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venerdì 4 maggio 2012

Santa Sede-FSSPX: il danno di forzare le cose, e la terza via

Il testo che segue è tratto dal Blog spagnolo Religion en libertad by il blog francese Benoît et moi. Si tratta di una riflessione che ha la sua logica. Tuttavia ci sono dei pro e dei contro in tutte le soluzioni prefigurate: la regolarizzazione canonica taglierebbe la testa al toro e, soprattutto darebbe sia libertà nei confronti dei troppi vescovi ostili che stabilità al futuro. Un riconoscimento, diciamo così, solo pastorale, eviterebbe scissioni all'interno della Fraternità; ma non garantirebbe la stessa libertà d'azione. Potrebbe anche venir fuori una vera terza via che contemperi tutte le esigenze. Resta dunque valido l'invito di Mons. Fellay di pregare che sia fatta la volontà del Padre.

Per comprendere (che vi si aderisca o no) l'atteggiamento della Fraternità Sacerdotale San Pio X nei suoi colloqui con la Santa Sede, è fondamentale comprendere un punto: sapere, che per la Fraternità, l'essenziale non è mai stato « il suo problema », cioè, la situatione di eccezionalità canonica nella quale si trova, ma la situazione di eccezionalità dottrinale nella quale si trova la Chiesa nel suo insieme, riconosciuta sotto una forma o sotto un'altra, benché non valutata nello stesso senso dalla Fraternità, da Paolo VI, da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI.

Negli ultimi giorni di sono moltiplicate le fughe di notizie, gli articoli d’opinione e le dichiarazioni che suppongono che ci sarà un accordo sul Preambolo Dottrinale che condiziona la regolarizzazione canonica. (1)
La fraternità ha tagliato corto a queste voci affermando che ci si trova « di fronte ad una tappa, e non ad una conclusione », del processo. E che conseguentemente il risultato è ancora incerto.
« La verità è che non c'è nulla di definitivo, né nel senso di un riconoscimento canonico, né nel senso di una rottura, e che noi siamo in attesa », diceva ai suoi preti il vescovo Bernard Fellay, superiore generale della FSSPX, in una circolare interna del 14 aprile, solo tre giorni prima della sua risposta alla Congregazione per la Dottrina della Fede.

Padre Laguérie, ordinazioni del 2010
Nel frattempo, sono state diffuse informazioni secondo le quali il 23 marzo la commissione Ecclesia Dei, in seguito ad una visita canonica all'Istituto del Buon Pastore (società di vita apostolica approvata nel 2006 dalla Congregazione del Clero e fondata da Padre Philippe Laguérie e da sacerdoti già appartenenti alla FSSPX), avrebbe segnalato che i professori del suo seminario devono « insistere sull'ermeneutica del rinnovamento nella continuità basandosi sull'integralità della dottrina cattolica esposta dal Catechismo della Chiesa Cattolica », piuttosto che in « una critica, per quanto seria e costruttiva, del Concilio Vaticano II ». [cf. lo scritto di Padre Laguérie, superiore dell'IBP e questa recentissima riflessione di Don Stefano Carusi IBP pubblicata da Disputationes Theologicae].

È il punto fondamentale che vuol precisare la FSSPX in vista della sua normalizzazione canonica. Teologi romani come Brunero Gherardini e Nicola Bux (2), buoni conoscitori della questione, hanno fatto appello alla Fraternità per convincerla che la posizione teologica del Concilio Vaticano II è materia di discussione e non sarà utilizzata in futuro contro la Fraternità se si sottoscrive un accordo.

Si tratta del quid della questione che si profila oggi.

Non è bene creare artificialmente un clima di opinione che suppone qualcosa che non è accaduto e utilizzare questo clima che potrebbe sfociare per la Fraternità in una situazione di « non poter non firmare ».

Paradossalmente, questo clima è poco utile per il successo delle trattative, perché se Fellay avesse cercato un accordo canonico, avrebbe potuto ottenerlo sin da cinque anni fa. Ciò che egli si propone è una base dottrinale che apre un cammino per tutta la Chiesa nel quale la FSSPX non sia che un elemento supplementare.
Dal canto suo, la Santa Sede cerca il modo di trovar posto alla posizione dottrinale della FSSPX senza relativizzare il valore del Concilio Vaticano II, proprio in coincidenza dell'anno del suo cinquantenario ma nello stesso tempo senza dare la sensazione che si esige dalla FSSPX qualcosa che non si esige da nessun altro.

È questo il dilemma per le due parti. E le pressioni non aiutano perché, tra l'accordo e la rottura,  ci sono anche posizioni intermedie o terze vie, come il proseguimento di un tacito statu quo di buona volontà che, negli ultimi anni, con alti e bassi chiari e oscuri, è convenuto alle due parti in attesa di tempo più propizi.

* * * 
 NOTE
(1) Leggere al riguardo lo storico dei commenti giornalistici sul sito della FSSPX, DICI
(2) Traduzione dal quotidiano italiano Il Foglio nel corso di un'intervista al riguardo di Mons. Bux. 

3 commenti:

Helvète su Fecit ha detto...

Il n'y a pas de troisième voie: le statu quo revient au même qu'une rupture et conduit inévitablement à la même conclusion.

Il n'y a qu'un choix: accepte-t-on de rejoindre la structure officielle de l'Eglise catholique (je passe sur la question des conditions) ou non.

Cela n'empêche en rien de nouvelles discussions dans le futur.

C'est une négociation classique avec des positions définies pour chaque partie et une certaine marge de manœuvre (oui, il existe une certaine marge de manœuvre, même pour la FSSPX: au lieu de rejeter en bloc les textes du concile, cette dernière peut ne refuser que certains textes problématiques ou alors conditionner certains passages à leur interprétation selon la doctrine pré-conciliaire uniquement).

Mais si les marges de manœuvres de chaque partie ne se recouvrent pas alors rien ne sert de continuer à discuter. Et retour à la case départ. Statu quo ou rupture des discussions reviendront au même: Rome peut toujours essayer de déclarer la FSSPX schismatique à condition qu'elle trouve un élément doctrinal permettant de statuer dans cette direction ou le besoin de consacrer de nouveaux évêques pour la FSSPX conduira à la situation d'avant la levée des excommunications.

Anonimo ha detto...

Grazie per aver messo il link all'interessantissimo articolo di Disputationes Theologicae, nella data significativa del 2 maggio, festa di S. Atanasio...

Mi pare che Don Carusi, partendo già dal titolo « Il "rito proprio" e "l’ermeneutica della continuità" sono sufficienti ? », non manchi di replicare alle indicazioni di Mons. Pozzo, mettendo in causa la stessa esistenza dell'Istituto Buon Pastore : « Esso, se si privasse delle sue specificità statutarie, sarebbe – è l’avviso della nostra rivista – radicalmente denaturato e ci chiediamo : senza l’ “exclusive” e accantonando la “critica seria e costruttiva”, il Buon Pastore conserverebbe la sua ragione d’esistere ? » Inoltre, dopo aver messo in guardia contro « Il pericolo dell’ubbidienza indebita o servilismo e della perdita di ciò che rappresentiamo », Don Carusi aggiunge con fermezza « dobbiamo dunque ritenere, fiduciosi nella Provvidenza, che siano appunto degli inviti. ».

Mi sembra un modo molto elegante per dire che non accoglie come un obbligo òe parole dell'ED e che quindi non intende conformarvisi. Bisognerà vedere cosa ne pensa il suo superiore...

don Camillo ha detto...

Anonimo adesso prepariamo un post dedicato solo a Carusi! Credo che sia molto utile!