Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

lunedì 3 marzo 2014

La Santa Messa. Sacralità e banalizzazioni

« Alla messa vespertina nella parroc­chiale di un paese qui vicino, sul lago. Un posto turistico, gente di ogni parte, anche straniera. Assie­me agli abitanti del luogo ci sono quelli che alloggiano negli alberghi, nei camping o che hanno una bar­ca (spesso un vero e proprio yacht) ormeggiato nel porticciolo. Seduto in uno degli ultimi banchi, al mo­mento della comunione attendo che vadano avanti gli altri. In effetti, per qualche problema di schiena, in questo periodo cammino lentamen­te, appoggiandomi a un bastone, non vorrei rallentare la fila che si forma davanti all’altare. Andrò do­po gli altri, con i miei passettini. Mi accorgo che quella fila comprende tutti, o quasi tutti, coloro che sono nella chiesa: non c’è quasi alcuno che non vada a prendere in mano la particola per poi portarla alla boc­ca. Al fondo del tempio sono rima­sto io solo, col mio bastone. Come già altre volte mi faccio la domanda: possibile che ciascuna di queste persone sia, come si diceva nei ca­techismi, “in grazia di Dio”? Proprio nessuno ha commesso qualcuna di quelle colpe che, secondo la dottri­na, che non mi sembra abolita, esi­gono la confessione previa prima di accostarsi all’eucaristia? Dove so­no le avvertenze appassionate dei vecchi predicatori che parlavano di profanazione per chi riceva l’ostia senza essersi prima purificato dai peccati?

Credo che una risposta possibile stia nella constatazione che, qui pure, è venuto meno l’equilibrio tra due realtà. Quella che chiamia­mo “messa” ha un doppio aspetto: è una agape, un pasto tra fratelli che credono nel Cristo; ma, al con­tempo, è il rinnovamento misterico del sacrificio cruento e redentore di quel Cristo stesso. La celebra­zione eucaristica è una occasione comunitaria e insieme una Realtà sacra. Quest’ultima ha certamente preso il sopravvento nei secoli tra il Concilio di Trento e il Vaticano II e attorno all’eucaristia sembra es­sersi accentuata un’atmosfera da mysterium tremendum, con lunghi digiuni e norme severe per potere accostarvisi. La comunione solo come premio per i giusti. L’ostia era intoccabile da mani che non fosse­ro consacrate, i catechisti davano persino istruzioni concrete su come assumerla e inghiottirla, raccoman­dando soprattutto che non fosse masticata. La consacrazione avveniva a voce bassa, ovviamente in latino, tra squilli di campanelli che segnavano il tempo misterico e il precetto di inginocchiarsi nel racco­glimento. Tutti in ginocchio, davanti alle balaustre che delimitavano lo spazio sacro riservato ai sacerdoti, anche nell’assumere la particola. Dopo l’ultimo Concilio, il contrap­peso del pendolo è passato dal la­to opposto: nel senso comune dei fedeli, ma anche di gran parte del clero, è prevalso l’aspetto “convi­viale”, l’idea del banchetto festoso tra amici: e a chi, in simili occasioni, si può negare il cibo? La consacra­zione avviene a voce alta, nella lin­gua comune del posto, i campanelli sono impolverati negli armadi in sa­crestia, il “pane eucaristico” (come amano chiamarlo) si riceve in piedi, nella mano. Sconsigliato in ogni ca­so l’inginocchiarsi, in nessuna fase del “pasto”: e, in effetti, buona parte delle nuove chiese ha i banchi sen­za inginocchiatoi oppure comuni sedie. L’omelia stessa è conside­rata troppo direttiva, inadatta per un incontro festoso tra amici ed è spesso sostituita da un dialogo tra gli astanti e il celebrante. Anzi, que­sta parola stessa è non di rado rifiu­tata: il prete, anzi il presbitero (mai dire “sacerdote”, termine troppo sacrale!) è solo colui che presiede all’adunanza fraterna, è il coordina­tore, l’animatore della festa che è “celebrata” da tutti i convitati. I quali sono invitati a stringersi la mano, ad abbracciarsi. Ad essi sono affidate anche le intenzioni della preghiera. È indubbio che c’è questa prospet­tiva dietro le fila totalitarie di coloro che vanno a ritirare il “pane” che si mettono in bocca essi stessi. Se la messa è un incontro tra fratelli invi­tati tutti a tavola, che bisogno c’è di farlo precedere da uno spinoso esa­me di coscienza, seguito dal fatico­so raccontare i fatti propri, anche i più intimi, a un confessore? Per purgarsi dai peccati? Ma che cos’è il peccato e di che cosa dobbiamo farci perdonare?

Insomma, questo è il problema: co­me al solito, occorrerebbe la compositio oppositorum, il “questo” ma anche “quello”, bisognerebbe recuperare la prospettiva della ce­lebrazione eucaristica come una realtà complessa, duale, dove c’è un tempo per gioire e un tempo per meditare, un posto dove un’assem­blea umana incontra il Mistero divi­no, dove il tempo incontra l’infinito, dove ci si stringe la mano e ci si ab­braccia festosi ma anche si recita il mea culpa per le proprie colpe. Naturalmente, a viste umane, credo non ci sia da illudersi: l’equilibrio è, per noi bipedi, tra le cose più diffi­cili da trovare e da conservare. Nel grande, spesso aspro dibattito post­conciliare a proposito della celebra­zione eucaristica, due schieramenti si sono contrapposti, ciascuno però con una visione che sembra dav­vero parziale. Da una parte i “tradizionalisti”, difensori del carattere sacrale della messa; dall’altra parte i “modernisti” (chiamiamoli così, per intenderci), fautori della prospettiva assembleare, sociale. Mi sembra che, da entrambe le parti, pochi siano stati davvero consapevoli che ciò che bisogna innanzitutto recu­perare è la consapevolezza della complessità, della “ambiguità” - in senso etimologico - della celebra­zione eucaristica ».

Questo è quanto scrive Vittorio Messori sulla sua rubrica Vivaio sul mensile Il Timone del mese di febbraio « Forse il danno più grave della riforma della Santa Messa di Papa Paolo VI e dello sviluppo che ne è derivato, e che ha “superato” di gran lunga la riforma stessa, la perdita spirituale più grande, è questa: essa ci costringe ora a parlare della liturgia. Anche chi vuole custodire la liturgia, anche chi vuole pregare nel suo spirito, anche chi resta fedele ad essa con grandissimi sacrifici, ha già perduto qualcosa di inestimabile: l’innocenza di assumerla come qualcosa dato da Dio, qualcosa donato dall’alto, dal Cielo agli uomini. Come difensori della grande liturgia santa, della liturgia romana classica, siamo tutti divenuti grandi o piccoli liturgisti. L’abbellimento scientifico, archeologico e storico della riforma ci ha costretti a confutare queste argomentazioni e dunque ad occuparci del rito e della liturgia, qualcosa che ripugna profondamente all’uomo religioso [M. Mosebach – Eresia dell’informe, Cantagalli, p. 39] »

Per tornare alle parole di Messori, mi domando, da ignorante, ma desideroso di capire; da inesperto ma conoscitore dell’acredine che corre tra i cosiddetti tradizionalisti e i cosiddetti modernisti (per rifarmi alle categorie usate da Messori); mi domando: ma questa sintesi, questo equilibrio tra il “tempo per gioire e un tempo per meditare, un posto dove un’assem­blea umana incontra il Mistero divi­no, dove il tempo incontra l’infinito, dove ci si stringe la mano e ci si ab­braccia festosi ma anche si recita il mea culpa per le proprie colpe” non era il compito prefissatosi dalla riforma di Paolo VI? E se si è ancora qui ad auspicarlo non sarà corretto affermare che la riforma montiniana ha miseramente fallito? Proseguo con le domande. Ma davvero il Messale di san Pio V (nell’edizione del beato – ormai prossimo santo - Giovanni XXIII) ignora l’aspetto conviviale, comunitario, festoso e mondano? O meglio, se ignora questi aspetti non sarà perché – magari alcuni non tutti – essi sono considerati – e forse anche giustamente - inadatti alla celebrazione della Santa Messa? Il problema tra rito antico e rito nuovo è davvero un problema di rito? Che il nuovo rito penda solo sull’aspetto conviviale fino a negare quello sacrificale è più che evidente; ma siamo sicuri che l’aspetto conviviale sia negato o oscurato nel rito antico? Non sarà, piuttosto, che eventualmente il problema stia nell’educazione ai Sacri Misteri? Se la gente non capisce è perché è fallace l’educazione e se è fallace l’educazione non si risolve il problema – anzi lo si esaspera – modificando i riti ed evitando di assumersi l’onere dell’educazione. Le esagerazioni post-tridentine, ammesso che ci siano state, non furono un errore della catechesi più che un problema del rito stesso? Se la riforma di Paolo VI è stato un atto tirannico (come sostiene Mosebach), non ha senso continuare a perseguire su questa forma per il semplice motivo che c’è stata e che quindi, volenti o meno, dobbiamo tenercela. È impensabile che domani il Papa ripristini come unico Messale quello edito dal beato Giovanni XXIII, ma è altrettanto impensabile – credo – la convivenza pacifica tra i due messale, così come – credo – è impensabile mantenerla in futuro. A prospettive umane (mie) temo che a rimetterci sarà, come il recente passato dimostra, l’attuale Forma Straordinaria del Rito Romano. Non ho carismi profetici e mi limito a questa banale previsione, ma è evidente che un problema c’è e che qualcuno prima o poi dovrà affrontarlo (evitando magari battute sarcastiche e giudizi discutibili su chi si santifica con la “Messa antica”) con l’obiettivo di risolverlo. Il rito ibrido, più che accontentare tutti, credo, scontenterebbe tutti.

Perché il problema è nato quando la nuova forma è stata imposta. Certo, non basterà eliminare la novità per ripristinare la serenità e non saprei proporre una soluzione. Rimango però sorpreso e dubbioso sulla “soluzione” proposta da Messori. Perché così, tra tradizionalisti e modernisti, il risultato è quello dei normalisti, dove nella migliore delle ipotesi sono dei modernisti, magari un po’ più prudenti – o pavidi – per cui tutto va bene. E a rimetterci è sempre e solo la sacralità e la verità (il Dogma) che la liturgia dovrebbe trasmettere. Per non parlare della dignità del culto dovuto a Dio.

Vista l’autorevole mano che ha vergato queste parole c’è da prenderle in seria considerazione, così come, almeno personalmente, c’è da andare moderati nei giudizi. Non sono nessuno per replicare a Messori e non voglio assumermi la presunzione di saperne più di lui, ma ho qualche perplessità sulla conclusione delle sue considerazioni. Mi pare di capire – potrei sbagliarmi – che la soluzione proposta e auspicata da Messori sia quella di una riforma liturgica ibrida (mi sia concesso il termine) in cui convergano elementi della cosiddetta Forma Straordinaria e elementi della cosiddetta Forma Ordinaria. Ora, la questione è talmente complessa e spinosa che il solo avvicinarsi comporta l’esplosione di determinate mine antiragionamento. Della liturgia non se ne può più parlare perché ne parlano tutti e in pochi – me compreso – con debita cognizione di causa. Ed è questo già un dato importante e grave.

44 commenti:

Anonimo ha detto...

sulla liturgia credo che Messori riprenda il pensiero di Ratzinger
http://digilander.libero.it/gregduomocremona/ratzinger_rapporto_sulla_fede.htm
http://it.paix-liturgique.org/aff_lettre.asp?LET_N_ID=942

Turiferario ha detto...

In sostanza Messori (che ha sempre dichiarato, e qui conferma, di non avere nessun rimpianto per la Messa antica) prende atto dell'evidente fallimento della riforma liturgica di Paolo VI, un fallimento che però è tanto plateale quanto ignorato da chi di dovere, per cui la presa d'atto non è comunque qualcosa di scontato. In cambio propone una sintesi fra antico e moderno che concretamente per ora è in mente Dei, nemmeno, a quel che si capisce, in mente Messori e men che mai nella mente di chi regge la Chiesa. Campa cavallo, in altre parole.

Anonimo ha detto...

L'olio non si può mescolare con l'acqua ma al più solo emulsionare. Ne consegue che le pie aspirazioni di Messori non potranno applicarsi: siamo davanti a mondo troppo distanti tra loro. O si sceglie l'uno (dove Lutero a questo punto è un semplice anticipatore e potra alle sue estreme conseguenze tali principi) o si sceglie l'altro. Tertium non datur!

Anonimo ha detto...

E' quello che ho notato io che sono stato assente non giustificato per anni , vanno tutti a fare la comunione, a volte arrivano a messa ormai iniziata, vanno, tendono le mani , poi a volte se ne escono , quanto all'inginocchiarsi , non è più possibile , perché hanno distrutto tutte le balaustre e non c'è spazio , poi in fila indiana e ammassati....boh , a me era stato insegnato che senza confessione e previo serio esame di coscienza e pentimento non si poteva accedere , poi era il celebrante l'unico che doveva distribuirla , ora laici di ogni genere vanno al tabernacolo relegato in posti inaccessibili e non più in bella vista.....non so , forse sarà un mio problema , ma associato ai pur vaghi ricordi della 'vecchia' messa mi pare uno svuotamento del senso di sacralità dell'Eucarestia , persino gli anglicani fanno meglio e dopo aver letto 'Dominus est' di Schneider e dato un rapido sguardo alle messe del vdr e ricordando molto bene quelle di BXVI , a volte mi lascio andare allo sconforto , che sia sbagliato il mio approccio o che io non capisco il senso della novità ,o che sia il caso che io torni a pascolare allo stato brado....Lupus et Agnus.

Anonimo ha detto...

E' quello che ho notato io che sono stato assente non giustificato per anni , vanno tutti a fare la comunione, a volte arrivano a messa ormai iniziata, vanno, tendono le mani , poi a volte se ne escono , quanto all'inginocchiarsi , non è più possibile , perché hanno distrutto tutte le balaustre e non c'è spazio , poi in fila indiana e ammassati....boh , a me era stato insegnato che senza confessione e previo serio esame di coscienza e pentimento non si poteva accedere , poi era il celebrante l'unico che doveva distribuirla , ora laici di ogni genere vanno al tabernacolo relegato in posti inaccessibili e non più in bella vista.....non so , forse sarà un mio problema , ma associato ai pur vaghi ricordi della 'vecchia' messa mi pare uno svuotamento del senso di sacralità dell'Eucarestia , persino gli anglicani fanno meglio e dopo aver letto 'Dominus est' di Schneider e dato un rapido sguardo alle messe del vdr e ricordando molto bene quelle di BXVI , a volte mi lascio andare allo sconforto , che sia sbagliato il mio approccio o che io non capisco il senso della novità ,o che sia il caso che io torni a pascolare allo stato brado....Lupus et Agnus.

Anonimo ha detto...

Personalmente non capisco perché non si riprende il Messale del 1965, con cui pure Lefebvre stesso celebrava senza problemi. Anche i novatori dovrebbero essere contenti: è stato un'emanazione del Concilio! Non sarebbe dunque la soluzione adeguata già a portata di mano? O forse è stato abolito?
Marius

Anonimo ha detto...

Da ignorante io la vedo molto più semplicemente così: la liturgia non è nostra. Non possiamo modificarla a nostro piacimento, anche se questo fosse fatto a fin di bene. La liturgia ci è donata, ci è data. E' un qualcosa di tramandato che noi dobbiamo conservare e vivere per poi ritrasmettere. E' il Signore che stabilisce le regole del culto, non noi. Dire che il rito di San Pio V ha dei problemi perchè insiste troppo sul Sacrifico, è dire che la Chiesa si è sbagliata almeno da Gregorio Magno in qua proponendo un rito "difettoso". Per salvare il post-concilio mandiamo a remengo tutto il pre-concilio cioè la Tradizione. Bisognerebbe mettersi nella prospettiva che la Liturgia è un "dato" che noi non possiamo modificare quando e come ci pare. Noi possiamo solo ritrasmettere quello che abbiamo ricevuto senza inventare nulla. Tradidi quod et accepi. Lo diceva S. Paolo. I problemi con la liturgia sono nati proprio quando "a fin di bene" si è iniziato a modificare la Settimana Santa sotto Pio XII (cosa che era inconcepibile!!!) e con Giovanni XXIII si è modificato addirittura il Canone inserendo San Giuseppe. Cosa che di per se non ritengo "sbagliata", ma è passata l'idea che noi possiamo "migliorare" il rito, che spetta a noi modificarlo, perchè noi siamo "più bravi" di quelli che ci hanno preceduto. E questo è assurdo. Poi è seguito tutto quel che è seguito. Il rito ibrido per quanto stupendo possa essere (cosa che dubito, ma poniamo per assurdo che venga una cosa eccellente) si situerebbe sempre nella stessa linea di pensiero. Sarebbe fatto da uomini, creato a tavolino per dirla con Ratzinger, e questo, a parer mio, non è cattolico. Se proprio di riforma si deve parlare prendiamo esempio e spunto, come dice anche don Camillo, dalla riforma piana. Quella è stata una riforma fatta come si deve, in ginocchio,senza fretta, pregando e non credendo di essere superiori a chi ci ha preceduto. Altrimenti non ne veniamo fuori, rimaniamo all'approccio Wir sind der Kirche, bello fin che volete ma di certo non cattolico.
Se sbaglio, poi, "mi corigerete"! ;-)
MaxT

A.D. ha detto...

Mah...(ot)
http://www.fanpage.it/benedetto-xvi-non-sarebbe-sopravvissuto-a-un-lungo-viaggio-per-questo-si-e-dimesso/

murmex ha detto...

concordo con i commenti precedenti.Penso che l'"ibrido",per quanto bello potesse riuscire(ma c'è da dubitarne)sarebbe sempre qualcosa di manipolato.Come già don Divo Barsotti diceva riguardo al Vat.II,sembra sottendere un possibile peccato di orgoglio e superbia.Mi sto sempre più orientando a considerare i due Riti incompatibili(anche al di là degli abusi,che comunque mi paiono una conseguenza naturale,che doveva

mic ha detto...

Sono d'accordo con MaxT.
Non è tanto la "riforma" del rito di cui c'era bisogno, parola forte che già evidenzia una realtà di rottura anziché di "sviluppo organico" com'è sempre avvenuto e come anche lo stesso Ratzinger vedeva non realizzato dal rito "fabbricato a tavolino" con "pezzi dell'antico edificio distrutto".
Quel che è successo è grave, ne abbiamo esaminato molti aspetti con analisi e confronto delle due "forme".

Dunque non era il rito che andava riformato, ma piuttosto andava - e va - curata la formazione, l'iniziazione dei fedeli alla sua autentica realtà e significato, alla sue infinite ricchezze che non si rivelano tutte subito (anche se subito va "consegnato" l'essenziale) ma sono dono salvezza e nutrimento, nella Persona stessa del Signore e in ciò che ha operato e opera per noi. Dono ai credenti che adorano e partecipano come "pietre vive"...

Compito grandissimo dei sacerdoti e dei testimoni è riscoprire far riscoprire, approfondire, rivivere e far rivivere queste ricchezze in ogni generazione!

mic ha detto...

Se dico non andava riformato nkn intendo dire che non possano esserci sviluppi. Ma possono solo essere opera e frutto della fede viva di liturgisti credenti e illuminati, non di strategie dettate dalle tendenze del tempo (o da un esiziale "movimento liturgico dal basso" preconizzato da Canizares... e non devono toccare le essenze e

Luisa ha detto...

Potrei aver scritto io il commento di Lupus et agnus, salvo che mi son considerata assente giustificata. Al mio ritorno, con e grazie a Benedetto XVI, non ho potuto che constatare che quel che mi aveva fatto scappare si era amplificato all`ennesima potenza.
Effettivamente, con l`agitazione permanente, una delle cose che più mi han colpito è il vedere al momento della Comunione tutti i banchi svuotarsi, tutti andavano a ricevere la Comunone, distribuita da laici e laiche con il sacerdote, una fila per il sacerdote, l`altra per il laico, ma come, mi dicevo, è possibile che siano tutti in condizione di comunicarsi come la Chiesa lo domanda e comanda?
Per aver espresso questa mia perplessità, mi ricordo di essere stata "demolita" sul blog di Tornielli...mi son presto resa conto che fra quel che vedevo, ascoltavo e leggevo, e la mia formazione, quel che la Chiesa stessa mi ha insegnato, si era creato un fossato, un fossato così profondo da domandarnmi se condividevamo la stessa fede.

Marco P ha detto...

Bah, un ibrido non sarebbe altro che una nuova "costruzione a tavolino", non opus Dei, per intenderci ma opera d'uomo (e sappiamo chi siano i "costruttori" tra gli uomini).

Dove sta scritto poi che la S. Messa deve avere anche una parte conviviale, festosa etc,, boh ? l'ultima Cena era una cena sacrificale già partendo dalla visione ebraica, una cena per la quale non credo che il Signore e gli apostoli si fossero dati appuntamento per fare bisboccia. Celebravano la pasqua ebraica, ricordavano, cioè la liberazione dalla schiavitù dell'Egitto e in questo certo può esserci gioia, ma non la smodata baldoria che si può avere ad un festino tra amici, una gioia che deve fondarsi sulla consapevolezza che la liberazione non fu merito degli israeliti ma volontà del Signore e basta Che chiedeva solo di riconoscerlo.
L'ultima Cena però assume definitivamente la veste datale da Cristo, con il passaggio dalla vecchia alla nuova e definitiva alleanza nel Suo Sangue, di preludio e anticipo del sacrifico del Calvario, nella quale Egli già dà la sua Carne e il suo Sangue per molti, l'Unico che può dare da Sé la propria Carne ed il proprio Sangue. Compimento definitivo che si opererà sul Calvario ma che inizia già nel cenacolo con l'istituzione del sacerdozio cattolico perché il sacrificio fosse reso accessibile a tutti per tutta la storia; compimento della Salvezza con l'unico Sacrificio gradito a Dio; liberazione dalla vera schiavitù da cui derivano tutte le altre, ad un prezzo infinito perché Infinita è la Vittima.
Non vedo convivialità in questo, non vedo gioia umana, non vedo possibilità di sintesi tra sacrificio e festa: è il divino che per grazia, si presenta, si rivela e salva chi vuol essere salvato e chiede di conformarsi a questa volontà salvifica.

La cronaca della Messa vespertina riportata mi pare una strizzatina d'occhio a chi è sensibile alle istanze tradizionaliste (che sono le istanze cattoliche tout-court) ma che dopo un attimo presenta la propria visione "normalista" (che in effetti è quella che mi pare la linea de "Il Timone")

Anonimo ha detto...

Ah, beh, cara Luisa anch'io sono stato demolito per aver detto : 'Ma se non c'è confessione non è peccato mortale?' Fulminato dalla risposta: 'Basta quella individuale spirituale, tanto Dio ci vede sempre' . A 'sto punto io getto la spugna che insulti e derisioni ne ho avuti abbastanza e di essere definito vedova inconsolabile non ne posso più, vada come vada , ognuno ha la sua coscienza da salvare , io 1 sola , i preti molto di più. Lupus et Agnus.

mic ha detto...

Ringrazio Marco P. per la chiara e limpida esposizione e per aver anche inquadrato il testo da cui partiamo nel contesto...

mic ha detto...

Lupus et Agnus, siamo in molto tra vedove orfani e disorientati.
L'importante è non smettere di cercare un sacerdote secondi il cuore del Signore per i sacramenti.
Che ce ne mandi!

una sola fede ha detto...

@Lupus et Agnus che scrivi:
"quanto all'inginocchiarsi , non è più possibile"

da 'ste parti anche in un santuario non ci si può più inginocchiare (a meno che non lo si voglia fare per terra e lateralmente per non disturbare i seduti di fronte) perchè hanno tolto da anni praticamente tutti i banchi con inginocchiatoio (ad eccezione di qualcuno in fondo in fondo)

"poi in fila indiana e ammassati..."

idem con patatine, anzi, con distribuzione eucaristica simile a quella di patatine, tanto che in appena un mese e mezzo avevo visto, prima di lasciar perdere e andarmene da là, per ben tre volte l'Ostia Consacrata cadere dalle mani del sacerdote che, dopo breve ripulitura, l'aveva messa in bocca al fedele (tutto questo l'ho fatto notare a chi di dovere, candidandomi personalmente a tenere almeno il piattino in TUTTE le celebrazioni, ma niente si è smosso...)


"o che sia il caso che io torni a pascolare allo stato brado..."

questo no, ti prego...cercati un'oasi, da qualche parte ci sarà pure, e comunque sia non mollare, offri questa sofferenza che Dio vede e vai avanti...vedrai che le cose cambieranno.

una sola fede ha detto...

@mic scrive:
" siamo in molti tra vedove orfani... "


[Il Signore] non trascura la supplica dell'orfano
né la vedova, quando si sfoga nel lamento.
(Sir 35,14)

Anonimo ha detto...

Basta vedere nelle Basiliche romane, in moltissime parrocchie e Santuari l'abolizione di bellissimi banchi con l'inginocchiatoio sostituiti con banalissime e antiestetiche sedie, per capire che quello del non inginocchiarsi è anche un comportamento indotto.

Luisa ha detto...

Mi ricordo anche, durante il mio turismo parrochiale (prima di scoprire che la messa Tridentina era già celebrata nella mia città ) alla ricerca di una Messa "decente", senza troppa animazione-agitazione, senza cori che invadono lo spazio sacro e il cui direttore-ttrice passa indifferente davanti al Tabernacolo, tutta presa a dividersi fra direzione e animazione dall`ambone..., senza segni della pace euforici con baci e abbracci e il sacerdote che scende fra i banchi, senza un sacerdote che si trasformi in animatore di una kermesse domenicale, mi sono anche imbattuta nella campagna ginevrina in una Messa in cui il Credo è stato modificato in senso ecumenico dall`animatrice liturgica che poi, alla fine della Messa, salutava i fedeli accanto al sacerdote che quasi spariva vicino a lei.
La sola possibilità di avere una Messa riformata correttamente celebrata era di andare alla prima Messa del mattino dai Frères de Saint Jean, Messa semplice senza aanimazione, ma che mi restava comunque dolorosamente "estranea" o, meglio, io mi sentivo estranea a quella Messa, anche se in modo più lieve rispetto agli altri banchetti domenicali.

rosa ha detto...

Sulla riforma della riforma o ibridi varii, ricordo quanto pubblicato recentemente da Rorate coeli, e ripreso anche qui da Mic; dopo anni passati a studiare una riforma della riforma, l'autore concludeva: avrei fatto meglio a dedicarmi alla salvaguardia dell'Antico Rito, l'unico con il quale si possa celebrare degnamente Nostro Signore.
Non so Messori quali esperienze abbia vissuto, e ricordiamoci sempre che è un convertito, ma io tutta 'sta angoscia per la Messa sacrificale, tutte 'ste regole rigide ed ossessive per la S. Comunione non le ricordo. E sì che il mio parroco d'allora era piuttosto severo con noi bambini...
Credo che il problema della liturgia della Messa si risolverà da solo: alle Messe NO ci sarà sempre meno gente, quelle poche, ora, Messe VO cresceranno lentamente, se non interverranno divieti dall'alto - abolizione Summorum - ed alla fine i pochi gruppi veramente cattolici rimasti celebreranno con l'antico rito, sopravvissuto alle persecuzioni dell'Impero romano, alle eresie medioevali, alla Riforma, alla Rivoluione francese, alla Massoneria, al Vaticano II e Bugnini.
Rosa

sara ha detto...

Sono d'accordo con Murmex e Marco P. Tante ottime considerazioni del giovane blogger Di Geronimo -che deotano grande sensibilità e intelligenza riflessiva, sulla storia recente- sicuramente tanti fedeli confusi le fanno da tempo tra sè e sè (non sapendo però con chi scambiare le proprie preoccupazioni), però se mi è consentito, vorrei dire che quella sua frase:

"la consapevolezza della complessità, della “ambiguità”.... della celebrazione eucaristica..."- non mi pare accettabile per vari motivi, e temo sia fuorviante ancora una volta dalla retta dottrina (i più dotti capiranno il mio timore, che non ho qui la possibilità di approfondire).
Non credo proprio che in alcun modo si possa definire "ambigua" la natura della S. Messa.
sara

mic ha detto...

Credo che l'ambiguità di cui parla Daniele sia da riferirsi non all'Eucaristia un sé ma alla dicotomia che si è creata per effetto del rito riformato.

una sola fede ha detto...

Io a volte mi chiedo come avranno fatto a "mutar bandiera" senza una protesta, senza un alzar di voce moltissimi tra coloro che passarono a celebrare secondo i dettami della cosiddetta Riforma liturgica...

Me lo chiedo penso a ragione perché parlando con anziani religiosi ho sempre l'impressione che questo per loro sia stato un passaggio del tutto indolore, cui obbedire e basta perchè in fondo, sembra ti dicano, magari in modo non così esplicito: "la Chiesa cambia e bisogna obbedire ai capi di turno", per cui, ad esempio, celebrare dando le spalle PER TUTTO IL TEMPO al Tabernacolo per loro evidentemente è la stessa cosa che farlo standogli praticamente sempre in fronte; e distribuire il Corpo di Cristo tipo macchinetta automatica sulle varie mani senza neanche guardare in faccia chi vi si accosta, evidentemente è la stessa cosa di darLo sulla punta della lingua a chi si è inginocchiato devotamente per ricevere appunto il Re dei re. E potrei continuare all'infinito.

Ma tale atteggiamento di moltissimi anziani sacerdoti (e spessissimo tra coloro che vestono abiti religiosi che ho incontrato a decine in questi anni) si riscontra paradigmaticamente per quanto concerne, ancora a mo' di esempio, con l'atteggiamento verso le dichiarazioni e gli atti dell'attuale papa.

Più di una volta infatti ho provato a far presente che in più di un caso ci vedevo una paurosa lontananza, un netto contrasto con ciò che sempre ha insegnato la Chiesa e Gesù Cristo prima di lei, ma spesso e volentieri ho ricevuto in cambio, come minimo, proprio da loro che hanno vissuto il periodo pre-conciliare, delle parole inequivocabili, tipo: "NON TOCCHIAMO IL PAPA!!", e quasi fuggendo da me quasi aspergendomi con acqua santa, non riuscendo o non volendo capire che talvolta, anzi, purtroppo, spesso, egli si comporta e parla fuori dalla linea della sana dottrina, e che quindi come tale andrebbe valutato e non accettato pedissequamente; oppure dicono, un po' rassegnati, quasi facendo spallucce: "Egli fa ciò che gli pare meglio in questa situazione difficile in un mondo che cambia e che oramai si è allontanato dalla Chiesa..." ecc ecc.

Ormai che dire...vado avanti insieme a voi, con la Chiesa di sempre, con il Magistero perenne e vi ringrazio per potere anche solo condividere, per essere potuto crescere, per essere ancora qua, in piedi, nonostante tutto...

Anonimo ha detto...

il pensiero di Ratzinger è chiaro (come dai links del primo commento del post) e lo condivido.
"a lungo termine la Chiesa romana deve avere di nuovo un solo rito romano. L’esistenza di due riti ufficiali per I vescovi e per i preti è difficile da «gestire» in pratica. Il rito romano del futuro dovrebbe essere uno solo, celebrato in latino o in vernacolo, ma > completamente nella tradizione del rito che è stato tramandato. Esso potrebbe assumere qualche elemento nuovo che si è sperimentato valido, come le nuove feste, alcuni nuovi prefazi della Messa, un lezionario esteso – più scelta di prima, ma non troppa –, una «oratio fidelium», cioè una litania fissa di intercessioni che segue gli Oremus prima dell’offertorio dove aveva prima la sua collocazione".
http://www.ratzinger.us/modules.php?name=News&file=article&sid=238&t=A-lungo-termine-la-Chiesa-romana-deve-avere-di-nuovo-un-solo-rito-romano

mic ha detto...

Non ci metteremo a disquisire qui sulle possibili evoluzioni del rito, che spetteranno a chi di dovere.
Al momento, con l'aria che tira siamo ben lontani dalle prudenti ipotesi di Ratzinger, che mi astengo persino dal soppesare.
Per cui, al momento, c'è solo da custodire e resistere nella salvaguardia del nostro tesoro.

Anonimo ha detto...

A parte che il pensiero di Ratzinger è sempre stato chiarissimo , poi dipende da come veniva chiosato e le pericopi che ne venivano fatte e non parliamo delle estrapolazioni pro domo sua dei vaticanisti(?), ma parlare , non dico male , ma solo parlare non in termini estatici di questo papa , non è possibile , se prima neanche potevi nominare quell'altro , qui ingoi e passi alla cassa ; ora io non ho mai usato espressioni offensive o lesive nei confronti del vdr né mai lo farei per rispetto della persona soprattutto , ma non poter esprimere un parere dissonante dal coro dei peana , mi pare dittatura psicologica e nulla più, poi se la gente è totalmente lobotomizzata dai media e si esulta per l'Oscar ad un film immorale che ci dipinge come meglio piace a lorsignori, ovvero cazzari , bungabunga , amorali fancazzisti viziati , allora siamo sine spe , colonia marginale ed insignificante dell'impero USA , la dimostrazione eloquente che Metternich ci aveva definito talquali siamo ancora. Lupus et Agnus.

Anonimo ha detto...

Concordo con il commento. Io, che non faccio parte di nessun "gruppo" (non mi possono far fuori, lo dono gia'!), mi guardo bene dal dire alcunche', ma mi comporto come mi hanno sempre insegnato. I comandamenti non cambiano! Evidentemente siamo on un mondo di Santi e non me ne ero accorto. L'unico peccatore sono rimasto io !

Anonimo ha detto...

Bellissimo ! Giorgio

rosa ha detto...

Una sola fede:
credo che i sacerdoti anziani ai quali tu ti riferisci erano in seminario o ne stavano uscendo alla vigilia del Vaticano II, addirittura diventavano preti alla sua fine, come PF.Quelli che già erano preti e dicevano Messa u.a., sono ormai molto pochi, per ovvii motivi. Quindi è proprio quella generazione che ha visto nel Vat II e nella riforma il '68 della Chiesa, e che han portato avanti tutte le innovazioni liturgiche, coem il mio giovane parroco di allora, oggi anziano, e sono come certi nostro politici, che non han fatto la Resistenza, ma han fatto il'68. Riconoscere il dramma liturgico che è la Messa NO, così come gli errori del Vat II (anche dottrinali, secondo me) è per loro rinnegare la loro giovinezza e prima maturità, e questo è difficile per tutti. Inoltre si sono formati quando ancora ai laici non era permesso immischiarsi tanto nella vita parrocchiale (fortunatamente) e quindi reagiscono come per dire: che vuole questo che manco prete è ?
Poi hanno una fifa blu che, se si dicono d'accordo con te, qualcuno possa riferire al Vescovo e da qui a Roma, ed ad una certa età essere sbattuti chissà dove e con chissà che mezzi economici, fa paura, molta paura.
Infine una parte è sicuramente modernista ed una parte semplicemnte ha perso la vocazione strada facendo.
Rosa

Alessandro Mirabelli ha detto...

Qualche giorno fa ho trovato su questo blog una definizione perfetta, fatta da uno di noi, della differenza che c'è fra V.O è N.O.:
V.O. = caffè
N.O.= surrogato del caffè.
E' proprio così. Per quanto celebrato devotamente e con rettitudine di intenzione, il N.O. e' monco del senso del sacro e della bellezza del rito che invece c'è pienamente nel V.O..

Anonimo ha detto...

Se la gente non capisce è perché è fallace l’educazione e se è fallace l’educazione non si risolve il problema modificando i riti

Infatti..
Il catechismo dei ragazzi tratta solo dei fondamenti per l'accesso ai sacramenti (e nemmeno in maniera troppo approfondita data l'età dei ragazzi ed il tempo a disposizione) e dopo c'è il niente, almeno dalle mie parti, a livello di catechesi per adulti.
Della S. Messa, delle sue parti e di cosa significhino niente..

T.S.

RIC ha detto...

Segnalo un appello di Rorate Caeli ad altri blog: l'attacco alla Messa di Sempre continua

http://rorate-caeli.blogspot.com/2014/03/Rorate-Exclusive.html

bernardino ha detto...

Tradidi quod accepi. stop.
Vorrei anch'io questa scritta sulla tomba il giorno che mi chiamerà lassù.

una sola fede ha detto...

@Rosa, ti assicuro parlo a ragion veduta perchè con mio grande rammarico mi riferisco invece proprio a diversi religiosi ordinati come sacerdoti almeno a meta anni '50 ed addirittura ad alcuni di loro prima del 1950. Ce ne sono ancora un bel po', te ne assicuro, la vita media dei religiosi è molto aumentata negli ultimi due-tre decenni...
E salvo lodevoli eccezioni, più o meno hanno quell'atteggiamento lì.

Poi tu scrivi testuale: "Poi hanno una fifa blu che, se si dicono d'accordo con te, qualcuno possa riferire al Vescovo e da qui a Roma, ed ad una certa età essere sbattuti chissà dove e con chissà che mezzi economici, fa paura, molta paura"...beh, ma questo è un ragionamento che se facessero veramente (e penso ahimé che in questo tu abbia ragione che lo facciano) avrebbe TUTTO di umano e NIENTE di soprannaturale, e invece la loro CONSACRAZIONE dovrebbe prima di tutto far cercare la verità, sempre, perchè Gesù è Via, VERITA' e Vita e qua l'obbedienza (o il non volersi opporre o piegare a inique trasformazioni moderniste) non c'entra molto quando è in ballo ciò che dice e comanda Nostro Signore, e la Dottrina perenne, ma mi parrebbe invece un tipico atteggiamento donabbondiesco.

Probabilmente non è piuttosto da escludere anche un'altra spiegazione, cioè che in moltissimi appunto ordinati 50 anni fa e più (come quelli cui mi riferisco, perchè degli altri neanche ne parlo nè mi stupisco più...) è presente un certo malinteso senso di obbedienza a tutti i costi, un dichiararsi addirittura d'accordo a tutti i costi con la voce e la posizione di chi sta più in alto gerarchicamente; questo, avendolo constatato spesso di persona, mi pare possa essere dovuta alla formazione ricevuta allora, quasi in modo cameratesco, ma su questo non entro perchè non ne ho la certezza. Resta comunque non di certo un bel vedere, nè sentire.

rosa ha detto...

Lupus, ti quoto al mille per mille.
Rosa

sara ha detto...

Ho riletto meglio il passaggio che criticavo, e devo rettificare il mio giudizio per aver frainteso il bravo Daniele. Infatti lui riporta qui il discorso di Messori, il quale sostiene che....
occorrerebbe la compositio oppositorum, il “questo” ma anche “quello”, .... bisognerebbe recuperare la prospettiva della ce­lebrazione eucaristica come una realtà complessa, duale,.... dove ci si stringe la mano e ci si ab­braccia festosi
ma anche si recita il mea culpa per le proprie colpe.

(un bel saggio di "maanchismo", equilibrio tra due presunti opposti)
e poi sostiene che i tradizionalisti devono -anche loro come i modernisti- ritrovare la consapevolezza dell'"ambiguità" (?) della Messa ecc....
Ma questo discorso di compositio oppositorum (che sa tanto di hegeliano) Daniele non lo accetta, e alla fine delle sue domande critiche rivolte a Messori, sostiene che "la convivenza pacifica tra i due messali è impossibile", cosa che condivido, sottoscrivendo l'ottima analisi di Marco P. specie quando dice:

Non vedo convivialità in questo, non vedo gioia umana, non vedo possibilità di sintesi tra sacrificio e festa: è il divino che per grazia, si presenta, si rivela e salva chi vuol essere salvato e chiede di conformarsi a questa volontà salvifica.

Finalmente discorsi chiari, di semplici e attenti fedeli, (non soggiogati da tanti variegati opinion leaders neo-cattolici di grande fama e sfumati orientamenti) dopo decenni di trascinamento delle folle al chiasso dionisiaco di quella kermesse che viene chiamata ,nelle canzoncine di animatori scout "la nostra festa" (povera S. Messa sfigurata e "alleggerita" a zecchinodoro di 4a generazione....)
Grazie di cuore a Marco P. e grazie Murmex che ribadisce essere "incompatibili VO e NO", non destinati a una "felice sintesi" tra vecchio e nuovo, secondo me l'estrema nefasta illusione nipote del chimerico rinnovamento conciliare.

Anonimo ha detto...

Credo che se i preti degli anni '60 (la generazione più numerosa da molti secoli in qua) avessero avuto una vera formazione liturgica non ci sarebbe oggi tutta questa contrapposizione. Ma la formazione seminaristica del glorioso preconcilio consisteva, quasi completamente, nella istruzione rubricale e cerimoniale. Mancava la comprensione profonda del significato dei riti cioè delle parole e dei gesti della liturgia. Il problema vero della Chiesa, ancora oggi, non è la messa in latino o in italiano, ma l'ignoranza del clero: conosco moltissimi preti che non leggono più un libro dai tempi del seminario. E spesso non leggono nemmeno il breviario...

Anonimo ha detto...

Per favore potreste dirmi un vostro parere sul Messale del 1965 (di cui ho già accennato alle 10.39)?
Anch'io sono del parere che non occorra inventare un nuovo terzo Messale ibrido (oltre al VO e al NO), ci mancherebbe!
Però il Messale del 1965 esiste già, non è una creazione ex novo, ed è stato usato per 4 anni. È un'emanazione del Concilio, e Lefebvre lo celebrava senza problemi, contiene degli elementi di adattamento moderati ma corrisponde sostanzialmente al rito tradizionale.
A me sembra una buona soluzione, però mi pare che nessuno ne parli e non ne capisco i motivi.
Vi ringrazio per un vostro chiarimento, mi interessa moltissimo.
Marius

una sola fede ha detto...

“Mondadori lancia «IL MIO PAPA», il primo settimanale al mondo INTERAMENTE DEDICATO A PAPA BERGOGLIO.

«Il nostro Pontefice è infatti una figura che grazie alla sua empatia, insieme alla potenza, al coraggio e alla semplicità del suo messaggio, HA CONQUISTATO TUTTI, fedeli e non».

«Non sarà – spiega Aldo Vitali – un giornale religioso, cercheremo di parlare a tutti e con tutti, non credenti compresi».

Inoltre per i lettori ci sarà il doppio poster de Papa con la frase più significativa della settimana e la storia illustrata della sua vita da Tiziana Lupi e pubblicata a puntate dal settimanale sotto forma di inserto da staccare e conservare.

I brani sono estratti dall’articolo di vaticaninsider.lastampa.it:
http://vaticaninsider.lastampa.it/news/dettaglio-articolo/articolo/francesco-francis-francisco-32451/



Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi.
Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti.
(Lc 6,26)

Josh ha detto...

anonimo 20:39

io ne conosco molti che non sanno nemmeno il latino...

Anonimo ha detto...

Di questi tempi è meglio stare tranquilli e quello che hanno fatto ai Francescani dell'Immacolata e bene che serva da esempio a tutti.Sperare non costa nulla , ma immaginare una riforma al contrario avallata da Papa Francesco è come credere nelle favole.Con questi sacerdoti e questi vescovi bisogna prendere quello che capita e sperare nel buon Dio che non ci farà mai mancare il suo aiuto.Interpellato da un mio amico, con mille cautele, il parroco del mio paese è stato categorico:io la messa in latino non la celebro.Chris

Anonimo ha detto...

Caro Lupus et Agnus pascolare allo stato brado è estremamente pericoloso.Extra Ecclesiam nulla salus.Chris

mic ha detto...

Di questi tempi è meglio stare tranquilli e quello che hanno fatto ai Francescani dell'Immacolata e bene che serva da esempio a tutti.Sperare non costa nulla , ma immaginare una riforma al contrario avallata da Papa Francesco è come credere nelle favole.

Immaginare non costa nulla. Impegnarsi, invece sì. E, di certo nel caso della salvaguardia della Santa Messa ne vale la pena, anzi è necessario e soprattutto DOVUTO al Signore!

Il silenzio non ci metterebbe certo al sicuro. Così come non ci mettono al sicuro dagli arbitri le suppliche ( che nessuno ascolta), pur rispettose fondate su una legge universale, che i pastori sono i primi a non rispettare.

Dobbiamo continuare a denunciare i soprusi (un ultimo recente è stato purtroppo registrato in Texas); ma contemporaneamente dobbiamo custodire e promuovere, insieme ai nostri sacerdoti (i pochi ancora disposti...)