Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

mercoledì 12 febbraio 2020

Papa Francesco, il pastore capriccioso

Nostra traduzione di un articolo originariamente pubblicato da D.J.Mahoney lo scorso 6 febbraio 2020 sul National Review Magazine. Vi si trovano, descritti con sobria chiara evidenza, i molti aspetti problematici del presente pontificato.

Il percorso sbagliato del pontefice

Nel primo paio d'anni di pontificato di papa Francesco i cattolici di mentalità conservatrice fecero sforzi titanici per dare a vedere che gli sconcertanti modi del nuovo papa sarebbero stati in continuità col pensiero e gli atti dei suoi immediati predecessori. Si andava dicendo che era stato un forte critico della teologia della liberazione, almeno nelle espressioni marxiste di questa, e che era un uomo di pietà tradizionale, che aveva menzionato le macchinazioni del Maligno con sorprendente regolarità, e che il suo stile - sfacciato, critico delle maniere consolidate, voglioso di dialogo col mondo moderno - sarebbe stato solo un modo più fresco di indurre l'ortodossia cristiana a resistere al mondo moderno. Ma c'erano stati fin dagli inizi segni che mettevano dubbi su tale rassicurante consenso. Francesco appariva diffidente della maggioranza dei fedeli cattolici - che erano, a suo giudizio, rigidi, ossessionati dai mali dell'aborto e dei peccati sessuali, chiusi alla necessità di una Chiesa aperta all'attivismo umanitarista - e una riduzione dell'enfasi sui dogmi e perfino sulla verità.

Se Giovanni Paolo II aveva resistito alla barbarie e alle menzogne del comunismo con un coraggio e un'integrità che aiutò ad accendere le rivoluzioni del 1989, e se il culturalmente preparatissimo papa Benedetto XVI diede al nichilismo soft un nome e una descrizione notevolmente accurati, "la dittatura del relativismo", papa Francesco si è fatto notare nientemeno che per l'assecondare il mondo nel nome del "cambiamento" e per la sua deferenza ai presunti "segni dei tempi". Come notò il cardinal Zen di Hong Kong [qui questione Cina/Vaticano], Francesco riusciva a vedere i comunisti come mere vittime della dittatura militare latinoamericana e amanti dei poveri, e perciò, sulle questioni decisive, più cristiani dei cristiani su questioni decisive. I gulag, e la massiccia persecuzione religiosa, non rientravano in quel suo modo relativamente benigno di considerare i comunisti.

Come lo stimato padre Raymond J. de Souza fece notare il 28 novembre 2019 sul Catholic Herald, papa Francesco ha un certo debole per i leader di sinistra che opprimono la società civile in nome della giustizia sociale e della solidarietà ai poveri. Il leader boliviano Evo Morales recentemente deposto era, come scrive il de Souza, "il leader preferito del Santo Padre nelle Americhe", cosa che "suonava strana, in quanto [Morales] era un tiranno". Francesco incontrò il demagogico Morales sei volte in sei anni e lo considerava suo amico. In un atto mai adeguatamente spiegato dal Vaticano, nota il de Souza, quando il papa argentino visitò la Bolivia nel 2015, accettò da Morales un crocifisso adornato di falce e martello.

Tutto questo, purtroppo, rientra in un pattern più ampio. Francesco stimava davvero Fidel Castro e dopo la visita a Cuba nel 2015 disse ai giornalisti che aveva visto in Castro un ecologista fortemente determinato. Restò però silenzioso, in pubblico e in privato, riguardo alle sofferenze e alle persecuzioni dei suoi correligionari a Cuba sotto il comunismo. Il terribile dispotismo di Castro e le restrizioni draconiane sulla Chiesa Cattolica non influenzarono il giudizio del papa sul dittatore e sul regime. In Venezuela, a Caracas, i vescovi implorarono ripetutamente il papa latinoamericano di parlare contro l'emergente dispotismo anticristiano di sinistra; il massimo che il papa fece fu di invocare il "dialogo" tra una società civile mutilata e oppressa e un regime il cui "socialismo" lui ancora sembrava stimare.

Carlos Eire, il grande studioso della Riforma all'università di Yale, ha descritto questo pattern come "l'opzione preferenziale [di Francesco] per la dittatura". Brutalmente onesto ma non iperbolico, Eire era stato lui stesso un bambino "Pedro Pan" (bambino in fuga dalla Cuba castrista). Questo pattern del favore verso i regimi dittatoriali non è limitato a Francesco ma include molti dei suoi più stretti collaboratori. Il capo della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, il vescovo argentino Marcelo Sánchez Sorondo, stretto amico e collaboratore del papa, aveva surrealisticamente dichiarato la Cina il paese che meglio incarna gli insegnamenti sociali della Chiesa. Cosa ha a che fare papa Leone XIII, iniziatore della dottrina sociale della Chiesa e critico convinto del collettivismo socialista, con i residui del maoismo in Cina?

La political correctness - e l'ostilità all'Occidente in quanto Occidente - pervade una gran quantità di cose fatte e dette da questo pontificato. È un pontificato che è stato largamente silenzioso riguardo alla decimazione di antiche comunità cristiane nel Medio oriente arabo e islamico. Il Corano, insiste papa Francesco, è incompatibile con "qualsiasi forma di violenza". Ma questo è falso, lo sappiamo tutti. Là dove il vescovo Sánchez Sorondo vede la giustizia sociale e l'azione della dottrina sociale della Chiesa in Cina, altri - come fa notare Robert Royal - vedono intensificarsi la persecuzione dei cattolici e non cattolici, i danni ambientali che non hanno precedenti nell'Oriente e nell'Occidente, una crudele politica di aborti forzati, una sorveglianza orwelliana dei dissidenti e di qualsiasi espressione di indipendenza nella società civile, e un rastrellamento in campi di concentramento di oltre un milione di Uiguri musulmani nel nord-ovest. Royal, presidente del Faith & Reason Institute ed editor del The Catholic Thing, osserva giustamente che quegli errori di valutazione del Vaticano sono un po' troppo comuni: "il Vaticano segue tuttora una dura linea di critica anti-Occidentale, contro le presunte xenofobia, economie rapaci, e i 'peccati' ecologici dell'Europa e del Nord America".

Royal si riferisce a certi cliché ideologici giovanilistici, e alla relativa politica scontata, come manifestazioni di "progressismo semplicistico". Questo è un Vaticano che confonde la verità di Cristo con una "religione dell'umanità" che è divenuta il sostituto della religione che afferma la trascendenza. Non vi si evidenzia una sobria posizione politica, e neppure un po' di realismo e di moderazione negli affari umani. L'amore e la carità sono stati irrimediabilmente politicizzati, confusi con un sentimentalismo che giustifica ogni eccesso in nome di una perfetta "umanità". Quando uno si allea con un regime ateo e totalitario che mette in pericolo i figli di Dio, con ciò stesso si è lanciato in un territorio moralmente e teologicamente pericoloso.

Ma riguardo alla classica ortodossia cristiana e al buonsenso morale e politico, dov'è la responsabilità della loro continua evacuazione e dell'assalto che subiscono apertamente? Tanto per cominciare, Francesco e la sua corte sono partigiani di una "nuova cristianità" che non riserva molta attenzione a quell'orizzonte che i cristiani chiamano "eternità". La Chiesa sta letteralmente diventando secolare, ossessionata da questioni sociali e politiche molto al di là della sua competenza. Come il coraggioso vescovo kazako Athanasius Schneider ha suggerito nel suo recente libro Christus Vincit, papa Francesco si occupa principalmente di questioni secolari - cambiamento climatico, ecologia (fin nei dettagli come la raccolta della plastica), immigrazione - e lo fa in una "maniera esagerata". Questo "attivismo forsennato", come lo chiama Schneider, fa sorgere preoccupazioni per la vita delle anime e le "realtà soprannaturali" della grazia, della preghiera e della penitenza.

Questo papa proclama misericordia senza dare altrettanta enfasi alla necessità della penitenza, o a una fondamentale conversione dell'anima. Lo si confronti col primo dei Vangeli, quello di Marco, in cui Gesù ripetutamente chiama alla penitenza. Non si giunge al regno dei Cieli senza una conversione dell'anima alla grazia e alla bontà di Dio. Né Francesco sembra credere nella punizione, temporale o eterna, per i crimini e i peccati gravi. Dopo aver unilateralmente cambiato il Catechismo cattolico per dichiarare barbara ed illecita la pena di morte, ora va suggerendo che l'ergastolo sarebbe altrettanto inaccettabile dal punto di vista della Chiesa. Sembra avere un'utopistica fiducia nella riabilitazione e nessun sentire reale sul male radicale. Tende a identificare il "magistero della Chiesa", l'insegnamento consolidato e immutabile che risale fino ai tempi degli Apostoli, con i propri capricci e preferenze politiche. Potrebbe essere proprio questo l'aspetto più problematico del suo pontificato.

Al meeting annuale dei vescovi americani a Baltimora dello scorso novembre, il nunzio pontificio, arcivescovo Christophe Pierre, ha rimproverato i vescovi americani per non essere in sintonia col "magistero di papa Francesco" [qui]. Ma questo non è il modo di parlare dei fedeli cattolici. È invece l'evidenza di un ultramontanismo fuori luogo, inteso a consentire ad un singolo papa di alterare il perenne insegnamento della Chiesa in nome del "cambiamento" o di accomodamento allo Zeitgeist e in ovvio disprezzo di ciò che nella legge morale naturale è permanente. Come suggerisce il vescovo Schneider, c'è qualcosa di unilaterale nel pensiero di papa Francesco riguardo al crimine e alla punizione e al carattere presunto immorale e illecito della pena di morte. Quasi con noncuranza Francesco partecipa a quella che C.S.Lewis chiamò "teoria umanitaria della punizione" che, come dice Schneider, "per principio, implicitamente o esplicitamente, assolutizza la vita corporale e temporale dell'uomo". C'è una cecità al potere del male e al peccato originale, cecità che informa questo umanitarismo dall'inizio alla fine. Parla poco o nulla della necessità della penitenza e dell'espiazione per i peccati gravi e i crimini, e ancor meno riconosce che i "crimini mostruosi" devono essere puniti da comunità politiche dignitose che desiderano salvaguardare il bene comune.

Come giustamente nota il vescovo Schneider, a volte la punizione temporale ha dato luogo a ravvedimenti e a radicali trasformazioni delle anime: lo testimonia il "buon ladrone" accanto a Gesù sul Golgota, che ha trovato espiazione - e vita eterna - mentre veniva giustiziato. Santa Teresa di Lisieux non partecipava alle manifestazioni di protesta per l'abolizione della pena di morte; piuttosto, pregava che i criminali più incalliti, a un passo dall'esecuzione, rispondessero al dono della grazia e si pentissero davanti a Dio padre misericordioso e amico. Questa comprensione del peccato, del crimine, della conversione, della responsabilità, è estranea a questo papato e all'ala "progressista" della Chiesa Cattolica, che indulge in un sentimentalismo umanitario che oggi viene troppo spesso spacciato per cristianità.

Riguardo alla guerra e alla pace, all'immigrazione e alla difesa dei confini, Francesco è stato guidato dallo stesso moralismo umanitarista che ha informato il suo "attivismo forsennato" su altri fronti. In un libro-intervista col sociologo francese di sinistra Dominique Wolton, Francesco rigetta con leggerezza la ricca tradizione cattolica di riflessione etica e prudente sulle questioni della guerra e della pace. Col tono di una persona senza responsabilità politiche e senza neppure la percezione di cosa sarebbero, dichiara che non può esistere una guerra giusta. Se avesse inteso che nessuna guerra è semplicemente o assolutamente giusta, avrebbe ribadito l'antica saggezza cristiana sull'impatto del peccato originale persino su quelle comunità politiche dignitose che tentano di difendere il patrimonio civile dell'umanità. Ma questo papa abbandona il giudizio equo e bilanciato e dichiara che solo con la pace "si vince tutto", sottovalutando il fatto che "pace" può anche essere un veicolo di menzogna, oppressione, ingiustizia, violenza, e genocidio, come quella offerta da regimi totalitari. Come faceva capire Vladimir Solov'ëv nel Racconto dell'Anticristo (1900), possono ben esistere una "pace malvagia" e una guerra buona o legittima (e viceversa, ovviamente). La concezione di Francesco non ricorda in alcun modo la "tranquillità dell'ordine" così riccamente articolata nel libro 19 della Città di Dio di sant'Agostino. Ah, se solo mostrasse più rispetto per la saggezza teologica e filosofica del passato!

Francesco sembra credere, come i leninisti di vecchia data, che le guerre siano causate solo da capitalisti rapaci, sorvolando su sete di potere, influenza, gloria, fama, e mai da ideologie totalitarie. Solo i progressisti e gli umanitaristi più ingenui possono vedere il "denaro" - "lo sterco del demonio", come Francesco piuttosto coloritamente lo definisce durante le conversazioni con Wolton - come "la più grande minaccia alla pace nel mondo di oggi". Ahinoi, tali riflessioni suonano più come enunciazioni di un progressista laico che considerazioni pacate di un uomo di quella Chiesa "che conosce la verità sull'uomo", per citare il grande Pascal.

È sconcertante il silenzio della maggioranza dei vescovi cattolici su questo imbarazzante ma distruttivo miscuglio di progressivismo, attivismo riflessivo e rigetto casuale della più profonda saggezza della Chiesa. Ci sono eccezioni. Come il cardinale Gerhard Müller, ex prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, che ha ripetutamente ricordato che la Chiesa deve recuperare la chiarezza della vera teologia e della legge morale naturale: per andare avanti occorre "un rinnovamento spirituale e morale in Cristo, non una de-cristianizzazione della Chiesa e una sua trasformazione in una ONG". Se la Chiesa non è altro che una ONG umanitaria, non ha nulla di santo né di stabile e verrà spazzata via dal vento delle ideologie. Nel suo discorso pre-natalizio alla fine del 2019, Francesco se l'è presa con i "rigidi" tradizionalisti che non accettano il "cambiamento". Ha anche citato il cardinale Carlo Maria Martini di Milano, che poco prima della sua morte nel 2012 aaveva affermato che la Chiesa era "200 anni indietro rispetto ai tempi". Uno dovrebbe chiedersi: da quando in qua lo standard ideologico del progresso, vuoto moralmente e intellettualmente, rimpiazza le eterne distinzioni tra il vero e il falso e tra il bene e il male? La Chiesa non desidera vedere e sostenere "l'eternità nel tempo", come T.S.Eliot così eloquentemente sintetizzò?

Un cambiamento legittimo presuppone una fedeltà più profonda alla verità immutabile. Ma i progressisti e umanitaristi cattolici hanno storicizzato la fede, soccombendo a quello che il filosofo politico cattolico Pierre Manent chiama "l'autorità dell'ora presente". La verità stessa si evolve in questa triste svirilizzazione della fede dei nostri padri. L'amore e la carità prendono una dimensione del tutto orizzontale, e le verità antiche e immutabili cedono il posto allo "spirito del tempo". Il bene è storicizzato, diventando qualcosa di nuovo a seconda delle epoche, se non delle generazioni. I cristiani progressisti che imperversano nella Curia romana si sono fissati su un'idea di imminente trasformazione della natura umana e del mondo. Veniamo messi davanti ad una scelta esistenziale di prim'ordine: una scelta tra ciò che Eliot chiamava "le cose permanenti" e un facile appello ideologico a "ciò che sta avvenendo". Noi preghiamo e speriamo che il Santo Padre si accorga della posta in gioco quando si parla di "cambiare" la Chiesa così velocemente e precipitosamente.

Quando il superiore generale dei Gesuiti, il progressista Arturo Sosa S.J., disse all'intervistatore che nessuno aveva un registratore mentre Cristo insegnava sul divorzio e sul risposarsi, ci troviamo di fronte ad una sfida aperta contro la verità perenne e la divinamente rivelata Parola di Dio. Nulla di tutto ciò ha a che fare col discernimento pastorale, propriamente compreso, o dello "sviluppo della dottrina" di san John Henry Newman. La dottrina si sviluppa ma mai con cambiamenti decisivi. Il carattere trinitario di Dio è ampiamente presente nel Nuovo Testamento e perfino prefigurato nel Vecchio. Ma la dottrina in materia raggiunse il suo massimo sviluppo e la più completa articolazione al Concilio di Nicea nel 325. Lo sviluppo della dottrina non deve nulla al rifiuto storicista di una verità immutabile (che è distorsione della fede cattolica oltre che del significato del famoso concetto di Newman).

Di recente, in risposta all'invito di papa Francesco al "cambiamento" e all'ammonizione contro la "rigidità" e al suo sconsiderato richiamare la Chiesa ad adeguarsi al mondo moderno, George Weigel ha fatto una domanda pertinente: a cosa, esattamente, dobbiamo adeguarci? Alla dittatura del relativismo? Al culto dell'indipendenza dell'io? Ad una cultura "che separa il sesso dall'amore e dalla responsabilità"? Questo è ciò che Maritain aveva già descritto come un "inginocchiarsi davanti al mondo", ne Il contadino della Garonna, il suo lamento profetico del 1966 nei giorni del Vaticano II, come una grande opportunità di rinnovamento spirituale, teologico e culturale, che stava già degenerando nella capitolazione al nichilismo che procedeva a definire la modernità nelle sue forme meno sobrie e più estreme: l'emancipazione completa dalla tradizione, dalla cultura, dalla legge morale, e dall'autorità della Chiesa. Ma Weigel ha concluso la sua riflessione, pubblicata su First Things, con un'eccellente osservazione su cui val la pena di riflettere. Secondo l'esempio di Weigel, il vecchio secolarismo di un Albert Camus era decente, umano e combattuto nel riaffermare la moderazione sia contro il fanatismo ideologico che contro la non proprio lenta deriva della cultura occidentale verso un estenuante nichilismo morale. Weigel giustamente aggiunge che il nuovo secolarismo-più-nichilismo, che già alzava la sua brutta testa nella metà degli anni '60, non aveva altro che odio per la verità trascendente: "il nuovo secolarismo era inasprito, aggressivo e mentalmente ristretto" e "si è dato il fermo proposito di guidare la Chiesa Cattolica fuori dalla vita pubblica in tutto l'Occidente". Questo è lo spirito dei tempi, un nichilismo malamente camuffato, col quale la rivoluzione di Francesco erroneamente pensa di poter stipulare una pace. Almeno su qualche livello papa Francesco, figlio della Chiesa, dovrebbe prendere in considerazione tale riflessione.

Durante il deprecabile Sinodo per l'Amazzonia, tenutosi a ottobre 2019, si è assistito nelle sacre chiese di Roma a genuflessioni davanti ad una statua rappresentante la dea inca della fertilità (la cosiddetta Pachamama). Il cardinale Müller vi ha visto idolatria e una satanica dissacrazione. Da parte sua, papa Francesco non ci ha visto altro che solidarietà ecologica e rispetto per le altre "culture". Di quando in quando Francesco fa un vibrante appello per l'evangelizzazione. Ma allo stesso tempo mette in guardia dagli sforzi per le conversioni, o proselitismo. Viene il sospetto che l'evangelizzazione che ha in mente è un affare piuttosto secolare al servizio dei "valori umanitari" che definiscono la nuova cristianità. Come si spiegherebbe altrimenti l'invito del papa ad una "alleanza educativa globale" per promuovere i valori umanitari e l'attivismo che culmineranno nel summit di Roma il 14 maggio 2020? Questo ha poco a che vedere con la proposta cristiana e molto più a che vedere col cieco progressismo alla moda. Non dubito dell'integrità del Santo Padre. Ma è un mezzo-umanitarista che confonde la fede cristiana con la religione secolare dell'umanità. Per amore della verità e per il bene della Chiesa, un fedele cattolico è tenuto a far notare ciò.

Mentre la Chiesa rimane decisamente silenziosa sui "crimini e peccati che gridano al Cielo" (per dirla con le parole del papa emerito Benedetto XVI) - il terribile scandalo di abusi clericali ed episcopali e l'orrendo cover-up che vi è seguìto - Francesco mette tanta energia nel promuovere l'attivismo ecologico (con un che di apocalittico) e un gran numero di questioni semplicistiche progressiste. Si finisce talvolta per udirla come voce di un funzionario politicizzato delle Nazioni Unite più che come voce del Vicario di Cristo in terra. La Chiesa istituzionale, cioè i vescovi e le conferenze episcopali, risponde a questa rivoluzione in corso nella Chiesa con silenzio e passività, e quelle abitudini burocratiche perditempo e auto-protettive che sono proprio quelle che hanno portato la Chiesa alla crisi. A tal punto arriva la crisi.

La religione dell'umanità, in compagnia della dittatura del relativismo, è profondamente incistata nella Chiesa di Roma, e per giunta ai suoi più alti livelli. La Provvidenza potrà salvare la Chiesa dal divenire un branco di credenti nella religione dell'umanità, ma solo se i fedeli cattolici consentiranno a sé stessi di diventare giusti agenti proclamatori della verità per conto di Dio che ama e provvede. San Tommaso d'Aquino ci ricorda, nella q.91 della Summa Theologiae, che la prudenza umana e la virtù sono mezzi cruciali attraverso i quali la divina Provvidenza compie le sue opere. La passività e il silenzio di fronte agli eccessi della rivoluzione di Francesco, di fronte alla trasformazione della cristianità cattolica in cristianità umanitarista (già invocata e descritta da Saint-Simon nel Nouveau Christianisme nel 1825), sarà la fine della Chiesa Cattolica così come l'abbiamo conosciuta. Quando il "momento presente" diventa la nostra autorità, abbiamo con ciò stesso già ripudiato la signoria di Cristo e accettato il "signore di questo mondo" (titolo di un racconto distopico sull'Anticristo, che papa Francesco giustamente ammira). Questo è esattamente ciò che è in gioco nello sforzo di creare una "nuova" Chiesa che brucia i ponti col passato e che trae i suoi orientamenti da una nozione di progresso morale campata in aria.

Il cardinale di origine africana Robert Sarah, che guida la Congregazione per il Culto Divino, mostra ai fedeli il metodo in questi tempi pericolosi. Non attacca il papa per nome e nemmeno cessa di proclamare la sua (genuina) devozione filiale al Santo Padre. Ma in ogni passo, con lealtà all'eredità degli Apostoli, denuncia la fatuità di questa nuova cristianità. Nel suo libro Si fa sera e il giorno ormai volge al declino, una raccolta di sue conversazioni col giornalista francese Nicholas Diat che è stato pubblicato dalla Ignatius Press nel 2019, Sarah con eloquenza e fedeltà chiede testimoni cristiani nei quali la preghiera non venga fagocitata dall'incosciente attivismo, nei quali la vera carità non venga confusa con l'ideologia umanitarista, la liturgia evochi la sacra presenza di Nostro Signore Gesù Cristo, e la teologia non venga ridotta a politica (sto parafrasando un passaggio cruciale del libro). Sarah è cresciuto nella Guinea di Sékou Touré, per cui ha visto il fanatismo marxista-leninista dal suo interno. Ha visto l'egualitarismo dottrinario all'opera, l'ateismo a perseguitare la religione, i saccheggi crudeli e sadici compiuti dalla polizia governativa. Perciò rigetta categoricamente "l'opzione preferenziale per la dittatura [di sinistra]" che ha tristemente caratterizzato il pontificato di Francesco, così come la deplorevole indifferenza al "fanatismo islamista, che uccide per stabilire un regno di terrore". Sarah ama la libertà politica radicata nella responsabilità personale, e "l'auto-limitarsi nella gioia" (vi riconoscerete l'influenza di Aleksandr Solženicyn, del quale Sarah cita nel libro almeno quanto cita Benedetto XVI).

Invece di inginocchiarsi al mondo e di soccombere all'allettante tarda modernità che non riconosce spazi all'elevare la coscienza e alla vertà vincolante, il cardinal Sarah chiama la Chiesa a testimoniare senza paura la verità sull'uomo. Deve testimoniare con zelo evangelico e fedeltà alla legge morale naturale, contro le terribili perversioni della teoria del gender e del transumanismo. Questi sono "il volto pericoloso" del totalitarismo nel ventunesimo secolo giacché "sperano di mutilare e controllare la natura umana". La Chiesa ora dovrebbe avere una missione prioritaria: difendere la natura umana, la responsabilità morale, e una coscienza informata dalla verità naturale e divina (non dalla perniciosa caparbietà) come doni preziosi che vengono dal Signore degli Eserciti. Sarah lo spiega bene: uomini e donne di buona volontà risponderanno con entusiasmo e gratitudine ad uno "splendido atto di coraggio della Chiesa" per tornare alle vere fonti della libertà umana, della dignità e della responsabilità. Senza un tale atto di coraggio, i progressisti trascineranno la Chiesa verso una rinuncia graduale di tutto ciò che la qualifica come veicolo della divina verità, della legge morale e della fedeltà liturgica all'Altissimo. E, come spiega nel nuovo libro, Dal profondo dei nostri cuori, scritto con un contributo di Benedetto XVI, quella "nuova cristianità" compromette un'autentica e fedele comprensione del celibato ecclesiastico, del sacerdozio veramente santificato da Dio.

Col diventare stridula, dogmatica e moralista praticante di una religione politically correct dell'umanità, la Chiesa segue la via della perdizione. Il filosofo politico Leo Strauss, parlando nel 1964 all'università di Detroit - un'istituto dei Gesuiti - disse che la Chiesa Cattolica Romana era l'ultima istituzione rimasta a esser capace di riconoscere la trappola del progetto moderno di rifiutare apertamente e coscientemente il diritto naturale nel senso classico e cristiano del termine. Strauss fece quel commento proprio mentre elementi importanti della Chiesa stavano soccombendo alla modernità meno saggia, meno sobria e meno ammirabile. Questo è ciò che il filosofo politico Eric Voegelin così appropriatamente chiamò "modernità senza moderazione".

Nelle generazioni a venire, la Chiesa Cattolica porterà la vergogna della sua capitolazione di fronte al regime totalitario di Pechino, un regime che esige lealtà al potere statale e all'ideologia comunista più che alla fedeltà alla grazia salvifica di Cristo. Uno stato ateo ora controlla essenzialmente tutte le nomine episcopali in Cina. I sacrifici della Chiesa clandestina, i cui aderenti sono rimasti fedeli a Roma fin dal 1949, a quanto pare non hanno alcuna importanza per il segretario di Stato Vaticano cardinal Pietro Parolin e per papa Francesco. Non bisogna sottovalutare le simpatie ideologiche per la tirannia cinese, tanto diffuse in certi circoli attorno al papa argentino. Si stanno commettendo gli stessi errori, ma in forma peggiore, che caratterizzarono quella politica vaticana di non proprio occultato accomodamento coi regimi comunisti dell'Est Europa (la cosiddetta Ostpolitik tra gli anni '60 e '70), e si stanno commettendo senza ricordarne le conseguenze. Come fa notare il vescovo Schneider, il grande cardinale ungherese Jozef Mindszenty, che risolutamente si oppose alle politiche vaticane verso il regime comunista della sua stessa patria, e che venne sommariamente respinto da papa Paolo VI, è oggi considerato meritevole di venerazione per aver "esercitato eroicamente le virtù cristiane" nel testimoniare la fede e nel combattere il totalitarismo comunista. C'è qualcuno a Roma che può connettere i punti e capire che la storia si sta ripetendo?

Una preferenza per le dittature di sinistra non evidenzia soltanto un cambiamento in un pontificato fissato col cambiamento, ma è anche un segno di disgustosa corruzione morale, in parte machiavellica e in parte ideologica, ai piani più alti della Chiesa. Questo momento perciò ci chiama alla fedeltà alle immutabili verità di fede e morale, alla fedele adesione al Magistero inteso come l'intera eredità della saggezza cattolica, e un deciso rigetto della sostituzione del Magistero con la versione storicizzata e politically correct che è evidente in certi circoli curiali. E dobbiamo resistere senza paura per i nostri fratelli nella fede che continuano a soffrire sotto la violenza e la tirannia islamiche e comuniste. Sosteniamo il vero cattolicesimo, non un suo stucchevole surrogato che dipende più dalla religione umanitarista che dalla fede dei martiri. Speriamo che papa Francesco si accorga della necessità di sostenere l'autentica continuità nella Chiesa - fedeltà alla sua antica saggezza - e non ad un frenetico inseguire il cambiamento in nome del cambiamento. Questa speranza è pienamente in sintonia col rispetto filiale che i fedeli cattolici debbono al Santo Padre.
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
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17 commenti:

Anonimo ha detto...

Parlano di passo indietro di Bergoglio, da verificare (effetto Sarah/Benedetto?), circa l'esortazione postsinodale in uscita oggi.

Grana spesso "sgrana", quindi finché non vediamo, anzi, leggiamo per benino, il documento-fiume, non esultiamo. Che poi cosa ci sia da esultare in una chiesa ridotta a Giunta Golpista che propone svolte, a colpi di maggioranza (manipolata), su temi che neppure dovrebbero essere discussi....

by Tripudio ha detto...

Spesso ci chiedono come diavolo sia possibile che nella Chiesa certe realtà vengano attivamente e ossessivamente perseguitate (a cominciare dai Francescani dell'Immacolata) mentre una setta eretica come il Cammino Neocatecumenale viene lasciata libera di agire e imperversare nelle parrocchie e scarnificare le coscienze (e i portafogli) dei suoi adepti, e non diversamente va negli altri movimenti-setta più o meno grossi.

La santa Chiesa è quella che prosegue l'opera e l'insegnamento di Nostro Signore (il triplice munus di insegnare, guidare e santificare), non quella che invita i Pachamama, complotta contro il celibato ecclesiastico, abbandona i cattolici cinesi alla mercè del Partito Comunista, attenta alla santità del matrimonio, vagheggia di cittadinanza automatica agli immigrati e di raccolta differenziata e altre emerite corbellerie. Gli "uomini di Chiesa" che non compiono quell'opera e non portano avanti quell'insegnamento, meritano ancora un "dovuto ossequio"? Il sale senza sapore è buono solo a farsi calpestare dagli uomini: non è che siamo troppo buonisti a insistere troppo sul proclamarci in "sintonia e rispetto filiale"?

Se mio padre si droga - rovinando così sé stesso e la nostra famiglia, in tutti i modi - posso mai ripetergli ossessivamente "resto in sintonia con te, ho rispetto filiale di te" e aspettare che rinsavisca mentre assisto allo sfascio suo e di tutta la famiglia? L'apostolo Paolo diede una meritata strigliata a Pietro per uno scandaletto secondario, che non intaccava la fede, e noialtri invece festeggiamo perché c'è ancora qualche cardinale che dice qualcosa di cattolicamente scontato sul celibato ecclesiastico...

E.P. ha detto...

Nota: quando abbiamo tradotto l'articolo non sapevamo che su Cronicas de papa Francisco (meglio noto come "blog Bergoglionate") era già stata pubblicata una prima traduzione qualche giorno fa.

L'aggettivo wayward nel titolo poteva essere tradotto sia con "ribelle" che con "capriccioso"; abbiamo preferito quest'ultimo sia perché nel testo viene descritto proprio un incapricciarsi, sia perché wayward si usca per descrivere bambini capricciosi (e "ribelli" nel senso di capricciosi).

Quanto alla possibilità che sia stato temporaneamente rinviato il golpe contro il celibato ecclesiastico, non è il caso di cantar vittoria. Quantomeno perché nel Titanic che affonda non c'è da gioire che "quella falla in più" non si è verificata: il Titanic sta affondando comunque. È una situazione piuttosto disperata, se i cattolici onesti si ritrovano a gioire che per il momento non è stato ancora abolito il celibato ecclesiastico.

Da Fb ha detto...

I SACERDOTI CHE LEGGONO QUESTO POST MI DOVREBBERO SPIEGARE COME QUESTO SIGNOR ARCIVESCOVO SORONDO, CANCELLIERE DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA DELLE SCIENZE ED ALTER EGO DI BERGOGLIO POSSA TRANQUILLAMENTE PROFERIRE IL FALSO, ANDANDO CONTRO L'OTTAVO COMANDAMENTO E IRRIDENDO COLORO COME IL CARDINAL BURKE CHE CREDONO ANCORA ALLA VALIDITÀ DEL DECALOGO BIBLICO.......
PROVATE A SPIEGARMELO, ANCHE CON QUALCHE SALTO MORTALE TRIPLO DI TIPO DIALETTICO RAZIONALE!!!

Leggete e scoprirete con la massima chiarezza cos’è un fariseo.

Questo uomo falsifica in maniera ostinata ogni cosa. Cita la legge per tradire la legge e la sua giustizia.

Primo: falsifica il canone, cioè la legge, che non parla soltanto di chi è scomunicato, ma anche di chi “ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto”.
E se l’adulterio e il varo di leggi abortiste non sono un peccato manifesto, allora non so davvero che cosa lo possa essere.

Secondo: falsifica la missione del Sacerdote. Come se questi fosse un dispensatore automatico di particole consacrate. Immaginate San Giovanni Battista che denunciava pubblicamente Erode. A Erode questo Sorondo avrebbe dato invece la Comunione, perché non poteva sapere se improvvisamente avesse deciso di non vivere più con Erodiade. Non poteva sapere se avesse deciso di non unirsi più a lei. È così avrebbe dato del “Fanatico!” anche al “più grande tra i nati di donna”.

Terzo: falsifica la scrittura. Dice: “il mio unico giudice è la mia coscienza”, ma attribuisce alla Sacra Scrittura ciò che invece è solo lo script dello sceneggiato RAI su Olivetti. Non c’è male per un vescovo messo a capo di una Pontificia Accademia. Come si diceva un tempo, “l’immaginazione al potere!”.

Quarto: falsifica il concetto di coscienza. Dice: lI Signore è nella mia coscienza”, una frase che avrebbero potuto dire anche i peggiori criminali nazisti prima di accostarsi alla Comunione. E al giornalista che gli ricorda che la Coscienza ha il dovere di essere rettamente formata, risponde: “Questa è la sua interpretazione”. No, questa è l’interpretazione della Chiesa (CCC 1776-1802). “ Quando ascolta la coscienza morale, l'uomo prudente può sentire Dio che parla” (CCC 1776). L’uomo prudente, non qualsiasi uomo, l’uomo che usa in modo eccellente la ragione è l’uomo prudente. “ La verità sul bene morale, dichiarata nella legge della ragione, è praticamente e concretamente riconosciuta attraverso il giudizio prudente della coscienza” (CCC 1780). La verità è riconosciuta dal giudizio prudente, cioè dal giudizio eccellentemente ragionevole della coscienza. “È bene non [...] [fare] cosa per la quale il tuo fratello possa scandalizzarsi” (Rm 14,21), così riporta il CCC al n. 1789. “Questa ignoranza spesso è imputabile alla responsabilità personale. Ciò avviene « quando l'uomo non si cura di cercare la verità e il bene, e quando la coscienza diventa quasi cieca in seguito all'abitudine del peccato». In tali casi la persona è colpevole del male che commette” (CCC 1791). L’uomo dunque che commette il male seguendo la propria coscienza non è assolto, perché della formazione della propria coscienza egli è responsabile (tranne i casi di coscienza invincibilmente erronea). Diversamente la coscienza sarebbe il salvacondotto morale per ogni delitto ed iniquità.

Da Fb ha detto...

...segue
Quinto: falsifica la missione pastorale alla conversione. Anche qualora il presidente argentino si trovasse in una situazione di coscienza invincibilmente erronea, il compito del pastore (e di ogni Cristiano in forza del battesimo) è adoperarsi per togliere il fratello dalle tenebre del male che la sua coscienza erronea gli suggerisce. Nel Catechismo si legge infatti che il male prodotto da una coscienza invincibilmente erronea “Nondimeno resta un male, una privazione, un disordine. È quindi necessario adoperarsi per correggere la coscienza morale dai suoi errori” (CCC 1793). E invece no, Sorondo fa come Pilato, se ne lava le mani. Dice: “ No, non ho la possibilità di parlare”. Non era mica nelle segrete degli aguzzini di Pinochet, dove magari gli sarebbe potuto essere impedito di parlare, era in San Pietro, nello Stato Vaticano. A richiedere la Messa era stato il presidente argentino e non è che durante la Messa l’omelia è dettata dal protocollare diplomatico. Dunque che cosa gli ha impedito, di parlare?

Sesto: falsifica la giustizia. Sorondo non giudica la coscienza del presidente abortista Argentino, mentre giudica le intenzioni del presidente americano.

Settimo: falsifica l’amore tra i fratelli, quando riduce i pronunciamenti del cardinale Burke ad una questione che è una fissazione solo per lui e altri due o tre.

Questo è l’uomo e il vescovo Sorondo, pupillo di Bergoglio. Questa è la Chiesa della supposta misericordia. Questa è la Chiesa in uscita ... verso l’abisso e oltre.

Anonimo ha detto...

" Farsi capire è necessario, e perciò bisogna parlare con chiarezza e semplicità; ma la difficoltà maggiore non sta nel farsi capire. I nostri contemporanei non sono stupidi: quando si sentono dire che Gesù Cristo è risorto, che esiste un Dio creatore che ci è padre, che la vita umana è una decisione tra una salvezza definitiva e una perdizione senza ritorno, che la verità è una sola ed è quella che ci è stata rivelata dal Figlio di Dio, capiscono bene quello che diciamo, anche se poi fanno fatica ad accettarlo. Il guaio è che non se lo sentono dire più con la trasparenza, la convinzione, il coraggio che ci vorrebbero.
Una delle cose che mi impressionano di più è che al giorno d’oggi non è più l’eresia, ma è l’ortodossia a fare notizia. Oggi sempre più frequentemente ci si meraviglia quando un papa o un vescovo dice ciò che la Chiesa ha sempre detto e non può non dire, perché appartiene al suo patrimonio inalienabile; come se fosse ormai pacifico che anche la Chiesa non creda più al suo messaggio di sempre.
Talvolta anche nel mondo cattolico si giunge a pensare che debba essere la divina Rivelazione ad adattarsi alla mentalità corrente per riuscire «credibile», e non piuttosto che si debba «convertire» la mentalità corrente alla luce che ci è data dall’alto. Eppure si dovrebbe riflettere sul fatto che «conversione» non «adattamento» è parola evangelica.
La prima frase che Gesù pronuncia inaugurando il suo apostolato non è: «Il mondo va bene così come va; adattatevi e siate credibili»; ma è: «Il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo» (Mc 1,15)".

Cardinale Giacomo Biffi, Evangelizzare oggi in Emilia-Romagna, 1990

Anonimo ha detto...

Un incontro casuale di ieri mi ha dato la misura di quale sia la condizione di un 'buon cattolico' cresciuto a pane e chiesa: la personificazione dell'accascio inconsapevole, senza capire cioè da che parte venga quella mancanza di forza, di energia, di slancio vitale, meglio di dolce piglio del vivere/nel vivere. Ecco il riflesso del profondo venir meno della chiesa ai suoi doveri verso NSGC, verso il Suo mandato, verso gli uomini. Questa assenza della Chiesa-Chiesa lascia l'essere umano indebolito e perso davanti ad un mondo che ogni giorno gli si mostra solo e sempre col suo lato più oscuro e lui non sa più dove andare a trovar conforto e non lo cerca neanche più il conforto. Questo è un lento lasciarsi morire. E' bene che lo sappiano i cultori dell'uomo orizzontale. A meno che non sia questo lo scopo del nuovo umanesimo: liberarsi dell'essere umano qual'è e quale è sempre stato: supplice grato sulla terra sua pista di lancio verso il Cielo.

Anonimo ha detto...

https://www.youtube.com/watch?v=1uhatZANexc

Building a Home Worthy of The Immaculata
SSPX News - English
SSPX News - English

Anonimo ha detto...

ECCO QUA LE DIMISSIONI ALLO STUDIO DELLA NUOVA COMMISSIONE DELLA NUOVA CHIESA: SE L'HAN DECISO 2 PAPI CHI SIAM NOI PER GIUDICAR?https://www.ilgiornale.it/news/cronache/non-si-pu-escludere-che-papa-francesco-si-possa-dimettere-1825283.html



Anonimo ha detto...

https://www.youtube.com/watch?v=lMlFmMrD9I4

11 Questions with Fr. Pagliarani (in English, 2019) - SSPX
SSPX News - English
SSPX News - English

Anonimo ha detto...

Da fb , cosa possono rispondere i sacerdoti che a me han detto, testuale testuale, che Gesù mica sapeva di essere Figlio di Dio e che il Vangelo non lo dice infatti (mai l'han letto dunque), che tra chi crede nei dogmi della doppia natura di Gesù e della Trinità (io) e chi non ci crede (loro) si può scegliere l'opinione che si vuole.

mic ha detto...

Querida Amazonia. Se pare abbia funzionato il fuoco di sbarramento di Sarah/Benedetto, continua a dire e non dire ad alludere e ad aprire spiragli
per la confusione ma soprattutto per il sovvertimento attraverso la prassi, fumosa e dubbia nelle espressioni ma nota nelle intenzioni.
Ovviamente, dopo più attenta lettura, ne parleremo.

Anonimo ha detto...

Sulla buona fede del santo papa non commento, lo valuto una contraddizione di termini con quanto si elenca. Quanto allo sterco del diavolo è una delle poche denunce esatte, tanto più che il governo mondiale sta saldo in mano ai finanzieri e banchieri, privati che sono sopra gli stati. Peccato piuttosto che la manfrina è diretta a chi fatica a far quadrare il mese e che di sterco in mano ne ha poco.

Anonimo ha detto...

http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2020/02/12/il-silenzio-di-francesco-le-lacrime-di-ratzinger-e-quella-sua-dichiarazione-mai-pubblicata/

Anonimo ha detto...

Deserto e vuoto.
Deserto e vuoto.
E tenebre sopra la faccia dell'abisso.
È la Chiesa che ha abbandonato l'umanità, o è l'umanità che ha abbandonato la Chiesa?
Quando la Chiesa non è più considerata e neanche contrastata,
e gli uomini hanno dimenticato
Tutti gli dei,
salvo l'Usura, la Lussuria e il Potere. T. S. Eliot
Pietro - Salerno

fabrizio giudici ha detto...

Il denaro non è lo sterco del diavolo. Serve a comprare e vendere, ovvero a far cambiare proprietario alla merce. La proprietà privata è un diritto fondamentale riconosciuto dalla Dottrina Sociale della Chiesa. Come potrebbe esserci proprietà privata senza denaro?

Anonimo ha detto...

Belle le carinerie con Lula.