Rispolvero un vecchio articolo, con l'aggiunta del testo dell'antifona per ritrovarne le perle sempre da approfondire e custodire. Vedi anche le suggestioni del gregoriano qui
«Quasi modo géniti infántes, alleluia, rationabile, sine dolo lac concupiscite (I Petr. 2,2), alleluia, alleluia. Exultate Deo, adiutori nostro, iubilate Deo Jacob (Ps. 80,2) Gloria Patri ...» |
«Quasi come bimbi appena nati, alleluia desiderate il latte spirituale e puro (1 Pt 2,2) alleluia, alleluia. Esultate in Dio, nostra forza, giubilate nel Dio di Giacobbe (Sal 80,2). Gloria al Padre ...» |
Dalle prime parole dell'introito della Messa del giorno "Quasi modo geniti infantes". Ogni Domenica è Pasqua, ma quella in Albis, Ottava (Octava Dies) di Pasqua, ci si ricorda la gioia e la grandiosità dell'unica e solenne Domenica che ha portato e porta tutto il mondo cristiano alla Risurrezione di Cristo Signore.
Parole rivolte ai neofiti che avevano appena ricevuto la Fede per esortarli a continuare a nutrirla. Essi (e vale per tutti noi), una volta finiti i festeggiamenti del loro ingresso pasquale nella Chiesa, depositavano le vesti bianche ([in] albis vestibus) "esterne" ricevute la Domenica di Pasqua col Santo Battesimo, iniziando la feriale (ma sempre gioiosa) vita cristiana nella quale bisogna continuare a portare le vesti bianche "interne".
« Il nostro Divin Risorto ha voluto che la sua Chiesa così ne comprendesse il mistero, poiché, avendo intenzione di mostrarsi una seconda volta ai suoi discepoli, riuniti tutti assieme, ha aspettato, per farlo, il ritorno della Domenica. Durante tutti i giorni precedenti ha lasciato Tommaso in preda ai suoi dubbi; solamente oggi è voluto venire in suo soccorso, manifestandosi a questo Apostolo in presenza degli altri e obbligandolo a deporre la sua incredulità di fronte alla più palpabile evidenza. Oggi, dunque, la Pasqua riceve da Cristo il suo ultimo titolo di gloria, aspettando che lo Spirito Santo discenda dal cielo per venire a portare la luce del suo fuoco e fare, di questo giorno, già così privilegiato, l'era della fondazione della Chiesa Cristiana ». (Dom Prosper Guéranger)
"In un giorno solenne com'è questo dell'Ottava di Pasqua, quando, a cominciare dall'Introito della Messa Quasi modo geniti infantes, rationabiles..., tutto parla d'infanzia spirituale, la Chiesa romana, verso la fine del VII secolo, aveva fissato la stazione odierna presso la tomba di un martire giovinetto, il quattordicenne S. Pancrazio, in onore del quale Onorio I (625-638) aveva restaurata la basilica a lui intitolata sulla via Appia. S. Pancrazio, fin dal tempo di S. Gregorio di Tours (t 593), era considerato come il protettore dei giuramenti fatti sulla sua tomba. E poiché nel battesimo i fedeli si erano legati a Dio col più sacro dei giuramenti, per questo forse la Chiesa romana aveva scelto quella stazione, e vi conduceva i neofiti recenti e passati a riaffermare gli obblighi contratti con. Dio" (M. Righetti, Storia liturgica, Vol. II: L'anno liturgico - Il breviario, Ancora, Milano 1969, p.292-293.)
Ricordiamo che per il Sacramentario gelasiano l'Ottava di Pasqua terminava con il sabato. Al tempo di san Gregorio Magno si trasferì la sua conclusione alla domenica: Dominica post albas sul Sacramentario gregoriano. La denominazione Dominica in albis è posteriore.
“Praesta, quaesumus, omnipotens Deus: ut qui paschália festa perégimus; haes te largiénte, móribus et vita teneámus”, dice l’orazione della messa tradizionale della Domenica in albis: “Concedi, o Dio onnipotente, che, avendo celebrate le feste pasquali, ne conserviamo per grazia tua lo spirito nei costumi e nella vita”.
“Praesta, quaesumus, omnipotens Deus: ut qui paschália festa perégimus; haes te largiénte, móribus et vita teneámus”, dice l’orazione della messa tradizionale della Domenica in albis: “Concedi, o Dio onnipotente, che, avendo celebrate le feste pasquali, ne conserviamo per grazia tua lo spirito nei costumi e nella vita”.
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MARTIROLOGIO SECONDO IL CALENDARIO ROMANO ANTICO.
CONOSCIAMO IL SANTO DEL GIORNO: S. LEONE MAGNO
Oggi 11 aprile 2021, Domenica in albis, si festeggia San Leone primo Papa, detto Magno, Confessore e Dottore della Chiesa, il cui giorno natalizio si commemora il dieci Novembre.
Nel 440 c’è in Gallia quasi una guerra civile tra le due più alte autorità romane: il generale Ezio e il prefetto del pretorio Albino. Il potere imperiale è così debole, che per pacificarli si manda un uomo di Chiesa: il diacono romano Leone. Questi va e riconcilia i due. Poi apprende che papa Sisto III è morto e che è stato già eletto lui, Leone.
Nei suoi 21 anni di pontificato passano 4 imperatori: uno cacciato subito (Avito) e gli altri ammazzati: Valentiniano III, Petronio Massimo e Maggioriano. L’Impero è in agonia e la giovane Chiesa è travagliata da scontri dottrinali e discordie.
Con l’energia e la persuasione, Leone rafforza in Occidente l’autorità della Sede di Pietro, e affronta duri contrasti in dottrina. L’abate orientale Eutiche, influente a Costantinopoli, sostiene che in Cristo esiste una sola natura (monofisismo), contro la dottrina della Chiesa sulle due nature, distinte ma non separate, nella stessa persona. E ottiene che l’imperatore Teodosio convochi nel 449 un concilio a Efeso (Asia Minore). Ma qui parlano solo gli “eutichiani”, senza ascoltare i legati di Leone, e acquistando nuovi proseliti. Negando validità a questo concilio, il Papa persuade il nuovo imperatore Marciano a indirne un altro nel 451. E questo è il grande concilio di Calcedonia (presso Bisanzio), quarto ecumenico, che approva solennemente la dottrina delle due nature. Non tutti però ne accettano le decisioni, e ci sono gravi disordini, soprattutto in Palestina.
Intanto l’Occidente vive tempi di terrore. L’Impero non ha più un vero esercito; e gli Unni di Attila, già battuti da Ezio nel 451, si riorganizzano in fretta, piombano sull’Alta Italia nel 452. Lo Stato impotente chiede a papa Leone di andare da Attila con una delegazione del Senato. S’incontrano presso Mantova, e Leone convince il capo unno a lasciare l’Italia, anche col pagamento di un tributo (la leggenda parlerà poi di una visione celeste che terrorizza Attila). Tre anni dopo, i Vandali d’Africa sono davanti a Roma col re Genserico. A difendere gli inermi c’è solo Leone, che non può impedire il saccheggio; ma ottiene l’incolumità dei cittadini ed evita l’incendio dell’Urbe. E' un romano antico (forse anche di nascita) che ha incontrato Cristo, e che sente fortemente la responsabilità di successore di Pietro. Arricchisce la Chiesa col suo insegnamento (specie sull’Incarnazione); chiede obbedienza ai vescovi, ma li sostiene col consiglio personale, li orienta in dottrina, nello splendido latino dei suoi scritti, per "tenere con costanza la giustizia" e "offrire amorosamente la clemenza", poiché "senza Cristo non possiamo nulla, ma con Lui possiamo tutto". Non si hanno notizie sugli ultimi tempi della sua vita. Il Liber pontificalis dice che governò 21 anni, un mese e 13 giorni. I suoi romani lo chiamano “Leone Magno”, il Grande.
Giusta un antico uso romano, che data almeno fin dai tempi di san Gregorio Magno, le basiliche cimiteriali dei Martiri, a cagione della loro lontananza dalla Città, non vengono mai prescelte siccome meta delle processioni stazionali; ma in un giorno solenne come è questo dell’Ottava di Pasqua, in cui tutto ancor parla d’infanzia spirituale, si fa eccezione per la tomba d’un martire giovinetto, il quattordicenne Pancrazio.
http://www.unavoce-ve.it/schuster-04-dominalbis.htm
Spesso mi prende nostalgìa dell'acqua benedetta . Desiderare di essere aspersi e' per me desiderio di inebriarmi del Preziosissimo Sangue ed Acqua di NSGC .Mai avrei immaginato di patire anche per questo . Desiderio dell'acqua benedetta desiderio di Te mio Re . Asperges me ,Domine ...
Lo sapevo che prima o poi avrebbero alzato il tiro, ed ecco che un uomo che si sente donna non si sente solo donna ma anche suora! Se un uomo che si sente donna può giocare in una squadra femminile e se glielo vegano scatta l'accusa di omofobia, ora che un uomo vuol diventare suora, cosa accadrà? Accuseranno la Chiesa di omofobia o, meglio, di suorofobia? Non c'è davvero fine a questa storia, tutto ciò che possiamo immaginare o è già successo o sta per accadere e più la nostra immaginazione va nella direzione dell'assurdo, più l'assurdo diventa normale, ma l'abito non fa il monaco, tantomeno la monaca.
La domenica della divina misericordia è una festività cattolica istituita nel 1992 da papa Giovanni Paolo II e dedicata alla divina misericordia. Nell'anno liturgico della Chiesa cattolica viene celebrata nel giorno della domenica in albis, ovvero la domenica successiva a Pasqua.
Nel messale del 1962, la giornata dedicata alla festa della misericordia viene chiamata Domenica in albis (vestibus), mentre in seguito al Concilio Vaticano II e la conseguente riforma liturgica tale giorno viene chiamato “seconda domenica di Pasqua” oppure “domenica dell’ottava di Pasqua”.
Tradotta letteralmente, la locuzione latina in albis (vestibus) sta a significare bianche (vesti). Agli albori della Chiesa, il battesimo era infatti impartito durante la Pasqua, di notte, e per l’occasione i battezzandi vestivano con una tunica bianca, che indossavano anche peri l resto della successiva settimana, fino (appunto) alla domenica dopo Pasqua. Da cui il modo di dire latino “in albis depositis o deponendis” ovvero “domenica in cui si ripongono le vesti bianche”, che ha portato tale giorno ad essere definito Domenica in albis. La Chiesa ortodossa a preferito a questo il nome di “domenica di San Tommaso”, dalla lettura del brano evangelico (Gv 20,26-29) che riporta l’incredulità di San Tommaso, mentre per il calendario luterano, è la “domenica Quasimodogeniti l’equivalente della nostra domenica in albis.
Giovanni Paolo II stabilì (nel 2000) che tale domenica venisse denominata “della divina Misericordia”, un titolo derivante dal suo legame con la figura di Faustina Kowalska, santa e mistica polacca. La preparazione a questa festa è la novena la Coroncina alla Divina Misericordia iniziando dal Venerdì Santo. La stessa santa Faustina riportò nel suo diario il desiderio di Cristo, apparso alla donna: “Desidero che la Festa della misericordia sia di riparo e di rifugio per tutte le anime e specialmente per i poveri peccatori. In quel giorno sono aperte le viscere della mia misericordia, riverserò tutto un mare di grazie sulle anime che si avvicinano alla sorgente della mia misericordia. L’anima che si accosta alla confessione ed alla santa Comunione, riceve il perdono totale delle colpe e delle pene. […] Nessuna anima abbia paura di accostarsi a Me, anche se i suoi peccati fossero come lo scarlatto.”
'S'io fossi papa', lascerei evidente la stratificazione storica:
domenica dell’ottava di Pasqua/in albis /di San Tommaso/ della divina Misericordia.
l'ottava di Pasqua è un fatto del calendario;
in albis è un fatto liturgico;
di San Tommaso quella più fondata apostolicamente sul Vangelo del giorno;
della Divina Misericordia è il riconoscimento delle locuzioni dal Cielo nel tempo.
P.S. Di prassi sia per la santificazione, che per il riconoscimento di visioni e locuzioni, cento anni li lascerei passare sempre, raccogliendo tuttavia fatti e testimonianze necessarie ai vari riconoscimenti e lasciando libero il popolo nella sua venerazione. Questo a causa delle santità 'espresso' elargite sotto pressione di scopi diversi dall'autentica santità e dalle autentiche locuzioni.
Grazie a Mic perchè aveva già tracciato la stratificazione storica (poi qui completata con l'ultima di Giovanni Paolo II) ma sottolineato quella liturgica...
La scheda biografica su Leone Magno
Qualche integrazione.
Si deve ricordare che Leone mandò al Conclio di Calcedonia una sua lettera (il famoso tomus Leonis) nella quale definiva in modo impareggiabile la vera natura di Cristo, secondo il dogma, contro le eresie galoppanti (monofisite e nestoriane). Il Concilio acclamò spontaneamente il testo come "voce di Pietro", che aveva parlato con lo scritto del Papa e lo mise agli atti del Concilio stesso. Roma non era più da tempo capitale dell'impero ed era stata già saccheggiata (semisguarnita) da Alarico nel 410, un'impresa più banditesca che militare. Nel 451 oltre al Concilio di Calcedonia ci fu la vittoria di Ezio, alleato ai Visigoti, contro Attila in Gallia, ai Campi Catalaunici. Una sconfitta pesante, che non portò all'annientamento degli Unni solo perché i Visigoti non vollero andare sino in fondo, sembra. Con Ezio l'impero in Occidente aveva temporaneamente ricostituito un esercito.
Nel 452 Attila, ripresosi, entrò in Italia da una delle nostre numerose porte, il passo del Vipacco, e distrusse Aquileia. Si avanzò devastando sino al Mincio. Sul Po lo aspettava Ezio con l'esercito romano, forse inferiore di numero alle orde unne. Le schiere di Attila soffrivano della peste. La delegazione del Senato, con Leone, lo convinse a ritirarsi. Forse pagarono anche un tributo. Sul ruolo effettivo di Leone nel convincere il barbaro al ritiro sono fiorite sempre leggende.
Nel 455 arrivarono i Vandali dall'Africa a saccheggiare Roma del tutto inerme, un'operazione studiata proprio come ruberia in grande stile. Parte della popolazione fuggì. Genserico, il capo, era un eretico, un ariano, come quasi tutti i Germani, per i quali la divinità di Cristo era evidentemente un concetto troppo difficile da capire. Leone, rimasto coraggiosamente, riuscì a negoziare le condizioni del saccheggio, che fu comunque imponente, anche se le chiese sembra siano state risparmiate dalla distruzione. Genserico ripartì con molti ostaggi.
Lo Stato della Chiesa ancora non esisteva, Leone non era un sovrano temporale, formalmente esisteva ancora l'impero in Occidente, anche se a brandelli (finì nel 476 quando l'ennesimo capo germanico assoldato, Odoacre, rimandò a Costantinopoli le insegne imperiali e depose l'imperatore d'Occidente). Eppure, Leone conferì al papato un prestigio e un ascendente ineguagliabile su tutta la cristianità, grazie alla sua purezza dottrinale e alla visione superiore ed equilibrata che mostrò sempre di possedere.
In balia dei barbari, che gli devastavano Roma, rivendicava impassibile il primato di PIetro, primato spirituale, religioso, che mostrava in ogni caso di meritare con la sua superiore scienza teologica e il suo afflato, il suo carisma (come si vede dalle sue opere rimaste).
H.
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