire umano». E perciò, «appare chiara la differenza fra sinderesi, legge naturale e coscienza: la legge naturale si riferisce ai principi universali del diritto [il cosiddetto “diritto naturale”], la sinderesi si riferisce al loro abito, o alla facoltà con l’abito [abito della ragion pratica], la coscienza invece dice applicazione della legge naturale all’azione sotto forma di una conclusione»[8].
C’è, allora, nell’anima qualcosa d’inestinguibile, che è la voce di Dio. Paradossalmente, tale voce è talmente connaturata nella nostra anima, che sussiste anche nello stato di dannazione eterna, per cui i dannati soffrono di un rimorso perenne e acutissimo proprio a causa della sinderesi[9].

L’insegnamento della Chiesa sulla coscienza è esposto nel succitato Catechismo della Chiesa Cattolica, nella terza parte, dal numero 1776 al numero 1802. La Chiesa raccomanda la «formazione della coscienza», affinché il giudizio morale sia illuminato dalla retta ragione e sostenuto dalla grazia. Difatti, «una coscienza ben formata è retta e veritiera. Essa formula i suoi giudizi seguendo la ragione, in conformità al vero bene voluto dalla sapienza del Creatore» (n. 1783).

È importante sapere pure che «l’educazione della coscienza è un compito di tutta la vita. Fin dai primi anni essa dischiude al bambino la conoscenza e la pratica della legge interiore, riconosciuta dalla coscienza morale. Un’educazione prudente insegna la virtù; preserva o guarisce dalla paura, dall’egoismo e dall’orgoglio, dai sensi di colpa e dai moti di compiacenza, che nascono dalla debolezza e dagli sbagli umani. L’educazione della coscienza garantisce la libertà e genera la pace del cuore» (n. 1784).

Se chiunque poi non obbedisce al «al giudizio certo della propria coscienza», ben formata e illuminata dalla grazia, il giudizio stesso sarebbe «erroneo» e, quindi, inclinato al male e all’errore (cf. nn. 1790-1794). Il problema, per chi non crede e non educa cristianamente la propria coscienza, è proprio questo: fallire nella valutazione del giusto agire e, dunque, rimanere nel peccato.

Altri pronunciamenti

Quanto all’Appello, vi si citano altri documenti magisteriali. Nella Humanae Vitae di Paolo VI, poi, il paragrafo 137 - scrivono Crawford e Kampowski - ammette una «ricchezza di sapienza», ma nei fatti «mina lo scopo centrale dell’Enciclica stessa», che è quello di «offrire nulla di meno che un’interpretazione normativa della legge morale naturale». Norma che, va ricordato, l’uomo è tenuto ad osservare, proprio a partire dal grido intimo della coscienza, del tutto concorde con la norma stessa.

Se l’Humanae Vitae fu pesantemente criticata e osteggiata già dopo la pubblicazione, stessa sorte capitò alla Veritatis Splendor di Giovanni Paolo II, redatta proprio per confutare tanto l’assunto sul conflitto che esisterebbe tra la libertà umana e la legge di Dio, quanto per arginare molti degli errori moderni in seno alla teologia e alla filosofia morale. In nessun caso la coscienza può essere «creatrice», afferma l’Enciclica: non può cioè stabilire arbitrariamente, a capriccio, cosa sia bene e male.

L’Appello informa di quanto Giovanni Paolo II prendesse le distanze da certa «pastorale», troppo blanda nell’accettare l’opposizione tra legge e coscienza, e troppo favorevole rispetto alla prassi «creatrice» della coscienza, che spesso è portata a decidere in autonomia cosa sia bene e cosa sia male.
_______________________________
[1] http://www.firstthings.com/web-exclusives/2015/09/an-appeal
[2] cf. Decreto sulla giustificazione, s. VI c. XI.
[3] Concilio Ecumenico Vaticano II, Gaudium et Spes, n. 16.
[4] San Girolamo, Commentariorum in Ezechielem prophetam, I, c. I.
[5] San Tommaso d’Aquino, De ver., q. 17, a. 2, 7m.
[6] San Tommaso d’Aquino, cf. II Sent., d. 24, q. 2, a. 4.
[7] Cf. ibid., d. 39, q. 3, a. 1, - d. 24, q. 2, a. 3.
[8] Ibid., d. 24, q. 2, a. 4.
[9] Cf. ibid., d. 39, q. 3, a. 3.

21 commenti:

hr ha detto...

L’arcivescovo Crepaldi su Matrimonio e Famiglia

D. Eccellenza, perché il matrimonio è il fondamento della società?

R. Perché la famiglia è certamente il fondamento della società, ma il matrimonio è il fondamento della famiglia. Per questo tutte le civiltà – tranne l’attuale nostra, pare - lo hanno considerato una istituzione sociale. La famiglia non nasce da due individui che si sommano l’uno con l’altro, ma nasce da un uomo e una donna che si accolgono per amore nella loro diversità complementare di maschio e di femmina, si promettono fedeltà reciproca in una unità di vita e si dichiarano pronti ad avere dei figli e ad educarli nel bene. Il matrimonio ha un significato pubblico, perché l’impegno dei due, nel suo contenuto, è pubblico.

http://www.vanthuanobservatory.org/notizie-dsc/notizia-dsc.php?lang=it&id=2214

hr ha detto...


La “dittatura del relativismo”
Che cos’è, e perché bisogna opporvi resistenza attiva, con la retta ragione e con la fede
di Antonio Livi

http://www.fidesetratio.it/dittatura-del-relativismo-13-settembre-2015-.html

Josh ha detto...

Ottimo articolo, quello pubblicato da Mic.

Sottolineo un punto, su spiegato molto meglio

"la norma morale viene avvertita come un peso insopportabile, non rispondente alle esigenze e alle possibilità della persona."

Beh se e quando si avverte così, si tratta di cuore inconvertito.

Anonimo ha detto...


@ Ma anche il cuore "convertito" puo' sentire la legge morale come un peso tremendo

Ricordiamoci del passo di S.Paolo nel quale si ribadisce che Dio non permette che noi si sia tentati al di la' delle nostre capacita'. Se ha dovuto ribadire il concetto, vuol dire che c'era chi trovava "il giogo" della morale cristiana troppo duro da sopportare. Con questo voglio dire: e' fondamentale l'adesione della nostra coscienza alla legge morale stabilita dal Verbo incarnato, si tratta sempre di un modo di esercitare il nostro libero arbitrio. Pero' non sempre arriviamo alla convinzione che sia giusto obbedire, che sia giusto sulla base del nostro umano ragionamento. A volte dobbiamo integrarlo con il principio d'autorita'. E quando? Proprio quando il peso da portare ci sembra enorme ed ingiusto.
Esempio classico: nel matrimonio che sopravvive dopo tanti anni, tante volte uno dei due coniugi avra' pensato, di fronte alle evidenti manchevolezze dell'altro/a, anche gravi, presenti e passate, e sappiamo tutti quali possono essere: ma perche' devo portare una croce cosi' pesante, debbo essere cosi' infelice, fisicamente e moralmente, etc.? Perche'? Perche' l'ha detto Nostro Signore. Ecco il principio d'autorita'. Se l'ha detto NS, che ne sapeva e sa piu' di me, devo farmene una ragione. E quale puo' essere questa "ragione"? Che nel matrimonio, oltre ai pesi ci sono le grazie, le quali ci aiutano non solo in questa vita ma anche a guadagnare l'altra. Ci aiutano a capire che bisogna sopportare un sostanziale o parziale fallimento sul piano strettamente personale in nome di beni piu' alti, ai quali possiamo concorrere solo mantenendo unito il matrimonio: il bene dei figli; e comunque il bene spirituale e la salvezza del marito o della moglie; il bene comune, che viene leso dai divorzi. Ma il punto fondamentale, ad un certo punto, e' rappresentato dallo scontro frontale con il principio d'autorita' di origine divina: cio' significa che obbedisco qui non ricorrendo al sentire della mia coscienza ma rimettendomi alla Grazia, chiedendo cioe' giornalmente l'aiuto divino per accettare situazioni difficili e alla fine superarle, in una visione che diventa sovrannaturale; chiedendolo di fatto contro quelle che sarebbero le inclinazioni della mia coscienza nel caso specificio. La coscienza tenderebbe qui a fabbricar ragioni per rompere il vincolo, finalmente. parvus

Josh ha detto...

Come vuoi Parvus. Hai spiegato bene e con delicatezza una serie di casi, ma volevo sottolineare solo l'inesattezza dell'assunto precedente.

Del resto, se anche il cuore "convertito" -dici- puo' sentire la legge morale come un peso tremendo,
alla fine, però proprio perchè convertito, obbedisce.

Parvus: "Pero' non sempre arriviamo alla convinzione che sia giusto obbedire, che sia giusto sulla base del nostro umano ragionamento."

infatti ...il nostro umano ragionamento ... non è così importante, se e quando svincolato dalle cose sacre. Verso la fine lo riconosci anche tu.
C'è differenza se la nostra mente è controllata dalla carne, dal nostro io o dallo spirito.

Se un cuore puo' sentire la legge morale (divina) come un peso tremendo...Gesù ha invece detto che il suo giogo è soave e il suo carico è leggero, e avere fede è affidarsi e affidarGli tutto. Non dico che non ci siano tormenti in situazioni limite.
Ma questi talvolta sono dovuti alla nostra resistenza, in linea di massima. Gesù lo sapeva benissimo, nemmeno ce lo nasconde, quando afferma "Rinuncia a te stesso, prendi la tua croce e seguimi."

E anche chi si sposa, visto che l'ambito è questo, -ma io parlavo invece in generale sulla prima affermazione-, deve sapere che l'amore ma anche un impegno preso non è solo una passeggiata in rosa, ma anche sacrificio.

Un cristiano si rimette sempre alla Grazia, se no non sarebbe nemmeno cristiano....proprio come spieghi "chiedendo cioe' giornalmente l'aiuto divino per accettare situazioni difficili e alla fine superarle, in una visione che diventa sovrannaturale."

Questo però dovrebbe però essere il sentire di tutti i giorni, non solo nei momenti di emergenza o necessità....
non è solo allora che mettiamo assieme la visione che diventa soprannaturale, dovremmo averla fin dal momento della nostra conversione la visione soprannaturale come guida di tutte le azioni...

mic ha detto...

Infatti... non sono più io che vivo, ma Cristo che vive in me, diceva San Paolo.

Sono profondamente triste, perché mi è capitato di soffermarmi all'incontro interreligioso del papa. Messaggio che passa: questa o quella (religione) per me pari sono. Ma, saprattutto, dov'è Cristo Signore? E a questo punto : dov'è o dove sta andando il suo vicario in terra?

Alessandro Mirabelli ha detto...

@ Mic: ti meravigli ancora? Egli mai si è definito Papa, ne' vicario di Cristo ne' servo dei servi di Dio. Codesti suoi silenzi sono significativi. Preghiamo perché cambi direzione.

Luís Luiz ha detto...

Confusione totale tra la libertà della coscienza cristiana sommessa alla legge dell'amore e la dialettica hegeliana tra libertà e legge costitutiva della morale.

Rr ha detto...

dov'è o dove sta andando il suo vicario in terra?

Brutalmente: perchè, pensi ancora che il sia il vicario ? o non un impostore ?
Perchè se è vero qual che è stato appena pubblicato, e finora NESSUNO ha smentito, siamo in presenza di varii cardinali, lui incluso, tutti scomunicati latae sententiae sec. la Costituzione Humani Dominici gregis. O no ?
Se anche si trattasse di un governo puramente secolare, sarebbe un colpo di Stato, e quindi il nuovo Capo sarebbe illegittimo, un impostore. Ma qui si tratta della Chiesa.
O no ?
Rr

Josh ha detto...

@Mic
"dov'è o dove sta andando ...?"

a sinistrina, "a little bit to the left" - he said.
However, possiamo sempre chiedergli di recitare il Credo.
Così ci ha proprio rassicurato.

PAOLO PASQUALUCCI ha detto...

@ A proposito di Gaudium et Spes 16 sulla coscienza

Non so fino a che punto sia legittimo il richiamo all'art. 16 GS "sulla dignita' della coscienza morale" ai fini di un concetto pienamente soddisfacente della coscienza morale (si intende, dal punto di vista cristiano). In questo articolo la definizione iniziale della coscienza e'
: "nell'intimo della coscienza l'uomo scopre una legge che non e' lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire. Questa voce, che lo chiama sempre ad amare, a fare il bene e a fuggire il male, al momento opportuno risuona nell'intimita' del cuore: fa questo, evita quest'altro. L'uomo ha in realta' una legge scritta da Dio dentro al cuore; obbedire e' la dignita' stessa dell'uomo, e secondo questa egli sara' giudicato". Dunque: l'uomo deve obbedire, glelo ordina la coscienza, alla legge morale scritta nel suo cuore da Dio. La coscienza non crea la legge morale dentro di noi, "scritta invece da Dio". Faccio presente che questa formulazione pur coerente con il cattolicesimo non e' diversa dal concetto della coscienza professato p.e. da un Rousseau, nell'Emilio. Questa e' ancora la coscienza in generale, come puo' averla l'individuo consapevole di se', anteriormente al Cristianesimo (vedi Rm, 2, 12 ss sulla legge scritta nei cuori, dalla quale saranno giudicati i pagani).
Ma a noi interessa vedere come "la coscienza" si integri alla Rivelazione, qual e' il rapporto tra le due. La coscienza deve, infatti, riconoscere le verita' della Rivelazione, mediante l'uso del sano intelletto, riconoscimento aiutato dalla Grazia, lo sappiamo.

Ora, il testo continua richiamando Pio XII (la coscienza e' il nostro nucleo "piu' segreto" etc.) per poi dire: "Tramite la coscienza si fa conoscere [illa lex innotescit] in modo mirabile quella legge che trova il suo compimento nell'amore di Dio e del prossimo". E si citano Mt 22, 37-40, e Gal 5, 14, passi nei quali viene enunciato il comandamento di amare il prossimo per amor di Dio quale compendio di tutta la legge. Poiche' questa legge e' stata enunciata dal Verbo incarnato, non si sarebbe dovuto dire che la coscienza "riconosce" questa legge? Tale legge non e' allora "l'amor del prossimo etc." bensi la legge morale innata, che trova il suo compimento nell'amore per il prossimo. Tale legge non avrebbe allora un'origine divina, in Cristo, ma sarebbe "il compimento" della legge che Dio ha scritto nei cuori. Verrebbe allora dalla natura non dalla Rivelazione. [SEGUE]

Paolo Pasqualucci ha detto...


@ Ancora sulla COSCIENZA [SEGUITO E FINE]

E difatti come continua il testo?
"Nella fedelta' alla coscienza i cristiani si uniscono agli altri uomini per cercare la verita' e per risolvere secondo verita' numerosi problemi morali che sorgono tanto nella vita privata quanto in quella sociale. Quanto piu', dunque, prevale la coscienza retta, tanto piu' le persone e i gruppi si allontanano dal cieco arbitrio e si sforzano di conformarsi alle norme oggettive della moralita'" (GS 16.2.) Affermo che questo testo propugna un concetto della coscienza incompatibile con il cattolicesimo. I cristiani, infatti, non possono unirsi agli altri uomini per risolvere "i numerosi problemi morali" della vita privata e pubblica, sulla base di un ipotetico comune sentire o coscienza.
Quali "altri uomini"? Quelli delle altre religioni o atei, evidentemente. E circa i problemi della famiglia, tanto per restare nel tema attuale, dovranno risolverli "cercando la verita'" assieme a ebrei, musulmani, miscredenti, e chi piu' ne ha piu' ne metta? E' evidente che il concetto di coscienza che si svela qui, dopo una parte introduttiva nella quale sembrava cattolico, in realta' non lo e' dal momento che "la fedelta' alla coscienza" non e' invocata per ribadire la fedelta' alla verita' rivelata e all'insegnamento secolare della Chiesa di contro alle pseudoverita' del Secolo e delle false religioni bensi' per giustificare l'idea di una collaborazione fra "Cristo e Beliar"! E difatti, si sono visti i risultati di questa "collaborazione" cioe' del dialogo ecumenico, poiche' di questo si tratta.
Siamo in realta' a Rousseau, all'uomo buono per natura, che, possedendo nella coscienza un "istinto divino", per far emergere la "coscienza retta" basta guardi in se stesso, sia sincero con se stesso. Cio' gli consentira' di "cercare la verita'" con gli altri uomini, per raddrizzare la societa'. La "verita'" risulta allora dall'incontro della nostra coscienza con quella degli altri uomini, tutti accreditati di una capacita' naturale di far prevalere la "coscienza retta". Utopia insensata. Negazione della verita' fondamentale del cattolicesimo, secondo la quale la coscienza non "cerca" la verita' ma la riconosce nelle verita' rivelate da Cristo e si impone di attuarle nella prassi.

viandante ha detto...

Bel commento Parvus! Condivido.
Riguardo la richiesta di questa cinquantina di teologi invece, credo che nemmeno saranno presi in considerazione.
Cosa volete, già al CV II ad un certo punto si spense il microfono al cardinal Ottaviani... Quella gente è fatta così, c'è poco da illudersi.

mic ha detto...

Grazie carissimi, per i vostri contributi.
Sto seguendo a fatica perché ho problemi di connessione. Riesco a passare i messaggi dal cellulare, ma non riesco a intervenire più di tanto.
Richiamo l'attenzione sull'articolo successivo, pubblicato da poco.
I problemi (in quest'altro caso la libertà religiosa), hanno tutti un'unica radice: il concilio. Ma quale pastore, oggi, è disposto a, riconoscerlo?
Il "mito-concilio" ha fatto troppe vittime... E come e chi potrà attuare i rimedi?
Offriamo tutto lo sconcerto e il dolore (oggi non sono riuscita a seguire la diretta TV: ripugnante è dir poco). E preghiamo... Il Signore provvede e provvederà.

stella ha detto...

Se la coscienza fosse sufficiente a esprimere la legge morale scritta nel nostro cuore Dio non ci avrebbe dato i comandamenti come guida. Evidentemente ci sono coscienze vive che sentono i richiami della Legge Divina e coscienze morte che non sentono alcun richiamo se non quello del soddisfacimento dei propri istinti inferiori.

Josh ha detto...

@Paolo Pasqualucci

non c'è bisogno di aggiungere nulla alla sua argomentazione.
Ma esplicito una cosa.
Se siamo a Rousseau, (e in quel testo di Gaudium et Spes ci siamo), se siamo all'idea dell'uomo già buono per natura (il mito del "buon selvaggio" e simili sue posizioni) che basta sia sincero con se stesso per agire rettamente (attenzione che l'idea che "basta seguire la propria coscienza" è anche una delle uscite di Bergoglio al Card. Scalfari, presentata come via di salvezza) si sta negando anche il Peccato Originale con tutta la sua portata di devastazione.

Ecco perchè Geremia 17,9-10

"Più fallace di ogni altra cosa
è il cuore e difficilmente guaribile;
chi lo può conoscere?
Io, il Signore, scruto la mente
e saggio i cuori,
per rendere a ciascuno secondo la sua condotta,
secondo il frutto delle sue azioni."

Un conto è dire che la Caduta in Adamo ci ha privati dei doni soprannaturali, della pienezza della Comunione, che ha sfigurato il nostro volto morale, lasciandoci comunque un barlume che ci consente di accogliere Cristo, la Rivelazione (come lei ha ben spiegato) per obbedirGli ed per essere redenti,
un conto è dire che "basta fare come ci sentiamo", restando "caduti" come siamo, guardandoci dentro con onestà, e cercare altre coscienze per il bene comune, e va bene così.

Questa ipotesi rousseauiana nega implicitamente il dogma del Peccato Originale, per redimere il quale Dio Padre ha offerto Gesù Cristo a salvare...ad espiare, a patire, morire tra i dolori e risorgere; "per le Sue lividure noi possiamo avere guarigione", se Lo accogliamo;
invece la posizione dell'uomo che basta che si guardi dentro rimanendo così com'è e cerchi altri uomini (e basta), nega tutta la rigenerazione che avviene nella fede in Cristo per opera dello Spirito Santo, e la necessaria santificazione.

In realtà l'uomo non è affatto buono per natura, pur se conserva una radice di bene, nel suo volto bistrato dal peccato, che è quella che gli consente di riconoscere Cristo (quando questo avviene). Ma Cristo domanda all'uomo una nuova nascita, di essere una nuova creatura.

Josh ha detto...

(concludo)
Qual è però la legge della natura che uno trova quando guarda in sè? il buon selvaggio rousseauiano? mica tanto.
Lo dice S. Paolo in Rm 7, 21

"Io trovo dunque in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. Infatti acconsento nel mio intimo alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un'altra legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra. Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?"

e poco prima al vv. 14 "Sappiamo infatti che la legge è spirituale, mentre io sono di carne, venduto come schiavo del peccato. Io non riesco a capire neppure ciò che faccio: infatti non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto."

fortunatamente continua:

Rm 7,25 "Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore! Io dunque, con la mente, servo la legge di Dio, con la carne invece la legge del peccato."
Rm 8,1
"Non c'è dunque più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù. Poiché la legge dello Spirito che dà vita in Cristo Gesù ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte. Infatti ciò che era impossibile alla legge, perché la carne la rendeva impotente, Dio lo ha reso possibile: mandando il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato e in vista del peccato, egli ha condannato il peccato nella carne, perché la giustizia della legge si adempisse in noi, che non camminiamo secondo la carne ma secondo lo Spirito.
Quelli infatti che vivono secondo la carne, pensano alle cose della carne; quelli invece che vivono secondo lo Spirito, alle cose dello Spirito. Ma i desideri della carne portano alla morte, mentre i desideri dello Spirito portano alla vita e alla pace. Infatti i desideri della carne sono in rivolta contro Dio, perché non si sottomettono alla sua legge e neanche lo potrebbero. Quelli che vivono secondo la carne non possono piacere a Dio.
Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. E se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto a causa del peccato, ma lo spirito è vita a causa della giustificazione. E se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi."

Dalla natura presa da sola dunque, diversamente da quanto afferma GS, non viene una solo una legge d'amore. Anzi mostra tutti i segni della caduta, come siega S. Paolo.
Ma solo in Cristo, dalla Rivelazione, riceviamo il diritto di diventare figli di Dio e la costanza, tramite preghiera, Sacramenti e vita di Grazia, di obbedire.

Questo rinnovamento di sè, che comprende anche l'obbedienza, va oltre la traccia e la percezione della giustizia che era scritta nei cuori ancora nel peccato, e che non dava però ancora la forza per obbedire. Solo nella fede in Cristo, nel rinnovamento interiore portato dalla santificazione dello SS, dalla Rivelazione e non dalla natura, che viene la nostra rigenerazione e capacità di obbedienza.

Paolo Pasqualucci ha detto...


@ Josh - Peccato originale

Brevemente: non c'e' dubbio che la dottrina del peccato originale sembra scomparsa dai testi del Concilio e dalla successiva pastorale. Vi accenna in modo ambiguo GS 22.2 "la somiglianza cn Dio, resa deforme gia' subito agli inizi a causa del peccato". Qualcuno noto' che non si tratto' di "deformita'" bensi' di perdita della somiglianza iniziale, secondo il Tridentino.
Il noto riferimento di Bergoglio alla "coscienza", da lei ricordato, corrisponde secondo me allo spirito di questo articolo 16 della GS. "Basta seguire la coscienza" mettendosi in ricerca del vero con tutti gli uomini di buona volonta' e siamo a posto. Ma questo non e', appunto, cattolicesimo.

HR ha detto...

http://wdtprs.com/blog/2015/09/a-special-gift-to-seminarians-who-attended-pope-francis-mass-hint-card-sarah-alert/

I numerosi seminaristi presenti all’incontro del Papa con i vescovi statunitensi, mercoledì scorso a Washington, nella Cattedrale di San Matteo, si sono visti omaggiati di una copia dell’ormai celebre ultimo libro del cardinale Robert Sarah “Dio o niente”. Un regalo della nunziatura apostolica. Allegato al libro, un biglietto di cui il blog di padre John Zuhlsdorf ha pubblicato la foto:

«In occasione della prima visita di Sua Santità Papa Francesco negli Stati Uniti D’America, la nunziatura apostolica è lieta di presentare questo libro ai futuri religiosi e religiose d'America e ai suoi futuri sacerdoti». Firmato, Carlo Maria Viganò, nunzio apostolico.
http://www.iltimone.org/33677,News.html

hr ha detto...

A special gift to seminarians who attended Pope Francis’ Mass
Robert Card. Sarah, Prefect of the Congregation for Divine Worship and Discipline of the Sacraments, is amazing.

Here is some encouraging news from a seminarian.

"I’m a seminarian for the Diocese of ___. Seminarians and religious were inside the Basilica [in Washington DC] for the Mass [with Pope Francis] and we all got an interesting special gift: a copy of Cardinal Sarah’s GOD OR NOTHING. Hundreds were handed out. Thought you might be interested. Please don’t use my name or diocese."

To my mind, the fact that the Papal Nuncio gave this book to the seminarians is especially encouraging.

I’ve added Card. Sarah’s book to my wish lists, regular and Kindle.

Also, Cardinal Sarah has contributed to…

Christ’s New Homeland – Africa: A contribution to the Synod on the Family

Anonimo ha detto...


http://tradinews.blogspot.it/2015/09/dici-lavis-dun-universitaire-sur-la.html?utm_source=feedburner&utm_medium=email&utm_campaign=Feed:+Tradinews+(TradiNews)