Ricordiamo che oggi, venerdì, è il giorno dedicato alla Preghiera di Riparazione secondo le modalità [qui], complete delle Litanie del Sacro Cuore, che trovate qui.
Rimaniamo fedeli al nostro impegno nella preghiera di riparazione e continuiamo a pregare perché sia sventata l'introduzione della cosiddetta Messa ecumenica ora perfino amazzonica, che vanifica il Santo Sacrificio. Per non parlare dei cambiamenti di paradigma che usano il funambolismo linguistico per condurre verso rivoluzionari orizzonti inesplorati fuori dalla Via maestra. Si profilano all'orizzonte anche gli esiti inquietanti del Sinodo dell'Amazzonia [qui] mentre vanno moltiplicandosi ogni giorno profanazioni e blasfemie che ci spingono alla Riparazione,
Preghiamo per come viene contristato il Signore nella Sua Chiesa, nel nostro Paese e nell'Occidente già cristiano e nel degrado ingravescente che lo attanaglia specialmente in questo tempo, in cui vediamo prevalere le forze che promuovono un “nuovo umanesimo” senza Cristo, che dovrebbe rimpiazzare il “vecchio”, fondato sulle nostre radici cristiane.
Invochiamo Cristo Signore che ci ha ammonito che “senza di Lui non possiamo far nulla” (Gv 15, 5) e chiediamo l'intercessione della Vergine, Madre Sua e nostra, perché voglia stornare tutti i pericoli, i mali e le insidie in tutti gli ambiti del vivere civile e religioso dove Lui possa tornare a regnare. Preghiamo anche perché il Signore voglia presto darci Santi Pastori che possano guidare i fedeli in questa epoca di smarrimento, di confusione e di empietà e sostenga coloro che si espongono con parresìa.
Offerta della giornata al Sacro Cuore di Gesù
Cuore Divino di Gesù, io ti offro per mezzo del Cuore Immacolato di Maria, in unione al Sacrificio Eucaristico, le preghiere, le azioni, le gioie e le sofferenze di questo giorno in riparazione dei peccati e per la salvezza di tutti gli uomini, nella grazia dello Spirito Santo, a gloria del Divin Padre. Amen.
* * *
Riflessione settimanale
Dai «Discorsi» di
Sant'Agostino, vescovo
(Disc. 194, 3-4)
Sant'Agostino, vescovo
(Disc. 194, 3-4)
Saremo saziati dalla visione del Verbo
Chi potrà mai conoscere tutti i tesori di sapienza e di scienza che Cristo racchiude in sé, nascosti nella povertà della sua carne? Per noi, da ricco che era, egli si è fatto povero, perché noi diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà (cfr. 2 Cor 8, 9).
Assumendo la mortalità dell’uomo e subendo nella sua persona la morte, egli si mostrò a noi nella povertà della condizione umana: non perdette però le sue ricchezze quasi gli fossero state tolte, ma ne promise la rivelazione nel futuro.
Quale immensa ricchezza serba a chi lo teme e dona pienamente a quelli che sperano in lui! Le nostre conoscenze sono ora imperfette e incomplete, finché non venga il perfetto e il completo. Ma proprio per renderci capaci di questo egli, che è uguale al Padre nella forma di Dio e simile a noi nella forma di servo, ci trasforma a somiglianza di Dio.
Divenuto figlio dell’uomo, lui unico figlio di Dio, rende figli di Dio molti figli degli uomini. Dopo aver nutrito noi servi attraverso la forma visibile di servo, ci rende liberi, atti a contemplare la forma di Dio.
Infatti «noi siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui perché lo vedremo così come egli è» (1 Gv 3, 2).
Ma che cosa sono quei tesori di sapienza e di scienza, che cosa quelle ricchezze divine, se non la grande realtà capace di colmarci pienamente? Che cosa è quell’abbondanza di dolcezza se non ciò che è capace di saziarci? Dunque: «Mostraci il Padre e ci basta» (Gv 14, 8).
E in un salmo una voce, che ci interpreta o parla per noi, dice rivolgendosi a lui: Sarò saziato all’apparire della tua gloria (cfr. Sal 16, 15). Egli e il Padre sono una cosa sola e chi vede lui vede anche il Padre. «Il Signore degli eserciti è il re della gloria» (Sal 23, 10).
Facendoci volgere a lui, ci mostrerà il suo volto e saremo salvi; allora saremo saziati e ci basterà. Ma fino a quando questo non avvenga e non ci sia mostrato quello che ci appagherà, fino a quando non berremo a quella fonte di vita che ci farà sazi, mentre noi camminiamo nella fede, pellegrini lontani da lui, e abbiamo fame e sete di giustizia e aneliamo con indicibile desiderio alla bellezza di Cristo che si svelerà nella forma di Dio, celebriamo con devozione il Natale di Cristo nato nella forma di servo.
Se non possiamo ancora contemplarlo perché è stato generato dal Padre prima dell’aurora, festeggiamolo perché nella notte è nato dalla Vergine. Se non lo comprendiamo ancora, perché il suo nome rimane davanti al sole (cfr. Sal 71, 17), riconosciamo il suo tabernacolo posto nel sole. Se ancora non vediamo l’Unigenito che rimane nel Padre, ricordiamo lo sposo che esce dalla stanza nuziale (cfr. Sal 18, 6). Se ancora non siamo preparati al banchetto del nostro Padre, riconosciamo il presepe del nostro Signore Gesù Cristo.
Chi potrà mai conoscere tutti i tesori di sapienza e di scienza che Cristo racchiude in sé, nascosti nella povertà della sua carne? Per noi, da ricco che era, egli si è fatto povero, perché noi diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà (cfr. 2 Cor 8, 9).
Assumendo la mortalità dell’uomo e subendo nella sua persona la morte, egli si mostrò a noi nella povertà della condizione umana: non perdette però le sue ricchezze quasi gli fossero state tolte, ma ne promise la rivelazione nel futuro.
Quale immensa ricchezza serba a chi lo teme e dona pienamente a quelli che sperano in lui! Le nostre conoscenze sono ora imperfette e incomplete, finché non venga il perfetto e il completo. Ma proprio per renderci capaci di questo egli, che è uguale al Padre nella forma di Dio e simile a noi nella forma di servo, ci trasforma a somiglianza di Dio.
Divenuto figlio dell’uomo, lui unico figlio di Dio, rende figli di Dio molti figli degli uomini. Dopo aver nutrito noi servi attraverso la forma visibile di servo, ci rende liberi, atti a contemplare la forma di Dio.
Infatti «noi siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui perché lo vedremo così come egli è» (1 Gv 3, 2).
Ma che cosa sono quei tesori di sapienza e di scienza, che cosa quelle ricchezze divine, se non la grande realtà capace di colmarci pienamente? Che cosa è quell’abbondanza di dolcezza se non ciò che è capace di saziarci? Dunque: «Mostraci il Padre e ci basta» (Gv 14, 8).
E in un salmo una voce, che ci interpreta o parla per noi, dice rivolgendosi a lui: Sarò saziato all’apparire della tua gloria (cfr. Sal 16, 15). Egli e il Padre sono una cosa sola e chi vede lui vede anche il Padre. «Il Signore degli eserciti è il re della gloria» (Sal 23, 10).
Facendoci volgere a lui, ci mostrerà il suo volto e saremo salvi; allora saremo saziati e ci basterà. Ma fino a quando questo non avvenga e non ci sia mostrato quello che ci appagherà, fino a quando non berremo a quella fonte di vita che ci farà sazi, mentre noi camminiamo nella fede, pellegrini lontani da lui, e abbiamo fame e sete di giustizia e aneliamo con indicibile desiderio alla bellezza di Cristo che si svelerà nella forma di Dio, celebriamo con devozione il Natale di Cristo nato nella forma di servo.
Se non possiamo ancora contemplarlo perché è stato generato dal Padre prima dell’aurora, festeggiamolo perché nella notte è nato dalla Vergine. Se non lo comprendiamo ancora, perché il suo nome rimane davanti al sole (cfr. Sal 71, 17), riconosciamo il suo tabernacolo posto nel sole. Se ancora non vediamo l’Unigenito che rimane nel Padre, ricordiamo lo sposo che esce dalla stanza nuziale (cfr. Sal 18, 6). Se ancora non siamo preparati al banchetto del nostro Padre, riconosciamo il presepe del nostro Signore Gesù Cristo.
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#17gennaio SANT’ANTONIO ABATE
Sono quattro i verbi che ci aiutano a comprendere l’uomo di Dio, il santo che lottava, vincendo contro il demonio: 1) respirare 2) pensare 3) lottare 4) amare.
La preghiera, quindi, è in primo luogo respiro, ovvero è un atto essenziale alla fede, così come il respiro lo è per la vita. La respirazione è la preghiera, mentre i sacramenti sono il nutrimento.
Pensare è un atto non meno essenziale nella preghiera, dal momento in cui essa non è solo “emozione” o “istinto” ma “coinvolgimento nella nostra richiesta di Dio”. San Tommaso d’Aquino, affermava che “l’orazione è un atto della ragione che applica il desiderio della volontà su colui che non è in nostro potere ma è superiore a noi”, cioè Dio.
Il verbo lottare, fa pensare alla lotta tra Giacobbe e l’angelo, che il profeta Osea interpreta come una preghiera. Secondo il profeta, infatti, Giacobbe lottò con l’angelo, “vinse, pianse e domandò grazia” (Os 12,5).
La preghiera, specie quando è autentica, implica sofferenza e supplica a Dio. Nella preghiera c’è una sorta di componente agonistica che nasce dalla difficoltà di comprendere la volontà di Dio e che talora “rasenta la bestemmia”. Eppure Dio, che sa “leggere nel profondo”, ascolta più facilmente una bestemmia pronunciata con fede e con il cuore che non tante preghiere zuccherose.
Il quarto verbo chiave è amare. L’esperienza di Dio come amore è spiccatamente cristiana, diversamente dalle altre religione in cui Dio è distante, il Dio cristiano “non è un Dio del quale si vuol parlare ma un Dio al quale si vuol parlare”.
È per questo che, per il cristiano, “la preghiera deve avere questa dimensione d’intimità festosa, di colloquio”.
Una quinta componente che fa da collante ai quattro verbi (respirare, pensare, lottare e amare) della preghiera è il silenzio. Pensiamo a due innamorati veri: esaurito tutto il vocabolario dell’amore e dei luoghi comuni si guardano negli occhi e tacciono.
S.Antonio è e rimane un esempio di come l’uomo può essere arricchito del respiro di Dio. Il respiro vitale di Antonio è entrato in quello onnipotente di Dio. La vita di antonio è un forte esempio per una vita buona e bella. Scrive Atanasio: “Mentre Antonio diceva queste cose, tutti godevano. In alcuni si accresceva l’amore per la virtù, in altri si allontanava la pigrizia, in altri ancora si spegneva la superbia. Tutti erano persuasi che le insidie dei demoni sono degne soltanto di disprezzo e che ad Antonio il Signore aveva concesso la grazia del discernimento degli spiriti”. (Vita, 44).
Sant’Antonio era un uomo cercato perché di Dio “A tutti i monaci che andavano da lui, raccomandava soprattutto questo precetto: aver fede nel Signore, amarlo; guardarsi dai cattivi pensieri e dai piaceri della carne e a non lasciarsi sedurre dalla sazietà del ventre. Inoltre: fuggire la vanagloria, pregare spesso, cantare i salmi prima e dopo il sonno, tenere a mente i precetti delle Scritture, ricordarsi delle azioni dei santi in modo che l’anima, ammonita da divini insegnamenti, possa uniformarsi allo zelo di quelli”. (Vita, 55).
Il santo eremita egiziano è ricordato non per la sua dottrina o eloquenza, egli è passato alla storia per il suo amore a Dio. Sant’Atanasio alla fine della vita di Antonio scrive: “Antonio, infatti, fu celebre non per i suoi scritti, né per sapienza acquisita, né per altra arte, ma soltanto per il suo amore verso Dio” (Vita, 93).
“Vidi tutte le reti del Maligno distese sulla terra e dissi gemendo: - Chi mai potrà scamparne? E udii una voce che mi disse: - l'umiltà.”
(Sant'Antonio abate)
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