Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

giovedì 2 luglio 2020

Il 'papato emerito' e le conseguenti 'variazioni' che aprono la porta a un futuro diverso

Prendo le mosse da una analisi di Roberto De Mattei: Le incognite della fine di un pontificato [qui]  che si colloca nell'alveo del serio dibattito innescato dai recenti interventi sul Vaticano II dell’arcivescovo Viganò e del vescovo Schneider e, nel constatare lo sfacelo seguito all'abdicazione, prende in considerazione l'assunto di alcuni conservatori sull’intenzione di Benedetto XVI.
L'intenzione – essi dicono – era quella di conservare il pontificato, supponendo che l’ufficio potesse biforcarsi in due; ma ciò è un errore sostanziale, perché la natura monarchica e unitaria del Papato è di diritto divino. La rinuncia di Benedetto XVI, perciò, sarebbe invalida.
De Mattei trae la conclusione gravida di conseguenze che, se l'intenzione di scindere il pontificato fosse provata, modificando la costituzione della Chiesa, Benedetto XVI sarebbe caduto in eresia [...]  Ma poi aggiunge: questi sono discorsi astratti, perché solo Dio giudica le intenzioni, mentre il diritto canonico si limita a valutare il comportamento esterno dei battezzati. 
Dopo aver messo in risalto che :
Lo stesso Benedetto, attribuendosi il titolo di Papa emerito, continuando a vestire di bianco e impartendo la benedizione apostolica, ha compiuto gesti che sembrano incoraggiare questa impervia opera di sostituzione del Papa nuovo con l’antico. L’argomento princeps è però la distinzione tra munus e ministerium, con la quale Benedetto è sembrato voler conservare per sé una sorta di pontificato mistico, lasciando a Francesco l’esercizio del governo. L’origine della tesi risale a un discorso di mons. Georg Gänswein del 20 maggio 2016 alla Pontificia Università Gregoriana [qui - qui], in cui egli affermava che papa Benedetto non aveva abbandonato il suo ufficio, ma gli aveva dato una nuova dimensione collegiale, rendendolo un ministero quasi-condiviso («als einen quasi gemeinsamen Dienst»). A nulla vale che lo stesso mons. Georg Gänswein, in una dichiarazione a LifeSiteNews del 14 febbraio 2019, abbia riaffermato la validità della rinuncia all’ufficio petrino di Benedetto XVI, affermando che «c’è solo un Papa legittimamente eletto, ed è Francesco». Ormai l’idea di una possibile ridefinizione del munus petrino era lanciata. E di fronte all’obiezione che il Papato è uno e indivisibile e non può tollerare scissioni al suo interno, la replica di questi conservatori è che proprio questo fatto prova l’invalidità delle dimissioni di Benedetto XVI. 
Certo il problema resta aperto finché non ci sarà chi autorevolmente lo riporti nell'alveo teologico e canonistico. Nel frattempo, penso sia utile riprendere le mie riflessioni riguardanti proprio le dichiarazioni dell'Arcivescovo Georg Gänswein nel suo intervento, citato da De Mattei, in qualità di relatore per la presentazione del volume “Oltre la crisi della Chiesa. Il pontificato di Benedetto XVI” (Lindau 2016, pp. 512) di Roberto Regoli, direttore del Dipartimento di storia della Chiesa nella Pontificia università Gregoriana.
Dalla lettura del testo integrale della relazione di mons. Georg : Benedetto XVI, la fine del vecchio, l'inizio del nuovo [qui], emerge in buona sostanza l'affermazione che La cosa più grande del pontificato di Benedetto XVI è l'istituzione del Papa emerito, evento che apre la porta ad un futuro diverso.

Un passo ben ponderato

Cito dall'intervento di mons. Gänswein:
“... Quello scandalo [Vatileaks] era troppo piccolo per una cosa del genere e tanto più grande è stato il ben ponderato passo di millenaria portata storica che Benedetto XVI ha compiuto”. “Dall’elezione del suo successore, Papa Francesco - il 13 marzo 2016 - non ci sono dunque due Papi, ma di fatto un ministero allargato con un membro attivo e uno contemplativo. Per questo, Benedetto non ha rinunciato né al suo nome né alla talare bianca. Per questo, l’appellativo corretto con il quale bisogna rivolgersi a lui è ancora 'Santità'. Inoltre, egli non si è ritirato in un monastero isolato, ma all’interno del Vaticano, come se avesse fatto solo un passo di lato per fare spazio al suo Successore e a una nuova tappa della storia del Papato che egli, con quel passo, ha arricchito con la centralità della preghiera e della compassione posta nei Giardini vaticani”.
Detta in questi termini, sembra venir meno l'ambiguità che ci consentiva ancora di avere dei dubbi. L'abdicazione di Benedetto XVI con la contestuale istituzione della figura, inedita e non codificata, del papa emerito - peraltro senz'alcuna motivazione teologica o canonistica, ma semplicemente agita e rappresentata secondo una prassi che oltrepassa ogni regola - non è altro che l'ennesima inedita anomala innovazione. Emergerebbe infatti la premeditazione consapevole della svolta incongrua impressa al papato e la variazione che essa comporta. Ne avremo la prova, se i papi continueranno a dimettersi, come lo stesso Bergoglio ha annunciato [qui], «Sessanta o settant’anni fa, il vescovo emerito non esisteva. Venne dopo il Concilio. Oggi è un’istituzione. La stessa cosa deve accadere per il Papa emerito. Benedetto è il primo e forse ce ne saranno altri...».

Poiché nella Chiesa non possono esserci due papi (e nemmeno un “collegio” papale) perché non si tratterebbe di una semplice “anomalia”[1] ma di un'aberrazione metafisica in rapporto al primato petrino ad personam sancito da Gesù, l'atto di Benedetto XVI sembra rientrare nel quadro di quella insana umanizzazione del Papato, che vorrebbe considerare il Pontefice Romano alla stregua di un dirigente d'azienda o di un docente d'ateneo, che può presentare le proprie dimissioni ed esser nominato emerito o di un vescovo qualsiasi, che è posto in pensione ingravescente aetate (espressione forse non a caso utilizzata nell'atto di rinuncia). L’eventualità peggiore è che questa eccezionale frattura nell’ufficio personale del papa possa divenire prassi “a tempo” per il futuro, sotto un criterio estrinseco come l’efficienza o simili.

Le ragioni profonde che si oppongono alla “renuntiatio” in questi termini convergono nella salvaguardia dell’ufficio dalle conseguenze di un atto che scompone il mirabile equilibrio, anzi l’unità di ordine sacro e di giurisdizione universale nella persona del papa. Da ciò l’allarme di chiunque voglia riflettere e non solo ricamare sentimenti o mascherare problemi.

Sostanzialmente, in nome della fatidica 'pastorale' conciliare - prassi ateoretica senza spiegazioni o con spiegazioni sommarie sganciate dalla tradizione perenne - de facto se non de iure si incide nella sostanza e si dà concretezza ai cambiamenti che vengono non più sanciti ma operati e rappresentati e addirittura ormai recepiti dall'opinione comune.  E lo si fa in nome della nuova 'tradizione vivente' storicista portata avanti dal nuovo-soggetto Chiesa che ha preso il posto dell'oggetto-Rivelazione. E nessuno può dir nulla, perché contrapporre parole ai fatti non serve a niente, mancando alle parole la materia prima del contendere: cioè la esplicitazione teorica del nuovo corso di volta in volta instaurato. E neppure ce la si può cavare dicendo, insieme al card. Burke, che non è Magistero quanto non coincide con l'insegnamento costante della Chiesa ma è riconoscibile come pensiero personale del Papa. Perché contribuisce all'ulteriore deformazione della dottrina anche attraverso l'enfasi mediatica, nonostante sia Magistero liquido, mentre l'insegnamento costante resta confinato in una pastorale tradizionale sempre più marginalizzata quando non avversata.

Il comportamento, sempre più pragmatico e rivoluzionario di Bergoglio, sta completando l'opera, iniziata da Paolo VI e traghettata con una spinta finale da Benedetto XVI [vedi qui : Che n'è del primato di Pietro?]. E l'Autorità, oggi, viene esercitata dispoticamente nel silenziare, oltre che nel disprezzare, ogni ragionevole voce contraria di dissenso che cerchi di ricondurre la Chiesa nell'alveo della sua Via Maestra, della quale si stanno perdendo le tracce. Pensiamo ad esempio, oltre ai Dubia dei 4 cardinali [qui], alla Correctio filialis citata da De Mattei [qui]; alla richiesta di correzione formale delle affermazioni del Documento di Abu Dhabi del Vescovo Schneider [qui]; agli innumerevoli interventi di Mons. Viganò [qui] che hanno svegliato il dibattito. Intanto si continua a dialogare con l'errore, mentre la verità è oscurata e deformata. E, per contro, come si potrà più dialogare con una Tradizione che è stata svuotata del suo contenuto, rovesciando il significato dei termini concettuali che la identificano?

Una riflessione ulteriore

L'intervento di mons. Gänswein: «la fine del vecchio, l’inizio del nuovo», sostanzialmente lascia trasparire, fin dall'elezione di Benedetto XVI, il suo papato a termine mentre, insieme alle trame oggi non più occulte, sembra mostrare come poco probabile che lui non conoscesse chi era il suo rivale di allora e odierno successore. Cito dalla relazione:
... nel conclave dell’aprile del 2005, dal quale Joseph Ratzinger, dopo una delle elezioni più brevi della storia della Chiesa, uscì eletto dopo solo quattro scrutini a seguito di una drammatica lotta tra il cosiddetto “Partito del sale della terra” (“Salt of Earth Party”) intorno ai cardinali López Trujíllo, Ruini, Herranz, Rouco Varela o Medina e il cosiddetto “Gruppo di San Gallo” [qui - qui] intorno ai cardinali Danneels, Martini, Silvestrini o Murphy-O’Connor [qui]; gruppo che, di recente, lo stesso cardinal Danneels di Bruxelles in modo divertito ha definito come “una specie di mafia-club”. L’elezione era certamente l’esito anche di uno scontro, la cui chiave quasi aveva fornito lo stesso Ratzinger da cardinale decano, nella storica omelia del 18 aprile 2005 in San Pietro; e precisamente lì dove a “una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie” aveva contrapposto un’altra misura: “il Figlio di Dio e vero uomo” come “la misura del vero umanesimo”. Questa parte dell’intelligente analisi di Regoli oggi si legge quasi come un giallo mozzafiato di non troppo tempo fa; mentre invece la “dittatura del relativismo” da tempo si esprime in modo travolgente attraverso i molti canali dei nuovi mezzi di comunicazione che, nel 2005, a stento si potevano immaginare.
Di fatto l'elezione è un evento puntuale che, una volta accettata ed esercitato il ministero, non può più essere respinta. La rinuncia riguarda l'investitura, l'ufficio, che essa conferisce (Can. 332 - §2. Nel caso che il Romano Pontefice rinunci al suo ufficio...). L'ufficio è il munus, l'investitura. L'esercizio della quale è il Ministerium. Dunque Benedetto XVI avrebbe rinunciato al Ministero - e neppure per intero - e non al Munus. La domanda in buona sostanza è questa: come si può aver rinunciato e nello stesso tempo conservare metà della giurisdizione: quella spirituale? Mons. Georg ne parla nei seguenti termini:
Le dimissioni epocali del Papa teologo hanno rappresentato un passo in avanti essenzialmente per il fatto che l’undici febbraio 2013, parlando in latino di fronte ai cardinali sorpresi, egli introdusse nella Chiesa cattolica la nuova istituzione del “Papa emerito”, dichiarando che le sue forze non erano più sufficienti “per esercitare in modo adeguato il ministero petrino”. La parola chiave di quella Dichiarazione è munus petrinum, tradotto – come accade il più delle volte – con “ministero petrino”. E tuttavia, munus, in latino, ha una molteplicità di significati: può voler dire servizio, compito, guida o dono, persino prodigio. Prima e dopo le sue dimissioni Benedetto ha inteso e intende il suo compito come partecipazione a un tale “ministero petrino”. Egli ha lasciato il Soglio pontificio e tuttavia, con il passo dell’11 febbraio 2013, non ha affatto abbandonato questo ministero. Egli ha invece integrato l’ufficio personale con una dimensione collegiale e sinodale, quasi un ministero in comune, come se con questo volesse ribadire ancora una volta l’invito contenuto in quel motto che l’allora Joseph Ratzinger si diede quale arcivescovo di Monaco e Frisinga e che poi ha naturalmente mantenuto quale vescovo di Roma: “cooperatores veritatis”....
Dall’elezione del suo successore Francesco il 13 marzo 2013 non vi sono dunque due papi, ma de facto un ministero allargato – con un membro attivo e un membro contemplativo. Per questo Benedetto XVI non ha rinunciato né al suo nome, né alla talare bianca. Per questo l’appellativo corretto con il quale rivolgerglisi ancora oggi è “Santità”; e per questo, inoltre, egli non si è ritirato in un monastero isolato, ma all’interno del Vaticano – come se avesse fatto solo un passo di lato per fare spazio al suo successore e a una nuova tappa nella storia del papato che egli, con quel passo, ha arricchito con la “centrale” della sua preghiera e della sua compassione posta nei Giardini vaticani.” [...] Ma nella storia della Chiesa resterà che nell’anno 2013 il celebre Teologo sul Soglio di Pietro è diventato il primo “Papa emeritus” della storia. Da allora il suo ruolo – mi permetto ripeterlo ancora una volta – è del tutto diverso da quello, ad esempio, del santo papa Celestino V, che dopo le sue dimissioni nel 1294 avrebbe voluto ritornare eremita... Un passo come quello compiuto da Benedetto XVI fino ad oggi non c’era appunto mai stato. Per questo non è sorprendente che da taluni sia stato percepito come rivoluzionario, o al contrario come assolutamente conforme al Vangelo; mentre altri ancora vedono in questo modo il papato secolarizzato come mai prima, e con ciò più collegiale e funzionale o anche semplicemente più umano e meno sacrale. E altri ancora sono dell’opinione che Benedetto XVI, con questo passo, abbia quasi – parlando in termini teologici e storico-critici – demitizzato il papato.
Le perplessità aumentano se ci si pone la domanda conseguente: un papa ha facoltà
  1. di accettare il “papato a termine” (per di più nel ministerium dimidiato) e,
  2. di trasformare il papato, ad personam per costituzione divina, in papato bicipite, collegiale, scindendo il ministerium attivo da quello contemplativo?
    L'innovazione consiste anche
  3. nell'affermare che il “potere giurisdizionale” - o addirittura parte di esso - possa esistere separato dalla investitura divina su cui è fondata quella ricevuta dal voto dei cardinali elettori dopo l'accettazione e la indicazione del nome.
Gli interrogativi sussistono non solo in ordine alla possibilità che un Papa abbia la facoltà di trasformare il papato - ad personam per costituzione divina - in papato bicipite, collegiale, ma anche sulla validità dell'elezione in caso di accettazione con la riserva morale del papato a termine, unita alla attendibile consapevolezza delle ripercussioni sull'elezione successiva. Seppure intuitivamente è una questione che riguarda il foro interno, difficile da provare in assenza di altri indizi, non per questo quanto accaduto è meno anomalo.

Non è comunque pensabile che il nuovo codice, nel sancire la collegialità introdotta dalla Lumen Gentium (n.22), abbia potuto prevedere scappatoie sottili di conio modernista demitizzanti il papato, tipo il "pensionamento" simil-vescovile o il "pontificato allargato" con sospetto di collegialità adombrato dall'autore del libro e confermato da Gänswein.
In ogni caso l'esercizio collegiale implica il rapporto del papa con i vescovi[2] non quello tra papa in carica e papa dimissionario come un funzionario qualunque. Se l'investitura divina conta ancora qualcosa.

Un ultimo tassello, da Vatican news di oggi [qui]
“...”. “Assicuro la mia preghiera di suffragio per il compianto defunto - continua il Papa - affinché il Signore della vita, nella sua bontà misericordiosa, lo introduca nella patria del cielo e gli conceda il premio preparato per i fedeli servitori del Vangelo”.
“E prego anche per Lei, Santità[3]- conclude - invocando dal Padre, per intercessione della Beata Vergine Maria, il sostegno della speranza cristiana e la tenera consolazione divina. Sempre uniti nell’adesione al Cristo risorto, sorgente di speranza e di pace”.
Francesco conclude la lettera con le significative parole “Filialmente e fraternamente”, manifestando così l’affetto e la devozione [ma anche una certa subalternità -ndr]  che lo lega al predecessore.
E, continuando sulla scia delle variazioni, ormai a cascata, vogliamo parlare anche del nuovo Annuario Pontificio [qui - qui] che riserva una novità davvero sorprendente? Nelle primissime pagine, quelle in cui si parla del Pontefice regnante, il titolo che designa una vera e propria investitura sancita nel Vangelo, è relegato come primo dei titoli storici... cioè come qualcosa che in fondo risale a tempi lontani, ma che può avere o non avere un significato nel mondo di oggi. Le immagini sono visibili dai link sopra.
  • La pagina relativa al papa si apriva, in grande, con il primo e il più importante dei suoi titoli, tutto in maiuscolo: VICARIO DI GESÙ CRISTO.
    Perché tu sei Pietro e su questa pietra. E poi veniva il resto: successore del principe degli apostoli; sommo pontefice della Chiesa universale; primate d’Italia; arcivescovo e metropolita della provincia romana; sovrano dello stato della città del Vaticano; e infine – ma forse poteva anche essere messo più in alto… servo dei servi di Dio.
  • Nella stessa pagina nell’Annuario appena pubblicato, in alto c’è solo il nome: JORGE MARIO BERGOGLIO.
    A seguire la sua biografia, per due terzi di pagina. E infine sotto la legenda: Titoli storici, abbiamo Vicario di Gesù Cristo ecc.
Le risposte alle domande qui poste richiedono competenze specifiche che non mi appartengono. Tuttavia, poiché è impensabile che le dichiarazioni di Gänswein siano state rese all'insaputa di Joseph Ratzinger[4] - il che conferisce ad esse maggiore credibilità - le implicazioni sono talmente gravide di conseguenze che non possono essere lasciate cadere nel nulla da chi di dovere, se ancora si può sperare di chiamare in causa chi ha responsabilità ecclesiali ad alti livelli.
Maria Guarini
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1. L'anomalia non è nelle dimissioni di Benedetto XVI, previste dal diritto canonico anche se non avvenute nelle circostanze eccezionali consegnateci dalla storia in precedenza. L'anomalia non sta neppure nell'elezione del nuovo papa, regolarmente avvenuta attraverso la scelta dei cardinali e perfezionata dall'accettazione della sua funzione, anche se egli ne ha inopinatamente rifiutato i simboli mentre ne sta svuotando la pregnanza in riferimento all'insegnamento costante della Chiesa. L'anomalia sta nella contestuale presenza di un papa secondo il suo dire "per sempre" ma in "servizio contemplativo" a fianco del papa "in servizio attivo". Due aspetti e dimensioni che possono anzi devono esser compresenti nella stessa persona, trattandosi di un'investitura divina e non di una funzione amministrativa qualunque. Con l'ulteriore variazione che l'esercizio del ministero contemplativo avviene nel 'recinto di Pietro', che così non è tanto un 'luogo' geografico quanto teologico, dal quale Benedetto XVI continua ad esercitare il Ministero spirituale, mentre ha deposto la potestà di governo universale. Anche questo è un dato non sufficientemente affrontato e chiarito da nessuno ed anche su questo ci eravamo posti domande tuttora senza risposta.
2. Lumen Gentium, Nota praevia: «... Infatti il collegio necessariamente e sempre si intende con il suo capo, "il quale nel collegio conserva integro l'ufficio di vicario di Cristo e pastore della Chiesa universale"... la distinzione non è tra il romano Pontefice e i vescovi presi insieme, ma tra il romano Pontefice separatamente e il romano Pontefice insieme con i vescovi». Sorvolando sull'ambiguità del duplice soggetto adeguato, necessario e permanente del supremo potere di magistero e giurisdizione nella Chiesa universale, nonostante la Nota praevia.
3. Sua Santità, come ricorda lo stesso Gänswein, è un'altra delle prerogative (insieme alla veste bianca) ufficialmente previste per il papa emerito [qui]
4. Notoriamente non privo di tendenze all'innovazione teologica mirante a conciliare in modo del tutto singolare, o quanto meno ardito, tradizione e modernità.

36 commenti:

Anonimo ha detto...

"... come se avesse fatto solo un passo di lato per fare spazio al suo Successore e a una nuova tappa della storia del Papato che egli, con quel passo, ha arricchito con la centralità della preghiera e della compassione posta nei Giardini vaticani”..."

Quindi il Vaticano diventerà un Residence di papi, papi emeriti e successori nella magnifica location dei Giardini vaticani, ove ognuno avrà il suo monasterino orante, con piscinetta di acque calde compassionevoli e saletta massaggi mistici. Very nice!

Anonimo ha detto...

"è impensabile che le dichiarazioni di Gänswein siano state rese all'insaputa di Joseph Ratzinger"

Questo non è certo. Ganswein ha già mentito e manipolato la verità più volte (es. caso del libro Sarah-Benedetto).
Le pressioni, i ricatti e le minacce fatte a Benedetto XVI durante il periodo 2010-2012 e le stranezze post-rinuncia inoltre fanno supporre che Benedetto XVI non sia totalmente libero di esprimersi. Ci sono inoltre moltissimi gesti e comunicati che si contraddicono tra loro.
C'è la possibilità che l'invenzione del papato emerito sia una invenzione di Ganswein per giustificare le stranezze di Benedetto XVI nella rinuncia e dopo (mancata rinuncia al munus, benedizioni apostoliche, veste bianca,...).
Esiste un video in cui Benedetto XVI si riferisce a se stesso come 'papa emerito'? e dove esplicitamente dice di avere diviso/condiviso il papato?
Non credo si debba prendere come oro colato ciò che Ganswein dice.

anelante ha detto...

Che poi i vescovi emeriti sono un'invenzione modernista post concilio è un altro fatto che spiega l'altro modernismo del papato allargato...Come demolire meglio prendendosi gioco di tutto con una menzogna talmente grossa che ci siamo caduti dentro talmente sfacciatamente enunciata....

Anonimo ha detto...


Il papato "allargato" è solo una farsa, una caricatura del papato

Che possa esistere un papato cosiddetto "allargato" con un "membro attivo" e uno "contemplativo" non è possibile, si tratta di una assurdità bella e buona.
Bergoglio avrebbe conservato l'esercizio della summa potestas mentre Ratzinger ne avrebbe mantenuto la titolarità ma non l'esercizio, trasformando anzi questo esercizio da governo della Chiesa a raccoglimento spirituale (pseudo-mistico perché non è quello di un vero mistico) per la Chiesa stessa? Siamo alla farsa.
Non sarebbe neanche il caso di perdere tempo a discutere su cose così confuse, che appaiono il frutto di menti allucinate o (a pensar male) il frutto di un compromesso sottobanco, grazie al quale il c.d. Emerito ha dovuto farsi da parte nel suo castelletto vaticano costruito ad hoc, ottenendo in cambio di esser lasciato in pace. Bisognerebbe però dimostrarlo.

Il CIC dice che una rinuncia è invalida quando fatta "per timore grave, ingiustamente incusso, per dolo o per errore sostanziale oppure con simonia, e nulla per il diritto stesso" (c. 188).
Per parlarsi di "timore grave" ingiustamente provocato nella rinuncia di R. bisognerebbe dimostrare, p.e., che egli è stato in qualche modo pesantemente ricattato, in modo da costringerlo alle dimissioni. O comunque minacciato, inducendolo a lasciare per esser lasciato in pace. Bisognerebbe però trovare le prove.
Resterebbe insomma solo la possibilità di "errore sostanziale". Ma cosa intende la dottrina con "errore sostanziale"? Bisognerebbe saperlo. Forse che uno si è dimesso per sbaglio, convinto che l'atto non comportasse la sue dimissioni? L'errore deve essere tale da indurre alla rinuncia? Oppure tale da render l'atto incompleto quindi viziato, p.e., nel caso del papa, se non procedesse alla dichiarazione della vacanza della sede nel modo dovuto?

Ma questo errore può riguardare i motivi soggettivi per i quali uno rinuncia? Se così fosse allora si violerebbe la massima :"de internis non curat Ecclesia". Uno può dimettersi per tanti motivi suoi personali, l'importante è che la rinuncia sia liberamente e volontariamente compiuta con un atto valido secondo la forma richiesta dal diritto per la sua validità. Tutti requisiti che, per quanto ne sappiamo, si sono verificati nelle dimissioni di Ratzinger.

fabrizio giudici ha detto...
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fabrizio giudici ha detto...

OT Su Vatican News è appena uscito questo articolo:

https://www.vaticannews.va/en/church/news/2020-07/vatican-council-ii-a-seed-that-continues-to-grow.html

È un articolo in difesa del CVII. Mi pare un gran segno di nervosismo :-) e ora vi dico perché lo penso.

L'incipit:

Il prossimo 8 dicembre segnerà il 55mo anniversario della fine del CVII. È un momento importante in questo periodo perché *un nuovo dibattito* è stato provocato nella comunità ecclesiale, un dibattito in cui certuni si stanno progressivamente distanziando dal Concilio e altri cercano di diminuirne lo scopo e il significato.


All'8 dicembre mancano cinque mesi e oggi non è nessun particolare avversario, per quanto ne so. È chiaramente una reazione a Viganò, Schneider e tutti noi che ne stiamo parlando; il riferimento non è esplicito, ma è evidente. L'articolo è vuoto di contenuti, è semplicemente un breve riassunto "apologetico-trionfalistico" messo in piedi in poco tempo. Se hanno ritenuto di dover pubblicare subito un articolo (oltretutto sostanzialmente vuoto di contenuti) e non tentare di insabbiare la questione vuol dire che... temono. Sbaglio?

Molto bene.

Anonimo ha detto...

Mi sembra che l'articolo metta ottimamente in luce i vari aspetti della spinosa questione, creata da 
Ratzinger con il suo "papato emerito", o "solo spirituale", una cosa che più assurda non potrebbe essere. 

De Mattei e altri parlano di "fine di un papato", quello di Bergoglio, ma che debba finire presto per la verità non si direbbe. Questo papa sembra bene in sella, dal punto di vista fisico, e l'opposizione che ha è alquanto tenue, numericamente parlando. 

fabrizio giudici ha detto...

Ratzinger che è completamente manipolato mi pare un'ipotesi con poco fondamento. Abbiamo sufficienti indizi che Gaenswein manipoli, questo sì. Tuttavia, poi, abbiamo visto come è andata a finire con il libro di Sarah: con un po' di tira e molla è stato pubblicato e il messaggio è passato.

Ma tagliamo la testa al toro. C'è una cosa molto, molto chiara e non manipolabile che Ratzinger potrebbe fare per smontare subito la questione del papa emerito: cambiare abito. E d'altro canto non ci sono altri motivi validi che mi vengano in mente per tenere l'abito bianco se non mantenere un legame con il papato. Dunque credo che l'ambiguità sia proprio sua.

Anonimo ha detto...

Prima lettura odierna, dal profeta Amos termina con una profezia molto "misericordiosa":

Ora ascolta la parola del Signore: Tu dici: "Non profetizzare contro Israele, non parlare contro la casa d'Isacco". Ebbene, dice il Signore: "Tua moglie diventerà una prostituta nella città, i tuoi figli e le tue figlie cadranno di spada, la tua terra sarà divisa con la corda in più proprietà; tu morirai in terra impura e Israele sarà deportato in esilio lontano dalla sua terra".

Qualche conciliarista direbbe che è l'Antico Testamento... No: è Parola di Dio.


Vangelo di oggi

Benedetto XVI in un suo commento di questo passo definì "deludente" l'affermazione che Gesù rivolge inizialmente al paralitico. Agli uomini che glielo portano e al malato interessava sentirsi dire "coraggio" o che fossero rimessi i peccati. Il bisogno era un altro: guarire.

Invece ciò che è in grado di guarire anche il male fisico è il potere sul peccato.
Solo Dio può perdonare il peccato. Per non aggiungerne, si deve pregare:"fiat voluntas Tua"

Gesù inizialmente delude le attese umane, legate a situazioni concrete, modo, storia, bisogni e "pancia". Il focus sul perdonare i peccati è "troppo" per quelli che limitano il raggio ai problemi terreni ed è "troppo poco" per quelli che hanno bisogni terreni.
Ci sentiamo offesi, angustiati e oppressi non dal nostro peccato (verso Dio, con conseguenze sul creato), non dal Maligno con le sue insidie ed i suoi accoliti; no: siamo offesi e oppressi dagli errori altrui e dai bisogni insoddisfatti a livello fisico, psichico e sociale, cercando alleanze e maggioranze per farvi fronte secondo il potere che nel mondo si può conseguire.
Il Messia Gesù, Dio salva (dai peccati), intercetta un'attesa che va altrove.
La storia ci dice che dopo Gesù non sono diminuiti disastri, guerre, ingiustizie, ideologie e schifezze varie. Avrebbe fallito? O ha centrato il bersaglio e a fallire siamo noi?

Anonimo ha detto...

Le ragioni della invalidità delle dimissioni di Benedetto sono così evidenti che non si sa neanche come possono essere state ingoiate da parte di molti che avrebbero dovuto denunciare questo colpo di stato . L'unica spiegazione è la perdita di fede all'interno
Silvano Motta

Anonimo ha detto...

Fabrizio , sono d'accordo con te ma, tanto, diranno che, siccome é stato costretto alle dimissioni, ha voluto mandare un segnale perché si capisse...
Purtroppo non siamo in grado di dimostrare nulla, possiamo fare solo congetture. Per ora...

Anonimo ha detto...

Diceva Dom Gueranger : “… quando il pastore si cambia in lupo, tocca anzitutto al gregge difendersi. Di regola, senza dubbio, la dottrina discende dai vescovi ai fedeli; e i sudditi non devono giudicare nel campo della fede i loro capi. Ma nel campo della Rivelazione vi sono dei punti essenziali dei quali ogni cristiano, per il fatto stesso di essere cristiano, ha la necessaria conoscenza e la custodia obbligatoria.”
E San Vincenzo da Lerino : "Quando il veleno ariano ebbe contaminato non una piccola regione ma il mondo intero, quasi tutti i vescovi latini cedettero all'eresia, alcuni costretti con la violenza, altri sedotti con la frode. Una specie di nebbia offuscò allora le menti, per cui non era possibile distinguere la via da seguire. Per essere al riparo da questa peste contagiosa il vero e fedele discepolo di Cristo dovette preferire l'antica fede a queste false novità".

mic ha detto...

Ratzinger che è completamente manipolato mi pare un'ipotesi con poco fondamento.

Il post delle 15:28, tipico contenuto dei soliti 'pompieri', quando il gioco comincia farsi duro... Anche perché l'ambiguità non è solo nella rinuncia; ma è la cifra di tutti i conciliari, compreso Ratzinger, che pure ha avuto vita dura per tutto il pontificato: qui potete trovare elencati almeno 20 degli impedimenti conosciuti
https://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2013/03/oltre-al-concilio-dei-media-abbiamo.html

Non credo fossero pilotate le interviste con Seewald...
Lei è la fine del vecchio – chiesi al Papa nel nostro ultimo incontro – o l’inizio del nuovo?». La sua risposta fu: «Entrambi». Peter Seewald
https://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2015/05/benedetto-xvi-sono-la-fine-del-vecchio.html

Anonimo ha detto...

Così quando pare non sia rimasto null'altro, se non lacrime e stelle, concedimi un dolore che domanda.

fabrizio giudici ha detto...

OT Mezz'ora fa è successa una cosa di una certa rilevanza. Il Dr. Taylor Marshall (autore di "Infiltration: The Plot to Destroy the Church from Within") è stato intervistato da Jack Posobiec (giornalista cattolico di fama, ha lavorato molto su Epstein e dintorni) a proposito della rivolta BLM e dell'iconoclastia in corso. Ha sostanzialmente spiegato come negli USA la battaglia si stia spostando dal piano materiale a quello spirituale.

Poco dopo Trump lo ha segnalato su Twitter, parlando di "guerra alla cristianità".

PS Oggi è stata arrestata una stretta collaboratrice di Epstein.

PS2 Mia considerazione. L'avvertimento che viviamo un confronto apocalittico dovrebbe arrivarci da Roma e dal Papa, che invece stanno cercando di addormentarci. E lo Spirito Santo lo fa passare, per vie sghimbesce, dall'imperatore (con tutti i limiti e i caveat del caso). È certamente un frutto della lettera a Trump da parte di mons. Viganò.

PS3 Mia seconda considerazione. Mentre noi cattolici e i nostri canali di informazione qui sono poca cosa, semi-artigianali, negli USA riescono ad entrare nel circolo principale. Evidentemente i laici che operano indipendentemente, invece di bazzicare sempre nelle sacrestie e dipendere dai vescovi, sono più efficaci.

Gederson Falcometa ha detto...

"Lei è la fine del vecchio – chiesi al Papa nel nostro ultimo incontro – o l’inizio del nuovo?». La sua risposta fu: «Entrambi». Peter Seewald
https://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2015/05/benedetto-xvi-sono-la-fine-del-vecchio.html"

Generalmente quando se parla che Benedetto XVI rappresenta il fine del vecchio, e l'inizio del nuovo, se può capire che l'atto di Benedetto XVI rappresenta il fine del Papato tradizionale. Non possiamo dimenticare i cambiamenti che il Papato ha sofferto prima della rinuncia di Benedetto XVI. La deposizione della Tiara papale sull'altare di San Pietro fatta da Paolo VI non è stato appena un gesto simbolico. Romano Amerio ha rivelato nello Iota unum una disgiunzione tra il supremo potere papale e l'esercizio dell'autorità in Paolo VI. Ci sono alcune esternazione di questo Papa in che lui ha ridotto la funzione di Vicario di Cristo ad uno semplice titolo. Come quando ha detto:

«Forse il Signore mi ha chiamato e mi tiene a questo servizio non tanto perché io vi abbia qualche attitudine, o affinché io governi e salvi la Chiesa dalle sue presenti difficoltà, ma perché io soffra qualche cosa per la Chiesa, e sia chiaro che Egli, e non altri, la guida e la salva»

Queste parole di Paolo VI fanno pensare tantissime cose ma vedete che la distinzione tra un Papato attivo e altro contemplativo è già presente. Un Papa che afferma essere chiamato a soffrire per la Chiesa senza fare niente è un Papa che esercita il potere di modo passivo o contemplativo. Credo che la rinuncia di Benedetto XVI deve essere letta nel contesto conciliare, perchè senza il processo di svuotamento (demistificazione?) del papato la rinuncia di Benedetto XVI non sarebbe stato possibile. Quindi, sembra essere più il fine di uno processo che propriamente una scelta dal nulla che cambia tutto e fa tutto diventare nuovo.

Benedetto XVI ha rinunciato al Papato come fanno i vescovi diocesani. Fazendo in questo modo lui diventa il Papa appena un titolo, come hanno fatto con il Vicario di Cristo. Sembra avere alcuno legame con la rinuncia una lettura radicale della collegiatà episcopale, come se il Papa fosse il "Primus inter pares" degli ortodossi. Ricordo cherche durante il Concilio, come perito, Ratzinger è stato tra quelli che hanno protestato contro la "nota praevia"...

mic ha detto...

Un Papa che afferma essere chiamato a soffrire per la Chiesa senza fare niente è un Papa che esercita il potere di modo passivo o contemplativo.

È quella che Amerio (riferita a Paolo VI ma riguarda tutti i papi post conciliari, tranne l'attuale che però il potere lo esercita tirannicamente come fosse absolutus, mentre un papa non lo è) chiamava desistenza dall'esercizio del governo, che comporta la "breviatio manus Domini" (abbreviazione della mano di Dio (Isaia 59,1)...

http://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2014/02/chiesa-post-conciliare-la-desistenza.html

mic ha detto...

absolutus = sciolto. Tuttavia un papa non è un monarca assoluto, ma il suo potere incontra i limiti della Rivelazione Apostolica e della tradizione perenne affermata dai papi precedenti. E anche della legge naturale...

Anonimo ha detto...


Messe a punto, si fa per dire...

-- Acute osservazioni di Gederson sull'esistenza di una papato "passivo" già in Paolo VI. E su come le dimissioni di Ratzinger sino il punto d'arrivo di una costante deminutio capitis del papato come istituzione, iniziatasi per l'appunto durante il Vaticano II, con l'adozione di una nuova nozione di collegialità, ambigua e compromettente la nettezza del Primato (LG 22).
Ma bisogna anche ricordare che Paolo VI non è stato solo passivo. Di buono, è vero, ha emanato il documento contro gli anticoncezionali, anche se tardivo e forse non del tutto sufficiente. Ma poi non ha in pratica distrutto la liturgia cattolica, con le Messa Novus Ordo? Un nefas di proporzioni planetarie, cosmiche addirittura, che dimostra come lui fosse uno di quelli più posseduti dal "fumo di Satana" penetrato nella Chiesa col Concilio.
-- IL papa non è un sovrano assoluto? Dal punto di vista del diritto positivo lo è poiché non c'è un'istanza cui potersi appellare contro di lui. Assomma poi in sé tutti e tre i tradizionali poteri, che può di fatto esercitare ad libitum. Per lui osservare la legge è un obbligo solo morale. Il limite rappresentato dalle leggi divine e dalla tradizione per la sua azione di governo, è un limite solo morale. E questa è sempre stata una caratteristica dell'assolutismo. Anche Luigi XIV si considerava vincolato al rispetto della legge naturale e divina in generale nonché al senso dell'onore, tipico delle monarchie (Montesquieu), che gli impediva (in teoria) di compiere azioni nefande verso i suoi sudditi (nel senso di totalmente arbitrarie contro individui singoli).
-- È vero, ha ragione Trump, la "guerra alla cristianità" sta entrando in una nuova fase, molto opportuna la segnalazione di FG. Purtroppo, larghi settori della cristianità ufficiale sono alleati degli iconoclasti e nemici della morale, anche naturale. L'attacco alla cristianità avviene infatti in nome dell'abortismo, dell'omosessualismo, della rivincita sub ase razziale (amerindia, africana) delle religioni pagane dietro l'etichetta ipocrita dello antirazzismo, in realtà forma di razzismo mascherata e neanche tanto. L'Avvenire, quotidiano dei vescovi italiani, non si è appena mostrato aperto alle esigenze dell'infame progetto di legge sulla transomofobia? Siamo circondati da anni dal tradimento in tutte le forme possibili.
MP

Anonimo ha detto...

Benedetto XVI al card. Brandmüller, novembre 2017 :

"Nel mio caso di sicuro non sarebbe stato di buon senso affermare un semplice ritorno al cardinalato: sarei stato di continuo esposto al pubblico tanto quanto lo è un cardinale – anzi ancora di più, perché in quel cardinale si sarebbe visto l'ex Papa. Questo, volenti o nolenti, avrebbe potuto portare a conseguenze difficili soprattutto nel contesto dell'attuale situazione. Col Papa emerito ho cercato di creare una situazione in cui io sono assolutamente irraggiungibile per i media e in cui è del tutto chiaro che c'è un solo Papa. Se Lei conosce un modo migliore e quindi crede di poter condannare quello scelto da me, La prego di dirmelo."

"Posso capire benissimo il dolore profondamente radicato che ha arrecato in Lei come in molti altri la fine del mio pontificato. Ma in alcuni – anche in Lei, mi sembra – il dolore è diventato rabbia che ormai non riguarda più solo le dimissioni, ma si estende sempre più anche alla mia persona e al mio pontificato in generale. In questo modo ormai un pontificato stesso viene svalutato e confuso nella tristezza per la situazione della Chiesa di oggi."

https://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2018/09/benedetto-xvi-non-risponde-al-card.html

mic ha detto...

Ringrazio l'Anonimo che ha 'pescato' un testo, tra i tanti pubblicati in diretta, che non ricordavo.

Ratzinger esprime ragioni di opportunità e sentimenti personali, senz'alcun accenno teologico o dottrinale; sostanzialmente nessuna risposta alla questioni poste dal card, Brandmüller...

Anonimo ha detto...

Ratzinger parla veramente come un pontefice umano ma anche Costantino si tenne il pontificato pagano come Nerone fino alla fine. Mai sono stati Pontefici però, ponti con Dio, il Papa è solo uno e lo abbiamo perso a quanto pare, si tratta di avere il coraggio e l'onestà individuale di indagare quando: ciò avverrà comunque anche se lo si vuole negare ancora su questa pagina. Leggere Chiesa viva, i due numeri recenti della lettera aperta a Mattarella, aiuterebbe molto, è pieno di fatti documentati con citazioni.

mic ha detto...

Leggere Chiesa viva, i due numeri recenti della lettera aperta a Mattarella, aiuterebbe molto, è pieno di fatti documentati con citazioni.

Non seguo Chiesa viva da quando non c'è più don Villa perché su certe affermazioni molto gravi non prendo posizione se non ho conoscenza diretta. Ecco perché non conosco neppure gli ultimi fatti e citazioni richiamati.

Gederson Falcometa ha detto...

Ringrazio a Mic e MP per l'osservazioni che hanno fatto.

Infatti il pontificato di Paolo VI non è stato appena passivo. Lui ha pubblicato la Humanae Vitae ma vede che non ha fatto molto contro quelli che se hanno ribellato contro il documento. La deposizione della Tiara papale in alcuno modo ha conttributo per questa ribellione. Sembra che Paolo VI ha rinunciato all'esercizio del Papato tradizionale e ha inaugurato una sorte di Papato minimo. Inoltre dobbiamo considerare che il magistero dei Papi conciliari se è diventato un magistero dialogante. Ricordate quello che ha detto Mons. Antonio Livi nell'intervista "L',eresia
al potere" sul magistero di Benedetto XVI:

"Come Papa ha fatto molto poca pastorale dogmatica, ha fatto della pastorale che io chiamo «letteraria». Ha prodotto dei documenti che derivano più dalla teologia che dal magistero. Se si fa della teologia e si mette il proprio lavoro sullo stesso piano di quello dei teologi, non si fa più del magistero, che consiste nel riproporre il dogma e spiegarlo. Le sue encicliche sono al 90 % della pura teologia ed egli ha impiegato una gran parte del suo pontificato a scrivere i tre volumi del «Gesù di Nazareth»".

Questo è dovuto alla sua concepzione del modo dell'esercizio dell'autorità Papale, come potete vedere:

Il significato autentico dell’autorità dottrinale del Papa consiste nel fatto che egli è il garante della memoria cristiana. Il Papa non impone dall’esterno ma sviluppa la memoria cristiana e la difende. Per questo il brindisi della coscienza deve precedere quello per il Papa, perché senza coscienza non ci sarebbe nessun papato. Tutto il potere che egli ha è potere della coscienza: servizio al duplice ricordo, su cui si basa la fede e che dev’essere continuamente purificata, ampliata e difesa contro le forme di distruzione della memoria, la quale è minacciata tanto da una soggettività dimentica del proprio fondamento, quando dalle pressioni di un conformismo sociale e culturale. […] certo, la via alta ed ardua che conduce alla verità e al bene non è una via comoda. Essa sfida l’uomo. Ma il rimanere tranquillamente chiusi in se stessi non libera; anzi, così facendo c i si deforma e ci si perde. Scalando le altezze del bene, l’uomo scopre sempre più la bellezza che c’è nell’ardua fatica della verità e scopre anche che proprio in essa sta per lui la redenzione. […] Il giogo della verità è divenuto “leggero”, quando la Verità è venuta, ci ha amato ed ha bruciato le nostre colpe nel suo amore. Solo quando noi conosciamo e sperimentiamo interiormente tutto ciò, diventiamo liberi di ascoltare con gioia e senza ansia il messaggio della coscienza”.
(Elogio della coscienza: Lectio Magistralis, Aula Magna del Rettorato dell’Università degli Studi di Siena, Siena 1991) https://www.pensalibero.it/joseph-ratzingerbenedetto-xvi-l%E2%80%99elogio-della-coscienza-la-verita-interroga-il-cuore/?amp

Il P. Cornelio Fabro nota nel libro L'avventura della teologia progressista che dopo il Concilio i vescovi sono diventati professori, lo stesso sembra avere accaduto con il Papato.

Il punto Della rinuncia di Ratzinger è che aveva una legge oggettiva per la rinuncia papale, quindi, perchè Benedetto XVI ha scelto fare una rinuncia soggettiva?

Anonimo ha detto...

Ratzinger, che fugge di fronte ai lupi e promuove gli eretici, sa essere molto duro con coloro che vogliono difendere la bimillenaria dottrina cattolica!
E si permette pure di dire che è diventato "papa emerito" per rendere chiaro che c'è un solo papa...ma crederà veramente a ciò che ha scritto?
Comunque la presenza di parecchie persone che lo credono ancora papa dimostra quanto sia stata pessima e sbagliata quella scelta.

mic ha detto...

Ripreso da Corrispondenza Romana
https://www.corrispondenzaromana.it/notizie-dalla-rete/il-papato-emerito-e-le-conseguenti-variazioni-che-aprono-la-porta-a-un-futuro-diverso/

Anonimo ha detto...

Mic, dovresti rispondere: liquidazione sommaria senza tener conto di nessuna delle tue considerazioni fatte qui e in altri articoli. Addirittura "l'ermeneutica della continuità non si può liquidare frettolosamente", come se le tue parole fossero state scritte sull'acqua...

https://www.lanuovabq.it/it/cancellare-il-vaticano-ii-un-grave-errore

fabrizio giudici ha detto...

«A tale riguardo il magistero dei papi postconciliari ha dato contributi importanti, di cui però non si è tenuto sufficientemente conto».

Ammazza: i papi che hanno dato i contributi sono gli stessi che hanno governato la Chiesa. Per cinquant'anni. E non ha funzionato. Cosa si vuole di più per capire che c'è un problema?

Gederson Falcometa ha detto...

Anonimo 00:53
Ho letto velocemente il testo della Nuova Bussola Cotidiana. La prima domanda che se può fare sugli problemi di interpretative del Concilio è:

Quale l’importanza che i Papi conciliari gli ha datto?

Non abbiamo nemmeno una Lettera Enciclica sui problemi di interpretazione del Concilio. Il massimo che abbiamo su questi problemi è un’omelia di Benedetto XVI alla Curia Romana di diciembre 2005. Ora, per un problema così grave se doveva aspettare qualcosa in più di un’omelia alla Curia Romana. In ciò che disse rispetto alla trattazione della questione per il Papa la cosa se è fermato nell’omelia. Adesso quale il grado di autorità di un’omelia alla Curia Romana? Molti gli hanno ricevuto come una definizione dogmatica. Però, sembra che la sua autorità sia minima sia per il modo di presentare il problema sia per la mancanza di sviluppo del problema dalla parte del Papa.
La rinuncia di Benedetto XVI mostra chiaramente che il problema interpretativo non è in alcun modo separato dal problema del linguaggio. Um linguaggio oscuro genera automaticamente dei problemi interpretative. Ovviamente Se i Papi conciliari avessero dato la dovuta importanza ai problemi interpretativi, sarebbero apparsi proprio nelle dimissioni di Benedetto XVI e nella maggior parte degli atti e dei documenti di Francesco? Il peggior cieco è colui che non vuole vedere. La rinuncia di Benedetto XVI è prova provata che i problemi interpretative è anche un problema di linguaggio che mai è stato risolto da nessuno Papa conciliari che non hanno nemmeno gli datto la dovuta importanza. Pertanto, l’evidenze dicono il contrario da quanto afferma Luisella Scrosati quando scrive “...le eventuali ambiguità o incertezze dei documenti conciliari sono state chiarite dal magistero successivo di san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Come sempre è accaduto”.


L’allora cardinale Ratzinger ha scritto nel libro “Principles of Catholic Theology, p. 391” dopo parlare di “continuo processo di decadenza, avvenuto fondamentalmente sulla base delle richieste del Concilio, e che quindi ha screditato il Concilio agli occhi di molte persone” ha scritto:

“Questo vuol dire che il Concilio in se debba essere revocato? Certamente no. Vuole solo dire che la vera accettazione del Concilio non è in realtà mai veramente cominciata. Ciò che ha rovinato la Chiesa dopo il Concilio non è stato il Concilio stesso, ma il rifiuto di accettarlo… l’obiettivo quindi non è quello di sopprimere il Concilio, bensì di scoprire il vero concilio e di approfondirne le sue vere intenzioni alla luce dell’esperienza corrente””.

Qui è notevole che l’ermeneutica della riforma nella continuità non esisteva. Così vediamo, ad esempio, l’interpretazione che Benedetto XVI ha datto alla libertà religiosa nell’omelia 22 diciembre 2005 alla Curia Romana:

“ Il Concilio Vaticano II, riconoscendo e facendo suo con il Decreto sulla libertà religiosa un principio essenziale dello Stato moderno, ha ripreso nuovamente il patrimonio più profondo della Chiesa”.

Se nell’anno in che il libro “Principles of Catholic Theology” l’obiettivo era quello di scoprire il vero Concilio, è assurdo pensare che questa interpretazione (e altri) sono stati scoperte dopo l’anno 1988?

L’ermeneutica della riforma nella continuità è la scoperta del vero Conclio o un METODO di approfondirne le sue vere intenzione alla luce [non della tradizione] ma dell’ESPERIENZA corrente?

Gederson Falcometa ha detto...

Il vostro pedagogo Mario Casotti nel libro “L’educazione cattolica” presenta pedagogia tradizionale e la nostra moderna. Il libro è disponibile sull’internet nel sito Totus Tuus Ebook, dove se può leggere questa presentazione:

“A partire dalla pedagogia originatasi dalla Rivoluzione francese le preoccupazioni circa il metodo con cui insegnare cominciarono a farsi valere con particolare intensità, e si giunse (confondendo il problema del metodo con quello del contenuto o del fine) fino a condannare, in nome della pedagogia, ogni insegnamento religioso come freddo, meccanico ed antiquato. Anche i pedagogisti cattolici cominciarono a trascurare questo importantissimo aspetto dell educazione e a concentrare le loro ricerche intorno al metodo. Non che l’educazione cristiana, nella classica forma, venisse meno: però essa si ritrasse all’ombra delle chiese e dei conventi, lasciando il campo della cultura libero alle disquisizioni metodiche.

Sarebbe appena una coincidenza il fatto dalla Chiesa dal Concilio fino ad oggi avere se concentrato sul metodo*? Aggiornamento, pastorale, inculturazione, dialogo, ecc sono una concentrazione sul metodo. La pastorale, ad esempio, è un metodo senza contenuto (l’araba fenice, come ha detto Mons. Brunero Gherardini) significa appena un mezzo per un fine (è qualcosa senza una chiara definizione). In quanto se concentra sul metodo, il contenuto rimane nel buio. Questo è chiaro nella rinuncia di Benedetto XVI, come è chiaro che se “l’obbietivo è quello di scoprire il Concilio” è necessario uno metodo per questo fine (e questo è stato l’ermeneutica della reforma nella continuità che ognuno deve ancora scoprire). Come ho detto prima, il massimo che abbiamo sul trattamento degli problemi di interprettazione del Concilio è il discorso alla Curia Romana, e questo ci presenta appena un metodo, dove se vede l’esempio di alcune applicazione. Allora sembra che per qualcuni Benedetto XVI ha fatto con il dicorso 22 diciembre 2005 alla Curia Romana una definizione ex cathedra Petri. Siamo arrivati a questo assurdo di vedere la dogmatizzazione del metodo con un discorso... o la dogmatizzazione del metodo è avvenuta con la sostituizione del dogma per la pastorale fatta dal Concilio o dall’Insegno per il dialogo nella Ecclesiam Suam? In ogni modo Benedetto XVI sembra avere continuato la tradizione del metodo, come possiamo vedere nella diagnose dell’ermeneutiche, nella riforma della riforma della liturgia, nell’atrio dei Gentili, nella nuova evangelizzazione, ecc.

Se consideriamo tantissimi cambiamenti e che la Chiesa doveva abbatere i bastioni**, sarà che abbiamo ancora il katechon (che se può capire anche come uno bastioni) che è l’ostacolo che ritiene l’Anticristo?

*Benedetto XVI há parlato durante il suo pontificato di uno analfabetismo religioso e in una Messa crismale ha riconosciuto:

“Nell’incontro dei Cardinali in occasione del recente Concistoro, diversi Pastori, in base alla loro esperienza, hanno parlato di un analfabetismo religioso che si diffonde in mezzo alla nostra società così intelligente. Gli elementi fondamentali della fede, che in passato ogni bambino conosceva, sono sempre meno noti. Ma per poter vivere ed amare la nostra fede, per poter amare Dio e quindi diventare capaci di ascoltarLo in modo giusto, dobbiamo sapere che cosa Dio ci ha detto; la nostra ragione ed il nostro cuore devono essere toccati dalla sua parola”. MESSA CRISMALE. Ogni annuncio deve misurarsi sulla parola di Gesù: "La mia dottrina non è mia" - https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/messa-crismale

** L’allora cardinal Ratzinger nel libro “Principles of Catholic Theology” ha detto:
“Il fatto è, come disse Hans Urs von Balthasar già nel 1952, … che essa [la Chiesa] deve abbandonare molte delle cose che le hanno fin qui dato sicurezza e che ha considerato come date per scontato. Essa deve abbatere gli antichi bastioni ed affidarsi solamente allo scudo della fede”.

Anonimo ha detto...

Finchè ogni singolo sacerdote non avrà capito, con la sua testa, quale fu e/o furono i motivi che portarono ad ergere bastioni, i bastioni resteranno un cumulo di pietre e mattoni sul suo stomaco. Nei fatti il nuovo sotto il sole riguarda solo la tecnica ed il suo ingombro, per il resto le Fede va difesa anche nel cuore del più fedele tra i fedeli contro i propri pensieri , parole, opere ed omissioni e se, nel pericolo, si può trovar riparo dietro qualche bastione, ringraziamo il Signore.

La Fede, come qualsiasi attività dello spirito, necessita di spazi e di ripari dietro i quali ritemprarsi. Sempre più mi convinco che queste smanie di aggiornamento e ristrutturazione della Fede sono dipese dal credere che l'essere umano nasca senza peccato, che la società avanzi, che le regole di Fede e di Vita siano innate e si trasmettano in automatico.

Così è accaduto ed accade che si è guardato al passato con l'occhio insuperbito di chi pensa di essere progredito e di molto rispetto agli avi e agli antichi e si son lasciate crescere le nuove generazioni, anche dei seminaristi, senza regole quindi senza dar ragione delle regole e senza stimolarli a cercar ragione delle regole, che non potevano conoscere come gli strumenti necessari per riconoscere le trappole della vita e superarle.

"...affidarsi solamente allo scudo della fede”." Questa è un'altra perla, tra le tante, del Romanticismo tedesco di cui trasudano i libri del grande teologo. Forse è nato troppo tardi rispetto a quello che sarebbe stato il suo tempo d'elezione.

Non e' poi così ovvio,, ha detto...

Com'è possibile amare i nemici?
https://www.youtube.com/watch?v=bIea6eeK2p0

Anonimo ha detto...

Julio César Caballero Moreno – ex rappresentante dell’ex presidente della Bolivia Evo Morales – nuovo Capo Ufficio della Pontificia Commissione per l’America Latina
Il Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede N. 371 di oggi comunica che il Santo Padre Francesco ha nominato Capo Ufficio nella Pontificia Commissione per l’America Latina l’Illustrissimo Dottore Julio César Caballero Moreno
http://www.korazym.org/45393/julio-cesar-caballero-moreno

Anonimo ha detto...

Una cosa è certa: il munus ed il ministerium non significano la stessa cosa. È quindi grave che la traduzione della Declaratio operata per i media di tutto il mondo (anche per la traduzione italiana) usino la medesima parola, come se fossero sinonimi. Nella Declaratio si dichiara di rinunciare al Ministero, non al Munus. Come minimo, data la possibilità di fraintendere il reale significato della rinuncia, il card. Sodano (o qualsiasi altro cardinale), avrebbe dovuto richiedere a papa BXVI una nuova rinuncia priva di qualsiasi dubbio, dal punto di vista del diritto canonico. È a tutti evidente che, se la sede non è vacante, non si può indire un Conclave, e se si procedesse su questa strada, l'elezione del nuovo Papa sarebbe invalida e tutti i suoi atti successivi sarebbero nulli.

Anonimo ha detto...

"... È a tutti evidente che, se la sede non è vacante,..."

A monte abbiamo anche la 'chiacchieratissima' elezione di Giovanni XXIII (bis? non bis? in pectore?).

Anonimo ha detto...

Le risposte potrebbero venire solo da Ratzinger/Benedetto XVI che, solo, conosce tutti i retroscena legati alle sue dimissioni.
È una grande mente e non è certo uno sprovveduto. Oltretutto non pare sia stata una decisione improvvisata, dunque era ben consapevole di quello che faceva e soprattutto della situazione ecclesiale, compresi i lupi che lo circondavano.
Solo Lui potrebbe svelare il mistero, se si tratta di un mistero.
E non dimentichiamo che conosceva bene l'intero segreto di Fatima.