Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

giovedì 13 febbraio 2014

Klaus Gamber. L'Altare verso il popolo

Domande e risposte (12 domande)
Di Mons. Klaus Gamber

Vi propongo questo testo ricco di insegnamenti e fonte di meditazione e approfondimento della fede. Qui pubblico l'incipit. Il resto - l'esplicitazione delle domande e delle risposte - lo trovate a questo link, che inserirò anche in fondo.

Questo documento segue e completa il precedente tratto da Iota unum di Romano Amerio.

Per diffondere e condividere le ricchezze della nostra Fede. Che non restino sepolte e quindi vengano poi sminuite o addirittura dimenticate. 

"Poi venne un altro angelo e si fermò all’altare, reggendo un incensiere d’oro. Gli furono dati molti profumi perché li offrisse insieme con le preghiere di tutti i santi bruciandoli sull’altare d’oro, posto davanti al trono" (Apocalisse 8, 3).
Secondo la concezione dell’epistola agli Ebrei, il tempio terreno di Gerusalemme e il suo altare erano l’immagine del santuario che è in cielo ed in cui il Cristo, eterno sacerdote, è entrato (9, 24).

La liturgia celeste e la liturgia terrestre sono una cosa sola. Così, secondo il passo dell’Apocalisse citato in epigrafe, un angelo è fermo davanti all’altare d’oro del cielo, con un incensiere d’oro in mano, allo scopo di offrire le preghiere dei fedeli al cospetto di Dio. Anche la nostra offerta terrena non diventa totalmente valida davanti a Dio se non è "condotta dalla mano di un angelo sull’altare celeste", come è detto nel canone della messa romana.

La concezione secondo la quale l’altare di quaggiù è un immagine dell’archetipo celeste che si trova davanti al trono di Dio, ha sempre determinato sia la sistemazione dell’altare, sia la posizione del sacerdote nei confronti di esso: e noi abbiamo visto che l’angelo che regge l’incensiere d’oro è fermo davanti all’altare. D’altra parte, le prescrizioni che Dio ha dato a Mosè (cfr. Esodo 30, 1-8) hanno certamente svolto un ruolo anch’esse.

Queste osservazioni preliminari erano necessarie per far comprendere a che punto siano cambiate le concezioni attuali circa l’altare. Questo cambiamento non è stato effettuato brutalmente, ma poco la volta; si è cominciato diversi anni fa, prima del Concilio Vaticano II.

Nella Richtlinien für die Gestaltung des Gotteshauses aus dem Geist der römischen Liturgie (Istruzioni per la sistemazione delle chiese nello spirito della liturgia romana), del 1949, Theodor Klauser sostiene che: "Certi segni fanno intravedere che, nella Chiesa futura, il prete si terrà come un tempo dietro l’altare e celebrerà col viso volto verso il popolo, come si fa ancora oggi in certe basiliche romane; l’augurio, che si solleva dappertutto, di veder più chiaramente espressa la comunione al tavolo eucaristico, sembra esigere questa soluzione" (n° 8).

Ciò che Klauser presentava allora come augurabile, come si sa, nel frattempo è divenuto quasi dappertutto la norma. Si pensa di aver fatto rivivere così un uso della cristianità delle origini. Ora, come dimostreranno chiaramente le spiegazioni che seguono, si può provare con certezza che non si è mai avuta, né nella Chiesa d’Oriente né in quella d’Occidente, alcuna celebrazione versus populum (verso il popolo), ma che, al contrario, per pregare tutti si volgevano sempre ad Oriente, ad Dominum (verso il Signore).

L’idea di un “faccia a faccia” tra il sacerdote e l’assemblea, nel corso della messa, risale piuttosto a Martin Lutero, il quale, nel suo piccolo libro Deutsche Messe und Ordnung des Gottesdienstes (La messa tedesca e l’ordinazione del culto divino), del 1526, all’inizio del capitolo Della domenica per i laici, così scrive: "Noi conserveremo gli ornamenti sacerdotali, l’altare, le luci fino all’esaurimento o fino a quando non riterremo di cambiarle. Lasceremo, tuttavia, che altri possano fare diversamente; ma nella vera messa, fra veri cristiani, occorrerebbe che l’altare non restasse com’è adesso e che il prete si volgesse sempre verso il popolo, come senza alcun dubbio Cristo ha fatto al momento della Cena. Ma questo può attendere."

Ed ecco che il momento atteso è arrivato…

Per giustificare il cambiamento di posizione del celebrante in rapporto all’altare, il Riformatore si riferiva al comportamento di Cristo all’Ultima Cena. In effetti egli aveva davanti agli occhi le abituali raffigurazioni dei suoi tempi: Gesù in piedi o seduto a metà di una gran tavola, con gli Apostoli alla sua destra ed alla sua sinistra.

Ma Gesù, ha effettivamente occupato tale posto?

Certamente non avvenne così, poiché sarebbe stato contrario agli usi domestici dell’epoca.

Al tempo di Gesù, e ancora secoli dopo, si utilizzava sia una tavola rotonda sia una tavola a forma di sigma (a semicerchio). Il davanti di essa veniva lasciato libero, per permettere il servizio. I convitati erano seduti o allungati dietro il semicerchio. Per far ciò utilizzavano dei divani o un banco, anch’esso a forma di sigma. Il posto d’onore non si trovava, come si potrebbe credere, in mezzo, ma a destra (in cornu dextro). Il secondo posto d’onore stava di fronte al primo.

Questa disposizione dei posti la ritroviamo, in maniera costante, nelle raffigurazioni più antiche della Cena di Gesù, fino a metà del Medio Evo. Il Signore è sempre allungato o seduto dalla parte destra della tavola (fig. 4). È solo verso il XIII sec. che si incomincia ad imporre un nuovo tipo di raffigurazione: ed allora Gesù è posto dietro la tavola, in mezzo agli Apostoli che lo circondano. È questa l’immagine che Lutero aveva davanti agli occhi.

In effetti, essa ha l’apparenza di una celebrazione versus populum. Tuttavia, in realtà non si tratta di niente di simile, poiché il "popolo" verso cui il Signore avrebbe dovuto volgersi, si sa che era assente nella sala della Cena. Cosa questa, che toglie ogni valore all’argomentazione di Lutero. D’altronde, per quanto ne sappiamo, anch’egli non ha mai preteso che si celebrasse volti verso l’assemblea, come in seguito hanno preso l’abitudine di fare i Riformati, soli fra le comunità protestanti.

---> Per proseguire la lettura e l'analisi: l'intero documento.

11 commenti:

Anonimo ha detto...

Si legge nel testo citato:
Nelle chiese ortodosse d’Oriente - ove, dopo tutto, vi sono alcune centinaia di milioni di cristiani - si continua a rispettare l’uso della Chiesa delle origini, secondo cui il sacerdote che celebra il Santo Sacrificio è girato, insieme con i fedeli, verso l’àbside. Questo vale sia per le Chiese di rito bizantino (greca, russa, bulgara, serba, ecc.) sia per le Chiese dette di rito orientale antico (armena, siriana, copta).
Poco più avanti:
Come abbiamo già detto, nel rito bizantino è l’iconostàsi che attua la separazione, ma, secondo la concezione ortodossa, essa rappresenta anche, insieme alle icone, l’Ecclesia cœlestis (la Chiesa del Cielo) che celebra di concerto con i fedeli, tanto che essa dev’essere considerata, da quelli che partecipano alla celebrazione, non solo come una separazione, ma anche come un oggetto di contemplazione.
In altri riti orientali non bizantini, l’iconostàsi manca; al suo posto vi sono, come presso gli Armeni, due tende: una piccola davanti all’altare e una grande che, in certi momenti della liturgia della messa, nasconde tutto il coro agli occhi dei fedeli. E a questo proposito san Giovanni Crisostomo dice: "Quando vedi chiudere le tende, pensa che in quel momento il cielo si apre lassù in alto e ne discendono gli angeli".

Basterebbe seguire l'esempio di chi da oltre 16 secoli ha conservato integra la liturgia.

Turiferario ha detto...

Leggendo studi seri e documentati sulla storia della liturgia si può avere un'idea di quanto sia arrogante e facilona la sicumera con cui si è detto e si continua a dire che "il prete deve guardare in faccia i fedeli perché così faceva Gesù all'ultima cena". Si cade come niente in un archeologismo di pura fantasia dove si immagina che al tempo degli apostoli si stesse a tavola come ci stiamo noi (e neanche oggi in fondo ci stiamo tutti allo stesso modo!).

Anonimo ha detto...

"Nelle chiese ortodosse d’Oriente - ove, dopo tutto, vi sono alcune centinaia di milioni di cristiani - si continua a rispettare l’uso della Chiesa delle origini"

Anche nelle Chiese sui iuris senza bisogno di scomodare gli ortodossi...

Luisa ha detto...

Fra pochi giorni si terrà un simposio, voluto dalla Congregazione per il Culto divino, per celebrare i 50 anni della Sacrosanctum Concilium.
Si è svolta oggi la conferenza stampa di presentazione, evidentemente solo entusiasmo, non una parola sullo scempio liturgico, sugli abusi, su quelle che la REDEMPTIONIS SACRAMENTUM avave definito "errate applicazioni", al contrario non si è ancora andati abbastanza lontano!
E così Canizarès, il cardinale che vuole tanto bene al cnc( modello di eterodossia liturgica), che aveva partecipato al complotto (fallito) ordito alle spalle di Benedetto XVI per strappargli l`approvazione della prassi liturgica nc, può dire:

"Allo stesso tempo, ciò richiede oggi, da parte nostra, l’urgente impegno di continuare ad approfondire il rinnovamento liturgico voluto dal Concilio Vaticano II, nel quale molto si è fatto – è vero – ma molto resta ancora da fare. Di lì scaturiranno frutti di rinnovamento ecclesiale, di nuova evangelizzazione, di edificazione di un’umanità nuova, fatta di uomini nuovi guidati dall’amore di Dio, uomini e donne santificati che lavorino per la pace."

http://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2014/02/13/0106/00207.html

Luisa ha detto...

Sempre Canizares:

"Il Concilio del nostro tempo, infatti, ha contribuito e continua a contribuire senza dubbio in modo straordinario a fare sì che la Chiesa, rinnovata e santificata interiormente senza posa, viva e intensifichi generosamente con rinnovato vigore la solidarietà con l’umanità nelle sue speranze e inquietudini. Questa Chiesa, che confida in Dio da lui è guidata e per la sua glorificazione sussiste, è chiamata ad affrontare al giorno d’oggi con coraggio, allegria, gioia, libertà e decisione l’evangelizzazione dell’uomo contemporaneo,..."

Una Chiesa rinnovata e solidale, una Chiesa che cammina con un passo allegro, ma che favola si racconta, e ci racconta, Canizares?
Rinnovata lo è, ma in che senso?
Forse in un senso geneticamente modificato?
Solidale, anche a costo di perdere per strada l`ortodossia dottrinale e liturgica?
Occhiali rosa, ottimismo postconcilaire, menzogne, tante parole e un pesante silenzio.

rosa ha detto...

segnalo un articolo su rorate coeli a proposito diliturgia.
Chissa' perche' , dopo averlo letto, ho pensato a BXVI e ai motivi dell' abidicazione.
Rosa

mic ha detto...

È forse questo?
Potresti tradurcelo per favore?

http://rorate-caeli.blogspot.it/2014/02/the-end-of-reform-of-reform-kociks.html

Anonimo ha detto...

Canizares è uno dei classici prelati furbacchioni che cambiano opinione e atteggiamento a seconda del vincitore di turno dietro al quale si accodano. Sotto Ratzinger celebrava pontificali in rito antico affermando che lo faceva per dimostrare che è normale celebrare la Messa in latino. Sotto Bergoglio, ha avuto una trasformazione camaleontica e ha iniziato e raccontare le panzane tipiche del suo diretto superiore.

rosa ha detto...

cara luisa, in sintesi, si fa un paragone tra i tentativi di riforma di alcuni teologi anglicani a fine'800 e quello del New Liturgical Movement , che han sposato "la riforma dela riforma" Ebbene, ad un certo punto la Chiesa anglicana disse "Stop", e sospese quei teologi, perche' si erano avvicinati troppo al Cattolicesimo. Scrissero un ultimo "Tratto", e smisero. L' autore di qull' ultimo Tratto, era il futuro Cardinale e Beato di S. Romana Chiesa Newman.
Ora l' ultimo s ritto di uno degli autori del NLM sostiene che, dopo tanto pensare e riflettere, non si puo' arrivare ad una terza via, mediana, tra l' NO e la Messa di sempre, perche' per quanto si possa reintrodurre il Latino, o cetcare traduzioni piu' corrette, o ritornare a prefazi ed offertori come prima, c'e' un qualcosa nell' NO che lo rende profondamente diverso dalla Messa di sempre.
A questo punto, commenta l' autore di Rorate, succede quel che successe allora in Inghilterra: non poteva esistere un Anglicanesimo terza via, mediana, tra il protestantesimo e il cattolicesimo, che ripristinasse l' eucaristia e la Messa come ripetizione del sacrificio di Cristo. La chiesa anglicana non ne volle sapere e caccio' i sostenitori. Di altri non si parla, ma di quel che accadde a Newman sappiamo tutto.
Cosa accadra' ora ai pensatori del NLM, che si sono accorti dell' irriducibilita' dell' NO ad una modifica in senso "messa antica di sempre", ora che han capito che la riforma della riforma non e' posibile ?
Io ho pensato a Benedetto, perche' dall' articolo mi e' sembrato di capire che questi liturgisti stessero preprando un testo da sottopore...per eventuali modifiche dell'NO? da sottoporre al Papa regnate fino allo scorso febbraio ? che qualcuno abbia saputo, ed agito prr bloccare il tutto?
L' articolo del liturgista in cui sostanzialmente dichiara: basta, non se ne puo' far nulla, e' stato pubblicato a giugno 2013. Chiunque, anche non ecclesiastico, ma ricercatore, sa che per essere pubblicato a giugno l' articolo, ed il materiale " di ricerca" su cui si basa, dev' essere pressocche' pronto da almeno2-3 mesi prima, quindi...
Tra i miei personali sospetti sulla rinuncia, c' era anche che stesse preparando una modifica dell' NO, per renderlo piu' silmile al VO, cosi' come previsto dai documenti conciliari, e che per questo, anche per questo, sia stato" rinunciato", o se preferite " abdicato".
Rosa



p

Anonimo ha detto...

Omelia di Benedetto XVI (Veglia Pasquale, 22 marzo 2008) :

« Nella Chiesa antica c’era la consuetudine, che il Vescovo o il sacerdote dopo l’omelia esortasse i credenti esclamando : “Conversi ad Dominum” — volgetevi ora verso il Signore.
« Ciò significava innanzitutto che essi si volgevano verso Est, nella direzione del sorgere del sole come segno del Cristo che torna, al quale andiamo incontro nella celebrazione dell’Eucaristia. Dove, per qualche ragione, ciò non era possibile, essi in ogni caso si volgevano verso l’immagine di Cristo nell’abside o verso la Croce, per orientarsi interiormente verso il Signore.
« Perché, in definitiva, si trattava di questo fatto interiore : della conversio, del volgersi della nostra anima verso Gesù Cristo e così verso il Dio vivente, verso la luce vera.
« Era collegata con ciò poi l’altra esclamazione che ancora oggi, prima del Canone, viene rivolta alla comunità credente : “Sursum corda” — in alto i cuori, fuori da tutti gli intrecci delle nostre preoccupazioni, dei nostri desideri, delle nostre angosce, della nostra distrazione — in alto i vostri cuori, il vostro intimo !
« In ambedue le esclamazioni veniamo in qualche modo esortati ad un rinnovamento del nostro Battesimo : Conversi ad Dominum — sempre di nuovo dobbiamo distoglierci dalle direzioni sbagliate, nelle quali ci muoviamo così spesso con il nostro pensare ed agire. Sempre di nuovo dobbiamo volgerci verso di Lui, che è la Via, la Verità e la Vita. Sempre di nuovo dobbiamo diventare dei “convertiti”, rivolti con tutta la vita verso il Signore. »

Anonimo ha detto...
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