Nel proporre la citazione che segue, che ben si riallaccia alla discussione precedente, penso necessario precisare che non abbiamo un'idea negativa di progresso e che le nostre riflessioni non partono da un preconcetto rifiuto del cambiamento, ma dall'esigenza di rintracciare un fondamento metafisico nell’antropologia e nella sua concretizzazione cristiana che, unica, invera nella storia l'uomo -e conseguentemente ne determina scelte e realizzazioni- come autentica immagine di Dio in Cristo.
Per questo, partendo dal significato della parola "progresso" constatiamo che, se nella sua accezione è implicito il senso dell'"andare avanti" - il progredior latino -, alla stessa vien data una connotazione comunque positiva presumendo che il progresso sia sempre indice di miglioramento. Tuttavia, se non vengono introdotti tutti gli elementi, il discorso resta monco e ingannevole. Infatti la positività del progresso sta nella direzione, nel fine che esso prende in virtù della volontà degli uomini che con le loro azioni scrivono la storia.
Per questo, partendo dal significato della parola "progresso" constatiamo che, se nella sua accezione è implicito il senso dell'"andare avanti" - il progredior latino -, alla stessa vien data una connotazione comunque positiva presumendo che il progresso sia sempre indice di miglioramento. Tuttavia, se non vengono introdotti tutti gli elementi, il discorso resta monco e ingannevole. Infatti la positività del progresso sta nella direzione, nel fine che esso prende in virtù della volontà degli uomini che con le loro azioni scrivono la storia.
Noi conosciamo che il fine è posto dal Creatore e l'uomo lo persegue inverandolo nella storia nella misura e fintantoché resta a Lui orientato. Tant'è che la stessa idea di progresso nasce proprio dalla concezione cristiana, ereditata dall'ebraismo, della storia intesa non più come un ciclico eterno-ritorno del cosmo classico, ma come il dipanarsi di avvenimenti che procedono, da un inizio (bereshit) che coincide con l'atto creativo di Dio, verso una meta che non resta imprigionata nel tempo umano ed è resa perfettamente dalla metafore del cammino. Un cammino che prosegue escatologicamente verso l'infinito trascendente, con la salvezza come fine reso possibile dall'iniziale orientamento al Creatore e conseguente fedeltà al progetto -ch'è anche il fine- da Dio impresso nella creazione e nelle creature, rivelato nell'Antico Testamento e portato a compimento nel Nuovo.
Il grande sviluppo delle scienze e delle tecniche, ha nutrito l'ottimismo in un'ottica evolutiva in senso temporale, foriera di un’infinità di possibili miglioramenti. Il linguaggio matematico divenuto preminente ha dato all'uomo il senso di una struttura nelle sue mani che bastasse conoscere per strumentalizzarla ai propri fini, col risultato di assolutizzare il mondo come puro oggetto e l'uomo come puro soggetto che, grazie alla ragione, può affidarsi solo a se stesso. È per questo che oggi più che mai, in un momento di grande svolta, è necessario ritrovare i fondamenti metafisici, quelli autentici e non manomessi.
Discorso tutto da approfondire, uscendo dall'ossessione della modernità : l’idolatria del novum che vede ogni novità migliore aprioristicamente per il solo fatto che è nuova, ampliando indiscriminatamente e prometeicamente l'orizzonte del lecito a tutto il possibile. (M.G.)
Il grande sviluppo delle scienze e delle tecniche, ha nutrito l'ottimismo in un'ottica evolutiva in senso temporale, foriera di un’infinità di possibili miglioramenti. Il linguaggio matematico divenuto preminente ha dato all'uomo il senso di una struttura nelle sue mani che bastasse conoscere per strumentalizzarla ai propri fini, col risultato di assolutizzare il mondo come puro oggetto e l'uomo come puro soggetto che, grazie alla ragione, può affidarsi solo a se stesso. È per questo che oggi più che mai, in un momento di grande svolta, è necessario ritrovare i fondamenti metafisici, quelli autentici e non manomessi.
Discorso tutto da approfondire, uscendo dall'ossessione della modernità : l’idolatria del novum che vede ogni novità migliore aprioristicamente per il solo fatto che è nuova, ampliando indiscriminatamente e prometeicamente l'orizzonte del lecito a tutto il possibile. (M.G.)
La superstizione del Progresso si impone nelle classi scolastiche. Questa superstizione confonde l’avanzamento meccanico con un miglioramento morale. Il progresso nelle ‘cose’ non è necessariamente un progresso nelle ‘persone’.
Gli aeroplani andranno più veloci, ma l’uomo non diventa necessariamente più felice. Il progresso in campo medico non è necessariamente un progresso in campo etico. Il tempo non funziona sempre in favore di un miglioramento umano; poiché l’uomo è malato, il tempo non lo fa necessariamente stare meglio. Fino a quando il male non viene corretto, il tempo opera in favore della malattia, del decadimento e della morte.
La superstizione del Progresso nega la responsabilità umana. Il vero progresso è eticamente e non cosmicamente condizionato; non dipende dal raffinare gli istinti animali, ma dal loro volontario controllo attraverso l’intenzione umana.
La barbarie non è dietro di noi; è sotto di noi. E può emergere in qualunque momento, a meno che la nostra volontà, aiutata dalla grazia di Dio, la reprima. La storia va creando sempre maggiori possibilità di guerre e caos. La scienza è un valido e necessario modo di conoscere.
Nessuno è finora mai riuscito ad instillare l’amore materno in una provetta, eppure chi è capace di negarne la realtà? Il nostro progresso scientifico ha sorpassato il nostro progresso morale. La gioventù moderna è rivoluzionaria perché non ha scopo nella vita e dunque dubita del valore del vivere tra molti. Noi stiamo pagando la punizione per aver fatto divorziare la nostra scienza da Dio. Quella scienza, che doveva essere al nostro servizio, è ora la nostra padrona. Forse faremmo meglio a ritornare di nuovo a Dio! (Venerabile Fulton J.Sheen, 1943)
47 commenti:
Dal tipo di progresso di stampo illuminista, visto in chiave evoluzionista viene espunta ogni idea di decadenza, di declino, di ripiegamento o di possibile fallimento.
Forse perchè il determinismo negato al passato viene assegnato al futuro?
Burke, caffarra, Negri, la Conferenza episcopale nigeriana e ora anche Brandmuller
http://costanzamiriano.com/2014/03/23/senza-data-di-scadenza/
Lo scopo complessivo del matrimonio è combattere e sopravvivere fino al momento in cui l'incompatibilità è fuori discussione. Perché uomo e donna, in quanto tali, sono incompatibili.
Gilbert Keith Chesterton, Cosa c'è di sbagliato nel mondo
Condivido in parte l’articolo, ma è molto difficile, forse impossibile, trovare oggi un antidoto alla “scienza padrona”.
Per capire il perché è necessario avere le idee piuttosto chiare sull’argomento, non è sufficiente lamentarsi dell’egemonia della scienza.
Per vivere nell’età della tecnica è necessario acquisire le coordinate giuste. Il problema grosso è che viviamo immersi nel mondo della tecnica, ma ragioniamo ancora con categorie umanistiche. L’uomo nell’età della tecnica non è più il soggetto della storia, ma è ridotto a un funzionario di apparati tecnici.
Che cosa è la tecnica?
La tecnica non va confusa con la tecnologia. La tecnica è la forma più alta della razionalità raggiunta dall’uomo. Più alta, perché non prevede ridondanze, non prevede menzioni superflue, non prevede forme retoriche, non prevede neppure il linguaggio, al linguaggio preferisce i numeri, che non vanno interpretati e soprattutto la sua logica è di ottenere il massimo risultato con l’impiego minimo di mezzi.
In questo senso parliamo di forma più alta della razionalità, più alta perfino della finanza, perché la finanza soffre ancora di una passione umana che è la passione per il denaro, da cui la tecnica è scevra.
A questo punto è anche necessario eliminare un pregiudizio, una convinzione diffusa, ma errata. Molti pensano che la scienza sia pura e la tecnica soltanto un’applicazione della stessa. La tecnica è l’anima della scienza, perché lo sguardo scientifico è tecnico. La scienza non guarda il mondo per contemplarlo, ma per trasformarlo. Per questo è oggi egemone e lo diventerà sempre di più … segue
L'antropologo
2. Gli scienziati formulano delle ipotesi, sottopongono la natura a esperimento e se la natura risponde a quelle ipotesi, si assumono quelle ipotesi formulate, come leggi di natura.
Leggi eterne? No. Leggi valide finché non se ne trovano migliori, per cui la scienza non teme la propria negazione.
A differenza delle religioni, del diritto, dell’ideologia, a differenza di tutti gli scenari dualistici in cui l’uomo è cresciuto: bene male, vero falso, giusto ingiusto, la scienza non prevede la sua negazione. I suoi errori sono condizione di avanzamento e sotto questo profilo non ha obiezioni perfino quando subisce una sconfitta. Prendiamo ad esempio ciò che è accaduto a Chernobyl. Come si rimedia? Ricorrendo alla tecnoscienza. Un inquinamento chimico disastroso, come ne sono accaduti tanti, come si risolve? Utilizzando di nuovo i mezzi che la tecnica mette a disposizione.
Già questo ci pone in uno scenario in cui non si vede quale possa essere un “antidoto” all’egemonia della tecnoscienza.
Hegel, in tempi non sospetti, in un libro di logica dedica duecento pagine per esporre due teoremi che saranno profetici per i nostri giorni e l’età della tecnica.
Il primo teorema consiste nel dire che il fondamento della ricchezza delle nazioni non è costituito dai beni, ma dagli strumenti per produrli. I beni si esauriscono e gli strumenti sono in grado di produrli. Da ciò si deduce l’enorme importanza rivestita dalla tecnica.
Il secondo teorema è ancora più importante, perché rappresenta il nodo centrale per comprendere meglio l’essenza dell’età della tecnica.
Quando un fenomeno aumenta quantitativamente, non abbiamo soltanto un cambiamento quantitativo, ma abbiamo una trasformazione qualitativa radicale del paesaggio. E fa un esempio molto semplice. Se mi tolgo un capello, sono un uomo che ha i capelli; se mi tolgo due capelli, continuo a essere un uomo con i capelli. Se mi tolgo tutti i capelli – aumento quantitativo – mi trasformo in un uomo calvo – cambiamento qualitativo del paesaggio.
Se applicassimo questa deduzione hegeliana e dovessimo ammettere - come, in effetti, lo è già - che la tecnica è oggi la condizione universale per realizzare qualsiasi obiettivo, allora la tecnica non è più soltanto un mezzo, ma rappresenta il fine primario, cui non si può rinunciare.
I fini stanno in piedi se ci sono gli strumenti per realizzarli, ma affermarlo è già ragionare in modo tecnico e non più umanistico.
E se gli strumenti si trasformano nella condizione necessaria per la realizzazione di qualsiasi scopo, quegli strumenti hanno già preso il posto dei veri fini … segue
L’antropologo.
A questo punto è anche necessario eliminare un pregiudizio, una convinzione diffusa, ma errata. Molti pensano che la scienza sia pura e la tecnica soltanto un’applicazione della stessa. La tecnica è l’anima della scienza, perché lo sguardo scientifico è tecnico. La scienza non guarda il mondo per contemplarlo, ma per trasformarlo. Per questo è oggi egemone e lo diventerà sempre di più
Mi rendo conto che noi stessi, qui e adesso, stiamo usufruendo di realizzazioni tecnologiche (che hanno a che fare con la tecnica sempre più sofisticata) e che, oltre a consentirci realizzazioni inedite, certamente operano trasformazioni nel nostro modo di percepire le cose.
Sono tuttavia convinta che non possano influire sulla nostra realtà ontologica e sulle nostre decisioni ultime.
L'importante è riuscire ad affrancarci dal rischio di "tu sei la rete" e compagnia bella... E questo è sempre possibile attraverso il giusto recupero di concretezza sul "virtuale". Preghiera e contemplazione, sono sussidi irrinunciabili.
Non credo che la contemplazione sia alternativa o non coniugabile con la scienza, ma solo col positivismo. Sta di fatto che oggi abbiamo raggiunto le estreme conseguenze di applicazioni che hanno fatto propria la volta antropocentrica ora penetrata anche fin troppo in profondità nella Chiesa.
"La Verità vi farà liberi", resta valido sempre e comunque...
Non esiste LA scienza. C'è scienza e scienza. Ora sembra prevalere la prometeica hybris. Ma non potrà avere l'ultima parola, perché "sapienza" e "conoscenza" sono un'altra cosa.
Il Signore provvede, nel senso che ha già provveduto, provvede e provvederà.
Se applicassimo questa deduzione hegeliana e dovessimo ammettere - come, in effetti, lo è già - che la tecnica è oggi la condizione universale per realizzare qualsiasi obiettivo.
Comunque dobbiamo morire tutti, comunque, se Dio, un giorno decide di farlo (o di non impedirlo), un disastro ci fa ripiombare nei guai.
Quand'anche scoprissimo come curare i terremoti, disastri cosmici (o sociali) sarebbe dietro l'angolo. oGNI SECONDO di esistenza della vita, ogni nuovo essere che giunge alla luce, è una beffa alle leggi della statistica. E' passato sotto silenzio, che Hawkings non crede più (quanto meno non ne è più convinto come prima) all'esistenza dei buchi neri e che Higgs non crede più (quanto meno non ne è più convinto come prima) che il suo bosone abbia tutta l'importanza che gli è stata attribuita. Ora, se i buchi non esistono e se il bosone è una particella come le altre,la scienza moderna si deve arrende. Deve, se fosse onesta, far sapere che non può più spiegare come fa l'universo (ed in particolare questo universo, così strutturato come è) ad esistere. Badate che parlo di "COME". Il perché l'universo esiste, non è mai stato materia d'interesse della scienza post-galileiana.
Che cosa si può obiettare alla prospettiva messianica della tecnoscienza di massa, concomitante e concausa della Rivoluzione filosofica e politica avviata con l'Illuminismo? Mi rierisco a quella dell'uomo che come Prometeo sottrae il fuoco, conseguendo la capacità di dissipare le tenebre e trasformare la materia, prima possesso esclusivo della Divinità.
Ricordando il mito di Icaro e il tema dell'"Apprendista stregone": l'uomo libera forze che fino a un certo momento lo innalzano prodigiosamente; poi all'improvviso il meccanismo sempre più complicato da lui messo a punto si inceppa e quelle forze si rivolgono contro di lui.
Uno dei temi cari a Dietrich Bonhoeffer era quello dell'inutilità e dell'insignificanza di Dio ( supremo "tappabuchi" ) per l'uomo contempraneo, che può fare a meno della Provvidenza grazie ai sistemi produttivi, regolativi e assicurativi messi a punto negll'ultimo secolo; senonché succede che i grandi sistemi, proprio perché ultrasofisticati, possono entrare in conflitto tra loro, anche solo partendo da un granellino che inceppa una singola rotella: il cosiddetto "effetto farfalla", per cui il battito d'ali di un insetto può provocare un ciclone in Cina. Esempio: la "Belle Epoque" interrotta da pochi colpi di pistola a Serajevo 1914 e a seguire Prima e Seconda guerra Mondiale.
Un grande personaggio dell'esegesi riduzionistica ( credo si tratti di Bultmann ) affermava che non si può credere ai miracoli in un tempo in cui ci sono le lampadine elettriche; ma le lampadine sono state costruite partendo dalle grandi leggi della fisica, che non sono state create dall'uomo, bensì scoperte e che partecipano del Logos, anzi costituiscono per chi è disposto a pensare come dei "balconi sull'infinito".
Ad accendere una lamapadina eletrtrica senza mettere la spina.
Ode al DIO tappabuchi" del Professor Raffaele Mezza di Ottaviano 1924-2012 (NAPOLI).
DIO vi benedica
PREGHIERA AL "DIO TAPPABUCHI"
"Dio come ipotesi di lavoro, come tappabuchi per le nostre difficoltà è divenuto superfluo".
(DIETRICH BONHOEFFER)
"Su di te mi sono appoggiato fin dal grembo materno;dal seno di mia madre tu sei stato il mio sostegno" (Salmo LXXI)
O Signore, quando mi fai capire che anche l'uomo"adulto" ha bisogno del PADRE, io ti ringrazio!
Quando mi fai sperimentare che, senza di Te, il mondo non farà mai veri progressi, io ti ringrazio!
Quando mi mostri che senza la Tua Grazia, l'uomo sarà sempre lupo per l'altro uomo, io ti ringrazio!
Per ogni volta che tappi i buchi della mia anima sforacchiata dai peccati, io ti benedico!
Per tutte le volte che chiudi le falle delle mie delusioni, io ti benedico!
Per ogni volta che, mostrandomi i veri valori della vita, tappi i buchi dei miei fallimenti, io ti benedico!
Quando riempi con il tuo Amore i vuoti della mia solitudine, io ti benedico!
Quando mi mandi lo Spirito Consolatore per farmi uscire dall'angoscia, io ti benedico!
Quando mi sostieni nei miei insuccessi, ricordandomi che chi possiede Te possiede tutto, io ti lodo!
Quando, per aver voluto fare da solo, mi affaccio sul baratro della disperazione e sono afferrato dalla Tua mano Misericordiosa, io ti lodo!
Quando la paura del dolore mi fa rifugiare nelle tue braccia, io ti lodo!
Quando, infine, tapperai il buco della mia morte, riempendolo con la vita eterna, si benedetto o DIO mio Tappabuchi!
RAFFAELE MEZZA (Ottaviano 1924- 2012)
La scienza si occupa esclusivamente di fenomeni misurabili matematicamente, non può dire nulla quindi in campo metafisico o etico, dove i fenomeni non sono misurabili in modo matematico (ci sono scienziati che fanno della metafisica e dell'etica, spesso in forma negativa, tuttavia lo fanno non in quanto scienziati ma in quanto filosofi, di solito improvvisati). L'antropologo severiniano - nel senso di Emanuele Severino - introduce giustamente il concetto di tecnica che va molto oltre quello di scienza. Ci si può chiedere allora se l'uomo accetterà di essere trasformato in una sorta di robot, perché alla fine è a questo che tende la tecnica, o se non avverrà prima una reazione, e quali forze potrebbero innescare o aiutare questa reazione.
La scienza studia fenomeni e scopre formule che esistono già, perchè le ha messe li il Creatore di tutte le cose. La scienza non fa altro che scoprire ciò che già esiste enon può creare nulla dal nulla. La scienza ha i limiti dell'uomo, la metafisica supera in qualche modo questi limiti perchè va olte a ciò che si vede e si tocca. Bisogna rendersi conto però che l'uomo non essendo Dio è limitato nella conoscenza e pertanto anche lo scienziato più dotto deve avere l'umiltà di ammettere che alcune cose lo superano e fermarsi davanti al mistero.
Chiedo scusa, ma fin qui non ho potuto concludere il mio intervento.
La mia riflessione non voleva essere l’elogio sperticato alla tecnoscienza, ma evidenziare il coinvolgimento della civiltà più evoluta, la nostra, che oggi dipende totalmente dalla tecnica e soltanto grazie ad essa può continuare a mantenere intatti i suoi privilegi a scapito delle altre popolazioni.
Le società occidentali rappresentano l’anello più debole dell’umanità e possono sopravvivere soltanto se tecnicamente assistite e quindi la tecnica da strumento si è trasformata nel bisogno primario.
Temiamo l’egemonia della tecnoscienza ma allo stesso tempo sappiamo di non poterne fare a meno e questo dimostra quanto sia illusorio pensare di spodestarne l’egemonia.
La temiamo perché la scienza non ha controllori, non ha nessuno in grado di controllarla e questo per incompetenza. Diventa autoreferenziale e tende all’auto potenziamento senza scopi.
Non scopi dunque, ma procedure. Un esempio: nessuno si era proposto di clonare l’uomo, ma portando avanti una procedura si è visto che era possibile. E allora la domanda è: come fa la morale, l’etica a imporre alla scienza di non fare ciò che può? Può limitarsi a chiedere, a implorare, ma se qualcosa si può, alla fine si fa: è già accaduto molte volte.
Ciò non vuol dire che l’uomo sia costretto ad avvalersi di tutti i traguardi raggiunti, tuttavia quelle opportunità sono lì a sua disposizione, a portata di mano e infine qualcuno inizierà a usufruirne.
L'antropologo.
infine qualcuno inizierà a usufruirne.
L'antropologo.
Il demonio sedurrà le menti di non pochi scienziati. Lo si legge nella versione di Neus Europe del Terzo Segreto. Prima o poi il Signore metterà il coperchio.
Il Professor Raffaele Mezza (che raccomando alla vostre preghiere, lui ed i suoi avi) non era del 1924, bensì del 1929.
Bisogna intanto vedere se la tecnica è così onnipotente come qualcuno vorrebbe far credere o non abbia limiti che prima o poi saranno raggiunti. Quella della clonazione è un bell'esempio: alla prova dei fatti, è un sistema che produce povere creature piene di difetti. Si può dire che la tecnica sarà in grado di eliminarli e di produrre creature perfette, ma è ancora tutto da dimostrare. Bisogna anche vedere se ciò che la tecnica produce è di per se stesso un bene per l'umanità. La tecnologica atomica procura nell'immediato vantaggi (produce energia a costi competitivi) ma anche svantaggi (pericolo di incidenti, scorie da smaltire... e nessuno ormai vuole gli impianti "dietro casa"). Alla lunga la volontà dell'uomo fa sentire il suo peso, e infatti la tecnologia atomica viene poco per volta abbandonata. Il processo insomma non è così automatico e incontrollabile. E se può essere controllato in quest'opera possono benissimo entrare anche istanze di tipo spirituale.
Anzitutto distinguerei fra TECNICA e TECNOLOGIA. Per la prima è sufficiente una certa immaginazione "ingegnosa" che non esce dall'ambito della vita pratica ( come per l'invenzione del sistema arco - freccia o della trappola per topi ); per la seconda occorre che l'ingegnosità pratica attinga a "giacimenti" di teoria pura, quella che viene sviluppata negli studi e nei laboratori di scienziati come Archimede o l'emblematico Faust, con lo scopo primario di penetrare "disinteressatamente" nei segreti della natura. Esempio: senza la conoscenza delle onde hertziane Marconi non avrebbe potuto creare la trasmissione radio senza fili.
Il fatto fondamentale è che per sviluppare la tecnologia occorre penetrare nei recessi della materia, sminuzzarla, mentalmente e fisicamente nei suoi più minuti elementi e MANIPOLARLA ( come, per dirla alla grossa, fece Dedalo per Icaro con penne strappate alle ali dei polli, cera fatta colare e rami spezzati ); ciò vuol dire che ogni tecnologia presuppone una scissione di elementi sempre più microscopica: prima con la chimica, poi con la fisica atomica...e ora con la geneticae la biologia molecolare; ciò allo scopo di ricombinare quegli elementi nel modo ritenuto più opportuno. per cui la NUOVA COSTRUZIONE TECNOLOGICA presuppone una DECOSTRUZIONE; e la costruzione di SISTEMI NUOVI implica non solo la possibilità di scatenare le forze intime della natura che si sono andate a "stuzzicare" ( a Napoli direbbero "sfruculiare" ), ma anche di configurare impreviste possibilità negative: sistemi che portano in sé tendenze distruttive,nel breve o nel lungo periodo, oppure entrano in conflitto con altri sistemi. Per cui A OGNI PROGRESSO TECNOLOGICO a prima vista del tutto positivo CORRISPONDE CON PERFETTA SIMMETRIA a forbice UN PROGRESSO NELLE CAPACITA' DISTRUTTIVE.
Saltando a piè pari parecchi passaggi, mi rivolgo al problema del matrimonio - divorzio. IL matrimonio monogamico tradizionale, pur con tutti i difetti connessi ( matrimoni d'opportunità, se non d'interesse e quant'altro ) creavano un rete di solidarietà familiare estremamente solida; soprattutto una "staffetta generazionale" per cui i vecchi si sentivano proiettati nel futuro tramite i successi dei discendenti, a loro legati in vincolo sacrale. Il che suppongo non possa avvenire con la famiglia liquida.
Penso che occorra andare oltre il discorso dei PRINCIPI NON NEGOZIABILI, pur utile per fissare punti fermi, mostrandone la funzionalità e indispensabilità nel lungo periodo.
Se la strada è tutta curve e la macchina accelera troppo, chi chiede di rallentare o frenare non è da considerarsi retrogrado, bensì da considerare e rivalutare come colui che vuole veramente la continuazione del viaggio in avanti.
anonimo 21.38
"...curare i terremoti, disastri cosmici (o sociali) ...."
in parte sono provocati da scientifiche perforazioni sospette techno-industrial-avide i primi, e i secondi spesso creati ad hoc dalla turbofinanza apolide, per es. quando specula (anche tramite velocissimi pc a Wall Street sui Credit Default Swaps) sulle monete altrui fino a buttare all'aria economie di intere nazioni...
Dici bene, Josh: in parte accade purtroppo anche questo.
Non bastassero i sommovimenti naturali!
... a loro legati in vincolo sacrale. Il che suppongo non possa avvenire con la famiglia liquida.
Penso che occorra andare oltre il discorso dei PRINCIPI NON NEGOZIABILI, pur utile per fissare punti fermi, mostrandone la funzionalità e indispensabilità nel lungo periodo..
Non a caso il card. Caffarra, per i credenti, ha indicato il punto sorgivo che non è neppure una norma, ma riconduce all'essenza che è qualcosa di più.
MIc. Il problema è che la legislazione riguarda anche i non credenti ( intesi laicisti ateo - agnostici ) per i quali si vive una sola volta ( la Costituzione americana inserisce il "dirrtto alla felicità" ), quindi nel caso più blando è del tutto legittimo evitare sofferenze "inutili" ( la "comunione dei santi" con il connesso discorso del "salvifico dolore" è una pia fola ), nel caso estremo non bisogna lasciarsene scappare una e "succhiare il midollo della vita" finchè si è giovani e in forze... magari con l'additivo del Viagra ( mi scuso per il riferimento, ma ho letto un articolo su "Panorama" in cui si dice che dal 2002 i divorzi fra gli italiani sopra i 60 anni sono raddoppiati, anche per il risveglio del desiderio dovuto a certi farmaci ).
Aggiungo la discrezionalità del principio del perdono: al cristiano è comandato di perdonare settanta volte sette, il che non vuol dire lasciarsene fare di tutti i colori, perdendo la propria dignità, ma essere capaci di "incassare" porgendo l'altra guancia, magari con fatica e "offrendo a Dio", per spezzare la catena delle picche e ripicche, offese e rivalse; inoltre evitare mormorazioni, lamentazioni acide e infruttuose con i parenti, giudizi aspri che servono solo a mettere in circolo gocce di veleno. Non dico che il laicista non possa essere una persona per bene, capace di incassare, perdonare e ricucire come il credente vero; tuttavia questo dipende da scelte molto più personali ed aleatorie, dicaimo non previste sistematicamente. Inoltre mi chiedo quanta parte di questi buoni sentimenti non sia una eredità misconosciuta di un clima sociale, un tempo assai diffuso, che era condizionato in larga parte dalla religione e che trovava esiti laici anche in un certo senso beninteso dell'onore e del decoro.
Faccio un esempio relativo alla tenuta dei valori in un mondo postreligioso. Spento il motore, un motoscafo continua ad avanzare ancora per un lungo tratto, ma poi "progressivamente" ( un progresso a rovescio ) rallenta e infine si ferma.
Dopo che si è rinunciato al principio dello Stato Cristiano, affermato come forma normale dal "Sillabo", le forze pro-costume antico sono state smontate dalla "desistenza" nei suoi vari livelli.
Però non ci può essere stato cristianamante ispirato senza una "egemonia culturale" cristiana ( culturale nel senso lato: dalle accademie allo stile di vita di tutti i giorni ).
Dalla prolusione di Bagnasco. Magister di oggi:
...Colpisce che la famiglia sia non di rado rappresentata come un capro espiatorio, quasi l’origine dei mali del nostro tempo, anziché il presidio universale di un’umanità migliore e la garanzia di continuità sociale. Non sono le buone leggi che garantiscono la buona convivenza – esse sono necessarie – ma è la famiglia, vivaio naturale di buona umanità e di società giusta.
@Franco.
Lupus in fabula. A proposito dell'egemonia della tecnica, qui si tratta della biochimica. La biochimica ha realizzato in pochi anni due rivoluzioni antropologiche di enorme impatto, che hanno trasformato la società. Negli anni '60 la realizzazione della pillola anticoncezionale, che ha reciso l'atavico nesso che lega il piacere sessuale alla riproduzione, e da pochi anni la realizzazione del Viagra, che ha rimesso in gioco un esercito di uomini, altrimenti istradati sulla via del tramonto.
Due semplici esempi che spiegano meglio di qualsiasi ragionamento l’egemonia della tecnica.
Lei scrive: «Il problema è che la legislazione riguarda anche i non credenti ...». Vero, ma non mi sembra ci sia qualcuno che obblighi i credenti a usufruire di tutte le opportunità consentite dalle leggi. Nessuno obbliga a divorziare, ad abortire, a pianificare le nascite, a rivolgersi alle tecniche d’inseminazione artificiale e tanto meno a praticare la diagnosi preimpianto.
L'antropologo.
Lei scrive: «Il problema è che Nessuno obbliga a divorziare, ad abortire, a pianificare le nascite, a rivolgersi alle tecniche d’inseminazione artificiale e tanto meno a praticare la diagnosi preimpianto.
Nessuno obbliga comunque. Anche la legge morale non viola la libertà, la indirizza, mentre la grazia la rende praticabile.
Il problema è la cultura egemone - complice la desistenza di chi di dovere nella Chiesa - che estromette la grazia e contribuisce a deformare, anziché formare le coscienze.
Lei scrive: «Il problema è che Nessuno obbliga a divorziare, ad abortire, a pianificare le nascite, a rivolgersi alle tecniche d’inseminazione artificiale e tanto meno a praticare la diagnosi preimpianto.
Nessuno obbliga comunque. Anche la legge morale non viola la libertà, la indirizza, mentre la grazia la rende praticabile.
Il problema è la cultura egemone - complice la desistenza di chi di dovere nella Chiesa - che estromette la grazia e contribuisce a deformare, anziché formare le coscienze.
Lei scrive: «Il problema è che Nessuno obbliga a divorziare, ad abortire, a pianificare le nascite, a rivolgersi alle tecniche d’inseminazione artificiale e tanto meno a praticare la diagnosi preimpianto.
Nessuno obbliga comunque. Anche la legge morale non viola la libertà, la indirizza, mentre la grazia la rende praticabile.
Il problema è la cultura egemone - complice la desistenza di chi di dovere nella Chiesa, noi compresi - che estromette la grazia e contribuisce a deformare, anziché formare le coscienze.
Il moltiplicarsi delle occasioni e la rosa delle possibilità provoca il contagio negativo.
"La biochimica ha realizzato in pochi anni due rivoluzioni antropologiche di enorme impatto, che hanno trasformato la società".
Sempre due begli esempi di come la "tecnica", se non è usata intelligentemente, con una mano dà e con l'altra prende. Bombardarsi di ormoni per una vita alterando i normali cicli biologici (ché questo significa prendere la pillola o il viagra) non è affatto privo di conseguenze anche gravi. Ovvero, il vantaggio momentaneo alla lunga si paga: come con la droga. La tecnica ha sempre dei limiti che all'inizio possono non essere evidenti ma poi saltano fuori. Io non credo, per rifarmi al post di Franco, che l'etica cristiana consista nel rinunciare alla felicità in questo mondo per ottenerla in un altro: questa è la caricatura che ne fanno i non credenti, sottointendendo che quell'altro mondo non esiste. Ovviamente invece l'altro mondo c'è ed è una prospettiva che il cristiano ha sempre davanti, ma il suo sistema di valori gli dà una vera felicità (chiamiamola così) già in questo mondo, "il centuplo qui e la vita eterna" come diceva Cristo. Farsi schiavi della tecnica rende alla lunga infelici in questo mondo e, c'è il forte rischio, anche nell'altro.
Turiferario, aggiusta egregiamente il tiro...
So bene anch'io che la legge morale indirizza e non viola la libertà. Del resto è noto che le proibizioni, prive di un adeguato supporto formativo, amplificano il piacere della trasgressione. Un metodo infallibile per convincere un bambino a fare qualcosa è proibirgliela.
D’accordo sulla cultura egemone che ha il suo peso soprattutto nei confronti di chi non è stato abituato a scegliere consapevolmente un percorso e si abbandona al flusso della corrente. Meno d’accordo sugli effetti della desistenza di chi nella Chiesa dovrebbe formare le coscienze e non lo fa.
Non basta la volontà per formare le coscienze, è necessario ci sia dall'altra parte la disponibilità all’ascolto. E poi i credenti sanno bene - o dovrebbero sapere - che gli errori dei “maestri”, essendo anch'essi uomini non scalfiscono in nessun modo l’insegnamento della Chiesa che ha natura divina e questo è uno dei pilastri su cui si basa l’esistenza stessa della Chiesa. È probabile allora che molti credenti, nella realtà non lo siano. E questo è un altro discorso.
L'antropologo.
che gli errori dei “maestri”, essendo anch'essi uomini non scalfiscono in nessun modo l’insegnamento della Chiesa che ha natura divina e questo è uno dei pilastri su cui si basa l’esistenza stessa della Chiesa. È probabile allora che molti credenti, nella realtà non lo siano. E questo è un altro discorso.
E' il problema di sempre. Ma ricordiamo ciò che diceva Paolo ai Romani:
"Ora, come potranno invocarlo senza aver prima creduto in lui? E come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi? E come lo annunzieranno, senza essere prima inviati? Come sta scritto: Quanto son belli i piedi di coloro che recano un lieto annunzio di bene!"
E' vero che non tutti coloro che si dicono credenti hanno una fede indefettibile.
Ed è vero che l'accoglimento presuppone l'ascolto.
Ma la "desistenza", oggi, purtroppo riguarda l'Annuncio e, soprattutto, un Annuncio fedele (accompagnato dalla "santificazione", pure carente) che ricostituisca il tessuto e il clima in cui l'ascolto, se non altro, non sia viziato da preconcetti o peggio da diffidenza.
"Gli errori dei “maestri”, essendo anch'essi uomini non scalfiscono in nessun modo l’insegnamento della Chiesa che ha natura divina".
Sei dannatamente ottimista, caro antropologo. Se i maestri insegnano che 2+2 fa 5, la matematica intesa come scienza non ne soffrirà ma avremo generazioni di ex alunni ciuchi incapaci di fare i conti.
E’ vero, è il problema di sempre. Bisogna però ammettere che Paolo è stato lungimirante: ha previsto come sarebbe andata a finire e cioè male.
Quelle quattro domande concatenate sembrano fatte apposta per non prevedere una via d'uscita, soprattutto in questi tempi.
Il ragionamento non fa una piega: per invocarlo bisogna credere in lui, ma per farlo è necessario averne sentito parlare e questo presuppone che qualcuno lo annunzi, compiendo i primi passi.
L’anello mancante, quello venuto meno, nella maggior parte dei casi è, secondo me, l’ambiente familiare. Molto si è perduto e non soltanto i primi rudimenti di un’iniziazione religiosa. Non esiste più o è molto carente quell’humus familiare rappresentato dalla famiglia nel suo insieme, nonni compresi, capace di rappresentare l’esempio da seguire e di tramandare usi, tradizioni e tutto il resto.
Chiedo scusa: ho dimenticato di firmarmi. l'anonimo delle 14.39 è L'antropologo.
È vero che l'humus della famiglia come 'luogo' e veicolo di sane relazioni, trasmissione di valori e di consuetudini 'portanti' e quindi capace di favorire, insieme al "resto del mondo" (Chiesa e scuola in primis), piena maturazione è andato via via rarefacendosi.
Di fatto tuttavia la famiglia ideale non è mai esistita e non esiste. Ci sono vari modi e diversi gradi di avvicinamento all'ideale. E questo dipende dagli sforzi consapevoli dei coniugi, con l'aiuto della grazia quando si è credenti.
Le forme attuali, che si vorrebbero contrabbandare come normali (so che l'uso di questo termine genera diffidenza e fastidio perché evoca la normatività di un ordine dato) risultano foriere di squilibri antropologici e sociologici non indifferenti. Pur se negati dalle forze che stanno prevalendo, non so fino a quando...
"Le forme attuali, che si vorrebbero contrabbandare come normali (so che l'uso di questo termine genera diffidenza e fastidio perché evoca la normatività di un ordine dato) "
Giusto. Un ordine la cui rarefazione è direttamente proporzionale all'inquinamento della fede e allo sfaldamento della chiesa.
Mi spiace ma le cose non stanno come lei le descrive, anonimo delle 15.28.
L'inquinamento progressivo della fede e lo sfaldamento della Chiesa non sono la causa delle cosiddette "forme attuali che si vorrebbero contrabbandare come normali", semmai l'effetto, la conseguenza di un modo di vivere diverso, che ha relegato l'insegnamento della Chiesa in secondo piano.
La relazione inquinamento della fede, sfaldamento della Chiesa non ha prodotto nulla. E' l'insegnamento della Chiesa, la sua visione che ha subito le conseguenze di un relazionarsi diverso tra le persone.
L'antropologo.
Insomma, antropologo, mi par di capire che è d'accordo con Bergoglio quando dice che è il Vangelo che va letto alla luce della cultura contemporanea e non viceversa.
Ed è quello che ha fatto il concilio e che la Chiesa dovrebbe continuare a fare...
Non si tratta di essere d'accordo con Bergoglio, con chicchessia o di leggere il Vangelo alla luce della cultura contemporanea, si tratta di osservare la realtà, ciò che accade intorno a noi e tentare di comprenderne le dinamiche.
E la realtà, a mio modesto parere, non depone a favore di un certo modo di vedere le cose ed è la Chiesa oggi a esser "vittima", per intenderci.
Lei è davvero convinta, che se la Chiesa oggi rifacesse la voce grossa, minacciando anatemi a destra e a manca le persone riscoprirebbero il “timor Domini”?
Anche oggi c’è chi per scelta vive consapevolmente l’insegnamento della Chiesa con sacrificio, ma sono numeri da élite, e quindi limitati.
L'antropologo.
Io non so se la gente riscoprirebbe il "timor Domini".
Però se mai si prova, non lo si saprà.
La strada intrapresa del "vietato vietare", "la medicina della misericordia", ecc.ecc., non sembra stia dando buoni frutti. Quindi bisognerebbe provare altre strade, no? Ad interstardirsi nell'errore, non si fa bella prova d'intelligenza.
Inoltre, ai tempi di Gesù, di timor Domini ce n'era ben poco, basta pensare ad Erode e discendenti o , dopo, agli imperatori romani. Eppure la Chiesa è nata ed è cresciuta in quelle epoche,lottando e testimoniando, non arrendendosi o accontentandosi di poche élites..
A leggere certi interventi sembra che l'adulterio, le perversioni sessuali, il furto, la frode, l'omicidio, lo stupro, le guerre, la sopraffazione dell'uomo sull'uomo, la schiavitù, l'estrema povertà. la disperazione, il suicidio, le droghe,...siano tutte cose del XX secolo e che quindi la Chiesa, di fronte a simili novità, deve imparare un linguaggio ed un mestiere nuovo. Mah...
Ah, la buona e vecchia digitale, medicina che si usava già nel XVIII secolo per curare lo scompenso, e che si usa ancora oggi per la stessa malattia...
Rosa
"Lei è davvero convinta, che se la Chiesa oggi rifacesse la voce grossa, minacciando anatemi a destra e a manca le persone riscoprirebbero il “timor Domini”?"
Ma di che stiamo parlando? Chi ha mai detto che tutti devono essere convinti della bontà di ciò che dice la Chiesa? Cristo stesso disse "multi vocati, pauci electi" (un'élite...). Se la Chiesa cessa di di dire ciò che deve non ci sarà però più nessun chiamato e di conseguenza nessun eletto. Tutto qui.
E comunque sono d'accordo con Rosa: "facendo la voce grossa" la Chiesa di seguito ne ha avuto, e non poco. Andando dietro al mondo si è ridotta al lumicino.
"la voce grossa" non serve per obbligare i renitenti, ma per chiamare l'errore col suo nome e guidare chi non resta sordo alla Verità.
Se la Verità, invece che nella sua eterna immutabilità è considerata in divenire con la storia, per questo si perdono e si fanno perdere le coordinate...
Nei manuali di pedagogia, c'è scritto che al bambino non basta dire "no, non toccare lì" (per esempio una presa elettrica), ma spiegargli perchè. Ad ogni età una spiegazione più complessa e completa. Ma comunque il "no" bisogna dirglielo, se non vogliamo che infili le dita nelle prese, che per altro un genitore attento avrà provveduto a tappare.
Se la Chiesa avesse continuato, per esempio, a scomunicare i comunisti, o a punire subito cacciandoli dalle unversità pontificie certi teologi eretici, o certi preti dalle parrocchie, credo che le cose sue e della società occidentale in genere andrebbero molto meglio.
R
E' l'effetto del vietato vietare e della medicina della misericordia, inaugurate da un certo Papa-buono... Ma ha le sue radici in un mondo alla rovescia.
Siamo sempre lì: quando l’umanità nella sua larga parte, con scarse differenze per quanto riguarda ceto sociale e fascia d’età ormai, arriva a cancellare, dimenticare Dio o rifiuta anche solo l’idea della Sua esistenza, tanto più di Dio per quello che realmente è, cioè infinitamente misericordioso ma anche infinitamente giusto e, come tale, anche Giusto Giudice dell’uomo al termine della sua vita, ecco che accade inevitabilmente ciò che leggiamo nel Libro della Sapienza:
"Dicono fra loro sragionando:
«La nostra vita è breve e triste;
non c'è rimedio, quando l'uomo muore,
e non si conosce nessuno che liberi dagli inferi.
Siamo nati per caso
e dopo saremo come se non fossimo stati.
La nostra vita passerà come le tracce di una nube,
si disperderà come nebbia
scacciata dai raggi del sole
e disciolta dal calore.
La nostra esistenza è il passare di un'ombra
e non c'è ritorno alla nostra morte,
poiché il sigillo è posto e nessuno torna indietro.
Su, godiamoci i beni presenti,
facciamo uso delle creature con ardore giovanile!
Inebriamoci di vino squisito e di profumi,
non lasciamoci sfuggire il fiore della primavera,
coroniamoci di boccioli di rose prima che avvizziscano;
nessuno di noi manchi alla nostra intemperanza.
Lasciamo dovunque i segni della nostra gioia
perché questo ci spetta, questa è la nostra parte".
Mi risponda con un secco sì, o con un secco no:
DIO ESISTE?
C'è un'altra vita?
Gesù è Dio?
La Chiesa (quella vera, che oggi è difficile da vedere) è la Sposa di Gesù Cristo Vivo, vero e presente?
La salvezza eterna merita che ci si impegni per raggiungerla? e
ED INFINE (Dedicato a chi si preoccupa dei numeri) lo sa che Dio ci manda in Cielo o all'inferno a titolo personale? Ovvero che l'anima davanti a suo Creatore è UNICA ED IRRIPETIBILE e che, di fronte a Lui non c'è massa che tenga?
LO SA CHE MOLTI GRANDI SANTI INSEGNANO CHE IL NUMERO DEGLI ELETTI è "Piccolo"? Cioè, in termini assoluti è immenso, ma, rispetto alla gRAN mASSA dell'Umanità è una piccola frazione?
Mi vorrà rispondere forse dicendo che si preoccupa perchè, a parte cosa crede Lei, ci credono in pochi? Ebbene, quando a Padre Pio parlavano dei giovani che erano restii a vestire l'abito francescano, lui senza neppure scomporsi,rispondeva (ed in italianoo corretto, non in dialetto come si esprimeva di solito):"MANDATELI VIA! SE NON CAPISCONO quale grande è il dono CHE DIO, LA CHIESA E San Francesco fanno loro, con l'abito, anzi, se pensano che vestendolo fanno loro un piacere a qualcuno, è meglio perderli che trovarli. Vere vocazione giungereanno sempre. Se poi, un giorno sAN fRANCESCO DECIDERà CHE il mondo non merita più che ci sia il suo Ordine, non ci si potrà fare nulla".
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