Roger Scruton, uno dei più grandi filosofi del nostro tempo, conservatore, polemista, si è espresso con entusiasmo e vivacità su tutti i temi che caratterizzano l’odierno dibattito culturale. Critico di una costituzione europea a suo dire elaborata come negazione del proprio passato, priva di una visione rispettosa delle identità nazionali a vantaggio di interessi burocratici e commerciali senza alcuna missione culturale. Scruton aveva a cuore la costruzione di un futuro per l’Europa coerente con la propria eredità. «Una sorta di isteria da ripudio – scrive Scruton – infuria nei circoli europei che creano l’opinione pubblica e prende di mira una ad una le antiche e consolidate abitudini di una civiltà bimillenaria, proponendole o distorcendole in una forma caricaturale che le rende appena riconoscibili».
Quella che si è creata, potremmo dire sulla spinta del razionalismo e dell’illuminismo, come la chiama Scruton, è l’oicofobia, cioè una paura della propria casa, di ciò che va curato e accudito perché trasmessoci dai nostri padri.
Nel 2017, assieme al filosofo tedesco Robert Spaemann, al francese Rémi Brague e al polacco Ryszard Legutko, Scruton aveva lanciato la “Dichiarazione di Parigi”, un manifesto a favore dell’“Europa in cui crediamo”. [qui]. Vedi anche, nel blog, Scruton sull'omofobia.
Nel 2017, assieme al filosofo tedesco Robert Spaemann, al francese Rémi Brague e al polacco Ryszard Legutko, Scruton aveva lanciato la “Dichiarazione di Parigi”, un manifesto a favore dell’“Europa in cui crediamo”. [qui]. Vedi anche, nel blog, Scruton sull'omofobia.
Il cancro ha fiaccato e poi ucciso, in poco più di sei mesi, Roger Scruton, uno dei più grandi pensatori contemporanei. E lo ha fatto con quella tragica efficienza che per un’intera vita ha accompagnato il professore inglese. Un angosciante e crudele contrappasso.
Scruton è morto ieri [12 gennaio], all’età di 75 anni, dopo aver infatti passato un'intera vita a difendere, favorire e divulgare i principi cardini del conservatorismo attraverso una produzione pubblicistica tanto poliedrica, efficace e feconda da non poter essere in alcun modo reclusa in canoni asfittici. Da «reazionario e anticonformista» a «tuttologo illiberale», sono state tante le definizioni che nel corso degli anni gli sono state affibbiate con spietato e altezzoso sarcasmo dai critici in servizio permanente effettivo.
Proprio per questo mi avvicinai a lui per vie traverse, incuriosito dal fatto che si trattasse di una personalità capace di esprimere una visione del mondo e dei principi a me vicini, utilizzando però una originale versatilità culturale e una nettezza di contenuti tale da provocargli più nemici che amici.
Egli è stato compositore musicale ed editore, accademico e giornalista, conferenziere, agricoltore, enologo e mille altre cose. Una bulimia che non si è dunque persa in mille rivoli ma che, invece, ha sostenuto la strutturazione di un pensiero capace di produrre per esempio più di cinquanta libri sui temi più disparati: dall’estetica al sacro, dalla letteratura alla filosofia, dalla poesia all’educazione e alla scuola.
Sono ora in tanti a ricordare la sua prima battaglia pubblica, quel suo ruolo attivo durante la Guerra Fredda, i finanziamenti agli anticomunisti e i seminari nella plumbea Praga sommersa dalla barbarie sovietica. E come in una sorta di profetico richiamo alla terra, di chiusura del cerchio, una delle sue ultime uscite pubbliche è stata il 3 dicembre scorso quando, già fortemente debilitato dalla malattia e portato in carrozzella, si è recato presso l’ambasciata ungherese a Londra per essere insignito dal Presidente Viktor Orban della Croce del Comandante con Stella dell’Ordine al merito della Repubblica d’Ungheria.
Egli è stato soprattutto un apologeta dello Stato-nazione (senza mai precipitare in grette derive radicali) e un sostenitore – non solo della Brexit – ma del superamento dell’Unione Europea. Il suo reiterato appello alle classi dirigenti esortandole alla difesa delle specificità e delle differenze contro l’indifferentismo e il relativismo aveva come obiettivo recondito quello di salvaguardare il baluardo dello Stato-nazione. Garanzia primaria dell’ordine civile e politico e forma giuridica all’interno della quale si alimenta e si sostanzia la naturale indole conservatrice che «è una proprietà acquisita delle società umane, ovunque si trovino», e lezione spirituale che «parla ai vivi, ai morti e ai non nati».
Rifiutare questa idea nazionale e, al contempo, essere ossessivamente lusingati da visioni ecumeniche e centripete ci fa sprofondare nell’oicofobia, neologismo da lui concepito per definire il nostro ripudio degli usi, delle consuetudini, delle tradizioni, del buon senso; vale a dire, dei pilastri su cui si reggono le comunità coese, quelle in cui coscienza identitaria e cultura dell’appartenenza hanno la forza necessaria per poter rinsaldare il contratto tra cittadino e istituzioni. Fonte
7 commenti:
Si potrebbero leggere e commentare le opere di Roger Scruton in un seminario spontaneo, anche di poche persone, fino ad esaurimento dei suoi testi, senza darsi limiti temporali. Le idee, i concetti, le argomentazioni così assimilate rifluirebbero comunque piano piano nella società più vasta, come ricostituente.
Il buon Roger Scruton ci ha consegnato il neologismo dell'oicofobia...
Specialmente il rifiuto del buon senso traspare da certi sermoni, come quello odierno: "Raccontare la verità e l'"eroicità ignorata del quotidiano" per ricucire le "tante lacerazioni dell'oggi", ha detto Francesco. "In un'epoca in cui la falsificazione si rivela sempre più sofisticata, raggiungendo livelli esponenziali (il deepfake), abbiamo bisogno di sapienza per accogliere e creare racconti belli, veri e buoni. Abbiamo bisogno di coraggio per respingere quelli falsi e malvagi". "Spesso sui telai della comunicazione, anziché racconti costruttivi, che sono un collante dei legami sociali e del tessuto culturale, si producono storie distruttive e provocatorie - rileva il pontefice -, che logorano e spezzano i fili fragili della convivenza. Mettendo insieme informazioni non verificate, ripetendo discorsi banali e falsamente persuasivi, colpendo con proclami di odio, non si tesse la storia umana, ma si spoglia l'uomo di dignità".
Lo dica al suo gruppo di stakanovisti della costruzione del consenso e dell'immagine, i Viganò (Dario Edoardo), gli Spadaro, i "famiglia cristiana" e altri corifei, senza ritegno.
E forse anche a se stesso, specialmente l'ultima frase.
"Senza mai precipitare in grette derive radicali"
Si deve intendere, ovviamente, "senza mai precipitare in grette derive nazionalistiche".
Visione di insieme...
In Cina hanno un problema con l'epidemia.
In Australia ce l'hanno con gli incendi.
Nelle Filippine temono per un vulcano.
In Africa orientale il disastro lo fanno le locuste.
Chi non ha di questi problemi supplisce con la guerra.
E chi non ha nemmeno la guerra, ha la denatalità.
Per tutti un minimo di attività solare e maggior esposizione ai raggi cosmici.
Segni dei tempi?
Un conservatore, quindi un nemico.
Ammalato da un virus, affamato da un insetto, arrostito da un bosco attizzato da un fulmine, evacuato per l'eruzione, arruolato in una guerra non sua, eliminato da "diritti" stabiliti da altri. Esposto a fenomeni di cui Greta non sa nemmeno l'esistenza.
Salmo 8
O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra:
sopra i cieli si innalza la tua magnificenza.
Con la bocca dei bimbi e dei lattanti
affermi la tua potenza contro i tuoi avversari,
per ridurre al silenzio nemici e ribelli.
Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai fissate,
che cosa è l'uomo perché te ne ricordi
e il figlio dell'uomo perché te ne curi?
E 'sto poveruomo, lungi dal bisogno di essere salvato, mentre vive l'esilio in questo granello di sabbia che è il nostro piccolo mondo dentro l'universo, vuole farsi "dio" mettendosi al posto di Dio e senza adorare il Dio fatto uomo per toglierci dall'ex paradiso terrestre, inquinato dal peccato e quasi senza nemmeno più la Chiesa ad espiare.
https://www.crisismagazine.com/2020/sir-roger-good-and-faithful
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