Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

martedì 28 giugno 2016

Joseph Ratzinger 65 anni dopo

Interessante articolo odierno di Sandro Magister, che riprendo di seguito non senza qualche notazione e alcuni richiami essenziali.
In relazione alle puntualizzazioni del card. Müller, sul Gesù-laico, ricordiamo le affermazioni del card. Maradiaga, uno dei componenti il Consiglio della Corona, organo collegiale costituito dal Papa attuale [qui - qui]. Cui aggiungo, per gli approfondimenti, una Lettera aperta di un sacerdote ai sacerdoti [qui] e un richiamo ai sacerdoti unti e mandati (altro che Lavanda dei piedi agli infedeli e alle donne!) [qui].
Oltre a ricordare la differenza teologica ed ecclesiologica, tra l'Assemblea che celebra e il Sacerdote che presiede nel NO e il Sacerdote che celebra in persona Christi nel Rito antiquior[1], vi rimando anche a questo testo in cui si evidenzia, già nella Sacrosanctum Concilium, l'oltrepassamento di un fondamento costante della nostra fede [qui], nonché alle variazioni alla Formula consacratoria [qui]. È anche nella Liturgia, lex orandi lex credendi, che si rivela e dispiega effetti ormai ineludibili la rivoluzione antropocentrica operata dal concilio, che oggi ci mostra le sue estreme conseguenze. (M.G.)
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1. Si tratta del punto chiave della nuova spiritualità indotta dalla Riforma liturgica, sviluppata in chiave antropocentrica anziché cristocentrica. Giova dunque ribadire che la Santa Messa non è né una narrazione, né una rappresentazione e neppure la un convivio fraterno (sacro convivio se mai lo diventa dopo il Sacrificio e non senza di esso); ma è il Sacrificio di Cristo Signore, la sua obbedienza e lode al Padre sino alla fine, che si rinnova su ogni altare ad ogni celebrazione fino alla fine dei tempi. È un fatto che si compie ogni volta sull'Altare nel mistero: Actio di Cristo - compiuta in persona Christi dal Sacerdote alla quale ogni fedele si unisce e partecipa, nella Comunione dei Santi -, la cui sobria sacralità insieme alla fedeltà alle solenni formule del Rito antiquior, rende impossibile ogni abuso liturgico e ogni tentazione, sia da parte del Sacerdote che dell'Assemblea, di sostituirsi al vero Protagonista. La Questione liturgica a 50 anni dal Vaticano II è affrontata con completezza qui.

"E così sul sacerdozio cattolico si abbatté la furia della critica protestante". Nell'anniversario dell'ordinazione sacerdotale del futuro Benedetto XVI, il cardinale Müller racconta la sua indomita resistenza all'offensiva dei seguaci di Lutero 
ROMA, 28 giugno 2016 – "Nel momento in cui l’anziano arcivescovo impose le sue mani su di me, un uccellino – forse un’allodola – si levò dall’altare maggiore della cattedrale e intonò un piccolo canto gioioso. Per me fu come se una voce dall’alto mi dicesse: va bene così, sei sulla strada giusta".

Nell'autobiografia di Joseph Ratzinger c'è anche questo ricordo della sua ordinazione al sacerdozio, avvenuta 65 anni fa, il 29 giugno 1951, festa dei santi Pietro e Paolo, nel duomo di Frisinga per mano del cardinale Michael von Faulhaber.

A festeggiare la ricorrenza col papa emerito, nella Sala Clementina, c'è oggi anche papa Francesco.

Nell'occasione, è offerto a Ratzinger un volume che raccoglie 43 sue omelie, con una prefazione dello stesso Francesco, anticipata alcuni giorni fa da "la Repubblica" e da "L'Osservatore Romano":

Sacerdozio cattolico e tentazione protestante
di Gerhard L. Müller

Il Concilio Vaticano II cercò di riaprire una nuova strada verso l’autentica comprensione dell’identità del sacerdozio. Perché mai si giunse allora, all’indomani del Concilio, a una sua crisi d’identità paragonabile storicamente solo con le conseguenze della Riforma protestante del XVI secolo?

Penso alla crisi della dottrina del sacerdozio avvenuta durante la Riforma protestante, una crisi a livello dogmatico, con cui il sacerdote è stato ridotto a un mero rappresentante della comunità, mediante una eliminazione della differenza essenziale fra il sacerdozio ordinato e quello comune di tutti i fedeli. E poi alla crisi esistenziale e spirituale, avvenuta nella seconda metà del XX secolo, esplosa cronologicamente dopo il Concilio Vaticano II – ma certo non a causa del Concilio – e delle cui conseguenze noi oggi ancora soffriamo.

Joseph Ratzinger evidenzia con grande acume che, laddove viene meno il fondamento dogmatico del sacerdozio cattolico, non solo si esaurisce la fonte alla quale si può efficacemente abbeverare una vita alla sequela di Cristo, ma viene meno anche la motivazione che introduce sia a una ragionevole comprensione della rinuncia al matrimonio per il regno dei cieli (cfr. Mt 19, 12), sia del celibato quale segno escatologico del mondo di Dio che verrà, segno da vivere con la forza dello Spirito Santo, in letizia e certezza.

Se la relazione simbolica che appartiene alla natura del sacramento viene oscurata, il celibato sacerdotale diviene il relitto di un passato ostile alla corporeità e viene additato e combattuto come l’unica causa della penuria di sacerdoti. Non da ultimo, scompare poi anche l’evidenza, per il magistero e la prassi della Chiesa, che il sacramento dell’Ordine debba essere amministrato solo a uomini. Un ufficio concepito in termini funzionali, nella Chiesa, si espone al sospetto di legittimare un dominio, che invece dovrebbe essere fondato e limitato in senso democratico.

La crisi del sacerdozio nel mondo occidentale, negli ultimi decenni, è anche il risultato di un radicale disorientamento dell’identità cristiana di fronte a una filosofia che trasferisce all’interno del mondo il senso più profondo e il fine ultimo della storia e di ogni esistenza umana, privandolo così dell’orizzonte trascendente e della prospettiva escatologica.

Attendere tutto da Dio e fondare tutta la propria vita su Dio, che in Cristo ci ha donato tutto: questa e solo questa può essere la logica di una scelta di vita che, nella completa donazione di sé, si pone in cammino alla sequela di Gesù, partecipando alla sua missione di Salvatore del mondo, missione che egli compie nella sofferenza e nella croce, e che Egli ha ineludibilmente rivelato attraverso la sua Risurrezione dai morti.

Ma, alla radice di questa crisi del sacerdozio, bisogna rilevare anche dei fattori intra-ecclesiali. Come mostra nei suoi primi interventi, Joseph Ratzinger possiede fin dall’inizio una viva sensibilità nel percepire da subito quelle scosse con cui si annunciava il terremoto: e ciò soprattutto nell’apertura, da parte di tanti ambiti cattolici, all’esegesi protestante in voga negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso.

Spesso, da parte cattolica, non ci si è resi conto delle visioni pregiudiziali che soggiacevano all’esegesi scaturita dalla Riforma. E così sulla Chiesa cattolica (e ortodossa) si è abbattuta la furia della critica al sacerdozio ministeriale, nella presunzione che questo non avesse un fondamento biblico.

Il sacerdozio sacramentale, tutto riferito al sacrificio eucaristico – così come era stato affermato al Concilio di Trento –, a prima vista non sembrava essere biblicamente fondato, sia dal punto di vista terminologico, sia per quel che riguarda le particolari prerogative del sacerdote rispetto ai laici, specialmente per ciò che attiene al potere di consacrare. La critica radicale al culto – e con essa il superamento, a cui si mirava, di un sacerdozio che limitasse la pretesa funzione di mediazione – sembrò far perdere terreno a una mediazione sacerdotale nella Chiesa.

La Riforma attaccò il sacerdozio sacramentale perché, si sosteneva, avrebbe messo in discussione l’unicità del sommo sacerdozio di Cristo (in base alla Lettera agli Ebrei) e avrebbe emarginato il sacerdozio universale di tutti i fedeli (secondo 1 Pt 2, 5). A questa critica si unì infine la moderna idea di autonomia del soggetto, con la prassi individualista che ne deriva, la quale guarda con sospetto a qualunque esercizio dell’autorità.

Quale visione teologica ne scaturì?

Da un lato si osservava che Gesù, da un punto di vista sociologico-religioso, non era un sacerdote con funzioni cultuali e dunque – per usare una formulazione anacronistica – era un laico.

Dall’altro, sulla base del fatto che nel Nuovo Testamento, per i servizi e i ministeri, non viene addotta alcuna terminologia sacrale bensì denominazioni ritenute profane, sembrò che si potesse considerare dimostrata come inadeguata la trasformazione – nella Chiesa delle origini, a partire dal III secolo – di coloro che svolgevano mere “funzioni” all’interno della comunità, in detentori impropri di un nuovo sacerdozio cultuale.

Joseph Ratzinger sottopone, a sua volta, a un puntuale esame critico, la critica storica improntata alla teologia protestante e lo fa distinguendo i pregiudizi filosofici e teologici dall’uso del metodo storico. In tal modo, egli riesce a mostrare che con le acquisizioni della moderna esegesi biblica e una precisa analisi dello sviluppo storico-dogmatico si può giungere in modo assai fondato alle affermazioni dogmatiche prodotte soprattutto nei Concili di Firenze, di Trento e del Vaticano II.

Ciò che Gesù significa per il rapporto di tutti gli uomini e dell’intera creazione con Dio – dunque il riconoscimento di Cristo come Redentore e universale Mediatore di salvezza, sviluppato nella Lettera agli Ebrei per mezzo della categoria di “Sommo Sacerdote” (Archiereus) – non è mai dipeso, come condizione, dalla sua appartenenza al sacerdozio levitico.

Il fondamento dell’essere e della missione di Gesù risiede piuttosto nella sua provenienza dal Padre, da quella casa e da quel tempio in cui egli dimora e deve stare (cfr. Lc 2, 49). È la divinità del Verbo che fa di Gesù, nella natura umana che egli ha assunto, l’unico e vero Maestro, Pastore, Sacerdote, Mediatore e Redentore.

Egli rende partecipi di questa sua consacrazione e missione mediante la chiamata dei Dodici. Da essi sorge la cerchia degli apostoli che fondano la missione della Chiesa nella storia come dimensione essenziale alla natura ecclesiale. Essi trasmettono il loro potere ai capi e pastori della Chiesa universale e particolare, i quali operano a livello locale e sovra-locale.

13 commenti:

mic ha detto...

Discorso di Benedetto nella Sala Clementina.

https://m.youtube.com/watch?v=8tWli4is0pI&feature=youtu.be

Ricorda, all'inizio, la sola parola scritta sul santino-ricordo dell'ordinazione: eucaristómen....

Anonimo ha detto...


Repubblica.it
REP TV VATICANO

Benedetto XVI torna a parlare in pubblico: "Francesco vada avanti per la sua via"

"Mi sento protetto dalla sua bontà", ha detto Benedetto XVI rivolgendosi al suo successore Jorge Mario Bergoglio, durante la cerimonia che si è celebrata nella sala Clementina del Vaticano per festeggiare i 65 anni di sacerdozio del papa emerito. Ratzinger è tornato a parlare in pubblico per la prima volta dopo la fine del suo pontificato. E rivolgendosi a Francesco ha detto: "Speriamo che lei possa andare avanti con la sua via della misericordia"

Stefano78 ha detto...

Questo il testo di ciò che io ho sentito dal vivo stamane sul CTV:

"Santo Padre, cari fratelli,
65 anni fa, un fratello ordinato con me ha deciso di scrivere sulla immaginetta di ricordo della prima Messa soltanto, eccetto il nome e le date, una parola, in greco: “Efharistomen”, convinto che con questa parola, nelle sue tante dimensioni, è già detto tutto quanto si possa dire in questo momento. “Efharistomen” dice un grazie umano, grazie a tutti. Grazie soprattutto a Lei, Santo Padre: la Sua bontà, dal primo momento dell’elezione, in ogni momento della mia vita qui, mi colpisce, mi porta realmente, interiormente più che nei Giardini Vaticani, con la bellezza, la Sua bontà è il luogo dove abito: mi sento protetto. Grazie anche della parola di ringraziamento, per tutto. E speriamo che Lei potrà andare avanti con noi tutti con questa via della Misericordia Divina, mostrando la strada di Gesù, a Gesù, a Dio.
Grazie pure a Lei, eminenza, per le Sue parole che hanno veramente toccato il cuore: “Cor ad cor loquitur”. Lei ha reso presente sia l’ora della mia ordinazione sacerdotale, sia anche la mia visita nel 2006 a Freising, dove ho rivissuto questo. Posso solo dire che così, con queste parole che ha interpretato l’essenziale della mia visione del sacerdozio, del mio operare. Le sono grato per il legame di amicizia che fino adesso continua da tanto tempo, da tetto a tetto: è quasi presente e tangibile.
Grazie, cardinale Müller, per il Suo lavoro che fa per la presentazione dei miei testi sul sacerdozio, nei quali cerco di aiutare anche i confratelli a entrare sempre di nuovo nel mistero che il Signore si dà nelle nostre mani. “Efharistomen”: in quel momento l’amico Berger voleva accennare non solo alla dimensione del ringraziamento umano, ma naturalmente alla parola più profonda che si nasconde, che appare nella Liturgia, nella Scrittura, nelle Parole: “Gratias agens benedixit fregit deditque”. “Efharistomen” ci manda a quella realtà di ringraziamento, a quella nuova dimensione che Cristo ha dato. Lui ha trascormato in grazie, così in benedizione, la Croce, la sofferenza, tutto il male del mondo. E così fondamentalmente ha transustanziato la vita e il mondo e ci ha dato e ci dà ogni giorno il pane della vera vita, che supera il mondo grazie alla forza del Suo amore.
Alla fine, vogliamo inserirci in questo “grazie” del Signore e così ricevere realmente la novità della vita e aiutare alla transustanziazione del mondo: che sia un mondo non di morte, ma di vita; un mondo nel quale l’amore ha vinto la morte.
Grazie a tutti voi. Il Signore ci benedica tutti.
Grazie, Santo Padre."

Anonimo ha detto...

Radio Vaticana:

Con questa parola, nelle sue tante dimensioni, è già detto tutto quanto si possa dire in questo momento. ‘Ευχαριστούμεν’ dice un grazie umano, grazie a tutti. Grazie soprattutto a Lei, Santo Padre. La Sua bontà, dal primo momento dell’elezione, in ogni momento della mia vita qui, mi colpisce, mi porta realmente, interiormente; più che i Giardini Vaticani, con la bellezza, la Sua bontà è il luogo dove abito e mi sento protetto”.
Continuando a declinare la parola “grazie”, il Papa emerito ha infine espresso un auspicio:
“Che sia un mondo non di morte, ma di vita; un mondo nel quale l’amore ha vinto la morte”.

Stefano78 ha detto...

@Benedetto XVI
E speriamo che Lei potrà andare avanti con noi tutti con questa via della Misericordia Divina, mostrando la strada di Gesù, a Gesù, a Dio

@Repubblica
"Speriamo che lei possa andare avanti con la sua via della misericordia"

@Avvenire
Speriamo che lei possa andare avanti a guidarci mostrando la via della Misericordia Divina"

.....

Trova le differenze

Rr ha detto...

Eucharistomen, noi ringraziamo...

Basta solo leggere il testo, e meglio ancora ascoltarlo e vederlo per capire.
Che tragedia !

murmex ha detto...

Grande compassione per quest'uomo anziano , che neppure di fronte all'evidenza dello sfacelo bergogliano riesce a prenderne le distanze , a rinnegare il modernismo . Preghiamo intensamente per lui , perchè Dio lo illumini e lo salvi

Anonimo ha detto...

troviamo ciò che é comune

"E speriamo che Lei potrà andare avanti con questa via della Misericordia Divina.."

Mi permetto di dissociarmi da questo augurio. Spero personalmente che Bergoglio si fermi o venga fermato "con questa via della Misericordia Divina", che é una falsamisericordia, dissociata com'é dalla giustizia e dalla verità.

La continuazione "... mostrando la strada di Gesù, a Gesù, a Dio" non può prescindere dal verbo della principale che é "andare avanti".



Anna

irina ha detto...

"...mi sento protetto"

anch'io sono stata colpita da questa frase. Mi è sembrato che tutti, tranne un caso o due, avessero le orecchie puntate sulla sua bocca. Ho temuto che perdesse il filo. Sono certa che ha detto ad ognuno quello che doveva essergli detto. Con garbo.

Anonimo ha detto...

Riletture ermeneutiche...

"Più che nei Giardini Vaticani, con la loro bellezza, la Sua bontà è il luogo dove abito: mi sento protetto".

Visto che siamo in presenza di "cosche" (per quanto svizzere...) il concetto di "protezione", rivolto proprio al capo-bastone, è un atto di am(sotto)missione.
Non è la "gabbia dorata" delle aiuole a garantirne l'efficacia, ma la bontà del mammasantissima (senza alcun riferimento alla Beata Vergine).

E anche il vicino di appartamento, AS, merita la citazione puntuale. “Cor ad cor loquitur”. Un'amicizia "da tetto a tetto": è quasi presente e tangibile.
Onore al merito ad uno dei più prestigiosi tra gli attici e gli abbaini all'ombra del Cupolone?




Anonimo ha detto...

http://www.lafedequotidiana.it/don-mario-pieracci-bisogna-chiedere-perdono-per-tutti-i-peccati-inclusi-quelli-di-natura-sessuale/?utm_source=dlvr.it&utm_medium=facebook

irina ha detto...

Certamente il modernismo ha avuto la sua parte ma la diminuzione e/o la scomparsa dell'orazione privata ha fatto saltare tutto. Questi ragazzi ad un certo punto hanno cominciato a speculare e sono ammattiti.

Anonimo ha detto...

Un esempio di fiducia "cieca" ?https://costanzamiriano.com/2016/06/29/portare-a-casa-la-pelle/#more-16692